MARGHERITA d’Angiò Durazzo, regina di Sicilia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARGHERITA d'Angio Durazzo, regina di Sicilia

Andreas Kiesewetter

MARGHERITA d’Angiò Durazzo, regina di Sicilia. – Figlia ultimogenita di Carlo d’Angiò Durazzo e di Maria d’Angiò, sorella della regina Giovanna I, nacque nella prima metà del 1348 in Provenza, dove la corte si era rifugiata dopo l’invasione del Regno di Napoli da parte di Luigi I di Ungheria.

Tornata a Napoli il 17 ag. 1348, passò i primi anni a Castel dell’Ovo con le sorelle Giovanna, Agnese e Clemenza. Nel 1354 e 1355 Luigi I d’Ungheria e suo nipote Luigi di Durazzo progettarono il matrimonio di M. con l’imperatore bizantino Giovanni V Paleologo o con il re di Sicilia (Trinacria) Luigi I d’Angiò Taranto, e nel 1364-66 con Luigi, fratello minore di Federico IV (III), progetti poi sfumati. Con la rinuncia, volontaria o forzata, al trono da parte delle sorelle maggiori, dal 1368 M. fu l’aspirante al trono con maggiori prospettive poiché tanto Giovanna I, quanto i principi di Taranto Roberto e Filippo (II) non avevano figli.

Nonostante le resistenze della regina, M. – per iniziativa del re d’Ungheria e di papa Urbano V – il 24 genn. 1370, a Napoli, in Castel Capuano, sposò il cugino Carlo d’Angiò Durazzo (figlio di Ludovico d’Angiò Durazzo e Margherita Sanseverino), educato alla corte ungherese dal 1364, che nel 1369 era stato investito da Luigi I del Ducato di Slavonia (Croazia e Dalmazia) e aveva quindi fondate speranze di successione al trono ungherese.

Carlo tornò in Ungheria nella primavera 1370 e M. lo seguì in settembre. La coppia risiedette a Zara, dove nacquero Giovanna (la futura regina Giovanna II) nel 1371 e poi Maria. Nel maggio 1376 rientrarono a Napoli, dove il 15 febbr. 1377 nacque il figlio Ladislao; Carlo era tornato in Ungheria nell’agosto 1376.

M. trascorse gli anni successivi presso la corte; all’inizio dello scisma riconobbe, come Giovanna, Clemente VII, papa avignonese, ma dall’autunno 1379 la sua posizione a Napoli si fece difficile perché Urbano VI, il papa romano, d’accordo con Luigi d’Ungheria, aveva offerto la corona di Napoli a Carlo che aveva rinunciato alla corona d’Ungheria in favore di Maria, figlia di re Luigi.

I rapporti sempre più stretti tra il papa e Carlo – che già nella primavera 1380 avanzava aperte pretese al trono di Napoli e nell’estate giunse personalmente nello Stato pontificio – resero insostenibile la posizione a Napoli di M. che temeva di divenire ostaggio della regina contro il suo stesso marito. Il 26 giugno 1380 quindi fuggì nel castello di Morcone nel Sannio, dove forse l’anno successivo morì la figlia Maria. M. raccolse i partigiani di Urbano VI e di Carlo nel Regno e organizzò la resistenza contro Giovanna I preparando il terreno all’invasione del Regno da parte di Carlo; non prese però parte attiva alla conquista del Regno da parte di Carlo – incoronato re Carlo III dal papa il 2 giugno – nel giugno e luglio 1381 e circa due mesi dopo la caduta di Napoli vi fece ingresso l’11 sett. 1381 e il 25 novembre fu incoronata regina dal cardinale legato Gentile da Sangro.

