VENUTI, Marcello

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 98 (2020)

VENUTI, Marcello. –

David Armando

Nacque a Cortona il 9 agosto 1700, primogenito del marchese Giuseppe e di Maria Francesca Baldelli, e fu battezzato il 22 come Niccolò Marcello.

Morto il padre nel 1708, fu allevato dallo zio Domenico Girolamo, uditore fiscale del Granducato di Toscana, che seguì negli spostamenti da Firenze a Bologna e a Siena, e che lo inviò, insieme ai fratelli Filippo e Ridolfino, a studiare presso i gesuiti al collegio Cicognini di Prato. Intorno al 1717 si trasferì a Pisa, dove fu eletto commendatore dell’Ordine di S. Stefano, cui era ascritto dall’età di sette anni, e proseguì gli studi all’Università sotto la guida del matematico Guido Grandi, del filosofo Pascasio Giannetti, dei giuristi Giuseppe Averani e Bernardo Tanucci, senza però conseguire la laurea in legge.

A Firenze frequentò l’ambiente antiquario, legandosi fra gli altri a Filippo Buonarroti, Anton Maria Salvini, Anton Francesco Gori e Philipp von Stosch, nonché quello filospagnolo raccolto attorno al padre domenicano Salvatore Ascanio, inviato del re cattolico presso la corte granducale, dal quale, in occasione della scomparsa di Luigi I, fu incaricato di redigere la descrizione delle cerimonie fiorentine (Esequie di Luigi Cattolico Re delle Spagne celebrate in Firenze nella Chiesa di Santa Maria Novella, Firenze 1724).

Rientrato a Cortona, insieme a Filippo, Ridolfino e ad alcuni giovani concittadini, fondò nel dicembre del 1726 una Società per la compra dei libri, poi divenuta Società degli Occulti. Il 9 ottobre seguente, con l’acquisizione della raccolta antiquaria e naturalistica e della biblioteca dello zio materno Onofrio Baldelli, la società si trasformò nell’Accademia delle antiche erudizioni e dal 1728 mutò il nome in Accademia Etrusca delle antichità ed iscrizioni. In contrasto con la tradizione arcadica, il sodalizio teneva la poesia ai margini delle sue attività, dedicate invece allo studio erudito delle antichità, non solamente etrusche. Venuti vi tenne nel gennaio del 1728 una lezione Sopra l’origine dei Galli Boii, e sopra un passo di Frontino (Cortona, Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca, 457, cc. 1-16). Una sua De antiquitate Cortonae Epistola (Cortona 1730), dedicata a padre Ascanio e inserita da Gori nel secondo tomo delle sue Inscriptiones Antiquae Grecae et Romanae in Etruriae urbibus [...] extantes (Firenze 1734, pp. 361-398), offrì un programma dell’attività collezionistica dell’Accademia, vista anche come un elemento di promozione del prestigio cittadino.

Dopo un soggiorno a Roma tornò nel 1731 a Pisa, dove fu nominato gran conservatore dell’Ordine di S. Stefano. In tale veste si recò ad Antibes per accogliere l’infante di Spagna Carlo di Borbone, che si accingeva ad assumere il titolo di principe ereditario di Toscana, e strinse rapporti con il suo segretario, il marchese di Montalegre.

Negli anni successivi l’Accademia Etrusca, alla cui promozione i fratelli Venuti continuarono a impegnarsi, crebbe di consistenza e di prestigio in Italia e all’estero, accogliendo fra gli altri suoi soci Ludovico Muratori, Scipione Maffei, Montesquieu (che Marcello aveva conosciuto nel 1728 a Firenze), Voltaire e Johann Joachim Winckelmann. Nel 1735, dopo una lunga gestazione, uscì il primo volume dei Saggi di dissertazioni accademiche pubblicamente lette nella nobile Accademia Etrusca dell’antichissima città di Cortona, curati da Marcello Venuti che però già l’anno precedente si era trasferito a Napoli, insieme al fratello Girolamo, al seguito del nuovo sovrano, Carlo di Borbone.

A Napoli si andava costituendo un’influente colonia toscana che comprendeva Bartolomeo Intieri, Bartolomeo Corsini e soprattutto Tanucci, divenuto segretario alla Giustizia. Da quest’ultimo, tuttavia, Venuti non sembra avere avuto l’aiuto sperato nella ricerca di una carica, e dovette attendere il 1738 per ottenere quella di tenente soprannumerario delle galere, seguita, il 12 novembre, dall’ambita nomina a soprintendente della Libreria Reale e del Museo Farnesiano, con l’incarico di sistemare le collezioni di libri, medaglie e antichità giunte da Parma al seguito del sovrano.

