LASTRI, Marco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 63 (2004)

LASTRI, Marco

Maria Pia Paoli

Nacque a Firenze il 6 marzo 1731 da Arcangelo Maria e da Lucrezia Paolini, nella parrocchia di S. Romolo (quartiere di S. Croce). Per le umili origini della famiglia "fin dalla fanciullezza fu iniziato all'ecclesiastico ministero", come ricorda G. Sarchiani nell'elogio funebre letto all'Accademia dei Georgofili il 14 sett. 1812.

Il L. si formò dapprima nel collegio Eugeniano della cattedrale fiorentina, dove ebbe tra i maestri F. Poggini, teologo, letterato e accademico apatista. Dopo nove anni, ordinato sacerdote, proseguì gli studi nel seminario diocesano, dove ebbe come compagni G.M. Lampredi, futuro professore di diritto canonico e diritto pubblico a Pisa, e O. Marrini, filologo e poeta. Grazie alle recenti riforme dell'arcivescovo F.G. Incontri, il L. poté apprendere, oltre alla teologia morale e dogmatica, lo ius civile e canonico, la matematica e la lingua "toscana", il cui insegnamento era stato inaugurato da D.M. Manni. Nel 1756 si laureò nel collegio teologico dello Studio fiorentino, e nello stesso anno pubblicò due sonetti d'occasione per le nozze di G. Dini con la marchesa Teresa Gerini (Firenze 1756).

Una prima testimonianza sulla sua vivacità di pensiero viene da una lunga lettera inviatagli nel 1752 da Lampredi, che discute l'appassionata adesione dell'amico alle tesi di P. Bayle sull'ateismo e la morale naturale, che sembravano mettere in secondo piano l'influsso dei "principi teoretici" sulle azioni umane (Firenze, Biblioteca Moreniana, Mss., Frullani, 40, I, cc. 6r-8v). Quasi a interrompere gli "impeti giovanili" del neosacerdote, nel 1759 giunse la concessione di un beneficio nella pieve dei Ss. Giovanni e Lorenzo di Signa, nel cui archivio il L. svolse le prime ricerche storico-antiquarie, sfociate nelle Memorie appartenenti alla vita ed al culto della b. Giovanna da Signa (Firenze 1761). L'opera fu recensita con favore nelle Novelle letterarie da G. Lami, che mostrò di apprezzare la "giudiziosa" ricostruzione biografica della beata, corredata di "buone e opportune note" (XXII [1761], coll. 321-324).

La partenza per Signa segnò l'inizio del carteggio del L. con l'amico Giuseppe Bencivenni Pelli. Questo sodalizio, durato tutta la vita, scandì i ruoli ricoperti dal L. come ecclesiastico e uomo di lettere, ma la corrispondenza mette in luce anche risvolti più intimi, come le galanterie amorose intessute con gentildonne, ricordate con pseudonimi: Armida, Dircea, Clarice, Elena, Laura, Gattina. A Pelli il L., avido di notizie sulle accademie, le librerie, le conversazioni e i teatri che aveva frequentato, confidava un certo rammarico per l'isolamento che il nuovo impiego comportava, nella speranza di adattarsi alle cose spirituali "senza esser punto spirituale" (Arch. di Stato di Firenze, Carte Pelli, lettera n. 847: Signa, 25 genn. 1760). M.-E. de Montaigne e la Sacra Scrittura costituivano ora le sue letture, mentre agli obblighi del ministero pastorale alternava le frequentazioni di fiorentini o forestieri illustri che con le loro villeggiature animavano il quieto borgo di Signa; tra questi, l'ambasciatore portoghese F. de Almada e monsignor G. Cerati, provveditore dell'Università di Pisa. In sintonia con gli intellettuali toscani formatisi nella Reggenza lorenese, aperti alle novità dell'Illuminismo francese, condiviso nel rispetto della religione "non superstiziosa" difesa da L. Muratori e G. Lami, nelle lettere a Pelli anche il L. mostrò un moderato interesse per le opere recenti d'Oltralpe; a proposito dell'Émile di J.-J. Rousseau, più per compiacere alle critiche dello "scandalizzato" Pelli che per convinzione, confessava alla fine di invidiare all'autore "la maniera di scrivere, ma non quella di pensare" (ibid., lettera n. 71: 14 marzo 1765).