Poco dopo l’incoronazione fu scoperta una congiura contro M. e Carlo III, la cui principale organizzatrice era stata la sorella di M., Giovanna, che fu imprigionata sino alla morte in Castel dell’Ovo. Tesi erano anche i rapporti con l’altra sorella, Agnese, che rifiutava di concedere in prestito a Carlo III la sua dote, di più di 38.000 fiorini, depositata a Firenze. Dall’autunno 1382 il re difese il Regno contro il duca Luigi (I) d’Angiò che, adottato da Giovanna I il 29 giugno 1380 e dichiarato erede, nel settembre 1382 era entrato in armi nel Regno. Inoltre i rapporti con Urbano VI erano peggiorati dall’autunno 1383, dopo che il papa, giunto nel Regno, aveva cercato di prendere parte attiva al governo dello Stato e alla conduzione delle operazioni militari.

In quegli anni M. rimase defilata dalle vicende politiche e solo quando Carlo III nella primavera 1384 si recò in Puglia fu nominata vicaria generale per Napoli e Terra di Lavoro. I suoi compiti principali furono il reperimento di risorse finanziarie per la campagna militare contro Luigi (I) e il mantenimento di buoni rapporti con Urbano VI che era ancora a Napoli; nell’estate 1384 allestì una flotta di 12 galee che però già nel settembre fu distrutta da una tempesta sulle coste pugliesi.

La prima fase della lotta per il trono tra Durazzeschi e Angioini francesi si concluse con la morte improvvisa di Luigi (I) d’Angiò nella notte tra il 20 e il 21 sett. 1384. La stessa M. organizzò nei mesi successivi diverse campagne per reprimere i partigiani degli Angioini in Terra di Lavoro, nel Principato e in Abruzzo durante le quali ella fece soprattutto ricorso ai vassalli fedeli, piuttosto che a condottieri mercenari.

Lo sforzo militare spinse M. a imporre nuove tasse e le misure adottate dal suo governo divennero sempre più impopolari ed ebbero come conseguenza il conflitto con Urbano VI, che dopo la morte di Luigi cercava di nuovo di intromettersi nel governo del Regno e vietò, minacciando la scomunica, il pagamento di alcune tasse di recente introduzione.

Quando Carlo e M. cercarono di isolare il papa, che dal giugno 1384 si trovava a Nocera, e di porlo sotto il controllo del Collegio cardinalizio, la rottura definitiva fu inevitabile e Urbano VI il 15 genn. 1385 scomunicò la coppia regale. Carlo III rispose con l’assedio della Curia a Nocera, ma il papa il 7 luglio 1385 fuggì a Genova con l’aiuto di Raimondo Del Balzo Orsini e Tommaso Sanseverino.

Carlo III, nel frattempo (a dispetto della sua rinuncia giurata a Luigi I), aveva deciso di riattivare le sue pretese al trono ungherese, dopo che Luigi I era morto e gli era succeduta la figlia Maria, ancora minore, sotto la tutela della madre Elisabetta Kotromanič. Il re temeva che l’Ungheria cadesse nell’orbita della monarchia francese dopo che nell’estate 1385 era stato concluso per procura il matrimonio tra il duca Luigi d’Orléans e Maria e quindi gli Angioini francesi, con il supporto della Francia e dell’Ungheria, ripresero la lotta per il trono. Il 14 sett. 1385 Carlo III partì per l’Ungheria e nominò nuovamente M. vicaria.

Alla notizia dell’incoronazione di Carlo III a re d’Ungheria (31 dic. 1385) M. organizzò splendide feste per tutto il febbraio 1386; con l’unione personale dei Regni di Napoli e Ungheria anche la lotta per il trono sembrava definitivamente decisa a favore dei Durazzeschi e si poteva contare ora anche su un mutato atteggiamento del papa. Quando però ai primi di marzo giunse la notizia della congiura contro Carlo III e della sua morte (24 o 27 febbr. 1386), il clima cambiò bruscamente, nonostante che M. avesse cercato inizialmente di tenere nascosta la morte di Carlo e avesse ottenuto un successo diplomatico, poiché Firenze nel marzo 1386 acconsentì al pagamento, ancorché parziale, della dote della sorella Agnese (morta il 10 febbr. 1383).