Alla fine del 1738, accompagnando il re in villeggiatura a Portici, Venuti assistette alla scoperta di alcune statue e frammenti di iscrizione nello stesso sito, presso il casale di Resina, in cui agli inizi del secolo il principe di Elboeuf aveva rinvenuto dei primi reperti. Interpretò i ritrovamenti come parte del teatro dell’antica Herculaneum e con una lettera del 17 gennaio 1739 (la data del 1738 corrisponde allo stile dell’Incarnazione) informò Gori delle scoperte, di cui tenne aggiornato anche il fratello Ridolfino.

Il proseguimento degli scavi fu affidato per la parte tecnica all’ingegnere spagnolo Roque Joaquín de Alcubierre, e gli studiosi sono divisi sul ruolo effettivo giocato da Venuti. Fu comunque lui, nel novembre del 1739, ad accompagnare in visita agli scavi Charles de Brosses (1957), che in una lettera del 28 a Jean Bouhier gli riconosceva di avere «fatto del suo meglio» per «soddisfare la [sua] curiosità» (I, p. 482), mentre criticava la scelta, avversata dallo stesso Venuti, di procedere allo scavo per cunicoli invece di asportare metodicamente lo strato di terra che ricopriva le rovine. Fu inoltre su suo parere che fu deciso di adottare la vernice messa a punto a Roma da Stefano Moriconi per preservare gli affreschi staccati dal sito.

Le scoperte ercolanensi valsero a Venuti il titolo di marchese di Cuma, ma i dissapori legati alla conduzione degli scavi e alla divulgazione dei loro risultati, che Gori iniziò a pubblicare nel 1740 sulle Novelle letterarie di Firenze, dovettero contribuire, insieme all’esigenza di risistemare le finanze domestiche, trascurate anche in conseguenza della partenza dei fratelli minori, alla scelta di rientrare in patria. Nel giugno del 1740 Venuti chiese e ottenne di lasciare Napoli e tornò a stabilirsi a Cortona, dove riprese le redini dell’Accademia Etrusca e nell’autunno tenne una Conferenza sul dominio che gli antichi Toscani ebbero sulle coste di Napoli, e sui vestigi di ciò trovati in Resina, Nola e Capua. Nel gennaio seguente prese in moglie Lucrezia Venuti, discendente di un altro ramo della famiglia. Rimase comunque legato alla corte di Napoli e in particolare a Montalegre, al quale, fra il 1741 e il 1742, fornì notizie sui movimenti delle truppe spagnole dallo Stato dei Presidi, mentre gli domandava protezione in una lite con il proprio agente e una pensione sull’arcivescovato di Monreale.

La situazione finanziaria migliorò alla fine del 1743 con la nomina a priore dell’ospedale di Cortona, ed è nell’appartamento priorale di Venuti che cominciarono ad aver luogo, agli inizi del 1744, le Notti coritane, degli incontri informali modellati sull’esempio delle Notti attiche di Gellio e della Società Colombaria di Firenze, in cui si leggevano e si commentavano documenti di storia locale, notizie letterarie italiane ed europee, scoperte archeologiche e antiquarie. È in queste riunioni che, nel dicembre del 1744, fu presentata la Musa Polimnia di Cortona, una falsa pittura antica su tavola, forse commissionata dallo stesso Venuti, che anche negli anni successivi fu il principale animatore delle Notti e contribuì alla stesura dei verbali, di cui offri un saggio Gori nel Florilegium ex volumine VI Noctium coritanarum (Firenze 1751). Si dedicò inoltre ai lavori nella villa di Catrosse, avviati dallo zio Domenico Girolamo su progetto di Alessandro Galilei, affidandoli all’architetto tedesco Marcus Tuscher e, per gli affreschi, a Vincenzo Torrigiani che vi attese fra il 1746 e il 1747.

Nel frattempo gli scavi di Ercolano erano ripresi sotto la guida di Ottavio Antonio Baiardi e suscitavano forte interesse nel mondo letterario europeo. Anche su incitazione di Gori, che stava redigendo le Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città di Ercolano (Firenze 1748), Venuti si decise dunque a pubblicare il resoconto dei suoi scavi, rielaborando la breve Dissertazione commissionatagli dieci anni prima da Carlo di Borbone per la corte di Madrid. Il 29 maggio 1748 poteva annunciare a Gori che il libro era in tipografia (Firenze, Biblioteca Marucelliana, Mss., B.VIII.7, c. 272). Le pressioni della corte napoletana, che aveva promosso la pubblicazione da parte di Baiardi dei volumi di incisioni degli scavi (Prodromo delle antichità di Ercolano, Napoli 1752), ne ritardarono la stampa, che fu terminata dai tipografi romani Bernabò e Lazzarini alla fine dell’anno, e la Descrizione delle prime scoperte dell’antica città d’Ercolano ritrovata vicino a Portici Villa della Maestà del Re delle Due Sicilie cominciò a circolare solo agli inizi del 1749.

