Mare

Enciclopedia Dantesca (1970)

mare


Il termine ricorre spesso in senso proprio, e con valore generico: Rime LII 4 un vasel, ch'ad ogni vento / per mare andasse, e CIII 19; Cv III XV 16 e IV XII 7 (in traduzioni dalla Bibbia e da Boezio); If V 29 Io venni in loco... / che mugghia come fa mar per tempesta; XVI 135 e XXXIV 48; Pg XIX 20 io son dolce serena, / che ' marinari in mezzo mar dismago; Pd XIX 60 ne la giustizia sempiterna / la vista... / com'occhio per lo mare, entro s'interna; cfr. ancora Pd I 69, X 90, XIII 137, XXIV 39, XXXI 75, Fiore LVI 2 e 8, LXXII 13, CXIV 14. Talvolta, accostato a ‛ terra ', indica una delle componenti del globo: questa parte del mare e de la terra (CV III V 3, due volte; così anche ai §§ 6, 7, 14 e 16; per mare e per terra [lf XXVI 2] significa " dappertutto "; analogamente in Fiore CXXIII 9 abbiamo impreso [" occupato "] mare e terra).

In alcuni casi il termine è seguito dal nome proprio (nel mare Oceano, a punto in su quel dosso del mare dove..., Cv III V 9 [per l'espressione, cfr. Quaestio 12], 10 e 12; mare Adriano, IV XIII 12; Mar Rosso, If XXIV 90); in altri l'allusione a un determinato m. è implicita: così è il Mediterraneo il m. in mezzo al quale siede un paese guasto / … che s'appella Creta (If XIV 94), l'alto mare aperto attraversato da Ulisse all'inizio del suo viaggio (XXVI 100 e 105), che si conclude quando un altro mar, l'Oceano, dopo il turbo che lo ha sconvolto, si ‛ rinchiude ' su lui e i suoi compagni (v. 142; cfr. ancora Rime C 17, If XXX 19, XXXIV 123, Pg II 10 e 17, Pd IX 84 quel mar che la terra inghirlanda); il Tirreno è il m. contemplato da Aronta, che ne' monti di Luni, dove ronca / lo Carrarese... / ebbe tra' bianchi marmi la spelonca (If XX 51); l'Adriatico e il Tirreno, insieme, quelli in cui Tronto e Verde... sgorga (Pd VIII 63). Al Mar Rosso si allude in Pg XVIII 134 e Pd XXII 95 (entrambi i luoghi si riferiscono al passaggio degli Ebrei, per cui cfr. Ex. 14, 21 ss.), al m. del Nord in If XV 6 e Pg VII 99.

L'uso metaforico mette in risalto i caratteri di vastità e profondità insiti nel sostantivo, soprattutto in due passi del Paradiso: all'inizio della cantica, per lo gran mar de l'essere (I 113: " per magnitudinem et profunditatem essentiae naturae rerum ", Benvenuto) rende bene l'idea dell'" immensa e molteplice vita dell'universo " (Sapegno), in cui tutte nature... / si muovono a diversi porti - " a varii fini; e per aver detto ‛ porti ', soggiugne per lo gran mar dell'essere " (Daniello, Lombardi) -, secondo un moto preordinato dalla volontà divina, ciascuna / con istinto a lei dato che la porti (interessante la chiosa del Varchi, riportata dal Mattalia: " L'essere è comune a tutte le cose che sono e però [il poeta] le chiama gran mare; ma perché poi tutte le cose... hanno diverse virtù, e le virtù diverse arguiscono diverse forme, e diverse forme hanno diversi fini, però disse si muovono a diversi porti, stando in sulla traslazione del mare ").

In Pd III 86 la volontà di Dio è definita quel mar al qual tutto si move / ciò ch'ella crïa o che natura face, " cioè quella profondità che non si può comprendere, come dice l'Apostolo: Voluntas Dei abyssus multa, al qual... tutto... si muove, cioè tutte l'acque si muoveno dal mare per andare al mare, e così tutte le voluntà e tutte le cose da Dio e da suo volere si muoveno, per andare alla voluntà d'Iddio " (Buti). La stessa idea di vastità e profondità nella definizione di Virgilio, mar di tutto 'l senno (If VIII 7; cfr. VII 3 quel savio gentil, che tutto seppe), " quia re vera in omni mundana scientia profundissimus homo fuit " (Guido da Pisa; l'Ottimo mette più in rilievo il significato allegorico: " e chiamalo mare di tutto il senno, a similitudine che come 'l mare è ricettamento, e capo, e principio di tutte l'acque, così la ragione è cosa, principio, e fondamento di tutti li senni ").

Altrove, invece, prevale l'allusione implicita a uno stato di turbamento, sconvolgimento, cui si contrappone la quiete del porto: la nobile anima... ritorna a Dio, sì come a quello porto onde ella si partio quando venne ad intrare nel mare di questa vita (Cv IV XXVIII 2, e cfr. anche § 7. Quella della vita umana paragonata al m. è " similitudine comune, usata da molti ", notano Busnelli-Vandelli, che ne citano alcuni esempi); s. Domenico si adoperò con s. Francesco a mantener la barca / di Pietro [la Chiesa] in alto mar per dritto segno (Pd XI 120), " in mundo isto procelloso " (Benvenuto), " in mezzo ai pericoli delle eresie " (Casini-Barbi, come già Vellutello); l'essere del mondo e l'essere mio... / tratto m'hanno del mar de l'amor torto, / e del diritto m'han posto a la riva (XXVI 62), " idest de amaritudine amoris fallacis temporalium " (Benvenuto; e così il Buti); " del tempestoso mare del folle traviante amore delle terrene cose " (Lombardi) .Il mar sì crudele che la navicella del mio ingegno... / lascia dietro a sé (Pg I 3) indica " le acque tempestose... dell'Inferno " (Porena); fuor di metafora, è la materia dolorosa della prima cantica, " l'Inferno, il qual chiama ‛ mare ' per dimorar nella presa metafora della navicella " (Daniello). Sembra prevalere un'ipotesi di metafora in If II 108 la fiumana ove 'l mar non ha vanto; v. infatti FIUMANA. Con diversa metafora, in Fiore XXI 4 dirò come 'l mar s'andò turbando / per Malabocca, " come la situazione s'intorbidò, si mutò a mio danno ".

Per quanto riguarda i rapporti tra terre emerse e acque marine, tra queste e le acque scorrenti sulla superficie terrestre, l'origine delle maree, la forma e la collocazione generale delle acque, si veda la voce QUAESTIO. Per tutte le citazioni, dirette o indirette, riguardanti i singoli mari, o l'Oceano, si vedano le singole voci.