Naufragarono però i tentativi di giungere a un accordo con il papa, che conquistava sempre più sostenitori nella stessa Napoli, sino a quel momento fedele a M. e a Carlo. Senza risultati rimasero anche tra settembre 1386 e marzo 1387 i tentativi con Maria di Châtillon, vedova di Luigi I e tutrice del figlio in età minore Luigi II, per un matrimonio tra il pretendente francese al trono e la figlia di M., Giovanna. M. perdette anche l’isola di Corfù, dominio angioino dal 1267, che il 9 maggio 1386, di fronte alla crisi dinastica a Napoli, si sottomise a una flotta veneziana, perché in quel momento solo Venezia poteva offrire un’efficace difesa contro un possibile attacco turco.

Anche a Napoli la situazione era critica perché soprattutto da parte dei partigiani del papa si organizzavano tumulti contro nuovi aumenti di tasse e dazi, e i Seggi della città cercavano di ottenere maggiore autonomia e il diritto di essere consultati per l’imposizione di tasse. M., dopo aver confermato il 2 genn. 1387 due estesi privilegi alla città, trovò con l’universitas di Napoli un’intesa a breve che portò alla richiesta comune a Urbano VI di incoronare re Ladislao che allora aveva 10 anni. Ma il papa rifiutò; M. assunse allora formalmente la reggenza per il figlio e tentò, con una prova di forza militare, di intimidire la magistratura degli Otto del buono Stato, creata di recente, e fu rottura con i rappresentanti cittadini.

Ladislao, nonostante il rifiuto papale di riconoscerlo re, dal 7 marzo 1387 cominciò a intitolarsi formalmente rex Hungarie, Ierusalem et Sicilie per sottolineare la legittimità del suo regno, anche senza la formale investitura papale, tanto più che M. aveva ufficialmente reso nota la morte del marito. M., sempre più isolata nel Castelnuovo, fu costretta nel marzo 1387 ad allontanarsi dal territorio cittadino e a stabilirsi nel Castel dell’Ovo, fuori delle mura.

Nella primavera 1387 M., nonostante la situazione minacciosa, rifiutò la proposta di numerosi partigiani di Carlo III in Dalmazia e Croazia, di andare in Ungheria. L’unico a trarre vantaggio da questa situazione fu Ottone di Brunswick (il vedovo di Giovanna I), che sbarcò presso Napoli alla fine di giugno con un contingente militare angioino: sotto la pressione dei partigiani angioini a Napoli, gli Otto del buono Stato il 10 luglio gli aprirono le porte della città mentre le milizie di M. riuscirono a conservare i quattro importanti castelli strategici della città (Castelnuovo, Castel dell’Ovo, Castel Sant’Elmo e Castel Capuano).

Il 13 luglio, tuttavia, M. con i figli si imbarcò per Gaeta, ancora fedele a lei e a Ladislao, residenza più sicura di Castel dell’Ovo. Nonostante la situazione incerta – la maggior parte del Regno era controllata dai partigiani di Luigi II d’Angiò o di Urbano VI, le finanze erano esaurite e il papa non era disponibile a cambiare idea, neppure con la mediazione di Firenze – M. cercò di organizzare da Gaeta la resistenza contro Ottone e rifiutò alla fine del 1388 un’ulteriore proposta di fuggire in Dalmazia.

Negli anni seguenti cercò, con la concessione di privilegi, di allargare la cerchia dei sostenitori suoi e di Ladislao soprattutto tra le importanti famiglie nobili del Regno e di approntare un esercito. Già all’inizio del 1388 riuscì a chiamare alle armi un contingente che si limitò peraltro a devastare il circondario di Napoli e a impedire, per quanto possibile, il rifornimento alimentare della capitale. Il 26 dic. 1388 Ottone di Brunswick, in disaccordo con il nuovo viceré angioino Luigi di Montjoie, passò dalla parte di M. che lo investì subito del Principato di Taranto le cui città si trovavano in gran parte nelle mani dei partigiani di Luigi II. Il 12 apr. 1389 fallì un attacco a Napoli, ordinato da M., da Ottone e John Hawkwood.