L’opera è divisa in due parti: la prima contiene la storia della fondazione della città di Ercolano, mentre la seconda ricostruisce le vicende dei ritrovamenti e degli scavi, dalla fine del XVII secolo, concentrandosi soprattutto su quelli diretti da Venuti nel biennio 1738-40. Nella lettera dedicatoria a Federico Cristiano di Sassonia, Venuti rivendica il ruolo avuto nel rinvenimento di «una intera Città, corredata di magnifici e preziosi abbellimenti, con Teatri, Templi, Pitture, Case, e Statue colossali, ed equestri, marmi e bronzi rarissimi», che «ha eccitato per tutto il mondo tanta, e così gran maraviglia» (p. IX). Ma l’identificazione, che si sarebbe rivelata poi esatta, delle rovine ritrovate con l’antica Herculaneum divise gli studiosi, suscitando la ferma opposizione di Maffei e di Lami, che ritenevano trattarsi più semplicemente di una villa, mentre le posizioni di Venuti furono difese, fra gli altri, dal fratello Filippo, da Joannon de St. Laurent e dallo stesso Baiardi. La Descrizione ebbe comunque un notevole successo, testimoniato dalle edizioni successive, a partire da quella veneziana del 1749, e dalle traduzioni in più lingue.

Gli ultimi anni della sua vita furono dedicati principalmente agli affari di famiglia e alle iniziative culturali cortonesi. Si impegnò per il rientro in Toscana del fratello Filippo, per l’erezione dei monumenti allo zio, a Firenze, e a Pietro da Cortona, per la realizzazione di un teatro, per l’accrescimento della propria collezione di testi e antichità, per la ripresa della pubblicazione dei Saggi dell’Accademia Etrusca, interrotta nel 1743. Nel 1750 la sua Epistola del 1730 fu parzialmente ripubblicata da Gori come introduzione al catalogo della collezione di antichità dell’Accademia (Museum Cortonense, Roma 1750). Nel 1753 Venuti partecipò alla redazione dei nuovi statuti della stessa e nel novembre del 1754 alla fondazione della Società botanica di Cortona.

Morì a Cortona l’11 luglio 1755.

Fra i suoi figli, Domenico (1742-1814) fu soprintendente generale delle antichità del Regno di Napoli, il primogenito Giuseppe Benvenuto (1741-1780) e Curzio (1745-1817), destinato alla carriera ecclesiastica, proseguirono i suoi studi di antiquaria cortonese e la cura dell’Accademia Etrusca, mentre la figlia Lidia fu moglie di Nicolò Inghirami e madre di Francesco, bibliotecario della Marucelliana, e dell’astronomo Giovanni.

Fonti e Bibl.: Documenti e corrispondenza di Venuti sono conservati a Cortona, presso la Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca (cfr. G. Mancini, I Manoscritti della Libreria del Comune e dell’Accademia Etrusca di Cortona, Cortona 1884; Id., Inventario dei manoscritti della Biblioteca del Comune e dell’Accademia Etrusca di Cortona, in Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia, a cura di G. Mazzatinti, XX, Firenze 1914, pp. 25 s., 42-50, 68); a Firenze, presso la Biblioteca Marucelliana (mss. A.54; B.VIII.7; N.A. 368, 1-92) e nella Città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ottob. lat. 3128. Il carteggio con Montealegre degli anni 1741-42 è edito in M. Pagano, I primi anni degli scavi di Ercolano, Pompei e Stabiae, Roma 2005, pp. 97-100. Il manoscritto della prima relazione sugli scavi di Ercolano è in Archivio di Stato di Napoli, Casa Reale Antica, FS 1544/82, parzialmente riprodotto in M. Pagano, Il teatro d’Ercolano, in Cronache ercolanensi, XXIII (1993), pp. 138 s.

