CASERINI, Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)

CASERINI, Mario

Roberta Ascarelli

Nacque a Roma il 26 febbr. 1874 da Oreste, impiegato, e da Isabella Rosati, in una famiglia piccolo-borghese. Secondo la Prolo, esordì come attore di teatro con la compagnia di Ermete Novelli, in cui recitò per due anni e mezzo e che lasciò nel 1904 per dedicarsi al cinema. Ma la notizia non è provata, poiché egli non compare nel 1903 e nel 1904 nell'elenco degli attori della compagnia Novelli e neppure in altre compagnie primarie, come risulta dalle locandine della raccolta Rasi (Bibl. teatrale del Burcardo a Roma). Il suo approccio con il teatro fu probabilmente breve e sfortunato: nel 1912 egli era definito "comico mancato". (Prolo, p. 519).

Il C. esordi quindi nel cinema come attore per la Alberini e Santoni (la prima società cinematografica che sorse a Roma, fondata nel 1905 da Filoteo Alberini), interpretando un film. di un certo rilievo, Viaggio al centro della luna (1905). Nel 1906 la Alberini e Santoni venne trasformata radicalmente dall'ingegner Adolphe Pouchain, e da piccola casa cinematografica di tipo artigianale divenne, col nome di Società italiana Cines, una società tecnicamente all'avanguardia e fornita di un ingente capitale. Il C. incominciò allora la sua attività di regista, collaborando insieme con Egidio Rossi alla realizzazione dei film di Gaston Velle, un regista particolarmente esperto in trucchi fotografici, inviato alla Cines dalla casa cinematografica Pathé di Parigi, insieme con gli scenografi. Dumesnil e Vasseur e all'operatore André Vauzèle.

Il lavoro di questa troupe influenzò profondamente il C., come si nota nel primo lavoro di cui questi curò almeno in parte la regia, Pierrot innamorato (1906), una vicenda lagrimevole e sentimentale in dodici quadri "nello stile delle romanze di Tosti" (Filmlexicon, p. 1160). In questa prima esperienza egli rimase legato al mondo del teatro, sia per la scelta del soggetto (Pierrot innamorato era originariamente una pantomima, presentata con grande successo nei teatri romani) sia per i metodi di ripresa.

Nel 1907 il C. divenne direttore artistico della Cines con compiti estremamente diversificati, da regista ad organizzatore, e indirizzò la produzione della casa verso opere di carattere storico, in cui era più facile differenziare il cinema dal teatro e insieme mettere in luce le infinite possibilità tecniche del nuovo mezzo. In quell'anno, ad inaugurare un lungo e fortunato ciclo, egli diresse due opere, Otello e Garibaldi, che si imposero immediatamente sia per la loro durata (220 metri di pellicola, lunghezza enonne per i tempi), sia per la ricostruzione realistica degli ambienti, cui seguirono nel 1908 Marco Visconti, Pia de' Tolomei, Romeo e Giulietta, con le quali "comincia la serie delle pellicole storiche di grande impegno" (Prolo, p. 23). Per cui, quando nel 1909 la nascente industria cinematografica entrò in crisi per il sorgere di una maggiore selettività nel pubblico, non più disposto ad accettare qualsiasi film gli venisse proposto, la Cines, grazie all'accortezza del C., era in grado di superare ogni difficoltà. Anzi proprio del 1909 sono alcune tra le produzioni più significative del C., che seppe utilizzare accortamente i progressi tecnici della cinematrografia: La dama di Monserau, La gerla di papà Martin, Giovanna d'Arco, L'innamorato, Macbeth, Wanda Soldanieri ovveroI guelfi e i ghibellini, Otello, Dramma medievale e, di particolare interesse., Beatrice Cenci. Interpretato da bravi attori, Fernanda Negri, Ettore Pesci, Maria Gasperini, Alessandro Rinaldi, Renato de' Grais, questo film venne girato in esterno a Castel Sant'Angelo, fatto allora insolito che dimostrava l'impegno realistico del regista e la fiducia nelle possibilità del cinema come mezzo artistico, libero dall'imitazione di forme teatrali o letterarie. Il C. era infatti convinto, come sostenne anche in una conferenza tenuta il 2 febbr. 1910 nell'aula magna del Collegio Romano davanti a un uditorio entusiasta, che il futuro del cinema dipendeva dalla sua valorizzazione a livello di arte autonoma. Non a caso quindi i soggetti da lui prescelti per i film del 1910, Faust, Amleto, Cid, propongono oltre al tema della ricostruzione storica anche il fascino e la dignità "di opere classiche di notevole impegno che il mondo cinematografico di allora, di cultura piuttosto approssimata, addirittura ignorava" (D'Incerti, p. 9).

