Martire

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Nel cristianesimo primitivo, appellativo (gr. μάρτυς, «testimone») in un primo tempo degli apostoli, in quanto testimoni qualificati della vita e della resurrezione di Cristo; successivamente di coloro che attestavano la verità del cristianesimo, dando prova, in circostanze pericolose, di fede incrollabile; in periodi di persecuzione furono chiamati m. coloro che sigillavano col sacrificio della vita la confessione della loro fede, mentre chi aveva sofferto persecuzione, senza perdere la vita, era detto confessore. Pur riferendosi più comunemente ai primi secoli del cristianesimo, la parola m. può indicare i cristiani uccisi da infedeli anche in tempi moderni. La Chiesa ha definito entro ben determinati limiti le circostanze perché si attribuisca alla morte di un cristiano il carattere di martirio: è la morte violenta dovuta a una volontà responsabile (estrinseca e distinta da quella della vittima) e accettata dal cristiano per un motivo di fede o di virtù morale riferita o riferibile a Dio, con piena coscienza del sacrificio, affrontato con fortezza e serenità d’animo aiutate da un dono sovrannaturale.

La venerazione della comunità cristiana verso chi aveva sacrificato la vita per la propria fede in Cristo fece sì che l’appellativo di m. e la nota di martirio divenissero nella Chiesa il massimo titolo di gloria e diede origine ben presto ad atti di culto. Attorno alle tombe dei m. si radunarono i fedeli per tributare preghiere e onoranze; nel giorno anniversario della morte del m. (depositio martyrum) la liturgia eucaristica formava parte essenziale dell’adunanza. Il culto verso i m., contenuto e quasi nascosto durante i periodi di persecuzione, portò talora a trasformare in luogo di culto l’abitazione che era appartenuta al m. e, a partire dall’età costantiniana, a costruire basiliche sulle tombe dei m., la cui ubicazione a Roma fu rigorosamente rispettata, senza manomissioni di sorta; fuori di Roma, specie in Oriente, non fu seguito questo rigoroso criterio e le salme dei m. furono rimosse dalla primitiva sepoltura per dare loro più degna dimora nelle chiese che si erigevano negli abitati.

Da principio il culto e la memoria dei m. furono locali: ogni chiesa venerava e onorava solo i propri m., poi, dal 4° sec., le singole celebrazioni divennero sempre più comuni a varie chiese. La traslazione delle salme e delle reliquie favorì la rapida diffusione del culto dei m. in tutta la cristianità.

Atti dei m. Si comprendono sotto questo nome le narrazioni della vita, e in particolare del processo e della morte dei m. cristiani dei primi secoli. Sono chiamati acta, perché un tempo ritenuti atti autentici dei processi, o passiones, denominazione prevalsa nel Medioevo. Gli atti storici, fondati su documenti ufficiali redatti durante il processo giudiziario o su narrazioni di testimoni oculari, sono di numero limitato (Passio sanctorum Scilitanorum; Passio Perpetuae et Felicitati; Passio Montani et Lucii, martirio di s. Policarpo, quello dei martiri di Lione, interrogatori di s. Dionigi, di s. Alessandro, di s. Cipriano ecc.). Prevalgono gli atti di carattere leggendario, sorti a fini di edificazione dal 4° sec. a tutto il Medioevo. Martirologio Catalogo di santi, m. o no, disposto secondo i giorni dell’anno; o più generalmente, l’elenco delle feste ecclesiastiche celebrate annualmente a una data fissa.

Martỳrion Tomba dei m. o l’edificio sorto sulla tomba stessa. I martyria hanno pianta centrale, più o meno elaborata, di dimensioni molto variabili. Ne sono esempi sia la chiesa dell’Anastasis di Gerusalemme, sia oratori minori come la cella trichora delle catacombe di S. Callisto a Roma.

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