Dal 1763, intanto, il L. aveva iniziato a collaborare agli Elogi degli uomini illustri toscani, che lo stampatore G. Allegrini decise di aggiungere alla Serie di ritratti, affidandoli inizialmente soltanto a Pelli (Firenze, Biblioteca nazionale, Nuovi acquisti, 1050: G. Pelli, Efemeridi, s. 1, vol. 9, cc. 14, 63). Il L. stese 36 elogi e le prefazioni ai quattro volumi dell'opera, uscita fra il 1766 e il 1772. Il programma che tracciò rinnovava la lunga tradizione di scrittura biografica maturata a Firenze dal XV secolo, proponendosi come una sorta di "istoria dello spirito umano" estesa ai contemporanei e alla storia civile, ovvero a chi si era distinto nelle scienze e attività utili come la chimica o il commercio.

La novità di impostazione fu in parte disattesa nella scelta dei protagonisti degli elogi, sebbene risultassero decisamente innovative le interpretazioni delle figure e opere di Dante o Machiavelli, l'uno letto in chiave giurisdizionalista e anticuriale come autore del De Monarchia, l'altro in chiave repubblicana come autore del Principe, dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e delle Istorie, tutte intessute di "umana prudenza". Nel 1782, pur alla vigilia della soppressione dell'Inquisizione nel Granducato, il L., recensendo una nuova edizione delle opere di Machiavelli, per timore di censure e scomuniche modificò i giudizi dell'elogio, definendo il segretario fiorentino "uno scrittore libero sì e repubblicano, ma in nulla contrario al sistema monarchico". Oscillazioni e ambiguità di pensiero in ambito politico non gli impedirono di esprimere più lucide prese di posizione sul ruolo dell'uomo di lettere attraverso l'elogio di G. Lami, fondatore e direttore delle Novelle letterarie scomparso nel 1770, criticato per il "cinico" opporsi ai "più cari pregiudizi del volgo in materia di devota credulità". Il giudizio del L., condiviso da Pelli, suscitò una serie di polemiche a distanza di anni; nel 1789 l'abate F. Fontani, in un nuovo elogio di Lami, lo definì "sommo filosofo", lontano dall'immagine di teologo capzioso diffusa dal L., "teologo mondano senza partito" (Pelli, Efemeridi, s. 2, vol. 17, c. 3352). Dal 1770, da quando il L., insieme con Pelli, il canonico e bibliotecario A.M. Bandini, il matematico P. Ferroni e il medico A. Bicchierai, aveva iniziato a collaborare alla redazione delle Novelle letterarie (XXV [1764], coll. 113, 135), si era chiarito il suo giudizio sull'eccessiva erudizione del "grande Omniscio" Lami, la cui "pedanteria" aveva portato al declino il periodico (Arch. di Stato di Firenze, Carte Pelli, lettera n. 3649: Signa, 28 ott. 1770). Ora invece i suoi redattori auspicavano addirittura un'edizione fiorentina tascabile dell'Enciclopedia francese, divisa per materie secondo il modello di Bacone (Novelle letterarie, n.s., I [1770], coll. 267-269). "Leggo san Bernardo e non mi piace, leggo Voltaire e mi rapisce" scriveva il L. a Pelli (Carte Pelli, lettera n. 3744: Signa, 6 marzo 1771), convinto che il "mutato gusto del secolo" prediligesse "i libri buoni e di gusto".

Il 17 sett. 1772 il L. tornò a Firenze come preposto del battistero di S. Giovanni; da quel momento intensificò la partecipazione alla vita culturale cittadina. Socio dal 1770 dell'Accademia dei Georgofili, fondata dall'abate U. Montelatici nel 1753, nel 1773 fu accolto nell'Accademia della Crusca, che viveva momenti di declino. Nello stesso anno P. Arduino, che dal 1765 ricopriva la cattedra di agricoltura istituita nell'Università di Padova, comunicò al L. la nomina a socio dell'Accademia di agricoltura di quella città (Biblioteca Moreniana, Mss., Frullani, 40, I, lettera di Arduino: Padova, 28 luglio 1773). Con l'agronomo il L. intrattenne un fitto carteggio, dal quale emerge l'interesse del preposto per la sperimentazione di nuove colture quali l'orzo di Siberia, ritenuto idoneo a sopperire la carestia di grano verificatasi nel 1772.

