MARIA BEATRICE d’Este, regina d’Inghilterra

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIA BEATRICE d’Este, regina d’Inghilterra

Nacque a Modena il 5 ott. 1658 da Alfonso, figlio del duca di Modena e Reggio Francesco I, e da Laura Martinozzi, nipote del cardinale Giulio Mazzarino.

Morto il 14 dello stesso mese Francesco I, gli successe Alfonso IV, che morì il 16 luglio 1662, sicché il Ducato fu retto – per conto di Francesco II, il fratello di M. nato il 6 marzo 1660 – dalla madre Laura Martinozzi, validamente assistita nella reggenza dal primo ministro, il conte Girolamo Graziani.

L’educazione di M. fu improntata da sensi religiosamente devoti, sotto la sollecita vigilanza della madre, ispirata dal proprio confessore e consigliere, il gesuita Andrea Garimberti, e dall’amica e confidente Matilde Bentivoglio, promotrice, a Modena, del convento delle carmelitane scalze. A sette anni M. manifestò il proposito d’abbracciare la vita monastica, suggestionata in tal senso anche dall’erezione, proprio nei giardini del palazzo ducale di Modena, del convento delle monache della Visitazione. Tuttavia, nel 1670, il prozio paterno cardinale Rinaldo d’Este e la zia materna Anna Maria Martinozzi – moglie del principe Armando di Conti – caldeggiarono l’accasamento di M. con il fratello di Luigi XIV, il duca Filippo d’Orléans, rimasto vedovo di Enrichetta d’Inghilterra, la sorella di Carlo II Stuart. Risposatosi, invece, Filippo d’Orléans con Elisabetta Carlotta di Baviera (la princesse palatine), per M. si formulò un’ipotesi di unione, anche questa sfumata, col futuro Giorgio I d’Inghilterra, figlio dell’elettore di Hannover Ernesto Augusto.

Maturò quindi una diversa possibilità di matrimonio, con Giacomo Stuart fratello di Carlo II ed erede al trono. Vedovo, ancora nel marzo del 1672, della prima moglie Anna Hyde– figlia di Edward, primo conte di Clarendon – dalla quale aveva avuto le figlie Maria e Anna, lo Stuart era un quarantenne desideroso di risposarsi. Naufragate le trattative per impalmare nobildonne come mademoiselle de Créqui, la figlia del duca d’Elbouef e l’arciduchessa di Innsbruck, fu Luigi XIV a premere perché si concretizzasse l’apparentamento del duca di York con una delle due principesse estensi allora sposabili, Eleonora – zia paterna di M. – e la stessa M., allora quindicenne. Giacomo, convinto dell’opportunità politica delle nozze con un’Estense, preferì M., di cui s’era incapricciato e per un ritratto e per gli elogi esagerati della sua fresca beltà fattigli per lettera dal proprio inviato, Henry Mordaunt, conte di Peterborough.

M. però si oppose alle nozze e Laura Martinozzi non se la sentì di forzare la volontà della figlia costringendola a rinunciare al vagheggiato destino monacale. A convincere M., tuttavia, s’adoperò il confessore Garimberti, al quale il padre generale della Compagnia di Gesù G.P. Oliva nel settembre 1673 scrisse che il papa, i cardinali e la Curia erano dispiaciuti per una riluttanza che anteponeva un desiderio personale all’interesse pubblico insito nella possibilità di rilanciare il recupero al cattolicesimo dell’Inghilterra e che avrebbe destinato, con il persistere dell’ostinazione, il duca di York a nozze con una donna acattolica. Mentre Garimberti s’affannava ad ammorbidire le residue volontà di resistenza di M., Clemente X, il 19 settembre, le indirizzò un breve in cui la esortava, per il bene della Cristianità tutta, a deporre ogni rifiuto e ad adattarsi al destino matrimoniale per lei tessuto. A questo punto fu impossibile per Laura Martinozzi e per M. non acconsentire a quello che non solo Luigi XIV desiderava, ma che pure il papa voleva.

Il 23 sett. 1673 fu sottoscritto il contratto dotale da Peterborough, Graziani e il rappresentante francese Philippe de Courcelles marchese de Dangeau; il 30 M. sposò Giacomo Stuart, rappresentato per procura da Peterborough. Il 5 ottobre partì con la madre e un seguito d’una sessantina di persone e – passando per Voghera, il Moncenisio, Chambéry, Lione – arrivò il 2 novembre a Parigi, dove fu festosamente accolta da Luigi XIV. Superata una leggera indisposizione, il 23 novembre M., sempre con la madre al fianco, lasciò Parigi per imbarcarsi a Calais. Il 1° dicembre incontrò lo sposo a Dover, dove il vescovo anglicano di Oxford dette pubblica lettura della scrittura nuziale ed ebbe luogo la consumazione del matrimonio. Risalito quindi il Tamigi, la coppia giunse a Londra e il 6 dicembre prese alloggio nel palazzo di St. James, residenza del duca di York, dove con M. restarono il cappellano Ronchi, i gesuiti Antonio Maria Giudici e Gottardo Belluomo, un miniaturista, due pittori, un paggio, due valletti, due cuochi, cinque dame, tutti venuti da Modena. E s’aggiunse anche il personale di servizio inglese, circa una sessantina di persone direttamente dipendenti da M.; come segretario fu scelto Edward Coleman, destinato a essere giustiziato per il suo coinvolgimento in trame papiste.