Al di là delle buone intenzioni del C., si tratta però nel complesso di una produzione assai mediocre, che mirava più alla quantità che alla qualità delle produzioni; erano film dalle caratteristiche stereotipate "tutti in chiave romanzesca ed in costume da melodramma" (Filmlexicon, p. 116 1). Il C. era dotato però di un intuito particolare che gli faceva prevedere gusti ed umori del pubblico e che gli permetteva di attomiarsi di elementi capaci: il pittore scenografo Enrico Guazzoni, uno specialista in rievocazioni storiche romane, Egidio Rossi, Gennaro Righelli, Carmine Gallone, e attori di indiscussa bravura e particolarmente adatti, anche fisicamente, al tipo di recitazione che il cinema imponeva, tra cui Amleto Novelli e Maria Gasperini. Con uno scrupolo inconsueto in quel periodo egli inoltre non ammetteva nei costumi e nelle scenografie particolari che non si adattassero al periodo storico in cui era ambientato il film, studiava attentamente gli accompagnamenti musicali affidandone l'esecuzione a maestri di valore, si interessava alla recitazione, alle luci, ai movimenti di massa.

Nell'ottobre 1911 il C., portando con sé quasi tutti i suoi collaboratori della Cines, passò all'Ambrosio, dove diede un indirizzo in parte diverso alla sua produzione. Avendo compreso che il filone storico cominciava a stancare il pubblico, egli cercò di sperimentare nuovi tipi di film, tra cui la commedia cinematografica, come la definisce il Comin, che ebbe il tentativo più riuscito in Santarellina (1911).

Tratto da Mam'zelle Nitouche, una commedia di Henry Meilhac e Albert Millaud, ridotta da Alberto Capozzi e Arrigo Frusta, questo film si valse dell'interpretazione di un cast di attori eccezionali: Gigetta Morano, Mario Bonnard, Alberto Capozzi, Emesto Vaser, e di un fotografo della bravura di Angelo Scalenghe; esso segnò altresì l'inizio di un importante filone del cinema italiano che imperversò sugli schermi fino agli anni '30.

Il 6 nov. 1911il C. sposò l'attrice Maria Adele Gasperini, che aveva "scoperto" nel 1906, quando era prima ballerina della Scala, e aveva scritturato alla Cines come prima attrice.

Il 1912 fu, per il C., un anno di ripensamento, in cui diresse solo tre opere dì un certo rilievo: Siegfrid, Parsifal, Mater Dolorosa. Il 15 dic. 1912 ruppe infine il contratto che lo legava alla Ambrosio fino al dicembre del 1915 e passò in qualità di direttore di scena alla Gloria Films di Torino, seguito da quasi tutti i suoi collaboratori della Ambrosio.

Il primo film girato per la Gloria Films, che si caratterizzò per una notevole perfezione raggiunta nelle tecniche di ripresa cinematografica e l'ampia diffusione del prodotto sul mercato cui il C. dette un notevole contributo proprio, fu Iltreno degli spettri (1913), un poliziesco tratto da un racconto di Potter, che servì agli attori della nuova casa per conoscersi tra loro; infatti a quelli che avevano seguito il C. dalla Ambrosio, la Riva, la Quaranta, la Sedino, Pianelli, Bonnard, Miotti, Ruggeri, Metellico, se ne erano aggiunti altri, la de' Roberti, la Brioschi, la Chantecler, Monti, Rosmino, Tommassini. Con un cast ormai affiatato il C. girò nello stesso anno Florette e Patapon, il primo grande successo della Gloria Films, una gustosa pochade piena di spirito, interpretata con scioltezza da Maria Gasperini e Camillo de Riso, cui seguì immediatamente Ma l'amor mio non muore, il film più significativo della produzione di Caserini.

La vicenda, tratta da un soggetto di Bonetti e Monteleone, due autori di buona fama, interpretata da Lyda Borelli, Mario Bonnard, Vittorio Rossi Pianelli, Dante Cappelli, Maria Gasperini, Paolo Rosmini, Emilio Petacci, Camillo de Riso, è imperniata su una storia passionale, densa di nobili, di belle sventurate, di intrighi, di suicidi, di fasto e ricchezza.

