ORTOLANI, Mario

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 79 (2013)

ORTOLANI, Mario

Marco Maggioli

ORTOLANIMario. – Nacque a Venezia il 21 settembre 1909 da Giuseppe e da Adele Sicher.

Dal 1913 al 1934 visse con la famiglia a Bologna, dove compì l’intero corso di studi e dove si laureò in lettere nel 1931. La tesi in geografia, dedicata alla valle del Cismon nel Bellunese, fu pubblicata l’anno successivo dalla Società di studi per la Venezia Tridentina con il titolo Il bacino del Cismon. Saggio di geografia antropica. Ne era relatore il geografo Carlo Errera, sotto la cui guida Ortolani, ancora studente, aveva iniziato l'attività scientifica con una comunicazione all’XI Congresso geografico italiano (Su l’area di massima piovosità nella pianura padana, in Atti..., II, Napoli 1930, pp. 40-44), che lo portò, ancora studente, a ricoprire l’incarico di assistente volontario presso l’Istituto di geografia dell’Università di Bologna. Nel 1934 si laureò per una seconda volta in giurisprudenza con una dissertazione in economia politica dalla quale sarebbero derivati due ulteriori contributi a stampa: quello sul porto di Massaua comparso sulla Rivista geografica italiana (XLI [1934], 4-5, pp. 100-121) e quello su Gibuti apparso sul Bollettino della R. Società geografica italiana (s. 6., XII [1935], pp. 480-499).

Nel 1932 iniziò l'attività di insegnante presso l’Istituto commerciale di Feltre. L’anno successivo passò a Bologna, dove aveva mantenuto sempre stretti contatti con l’Istituto di geografia dell’Ateneo. Vincitore di un concorso a cattedre di geografia e storia negli istituti nautici, optò nel 1934 per un incarico presso l’Istituto nautico di Ancona, sulla cattedra che fu di importanti geografi come Olinto Marinelli e Luigi Filippo de Magistris.

L’attività didattica e di ricerca svolta in questo periodo gli consentì di conseguire l’abilitazione alla libera docenza in geografia economica nel 1937 e di pubblicare il primo lavoro sulla regione Marche, Il litorale piceno (Bollettino della R. Società geografica italiana, s. 7., II [1937], 8-9, pp. 633-660).

Nel 1939 gli fu assegnata la cattedra di geografia generale ed economica presso l’Istituto tecnico commerciale di Ferrara, dove trasferì la sua residenza e dove dal 1941 e per un decennio venne incaricato di geografia presso la facoltà di scienze naturali dell’Università. Nello stesso 1941, il 9 agosto, sposò ad Assisi Enrichetta Giambartolomei.

In questo periodo ebbe come oggetto di ricerca prevalente la regione veneta e quella emiliana; la prima legata alle radici familiari, la seconda al periodo degli studi e della prima attività lavorativa. Tra i lavori giovanili dedicati all'Emilia merita ricordare: Le grandi boarie del Ferrarese (in Bollettino della R. Società geografica italiana, s. 7, X [1945], 2, pp. 43-49); I casoni della laguna di Comacchio (in Rivista geografica italiana, LVII [1950], 2, pp. 78-89); Un territorio sovrapopolato: la partecipanza agraria di Cento (ibid., pp. 209-222). Al contesto regionale veneto sono da ascrivere alcuni lavori precedenti, fra cui il contributo sulla localizzazione industriale nella Venezia Euganea e nella Venezia Tridentina in una pubblicazione promossa dal Comitato nazionale di geografia del CNR dal titolo La localizzazione delle industrie in Italia (a cura di F. Milone, Roma 1937) e quello sullo spopolamento montano nell’Agordino e Feltrino (Roma 1938).

Dal 1947 al 1966 fu professore ordinario di geografia all’Università di Pavia e allo stesso tempo incaricato di geografia politica; infine dal 1966 al 1979 fu professore di geografia per il corso di laurea in lettere dell’Università di Bologna e contemporaneamente per il corso di laurea in lingue straniere.

Durante il magistero all’Università di Pavia, portò a termine il nucleo più consistente della sua attività scientifica, con studi prevalentemente orientati alle tematiche di geografia umana. In questo senso, due sembrano essere i tratti essenziali del suo metodo di ricerca: l'indagine sul terreno, svolta di frequente in bicicletta o a piedi, e la grande capacità di organizzare il lavoro in collaborazione con colleghi anche di altre discipline, come il geologo Attilio Moretti sul fenomeno carsico sul Gran Sasso d’Italia (Roma 1948) e sul versante meridionale del medesimo massiccio (Bologna 1950);  il topografo antico Nereo Alfieri sulle divagazioni di alcuni fiumi piceni in epoca storica (in Rivista geografica italiana, LIV [1947], 1, pp. 2-16), su Sena Gallica (Atti dell'Accademia Nazionale dei Lincei, VIII [1953], 3-4, pp. 153-180) e sull’evoluzione morfologica dell’antico delta del fiume Po (Erdkunde. Archiv für wissenshafliche Geographie, XIX [1965], 4, pp. 325-331); il glottologo Piero Meriggi, sulla toponomastica turca in Anatolia (Quaderni dell'Istituto di glottologia dell'Università di Bologna, III [1958], pp. 137-140; VI [1962], pp. 119-126).

