MONTAGNANA, Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MONTAGNANA, Mario

Claudio Rabaglino

–  Nacque a Torino il 22 giugno 1897, quinto di sette figli di Moisè e Consolina Segre.

La famiglia apparteneva alla piccola borghesia ebraica (il padre dirigeva un grande magazzino di abbigliamento). Crebbe in uno dei quartieri cittadini più sensibili alla predicazione socialista, il Borgo San Paolo, destinato a diventare una fucina di dirigenti del movimento operaio locale e nazionale.

Ottenuta la licenza elementare e frequentati per alcuni anni dei corsi presso scuole tecniche professionali, dall’età di 13 anni iniziò a lavorare prima come apprendista in alcune piccole officine torinesi, poi come aggiustatore meccanico presso le fabbriche di automobili Diatto-Frejus e Lancia, non perché la famiglia versasse in difficoltà economiche dopo la precoce dipartita del padre, ma per ottemperare ad una precisa volontà dello stesso genitore, il quale desiderava che i propri figli imparassero un solido mestiere manuale.

A partire dal 1913 iniziò a partecipare alle manifestazioni socialiste che si svolgevano presso il suo quartiere: di lì a poco si iscrisse al Fascio giovanile socialista di Borgo San Paolo. Due anni dopo arrivò l’adesione al PSI (Partito socialista italiano); sempre nel 1915 subì il suo primo arresto per propaganda contro la partecipazione dell’Italia alla grande guerra.

Nell’agosto 1917 prese parte ai moti di Torino contro il caroviveri e contro la guerra, al termine dei quali venne di nuovo arrestato, con l’accusa di essere stato uno dei capi della rivolta. Al processo fu condannato a 18 mesi di reclusione.

Scontata la pena, riprese subito la sua attività di militante socialista, iniziando a ricoprire incarichi di sempre maggiore responsabilità (segretario del comitato regionale giovanile, nonché membro della commissione esecutiva della sezione socialista torinese, assieme a compagni del calibro di Antonio Gramsci, Umberto Terracini, Angelo Tasca, Palmiro Togliatti).

Le sue doti di propagandista vennero riconosciute anche dalla prefettura di Torino, che in un'informativa del 15 maggio 1919 inviata per conoscenza al ministero dell'Interno (Casellario politico centrale, b. 3358) ebbe a definirlo elemento che «esercita notevole influenza», in specie tra i giovani.

Durante il periodo 1919-20, meglio noto come il «biennio rosso», partecipò intensamente alla vita del gruppo ordinovista, costituitosi attorno alla figura di Gramsci a partire dal maggio 1919; ebbe inoltre un ruolo nell’occupazione delle fabbriche del settembre 1920.

Nell’autunno del 1920 aderì alla frazione comunista sorta all’interno del PSI, che nel gennaio del 1921, in occasione del Congresso di Livorno, avrebbe dato vita al PCd’I (Partito comunista d'Italia).

Dopo la scissione divenne redattore del quotidiano L’Ordine Nuovo, organo del nuovo partito, diretto da Gramsci. Nell’estate dello stesso anno fu inviato a Mosca in qualità di membro della delegazione italiana al III Congresso dell’IC (Internazionale comunista), insieme, tra gli altri, a Terracini e alla sorella Rita, anch’essa militante comunista, che nel 1924 avrebbe sposato Togliatti. L’impatto con la «patria del socialismo» risultò per il M. del tutto entusiasmante.

Dopo l’avvento al potere di Mussolini toccò con mano gli effetti della feroce repressione scatenata dai fascisti contro tutti gli oppositori: la redazione de L’Ordine Nuovo  venne distrutta già il 29 ott. 1922; poche settimane dopo egli stesso scampò fortunosamente alla terribile strage di Torino del 18 dicembre. Trasferitosi prima a Roma, dove andò a dirigere il partito nel Lazio, e poi a Milano, dove avrebbe dovuto guidare la locale federazione giovanile, venne arrestato pochi giorni dopo il suo arrivo nel capoluogo lombardo, nell’ottobre del 1923 (uscì dal carcere nel febbraio del 1924, per scadenza dei termini di custodia). Sempre nel 1924 sposò Anna Maria Favero, dalla quale ebbe l’anno dopo il suo unico figlio, Franco.

Convinto sostenitore del nuovo gruppo dirigente del PCd’I riunitosi attorno alla figura di Gramsci, venne chiamato a far parte della redazione milanese del nuovo organo ufficiale del partito, l’Unità, che iniziò le pubblicazioni nel febbraio del 1924; in seguito tornò a Torino, dove divenne corrispondente sempre de l’Unità, nonché segretario regionale del partito per il Piemonte e la Liguria.