La biografia di riferimento su Venuti è quella di D. Gallo, M. V. tra Napoli e Cortona, in L’Accademia Etrusca (catal.), a cura di P. Barocchi - D. Gallo, Milano 1985, pp. 53-57, da integrare con i contributi di M. Verga, E. Karwaca Codini, M. De Vos e D. Levi nello stesso volume, e con E. Mori, Le tombe dei Venuti, in Annuario dell’Accademia Etrusca di Cortona, XXXI (2004-2005), pp. 45-77. Cfr. inoltre: G. Boni, Elogio del marchese cav. Niccolò M. V. primo fondatore dell’Accademia Etrusca di Cortona, Livorno 1755; Pietosi offici prestati in Cortona alla memoria del Marchese cavaliere M. de’ V., Livorno 1755; F.A. Zaccaria, Storia letteraria d’Italia, XIV, Modena 1759, pp. 371-373; A. Vannucci, Venuti (Niccolò Marcello), in Biografie degli italiani illustri, a cura di E. De Tipaldo, XV, Venezia 1837, pp. 473-475; G. Inghirami, Storia della Toscana, XIV, [Fiesole] 1844, p. 440 s.; G. Mancini, L’Accademia Etrusca e la Libreria pubblica di Cortona, in Id., I Manoscritti, 1884, pp. XIV-XX; T. Venuti De Dominicis, I Venuti, Roma 1889, pp. 22-37; M. Maylender, Storia delle accademie d’Italia, Bologna 1926-1930, II, pp. 327-331; Ch. De Brosses, Viaggio in Italia. Lettere familiari, a cura di C. Levi - G. Natoli, I-III, Firenze 1957, ad ind.; V. Gazzola Stacchini - G. Bianchini, Le accademie dell’Aretino nel XVII e XVIII secolo, Firenze 1978, pp. 97, 373-383, 390 s., 487 s.; F. Zevi, Gli scavi di Ercolano, in Civiltà del ’700 a Napoli. 1734-1799, II, Firenze 1980, pp. 59-61; V. Cocchi, Domenico Venuti e le porcellane di Capodimonte, in Annuario dell’Accademia Etrusca di Cortona, XIX (1980-1981), pp. 321 s.; B. Tanucci, Epistolario, I-III, Roma 1980-1982, ad ind.; G. Guerrieri, Breve nota in margine alla scoperta di Ercolano, in La regione sotterrata dal Vesuvio. Studi e prospettive, Napoli 1982, pp. 99-102; L.A. Muratori, Carteggi, XLV, Firenze 1982, pp. 120-123; N. Fruscoloni, Bernardo Tanucci e l’Accademia Etrusca di Cortona, Cortona 1983, passim; M. Gori Sassoli, La Villa Venuti di Catrosse a Cortona. Notizie e documenti, ibid., XXI (1984), pp. 191-212; L. Del Bianco, Sei lettere «dimenticate» di Bernardo Tanucci a due corrispondenti toscani, in Bernardo Tanucci e la Toscana, Firenze 1986, pp. 113-138; F. Zevi, Gli scavi di Ercolano, in Le antichità di Ercolano, Napoli 1988, 13-22; F. Strazzullo, Saggio introduttivo, in M. Venuti, Descrizione delle prime scoperte di Ercolano, Roma 1990, pp. XVII-XXX (poi con il titolo M. V. scopritore di Ercolano, in Atti dell’Accademia Pontaniana, n.s., XL (1991), pp. 169-176); G. Guadagno, Ercolano. Eredità di cultura e nuovi dati, in Ercolano 1738-1988. 250 anni di ricerca archeologica, a cura di L. Franchi dell’Orto, Roma 1993, pp. 75 s.; M. Pagano, Il teatro di Ercolano, in Cronache ercolanesi, XXIII (1993), pp. 121, 136 s.; C.C. Parslow, Rediscovering antiquity. Karl Weber and the excavation of Herculaneum, Pompeii, and Stabiae, Cambridge 1995, pp. 29-31; J.J. Winckelmann, Herkulanische Schriften Winckelmanns, I, a cura di M. Gross et al., Mainz 1997, pp. 16, 40, 162, 166-168, 234; S. Pace, Ercolano e la cultura europea tra Settecento e Novecento, Milano 2000, p. 26; M.M. Angeli, Nuove lettere di M. V., in Annuario dell’Accademia etrusca di Cortona, XXX (2002-2003), pp. 115-159; R. Romanelli, V. M., in Sistema informativo unificato per le Soprintendenze archivistiche, 2011: http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodpersona&Chiave=55020 (19 aprile 2020); M.A. Morelli Timpanaro, Spigolature archivistiche su alcuni membri della famiglia Venuti di Cortona, ibid., XXXIV (2011-2012), pp. 65-71.

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