Sempre in direzione di una proficua condivisione disciplinare, anche in un’ottica di respiro internazionale, vanno messi in rilevo i lavori svolti con giovani geografi italiani e stranieri che si sarebbero affermati successivamente: con Peter Mounfield il saggio comparato di geografia industriale in Lombardia e Lancashire (Napoli 1963); con John P. Cole sui tipi di sedi sulle Ande centrali (in Rivista geografica italiana, LXX [1963], 4, pp. 370-394) e sulla costa del Perù (Roma 1964); con Aldo Pecora per lo studio geografico dell’oasi di Colomb-Béchar in Algeria (in Rivista geografica italiana, LX [1953], 4, pp. 409-432) e sui porti pescherecci emiliani di Goro e Porto Garibaldi (ibid., LXIII [1956], 2, pp. 198-203); con Piero Dagradi e Andreana Appignani in un volume dedicato alla casa rurale in Abruzzo (Firenze 1961), solo con  Dagradi sull’utilizzazione del suolo in Abruzzo e Molise (Roma 1964).

Il volume sulla casa rurale in Abruzzo realizzato con Dagradi e Appignani nel 1961 rappresentò il frutto di una intensa campagna di lavoro sul terreno, condotta tra il 1954 e il 1959. Il piano di ricerca prevedeva la lettura del sistema insediativo regionale in due grandi aree: l’Abruzzo montano e l’Abruzzo marittimo. Da questa macro partizione si dipana il racconto della storia del paesaggio costruito così come risultava ancora leggibile in quegli anni. Il corredo fotografico e la cartografia che accompagnano il racconto restituiscono lo stretto rapporto tra la natura del terreno e della vegetazione e i materiali da costruzione adottati dalle comunità locali. È in questo senso – afferma Ortolani – che l’Abruzzo montano e l’Abruzzo marittimo sono costituiti da terreni fondamentalmente diversi: il primo è il regno del calcare e della casa in pietra; il secondo dell’argilla e della casa in laterizi. Le osservazioni avanzate dall’Ortolani circa la natura dei terreni nella grande fascia delle argille plioceniche tra la montagna e il mare, individuano l’altro materiale che alimenta molte costruzioni rurali sia in laterizio sia in terra cruda: l’argilla.

Sempre legate al periodo pavese sono anche alcune delle opere centrali del percorso scientifico di Ortolani e della geografia italiana nel suo complesso. In primo luogo il volume sulla casa rurale della pianura emiliana del 1953 concepito all’interno della importante collana sulle dimore rurali in Italia in 29 volumi, fondata nel 1938 da Renato Biasutti e promossa dal Centro studi per la geografia etnologica dell’Università di Firenze, sotto la direzione di Giuseppe Barbieri e Lucio Gambi.

Dopo un'introduzione ai caratteri storici, naturalistici, demografici ed economici del contesto agrario, La casa rurale della pianura emiliana presenta una trattazione articolata per aree geografiche omogenee nelle quali è possibile individuare i caratteri stabili degli insediamenti e dei tipi edilizi. La classificazione che Ortolani propone per la pianura emiliana si articola dunque in tre classi: forme complesse a elementi separati; forme complesse 'a corte'; forme a elementi giustapposti. Le prime si configurano come case rurali contraddistinte da abitazione con fienile e servizi rustici accessori, tutti separati gli uni dagli altri che ha la sua area di espansione nella porzione orientale della pianura emiliana e predomina specialmente nel tratto compreso tra il mare Adriatico e il fiume Secchia, cioè nelle pianure di Ferrara, Bologna e Modena (pp. 144-147). Le seconde si caratterizzano per la presenza di uno spazio (o cortile) scoperto e per lo più recinto da muri, che ne fanno di regola uno spazio chiuso. Nonostante la diffusione della casa 'a corte' sia prevalente nella pianura lombarda, Ortolani ne rintraccia significative persistenze nella pianura emiliana compresa entro l’ansa che il Po descrive verso Cremona (pp. 158-161). La terza è invece la forma più ampiamente diffusa nella pianura emiliana, che compare quasi ovunque almeno con singoli elementi isolati. Strutturalmente questo tipo di manufatto rurale è costituito dall’abitazione, il rustico (stalla-fienile) e il portico (pp. 153 s.).