Nel 1774 il segretario di Stato F. Seratti gli comunicò la nomina a revisore delle stampe, con il compito di rilevare cose contrarie sia al "buon costume e a' sovrani diritti di S.A.R." sia alla reputazione di privati cittadini (ibid., lettera di Seratti: 7 giugno 1774). In questa carica, che per la legge di riforma del 1743 poteva essere attribuita sia a ecclesiastici sia a laici, il L. dimostrò una certa disinvoltura: nel 1781 Pietro Leopoldo lo richiamò per aver approvato la stampa di un Gazzettino di tutti i giorni edito da G. Allegrini, contenente espressioni allusive e satiriche "contro il governo e contro i particolari e di poco rispetto verso alcune corti" (Arch. di Stato di Firenze, Reggenza, f. 626, n. 127).

Con il ritorno a Firenze il L. iniziò a scrivere un diario, che tenne in maniera discontinua fino al 1806, richiamandosi ai classici del genere, da Cesare a s. Agostino, a Montaigne (che definì peraltro "poco scienziato"). Nel proemio ricordò A. Cocchi e Pelli come autori recenti di più copiose Efemeridi. Curiosità scientifiche e incontri con viaggiatori stranieri di passaggio a Firenze riempiono le prime pagine del diario (Biblioteca Moreniana, Mss., Frullani, 32: M. Lastri, Efemeridi). Nel novembre del 1774 il L. stampò una delle opere che decretarono la sua fama a livello europeo, testimoniata dal carteggio e dalle recensioni sui periodici: il primo volume del Lunario per i contadini, che divulgò le teorie di agronomi inglesi e francesi, i principî fisiocratici e, in particolare, la cultura e la pratica agronomica toscana di U. Montelatici, C. Trinci e F. Paoletti, finalizzata alla politica riformatrice del governo lorenese, impegnato a conciliare il sostegno alla piccola proprietà terriera con le esigenze di un libero mercato. Questi problemi si riflettevano nelle Novelle letterarie: il periodico cominciò a interessarsi maggiormente di economia e di scienza nella convinzione che il modello toscano fosse vincente rispetto al fallimento della politica economica francese di F. Quesnay ("il Confucio d'Europa") e del ministro delle finanze A.-R.-J. Turgot, deposto nel 1774 (cfr. Novelle letterarie, n.s., V [1774], coll. 276-279). I Lunari ebbero ristampe e riedizioni fino al 1834; quella fiorentina del 1801-03, notevolmente accresciuta dall'autore, si intitolava Corso di agricoltura di un accademico georgofilo autore della Biblioteca georgica.

Dopo essersi cimentato anche nel genere della letteratura odeporica, pubblicando sul Magazzino toscano di S. Manetti una Lettera odeporica contenente una descrizione di una parte della Valdelsa (V, parte II, 1774, pp. 35 ss.), sullo stesso periodico (V, parte IV, 1774, pp. 33-65) il L. pubblicò un Progetto di nuovi registri di popolazione per uso della Toscana preceduto da un opuscolo inglese tradotto in italiano (cioè il saggio Proposals for establishing more accurate and comprehensive bills of mortality in Manchester di Th. Percival, edito nel 1773), cui seguirono nel 1775 le Ricerche sull'antica e moderna popolazione della città di Firenze per mezzo dei registri del battistero di S. Giovanni dal 1451 al 1774. Le due opere si ispiravano in maniera originale ai dibattiti sulla cosiddetta "aritmetica politica" sorti in Inghilterra, in Francia, nel Piemonte sabaudo e nella Lombardia asburgica. Come in altre occasioni era stato Pelli a interessarsene per primo, lasciando poi non senza rammarico al L. i materiali raccolti per completare le opere sulle quali egli già da tempo lavorava autonomamente (Pelli, Efemeridi, s. 2, vol. 3, c. 519, 13 sett. 1775). La novità proposta dal L. consisteva nel calcolare la popolazione sulla base di un coefficiente dedotto dal numero delle nascite, che avrebbe dovuto confermare o correggere i dati dei censimenti ufficiali. Riflessioni statistiche e analisi storiche fecero delle Ricerche uno dei primi lavori di demografia storica; le variazioni della popolazione, considerate in generale come causa di maggiore o minore ricchezza, venivano trattate come strettamente connesse ai cambiamenti politici, che a Firenze si erano attuati con i passaggi dal governo repubblicano al Principato mediceo e al governo lorenese, nel quale Pietro Leopoldo rappresentava l'esempio del "principe filosofo", fautore di riforme economiche tali da favorire "progressi significanti" della popolazione nella capitale, e soprattutto nelle campagne.

