DUCHAMP, Marcel

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

DUCHAMP, Marcel


Pittore, nato a Blainville, in Normandia, il 28 luglio 1887 e morto a Neuilly (Parigi) il 2 ottobre 1968. Artista tra i più significativi ed enigmatici di questo secolo, D., fratello minore del pittore J. Villon e dello scultore R. Duchamp-Villon, iniziò la sua carriera artistica a Parigi dipingendo giovanissimo opere che risentono prima dell'impressionismo, poi della pittura fauve. Attratto dal cubismo, D. ne fu interprete originalissimo, com'è evidente in opere quali I giocatori di scacchi del 1911, dove lo scomporsi e il ripetersi delle immagini coinvolgono oltre che una dimensione spazio-temporale anche una dimensione psichica più profonda. Nel 1911 dipinse la prima versione del Nu descendant un escalier: ai princìpi cubisti D. affianca una ricerca di movimento (comune, ma svolta indipendentemente, alla poetica futurista), inserendo la 'macchina poetica' del nudo nell'ambiente naturalistico della scala a chiocciola. Seguì nel 1912 il Nu descendant un escalier n. 2: presentato nel 1913 all'Armory Show a New York, l'opera, definita da un critico "un'esplosione in una fabbrica di tegole", suscitò grande scandalo e risonanza. Dello stesso anno 1912 è la Mariée: come in altri quadri dello stesso periodo, l'allontanamento dal cubismo è evidente; abbandonata la scomposizione geometrica, D. crea un inquietante macchinario ermeticamente allusivo.

In un periodo di riflessione, impiegato alla biblioteca S.te-Geneviève, D. si dedicò alla ricerca di una nuova forma d'arte che contenesse maggiore libertà, e nello stesso tempo, maggiore precisione sia dell'immaginazione che dell'intelletto. Nel 1913 creò il suo primo ready made (una ruota di bicicletta montata su uno sgabello), formulando l'enunciato rivoluzionario per cui una pura operazione mentale di scelta trasforma un oggetto comune in opera d'arte. Durante i suoi soggiorni a New York (dal 1915 al 1918 e poi ancora dopo il 1920), D. creò numerosi ready mades, ma quello che fece più scalpore fu un orinatoio inviato nel 1917 all'esposizione della Society of Independent Artists, con il titolo Fontaine e clamorosamente rifiutato. Con F. Picabia, Man Ray e il collezionista Arensberg, s'impegnò in una serie di pubblicazioni dadaiste (Rong-Wrong, The blind man, New York Dada), contemporaneamente (dal 1915) lavora a La Mariée mise à nu par ses célibataires, même.

L'opera che nel 1923 D. definì "definitivamente incompiuta", è corredata da una serie meticolosa di studi e calcoli: su un grande vetro (l'opera è conosciuta anche come Le grand Verre) sono fissati frammenti di stagno ritagliati e dipinti a svolgere una "epopea mistico-meccanica del desiderio umano" che né le note stese da D. stesso nel 1934, né l'interpretazione di Breton né le più recenti in chiave alchemica nonché psicanalitica riescono a chiarificare fino in fondo. Dopo Le grand Verre, l'attività artistica di D. è solo episodica: partecipò al film di R. Clair Entr'acte e realizzò Anémic-Cinéma con audaci ricerche cinetiche, ma essenzialmente si dedicò al gioco degli scacchi, su cui scrisse anche un saggio (L'opposition et les cases conjuguées sont réconciliées, 1932, in collaborazione con V. Halberstadt).

Considerato uno degli esponenti più interessanti del movimento surrealista, D. tuttavia, come per gli altri movimenti di cui fece parte, si mantenne defilato in una posizione tutta sua, continuando a sorprendere per il suo comportamento e l'originalità del suo ingegno. All'esposizione surrealista del 1938, alla Galerie des Beaux Arts di Parigi, fa sospendere al soffitto 1200 sacchi di carbone e nel 1947, per quella organizzata alla Galleria Maeght, crea una "salle de pluie". Negli ultimi anni realizzò una serie di multipli dei suoi più famosi ready-mades e si dedicò all'ultimo suo complesso lavoro: una sorta di environnement scultoreo-erotico chiuso alla vista da un grande portone e spiabile soltanto attraverso due piccoli fori. Questo grande "capolavoro sconosciuto" dal titolo Etant donnés: 1. La Chute d'eau 2. Le Gaz d'éclairage (1946-66) sembra riallacciarsi e concludere (o ribaltare ?) il discorso del Grand Verre, e costituisce l'ultima grande sorpresa di un artista, alla cui creatività e alle cui sconcertanti invenzioni si richiamano molti dei modi dell'arte contemporanea d'avanguardia.

La maggior parte delle opere di D. è conservata al Museum of Art di Philadelphia. Vedi tav. f. t.

Bibl.: K. S. Dreier-M. Echaurren, Duchamp's Glass. An analytical reflection, New York 1944; A. Breton, Phare de la 'Mariée', in Minotaure, n. 6 (1953); R. Lebel, Sur Marcel Duchamp, Parigi 1959; O. Paz, M. Duchamp ou le Château de la pureté, ivi 1968; A. Schwarz, The complete works of M. Duchamp, New York 19702 (ed. it.: La sposa messa a nudo in Marcel Duchamp, anche, Torino 1974); Marcel Duchamp a cura di A. d'Arnoncourt e K. McShine, New York-Philadelphia 1973; M. Calvesi, Duchamp invisibile, Roma 1975; Marcel Duchamp in perspective, a cura di J. Masheck, Englewood Cliffs 1975.

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