Veltman, Martinus Justinus Godefridus

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Veltman, Martinus Justinus Godefridus

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Fisico olandese, nato a Waalwijk (Brabante settentrionale) il 27 giugno 1931. Dopo aver conseguito nel 1963 il Ph.D. in fisica presso l'università di Utrecht, nel 1966 vi divenne professore nella stessa materia. Visiting professor alla Université Paris-Sud xi, al CERN di Ginevra e ai laboratori SLAC della Stanford University (California), ha fatto parte degli organi scientifici decisionali dei più importanti laboratori di fisica delle alte energie. Dal 1981 al 1997, data del suo ritiro dall'attività accademica, ha insegnato presso la cattedra di fisica John D. and Catherine T. MacArthur della University of Michigan di Ann Arbor. Nel 1999, insieme a G. 't Hooft, ha ricevuto il premio Nobel per la fisica, "per aver chiarito la struttura quantistica delle interazioni elettrodeboli". Tra i suoi numerosi riconoscimenti scientifici vanno ricordati il premio tedesco Alexander von Humboldt (1989), quello olandese Fifth Physica Lezing (1990) e l'High Energy Physics Prize (1993).

V. ha dato contributi essenziali all'attuale teoria delle interazioni fondamentali, basata su particolari simmetrie e insiemi di trasformazione.

Negli anni Cinquanta, C.N. Yang e R.L. Mills avevano posto le basi della teoria unificata delle interazioni deboli ed elettromagnetiche mediante un insieme di trasformazioni, dette teorie di gauge non abeliane. Un primo modello delle interazioni elettrodeboli venne successivamente definito da S. Glashow. La teoria prevedeva quattro bosoni vettoriali, il fotone, le particelle W⁺, W⁻ e Z⁰ (v. cromodinamica quantistica, App. V) e presentava non poche difficoltà: non solo la presenza della particella Z⁰ implicava nuove interazioni, dette di corrente neutra, ma le masse dei bosoni vettoriali non rispettavano la simmetria di base del modello, rendendolo così non rinormalizzabile. La rinormalizzazione è un procedimento cui una teoria di campo quantistica deve sottostare affinché le grandezze fisiche ipotizzate inizialmente come parametri di uno sviluppo perturbativo risultino alla fine completamente definite, prive cioè di termini divergenti e quindi in linea di principio verificabili in laboratorio.

Nel tentativo di individuare una teoria unificata e rinormalizzabile, S. Weinberg (1967) e A. Salam (1968) in modo indipendente proposero un modello basato sulla rottura spontanea della simmetria, che prevedeva una massa non nulla per i bosoni vettoriali e l'esistenza di una particella neutra di spin 0, detta in seguito bosone di Higgs, in cui tuttavia la rinormalizzabilità della teoria veniva solo postulata, non dimostrata. Solo con i contributi di V., e soprattutto di 't Hooft nel 1971, fu possibile risolvere il problema. G. 't Hooft, mediante un procedimento di regolarizzazione dimensionale della teoria, riuscì infatti a rendere finiti gli integrali divergenti che comparivano nello sviluppo perturbativo dei parametri fisici, permettendo così la rinormalizzazione della teoria. Gli sviluppi di V. e di 't Hooft hanno in questo modo portato alla dimostrazione completa della rinormalizzabilità di teorie di gauge non abeliane, con implicazioni fondamentali anche in tutta la fisica delle particelle elementari, e all'affermazione che tutte le interazioni (deboli, elettromagnetiche e forti) sono descritte da una teoria di gauge. Tali sviluppi hanno consentito di fare previsioni, confermabili sperimentalmente, di grandezze osservabili. Partendo dal buon accordo tra i risultati teorici e i dati sperimentali ottenuti dal CERN relativamente alle particelle W e Z, si è potuto infatti prevedere la massa, di circa 180 GeV, del quark top, successivamente osservata al Fermilab di Batavia (Illinois). V. ha dato contributi interessanti anche in teoria dei campi e, nell'algebra delle correnti, al teorema sul decadimento del mesone π; originali apporti sono stati inoltre forniti in teoria quantistica gravitazionale e al calcolo delle costanti radiative. V., infine, può essere considerato un pioniere nello sviluppo (1963) dei linguaggi simbolici computazionali, fondamentali nei complessi calcoli algebrici in teoria dei campi e nelle teorie di gauge.

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