Le attività di ricerca di Ortolani all’estero, anch’esse esplicitate attraverso il metodo dell’indagine di terreno, si svilupparono in Algeria, ma soprattutto nella penisola Anatolica e in America meridionale. Nel periodo compreso tra il 1958 e il 1962 pubblicò infatti cinque contributi dedicati alle peculiarità geografiche di alcune regioni anatoliche, evidenziandone il rapporto tra ambiente steppico e l’evoluzione storica dell’insediamento, con un particolare riferimento ai tipi delle sedi rurali e pastorali. All’America meridionale vennero invece dedicati gli anni compresi tra il 1963 e il 1967 con due studi rilevanti sui tipi di sedi nella Ande centrali e sugli aspetti dell’insediamento in foresta nell’Amazzonia.

Nel 1966 Ortolani chiese e ottenne il trasferimento alla cattedra di geografia della facoltà di lettere dell’Università di Bologna, sede dei suoi studi giovanili. In quegli anni dedicò tre missioni di studio ai territori indo-iranici (India, Afghanistan, Iran), da cui derivarono altrettanti contributi scientifici: Evoluzione del nomadismo nelle steppe afro-asiatiche, in Rivista geografica italiana, LXXVII [1970], 3, pp. 319-325; Missione di studio nell’Indostan: note preliminari sul delta del Gange, ibid., LXXXII [1975], 1, pp. 1-19; Delta del Bengala: carico demografico e strutture agrarie, in Terzo mondo e nuove strategie di sviluppo, a cura di P. Morelli, Milano 1983, pp. 137-158.

Ortolani vedeva le società in stretto rapporto con le loro vicende storiche. L’uomo, attraverso tecniche via via più raffinate e complesse, sviluppa la sua azione trasformatrice realizzando le opere che marcano e contraddistinguono un territorio. Le azioni umane e la materialità da loro espresse, assieme agli elementi non visibili della cultura e delle forme dell’organizzazione economica e sociale, producono le diverse configurazioni della territorialità e rendono per questo motivo ogni ambito diverso. Il corso universitario che Ortolani tennr nel 1947 all’Università di Pavia fu il primo in Italia dedicato alla geografia umana. La particolare attenzione che egli prestò a questa branca della geografia, in una fase di fervido dibattito disciplinare tra favorevoli e contrari a un'unità scientifica e didattica di geografia fisica e geografia umana, lo colloca nel novero di quanti, pur non sminuendo il ruolo e l’importanza dell’approccio della geografia fisica, consideravano entrambe come aree non contrapposte ma specifiche. La geografia nelle facoltà scientifiche doveva mantenere come campo privilegiato i fenomeni geografici del mondo fisico mentre la geografia nelle facoltà umanistiche aveva l’obbligo di focalizzare i problemi inerenti alle azioni delle società sulla terra in una prospettiva essenzialmente storica.

Ortolani fu decisamente poco incline alle teorizzazioni, e più sensibile invece ai risvolti applicativi della ricerca. Particolarmente attento alla letteratura geografica straniera, fu uno dei geografi italiani della sua generazione più interessati all’evoluzione del pensiero geografico internazionale soprattutto di matrice tedesca e inglese. Le linee portanti del suo pensiero sono compendiate in due volumi che, coerentemente, alla visione scientifica perseguita nel corso del suo magistero, volle dedicare nella parte finale della sua vita universitaria a due delle tematiche più a lungo frequentate: il popolamento (Geografia della popolazione, Milano 1975) e l’insediamento (Geografia delle sedi, Padova1984). Nella sua ultima pubblicazione La nouvelle géographie de la population, apparsa sulla prestigiosa rivista Espaces-Population-Sociétés (VII [1989], pp. 317-322) evidenzia criticamente la tendenza al tempo diffusa di considerare la popolazione come una massa amorfa, quasi sradicata dal contesto territoriale e culturale in cui vive e opera.

Membro dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna nel 1969, gli venne conferita la medaglia d’oro per i benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte nel 1974. Fu socio della Società geografica italiana (1933) e poi socio d’onore (1986), socio corrispondente dell’Accademia nazionale dei Lincei (1983) e quindi socio nazionale (1988).

Morì a Bologna il 19 settembre 1998.

Fonti e Bibl.: O. Baldacci, Medaglioni di geografi lincei del secolo XX, in Atti della Accademia nazionale dei Lincei. Rendiconti classe di scienze morali storiche e filologiche, X (1999), 1, pp. 7-17; Id., Ricordo di M.O., in Rivista geografica italiana, CV (1998), 4, pp. 623-640; F. Farinelli, In morte di un geografo, ibid., CVI (1999), 1, pp. 151-155; P. Persi, Ricordo di M.O., maestro di geografia, in Geografia nelle scuole, III (1998), p. 204; Scritti geografici in ricordo di M.O., a cura di P. Dagradi, Roma 1999 (con elenco delle opere, pp. 15-18). Un elenco completo delle pubblicazioni di M.O. si trova anche in Ricerche geografiche in paesi extraeuropei, cit., pp. 287-294.