Il successo dell'opera fu offuscato da un'aspra recensione di Lampredi nel Giornale de' letterati di Pisa del 1775 (t. XIX, col. 216). Al di là delle motivazioni scientifiche, il voltafaccia del vecchio amico fece rammaricare il Lastri. Ulteriori polemiche suscitò la pubblicazione in forma anonima da parte del L. di una Gazzetta ecclesiastica, dal gennaio all'aprile 1776 (Firenze, Biblioteca Moreniana, M. Lastri, Efemeridi, cc. 40-41). Imperniata sulla propaganda antigesuitica e giurisdizionalista, la Gazzetta intendeva promuovere anche una nuova storia della Chiesa improntata alla "sana critica", mentre l'autore auspicava che il clero si rendesse utile alla società anche nelle arti e nelle scienze. Questa esigenza, maturata durante la dimora a Signa, portò il L. a pubblicare nel 1776 a Firenze l'inedito Discorso dell'agricoltura di G.B. Tedaldi (XVI sec.), con memorie sulla vita dell'autore, e nel 1787 la Biblioteca georgica (Firenze), che nell'ordine alfabetico degli autori dava un'idea sintetica delle opere di agricoltura scritte dall'antichità fino all'epoca contemporanea.

All'insegna dell'eclettismo culturale caratteristico degli intellettuali del tempo, nel 1776 il L. pubblicò, ancora a Firenze, in 6 volumi la prima edizione dell'Osservatore fiorentino sugli edifizj della sua patria, cui seguì una più ricca edizione in 8 volumi nel 1797, sempre a Firenze. L'opera si presentava come guida per un "forestiero filosofo", al quale si fornivano notizie storico-artistiche sui monumenti cittadini, ma anche curiosità e aneddoti su luoghi e personaggi. Inserita in una tradizione iniziata nel secolo XVI, prendeva a modello il Voyage du jeune Anacharsis en Grèce di J.-J. Barthélemy.

La corrispondenza di questi anni con A.M. Bandini rivela gli interessi del L. per gli "oltramontani" che da tempo, a suo giudizio, coltivavano il gusto per la filosofia. Nel 1778, dopo aver intensificato l'attività nelle Novelle letterarie fino a dirigere da solo la redazione, intraprese un viaggio di piacere da Ferrara a Napoli, con tappe a Bologna e Roma. Fu soprattutto Napoli a entusiasmarlo (un "paradiso terrestre", scrisse a un amico nell'aprile del 1778: Firenze, Biblioteca nazionale, Acquisti e doni, b. 94, ins. 20). Al ritorno cominciò a tradurre dall'inglese i sette Discourses sulle arti del disegno di J. Reynolds, già tradotti da G. Baretti "in lingua piuttosto bergamasca che italiana" (Lastri, Efemeridi, c. 54). Altre polemiche tra il L. e Baretti nacquero dalla prefazione di questo all'edizione londinese delle opere di Machiavelli; più moderatamente il L. polemizzò su temi di politica economica con G.M. Ortes, suo assiduo corrispondente di questo periodo insieme con G. Arduino, A. Zorzi, F. Re e G. Filangieri, che gli chiese consigli per la parte della Scienza della legislazione dedicata al diritto criminale (Firenze, Biblioteca nazionale, Autografi Gonnelli, cass. 13, cc. 151-152, lettera di Filangieri, Napoli, 19 ott. 1781).

Ascritto nell'aprile 1778 all'Accademia Etrusca di Cortona, nel 1779 il L. in mezzo a nuove polemiche ristampò a Firenze la versione italiana dell'Antico e Nuovo Testamento edita a Torino nel 1769 da A. Martini, futuro arcivescovo di Firenze. Non si trattò in realtà di una semplice ristampa, dato che il L., con pesanti interventi, aggiunse prefazione e note proprie nell'intento di semplificare l'eccessivo apparato erudito di Martini, ritenuto contrario allo spirito di divulgazione che stava a cuore al preposto.