In seguito all’emanazione delle leggi eccezionali del novembre 1926 riparò in Francia, stabilendosi a Parigi, dove svolse molteplici attività (tra queste va segnalata la direzione della Commissione della manodopera immigrata, organismo che rappresentava i militanti comunisti provenienti da più paesi). Dopo un breve trasferimento in Belgio, a Bruxelles, all’inizio del 1929 ritornò di nuovo a Parigi, dove prese a occuparsi di questioni sindacali. Al termine del congresso clandestino del PCd’I, svoltosi a Colonia nel 1931, fu nominato membro del comitato centrale. In coerenza con la linea «svoltista» fatta propria dal partito in questa fase, tra il 1932 ed il 1933 venne inviato più di una volta in Italia per riorganizzare il centro interno, con esiti però non molto entusiasmanti, dopodiché si recò in Unione sovietica in qualità di rappresentante italiano presso l’IC, carica che ricoprì dall’autunno del 1933 al febbraio del 1935, soggiornando in tale periodo con i familiari presso il famoso Hotel Lux di Mosca.

Ritornato a Parigi, quando il centro estero del partito, nell’estate del 1936, avviò al suo interno la discussione sulle prospettive politiche in Italia che produsse la controversa linea della «riconciliazione nazionale», il M. fu il più zelante sostenitore di tale linea, arrivando ad asserire che l’obiettivo dei comunisti non dovesse più essere quello della caduta del fascismo, ma quello della conquista delle «libertà democratiche in regime fascista», posizione questa che avrebbe ricevuto dure critiche da Mosca e dallo stesso Togliatti. Il M. va anche ricordato per essere stato il primo dirigente comunista dopo la morte di Gramsci a porre ufficialmente la questione della diffusione del pensiero del compagno scomparso, tramite la pubblicazione, «al più presto […] e non solo in lingua italiana», come scrisse a Togliatti il 29 apr.1937, dei suoi scritti (Spriano, 1977).

Durante la guerra civile spagnola accorse a difesa del governo legittimo, svolgendo incarichi di natura politica tra il 1937 e il 1938; ritornò quindi a Parigi, dove nel 1938 venne chiamato a dirigere il quotidiano La voce degli Italiani. Dopo la stipula del patto tedesco-sovietico dell’agosto 1939 il giornale, che sposava in pieno le posizioni russe, venne però soppresso, e buona parte dell’emigrazione politica comunista venne privata della libertà: il M. fu internato nei campi di concentramento di Vernet d’Ariège e di Les Milles, dove rimase recluso, vivendo in condizioni molto dure, fino al giugno del 1941, quando poté finalmente partire per il Messico, che già da tempo gli aveva concesso il visto di entrata. Si stabilì a Città del Messico dove rimase, assieme alla famiglia, fino al gennaio del 1946: solo allora infatti, gli venne permesso di tornare in Italia, cosa che gli precluse, con suo grande rammarico, di partecipare alla lotta di liberazione. Durante l’esilio messicano ebbe modo di scrivere l’autobiografia Ricordi di un operaio torinese (Roma 1949), opera che riscosse un notevole successo, caratterizzata tanto da uno stile assai vivace, quanto da una rigida ortodossia ideologica.

Rientrato in Italia fece parte della Consulta nazionale, fu quindi eletto all’Assemblea costituente, dove prese posizione a favore di un sempre maggiore intervento dello Stato nella direzione dell’economia. In seguito entrò in Parlamento, prima come deputato (I e II legislatura) e poi come senatore (III legislatura), occupandosi in prevalenza di questioni relative al mondo del lavoro.

Di nuovo membro, dal 1946, del comitato centrale del PCI (Partito comunista italiano), negli anni seguenti fu tra l'altro, direttore delle edizioni di Milano e Roma de l’Unità (1946-47), segretario della Federazione torinese del PCI (1947-49), direttore della redazione subalpina de l’Unità (1948-52), segretario della Camera del lavoro di Milano (1952-55). Tornato nella sua città, presiedette nel 1956 la neonata Alleanza per la ricreazione popolare, associazione anticipatrice dell’ARCI.

Il M. morì a Torino l’8 agosto 1960.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direzione generale Pubblica Sicurezza, Casellario politico centrale, b. 3358; Torino, Fondazione Istituto piemontese A. Gramsci, Fondo Montagnana Mario e Franco, Carte di M. Montagnana, bb. 1-3; Roma, Fondazione Istituto Gramsci, Archivi, Biografie, memorie, testimonianze, ad nomen; G. Arian Levi - M. Montagnana, I Montagnana. Una famiglia ebraica piemontese e il movimento operaio (1914-1948), Firenze 2000; P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, voll. 1-5, Torino 1967-1975, ad indicem; Id., Storia di Torino operaia e socialista, Torino 1972, ad indicem; Id., Gramsci in carcere e il partito, Roma 1977, pp. 157 s.; R. Martinelli, M. M., in Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943, a cura di F. Andreucci - T. Detti, III, Roma 1977, pp. 550-552; C. Malandrino, M. M., in I deputati piemontesi all’Assemblea costituente, a cura di C. Simiand, Milano 1999, pp. 316-338.

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