M. s’adattò allo stato matrimoniale. Le era di consolazione il fatto che il duca – della cui condotta privata M. era fino a un certo punto consapevole: e con il tempo, non senza sofferenza si adattò alla sua sistematica infedeltà – avesse sentimenti religiosi. Su questo punto la coppia ducale fu salda, anche se l’intransigenza di Giacomo Stuart sul piano religioso si sarebbe rivelata politicamente perdente.

Ben cinque furono le gravidanze portate a termine da M. nel giro di pochi anni, sebbene funestate dalla morte precoce dei bambini: Caterina Laura (21 gennaio - 13 ott. 1675); Isabella (1676-81); Carlo, duca di Cambridge (7 novembre - 12 dic. 1677); morì pressoché subito il bimbo avuto ai primi di marzo del 1681 e ad appena tre giorni dalla nascita, nell’agosto del 1682, Carla.

Tra le disgraziate nascite, la coppia conobbe pure il coatto allontanamento da Londra per un periodo d’esilio a Bruxelles, dal 1679 al 1684, seguito dal soggiorno obbligatorio a Edimburgo.

Morto cattolicamente il 6 febbr. 1685 Carlo II, gli successe Giacomo II e M. fu al suo fianco come regina d’Inghilterra.

La coppia reale viveva una situazione contraddittoria, assistendo ostentatamente alle cerimonie cattoliche e partecipando obbligatoriamente a quelle anglicane. A ogni modo, agli occhi dei sudditi era indubbia la sostanza duramente repressiva dell’assolutismo di Giacomo II, protesa all’instaurazione dell’odiato papismo. La nascita, il 10 giugno 1688, del principe di Galles Giacomo Edoardo fu subito calunniata come imbroglio, quasi che questo, anziché figlio legittimo, fosse invece un falso erede, figlio d’una tal mrs. Gray, spacciato per autentico pur di garantire la successione. Contro l’ipotesi del ritorno del cattolicesimo, l’Inghilterra si ribellò e l’avversione per Giacomo II fece capo a Guglielmo d’Orange – che aveva sposato Maria, la figlia di primo letto del re – il quale, il 5 nov. 1688, sbarcò a Torbay, marciando su Londra con un seguito che via via s’ingrossò. M. dovette mettersi in salvo e nella notte del 19-20 dicembre, col figlio, assistita dal fido e coraggioso Antonio de Caumont conte di Lauzun e di Puyguilhelm, s’imbarcò furtivamente per sbarcare a Calais e porsi sotto la protezione del re di Francia. Fu raggiunta di lì a poco da Giacomo II che, decisosi alla fuga, sbarcò il 4 genn. 1689 ad Ambleteuse.

La coppia si stabilì a Saint-Germain-en-Laye. «Voilà – così si sarebbe espresso Luigi XIV a proposito di M. – comme il faut que soit une reine, et de corps et d’esprit, tenant sa cour avec dignité».

Nella tristezza dell’esilio, la coppia gioì per la nascita, il 25 giugno 1692, dell’ultimogenita Luisa Maria. M. si dedicò a opere di carità volte ai numerosi inglesi indigenti che si erano stabiliti a Saint-Germain e alla preghiera. Questa la consolò della perdita, il 16 sett. 1701, dell’ormai anziano consorte. Negli anni crebbe aggraziata la figlia Luisa Maria e maturò Giacomo Edoardo, il quale – con compiacimento di M. – non fu mai tentato dall’eventualità d’accantonare il cattolicesimo pur di rafforzare la propria reiterata candidatura al Regno d’Inghilterra. Il 18 apr. 1712, tuttavia, il vaiolo stroncò repentinamente la fiorente giovinezza di Luisa Maria e M., già provata dal dolore cocente, fu schiacciata da sensi di definitiva sconfitta nell’apprendere che, a Utrecht (1713), la Francia si era impegnata a riconoscere l’insediamento inglese della casa di Hannover e a non prestare, di conseguenza, aiuti al figlio Giacomo Edoardo, il cavaliere di S. Giorgio detto l’Old Pretender.

Per non precipitare nella disperazione, M. protrasse sempre più i soggiorni nel fervore orante delle visitandine del convento di Ste-Marie a Chaillot, dove morì il 7 maggio 1718 quasi incarnando La mort chrétienne per lei redatta da J. Mabillon. Fu sepolta, di lì a due giorni, nel medesimo monastero.

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