Pur volto a diffondere la cultura anche negli strati sociali più bassi, nelle Novelle letterarie il L. condusse una battaglia di retroguardia contro il Rousseau del Contrat social, proseguita in toni più sfumati nei primi anni Ottanta in un carteggio con il magistrato ginevrino F. Naville, con cui fu in contatto fino al 1793, quando Naville fu fucilato dai robespierristi. Gli eventi incalzanti della politica internazionale e il denso periodo del riformismo toscano filogiansenista e liberista videro il L. impegnato soprattutto a sostenere con il suo periodico la legge sull'abolizione della pena di morte, emanata da Pietro Leopoldo nel 1787. Una prima fase di ripiegamento interiore fu arginata con nuove occupazioni, come la direzione dell'orto botanico fiorentino, affidatagli nel giugno del 1783, mentre per distrarsi frequentava con l'amico Bandini il salotto di Maria Maddalena Morelli, la poetessa arcade nota come Corilla Olimpica. Gli stretti contatti con la comunità inglese di Firenze, facente capo ai residenti H. Walpole e H. Mann, gli dettero occasione di studiare con profitto l'inglese, tanto che poté tradurre le elegie di Th. Gray, congeniali a quella dimensione malinconica che cominciava a prevalere sul suo spirito giocoso e ironico.

Lo zelo patriottico che aveva animato il L. a comporre l'Elogio di Amerigo Vespucci (Firenze 1787), su tema proposto dall'Accademia Etrusca, non trovò il consenso atteso dall'autore che, dimentico del filorepubblicanesimo degli anni Settanta, esortava ora i coloni americani a cercare protezione e guida in sovrani come Pietro Leopoldo e Luigi XVI. Nel rammarico generale di amici e corrispondenti, il 28 dic. 1792 fu annunciata la fine della pubblicazione delle Novelle letterarie, che non poteva più appoggiarsi alla protezione sovrana dopo la partenza di Pietro Leopoldo per Vienna. La fine dell'attività di giornalista segnò tuttavia per il L. un ennesimo impegno di rilievo, rappresentato dalla pubblicazione, dal 1791 al 1795 a Firenze, dell'Etruria pittrice, in due volumi corredati di tavole; in polemica con G. Vasari, vi dette spazio non tanto ai pittori e alle loro biografie quanto alla pittura toscana, a partire da quella prerinascimentale di cui anche Lami aveva discusso in un opuscolo del 1757 rimasto inedito fino al 1792. L. Lanzi, fra gli altri, parlò con molto favore dell'opera del L. nella sua Storia pittorica della Italia (Bassano 1795-96, p. 25).

Nelle ultime lettere a Bandini e Pelli dalla campagna di Belfiore, il L. mostrò ancora interesse per nuovi progetti, tra cui un Giornale georgico destinato alla vita delle campagne e alla politica agraria e commerciale: temi ripresi in altre pubblicazioni poi interrotte, quali l'Almanacco d'economia pel Granducato di Toscana (Firenze 1791), o in testi più disimpegnati come il poemetto Il cappello di paglia (ibid. 1801), dedicato alla manifattura della paglia praticata a Signa.

Nel 1808, divenuto il Granducato Regno d'Etruria, con G. Sarchiani, A. Rivani e G. Lessi rispose a quesiti del governo francese sulla produzione dell'olio e del vino in Toscana (Questioni statistiche fatte dal governo francese, Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, 1076). Tardivamente, nel 1806, era stato ammesso con il nome di "Lucido" nell'Accademia La Colombaria di Firenze; ormai prevaleva in lui il desiderio di vivere ritirato da "filosofo campagnardo", dilettandosi nella traduzione di Tacito e di Plinio il Giovane, piuttosto che di accettare l'incarico offertogli nel 1803 di ricoprire a Forlì una cattedra di storia naturale e di agricoltura (Firenze, Biblioteca Moreniana, Mss., Frullani, 40, IV, lettera del L. al nipote G. Lotti, Belfiore, 6 ott. 1803, c. 389).

Il L. morì "per un colpo apoplettico" nella casa di campagna di Sant'Ilario a Settimo il 24 dic. 1811. L'ufficioso Giornale del Dipartimento dell'Arno annunciò la perdita nel gennaio 1812 come "sensibilissima a tutti i buoni e a' cultori delle lettere".

Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. dell'Opera del duomo, Registri battesimali, Maschi, marzo 1731; Biblioteca Moreniana, Mss., Frullani, 32; Mss., Moreni, 200, I: D. Moreni, Notizie di rettori, priori, proposti, piovani, vicari, abati, ecc. di chiese e monasteri dello Stato fiorentino, degli spedalinghi, dei maestri dell'Altopascio e dei vicari imperiali in Firenze, c. 79; Mss., Frullani, 40: Lettere al proposto M. Lastri, I-IV (1748-1800); Autografi, 286-290, 552-555, 590, 682-683, 1050-1051, 1268 (altre lettere del carteggio del L.); Arch. dell'Accademia dei Georgofili, Mss., bb. 23, 24, 45; Biblioteca Marucelliana, Mss., B.III.33-35; Biblioteca nazionale, Mss.,Gonnelli, 21, ins. 128-131; Carteggi vari, cass. 50, ins. 142-143, cass. 207, ins. 91; Arch. di Stato di Firenze, Acquisti e doni, b. 94, ins. 20; Venezia, Biblioteca del Civico Museo Correr, Codd. Cicogna, 3197; D. Moreni, Bibliografia storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, pp. 508-511; F. Re, Diz. ragionato de' libri di agricoltura, veterinaria e di altri rami d'economia campestre…, Venezia 1808, I, pp. 9, 67, 132; III, pp. 56-58; G. Sarchiani, Elogio del proposto M. L., in Atti dell'Accademia dei Georgofili, XXVII (1817), t. VIII; F. Inghirami, Storia della Toscana, Fiesole 1843-44, XIV, p. 538; XV, pp. 377-379; C. Guasti, Storia aneddota del volgarizzamento de' due Testamenti fatto dall'abate A. Martini, in Rassegna nazionale, 16 sett. 1885, pp. 254-265; G. Gasperoni, Di alcune fonti essenziali per la storia della cultura in Toscana nel secolo XVIII, Firenze 1936, passim; E. Cochrane, Tradition and Enlightenment in the Tuscan academies (1690-1800), Roma 1961, ad ind.; M. Rosa, Dispotismo e libertà. Interpretazioni repubblicane del Machiavelli, Bari 1964, ad ind.; B. Moloney, Florence and England. Essays on cultural relations in the second half of the eighteenth century, Firenze 1969, ad ind.; G. Previtali, La fortuna dei primitivi, Torino 1972, ad ind.; M.P. Paoli, Per una biografia di M. L., tesi di laurea, Università di Firenze, a.a. 1974-75; F. Venturi, Settecento riformatore, II, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti, Torino 1976, ad ind.; G. Ricuperati, Giornali e società nell'Italia di Ancien Régime (1668-1789), in La stampa italiana dal Cinquecento all'Ottocento, a cura di V. Castronovo - N. Tranfaglia, Bari 1976, ad ind.; M.A. Morelli Timpanaro, Lettere a Giuseppe Pelli Bencivenni (1747-1808). Inventario e documenti, Roma 1976, ad ind.; M.P. Paoli - R. Graglia, M. L.: aritmetica politica e statistica demografica nella Toscana del '700, in Annali della Fondazione Luigi Einaudi, XII (1978), pp. 117-214; M.A. Morelli Timpanaro, Su M. L., Angelo Maria Bandini, Giuseppe Pelli Bencivenni e su alcune vicende editoriali dell'"Osservatore fiorentino", in Critica storica, XXVII (1990), pp. 89-131; L. Mascilli Migliorini, L'età delle riforme, in Il Granducato di Toscana. I Lorena dalla Reggenza agli anni rivoluzionari, a cura di F. Diaz - L. Mascilli Migliorini - C. Mangio, in Storia d'Italia (UTET), XIII, 2, Torino 1997, ad ind.; R. Pasta, Editoria e cultura nel Settecento, Firenze 1997, ad ind.; A.M. Pult Quaglia, Le "Novelle letterarie" e la cultura agronomica da Giovanni Lami a M. L., in Religione, cultura e politica nell'Europa dell'Età moderna. Studi offerti a Mario Rosa dagli amici, a cura di C. Ossola - M. Verga - M.A. Visceglia, Firenze 2003, pp. 559-569; Enc. Italiana, XX, p. 566; Enc. dantesca, III, p. 577.

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