Nel settembre 1389 si stipulò il contratto di matrimonio tra Ladislao e Costanza Chiaramonte (figlia di Manfredi, potente conte di Modica e signore di Palermo). Il matrimonio, concluso formalmente il 15 ag. 1390, doveva assicurare a M. e ai suoi figli il sostegno economico della famiglia Chiaramonte.

La morte di Urbano VI il 15 ott. 1389 fu la svolta forse decisiva per i Durazzeschi: il nuovo papa Bonifacio IX il 18 dicembre riconobbe Ladislao re di Napoli (Sicilia) e costituì M. tutrice del re minorenne insieme con il cardinale Angelo Acciaiuoli che incoronò Ladislao re il 29 maggio 1390. Il 14 ag. 1390 però Luigi II entrò a Napoli e nell’autunno il suo esercito assoggettò la Terra di Lavoro; nel febbraio 1391 a Napoli solo il Castelnuovo rimaneva nelle mani di M. e Ladislao.

La critica situazione militare costrinse M. a riprendere la politica, già di Carlo III, della concessione in feudo o in pegno dei beni demaniali – in cambio di prestiti o sostegno militare – ai suoi seguaci, cui si unirono anche i familiari di Bonifacio IX anche ai quali furono concesse ricche rendite. M. cercò anche di legare più strettamente agli affari di governo i rappresentanti delle città, specialmente di Gaeta, e diversi cittadini furono accolti nel Consiglio della reggente e a essi fu accordato il diritto di consultazione per l’imposizione di nuove tasse e dazi. Luigi II non riuscì però negli anni successivi a utilizzare in modo decisivo il vantaggio militare, anche se i suoi partigiani della casa Sanseverino il 24 apr. 1392 sbaragliarono le truppe di M. i cui più importanti condottieri (Alberico da Barbiano e Ottone di Brunswick) furono presi prigionieri.

Alla fine del suo vicariato M., insieme con Acciaiuoli, riformò l’amministrazione del Regno creando nelle singole province l’ufficio del vicegerens (viceré) – assegnato ai giustizieri provinciali – con poteri straordinari.

La solenne partenza di Ladislao da Gaeta il 27 giugno 1393 per assumere personalmente il comando dell’esercito significò de facto la fine della reggenza di M. benché Ladislao il 18 giugno la confermasse ancora una volta reggente durante la sua assenza e la tutela di Acciaiuoli si concludesse formalmente solo il 15 febbr. 1395, alla maggiore età del re.

Ladislao investì M. dell’eredità della sorella di lei, Giovanna, morta nel maggio 1393: il Regno di Albania che si trovava, certo ancora solo nominalmente, sotto la sovranità angioina, il ducato di Durazzo, lo Honor Montis Sancti Angeli e le contee di Gravina e Alba.

In occasione della spedizione di Ladislao contro Luigi II in Puglia e Calabria nella primavera-estate 1399 M. fu ancora una volta vicaria e anche più avanti ebbe una significativa «informale» influenza negli affari di governo, come sottolineano numerose ambascerie della Repubblica fiorentina alla regina madre. Dal 1400 M. risiedette a Salerno e si dedicò all’amministrazione dei numerosi feudi in Puglia (Monte Sant’Angelo, Gravina, Barletta, Bitonto, Monopoli, Brindisi, che nell’ottobre 1406 cambiò con Stigliano e Palazzo San Gervasio), in Basilicata (Venosa) e nel Principato (Salerno e Nocera); in quegli anni M. disponeva di una propria corte e di una Cancelleria con propri registri.

M. morì il 6 ag. 1412 ad Acqua della Mela vicino a Sanseverino di Salerno.

Ladislao le fece innalzare nel 1412-14 da Antonio Baboccio in S. Francesco a Salerno un grandioso sepolcro, ora nel duomo.

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