Il film fu definito il "più significativo di quel periodo felice della nostra cinematografia perché ci tramanda, con l'evidenza di un'immagine viva, che un libro o una pittura non potranno mai raggiungere, i caratteri della vita intellettuale del tempo, tutta pervasa dal misticismo estetizzante della letteratura dannunziana" (D'Incerti, p. 8). A differenza delle trasposizioni cinematografiche delle opere di D'Annunzio che si limitavano a narrame la trama senza penetrarne lo spirito, Ma l'amor mio non muore riesce inoltre a comunicare quest'ultimo. Dannunziana è anche la recitazione degli attori, in particolare quella di Lyda Borelli, che incamava anche fisicamente l'eroina ideale del poeta. Oltre ad essere importante come specchio di un'epoca, questo film è entrato nella storia del cinema per aver dato inizio al fenomeno del divismo. Il C., infatti, aveva cercato in ogni modo di mettere in evidenza la Borelli, con una regia che la lasciava libera di recitare fuori dagli stereotipi del tempo, con un'enfasi e un patetismo che ponevano in ombra la recitazione degli altri attori e sulla figura della Borelli orchestrò una sapiente campagna pubblicitaria.

Nel 1914, tornato all'Ambrosio, il C. diresse vari film che ricalcano la ricetta del successo precedente: L'imprevisto, In mano al destino, La vittima dell'amore, La signora Arlecchino, Resurrezione. Nel 1915 fondò la Caserini Films e diresse, con mano felice, due film con Mario Bonnard, La pantomima della morte e Ma l'amor tuo mi redime. Tornato alla Cines nel 1916, diresse fino alla morte, nel 1920, circa una ventina di film di successo tra cui Passano gli anni, La vita e la morte, Amore che uccide, Dramma di una notte (l'ultimo film con Lyda Borelli), Sfinge, Tragedia senza lacrime, Modella, film mediocri che rivelano la sua modesta statura come regista e lasciano invece scorgere la sua abilità e il suo sciolto mestiere.

Il C. morì a Roma il 17 novembre del 1920.

Filmografia essenziale: 1906: Pierrot innamorato;1907: Otello, Garibaldi;1908: Marco Visconti, Pia de' Tolomei, Romeo e Giulietta; 1909: Macbeth, Beatrice Cenci, La dama di Monserau, La gerla di papà Martin, Giovanna d'Arco, L'innamorato, Wanda Soldanieri ovvero Guelfi e ghibellini;1910: AmIeto, Anita Garibaldi, Catilina, Il Cid, Federico Barbarossa ovvero La Battaglia di Legnano, Giovanna la Pazza, Giovanni dalle Bande Nere, Lucrezia Borgia, Cola di Rienzo, Messalina, La congiura di Piacenza;1911: Yane Gray, Antigone, Mademoiselle de Scudery, I masnadieri, La fidanzata di Messina, L'adultera, La mala pianta, Santarellina, L'ultimo dei Frontignac, Lucia di Lammermoor, Pietro Micca;1912: Mater dolorosa, Infamia araba, Dante e Beatrice, I Mille, Parsifal, Siegfrid, I cavalieri di Rodi;1913: Florette e Patapon, Nerone e Agrippina, Romanticismo, Sonnambulismo, Il treno degli spettri, Ma l'amor mio non muore;1914: L'imprevisto, In mano al destino, La vittima dell'amore, La signora Arlecchino, L'articolo IV, Resurrezione, Il filo della vita, Sfinge, La via più lunga;1915: La pantomima della morte, Ma l'amor tuo mi redime;1916: Chi mi darà l'oblio senza la morte?, Fiore di autunno, Fra gli artisti del veleno, Passano gli anni, Amore che uccide, Come in quel giorno, La vita e la morte, L'ombra;1917: Capitan Fracassa, Una notte a Calcutta, Primerose, Sfinge;1918: Dramma di una notte, Il filo della vita; 1919: Anima tormentata, L'imprevisto, Musica Profana, Pietro e Teresa, La buona figliuola;1920: Il filo di Arianna, La voce del cuore, Fiori d'arancio, La modella, Fior di amore.

Bibl.: J. Comin, Ma l'amore mio non muore, in Bianco e nero, I (1937), 4, pp. 105-108; V. D'Incerti, Un film che rispecchia un'epoca, in III mostra retrospettiva del cinema, Roma 1951, pp. 7-11; M. A. Prolo, Storia del cinema ital., 1, Milano 1951, pp. 7, 22 S-i, 35-37; M. Verdone, Del film stori '0 in Bianco e nero, XVI (1952), 7-8, pp. 41-47; R. Paolella, Storia-del cinema muto, Napoli 1956, pp. 19, 81, 154, 156 s., 164; P. Bianchi-F. Berutti, Storia del cinema, Milano 1957, p. 73; C. Lizzani, Storia del cinema ital. (1895-1961), Firenze 1961, p. 17; G. Sadoul, Histoire du cinema mondiale des origines à nos jours, Paris 1964, pp. 89-91; Encicl. dello Spettacolo, III, coll. 175-177; Filmiexicon degli autori e delle opere, I, pp. 1160-1162.

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