ALCOFORADO, Marianna

Enciclopedia Italiana (1929)

ALCOFORADO, Marianna

Mario Pelaez

Il suo nome spetta alla letteratura portoghese, sebbene le sue famose lettere non ci siano pervenute che in una versione francese. Figlia di un proprietario di terre, appartenente a una famiglia della vecchia nobiltà portoghese, nacque a Beja, nella provincia dell'Alemtejo, il 22 aprile 1640. Avendo voluto il padre costituire nella sua famiglia un maggiorasco, Marianna insieme con una sorella minore fu collocata in tenerissima età nel convento francescano della Concezione a Beja, e quivi a 12 anni senza alcuna vocazione prese il velo, e a 16 fece i voti solenni. Aveva ventisei anni circa, quando conobbe un capitano francese, Nicolò Bouton conte di Saint-Léger e poi marchese di Chamilly. Era questi venuto in Portogallo a far parte di un piccolo esercito di volontarî francesi, che sotto il comando del conte Federigo Schomberg si era formato col segreto favore di Luigi XIV per aiutare i Portoghesi, i quali, dopo la rivoluzione del 1640, sostenevano un'aspra lotta per l'indipendenza contro la Spagna. Il quartier generale di quest'esercito era, fra il 1665 e il 1667, proprio presso Beja, per meglio fronteggiare l'avanzata spagnuola dalla parte dell'Andalusia. In quel tempo il Bouton, favorito dal generale rilassamento della vita dei conventi e probabilmente anche dalla conoscenza di un fratello della monaca, il quale militava con lui, strinse relazione con Marianna, suscitando in lei una passione ardentissima, e avendo con lei frequenti e intimi convegni. Le vicende e i particolari di questo intrigo amoroso ci sono ignoti, ma è certo che, prima ancora della fine della guerra, il Bouton se ne tornò in Francia, dove continuò la sua carriera militare, segnalandosi specialmente nella guerra d'Olanda alla difesa di Grave (1674) e conseguendo nel 1703 il grado supremo di maresciallo. Immemore di Marianna, che aveva sacrificato a lui i voti religiosi e tutta sé stessa, il Bouton nel 1677 contrasse un utile matrimonio, e nel 1715 morì. Per lui l'amore per la monaca portoghese fu una delle comuni avventure della vita di guarnigione, che troncò, quando gli parve d'aver soddisfatto abbastanza alle sue volgari voglie, e temette forse lo scandalo che avrebbe potuto nascerne. Ma per la povera Marianna, dopo l'ebbrezza dei giorni felici, l'abbandono fu una bufera che le sconvolse l'animo. Ne sono documento le lettere, cinque in tutto, ch'ella diresse fra il 1667 e il 1668 all'amante in Francia, nelle quali, versando tutta la piena della sua passione e della sua disperazione, si lamenta dell'abbandono. Ma non tanto il lamento è la nota caratteristica di queste lettere, quanto la rappresentazione e l'analisi mirabile che la monaca, con arte inconsapevole, vi fa degli effetti dell'amore nell'animo crudelmente ferito: sgomenti e conforti, dubbî e speranze. Vi si leggono espressioni di un candore, di una ingenuità e di una schiettezza e tenerezza tali, che rivelano un'anima soavissima, sognatrice, e d'altra parte pensieri così profondi, che manifestano un'esperienza non comune della vita. Se talvolta le sfugge qualche parola aspra verso l'amante, rapidamente ella se ne ritrae come sbigottita, quasi inorridendo d'aver offeso colui che, nonostante tutto, è l'oggetto della sua ammirazione, e giungendo persino ad affermare che ama la sua sventura, perché le viene dal suo amato. Anche nell'ultima lettera, nella quale sembra che la monaca abbia ritrovato le forze per dominare la sua passione e liberarsene, questa improvvisamente riarde e si manifesta novellamente in espressioni che dimostrano com'essa sia indomabile. Insomma queste lettere sono un documento singolarissimo di complessa psicologia femminile, e trovano ben pochi riscontri nella letteratura sentimentale.

Il testo portoghese delle cinque lettere non si conosce. Esse furono pubblicate la prima volta (Lettres Portugaises traduites en franåais, Parigi 1669) in francese, anonime e senza il nome del destinatario, dall'editore Claude Barbin, il quale dichiarava soltanto di essersene procurata una copia corretta, e ciò fa pensare ch'esse circolassero già manoscritte. Furono poi riprodotte più volte e tradotte in quasi tutte le lingue colte d'Europa (in italiano, pare, nel 1682). Presto sorsero dubbî sull'autenticità, e persino si affermò che non potesse esserne autrice una donna. Ma questi dubbî cominciarono a dileguarsi, e non hanno più ragion d'essere da quando, ritrovati i nomi dei protagonisti, alcuni studiosi moderni poterono far ricerche a Beja, dove a lungo visse la tradizione del breve dramma monacale. Così si poté sapere, da una breve nota obituaria del convento, che Marianna trovò finalmente nel tempo e nella rassegnazione la quiete dell'animo, e, dopo una lunga vita di penitenze e di sofferenze, morì nel 1723 all'età di 83 anni.

Bibl.: L. Cordeiro, Soror Marianna a freira portugueza, 2ª ed.; Lisbona 1891; A. F. G. Bell, Portuguese Bibliography, Oxford 1922, pp. 138-140; Lettere d'amore di una Monaca portoghese, trad. di L. Siciliani, Milano 1912; Lettere di una monaca portoghese, vers. di A. Salvatore, Roma 1923. La prima versione in portoghese è in Obras completas di Filinto Elysio, 1819, pp. 430-94.

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