Masochismo

Universo del Corpo (2000)

Masochismo

Vittorio Volterra

Il termine masochismo fu coniato dallo psichiatra R. von Krafft-Ebing per contrassegnare una perversione psicosessuale, documentata dalla vita e dalle opere dello scrittore austriaco L. von Sacher-Masoch. Esso indica sia una perversione sessuale, per la quale il soggetto gode del dolore inflittogli da altri e l'atto sessuale viene compiuto solamente in uno stato di avvilimento e di sofferenza, sia un tratto del carattere proprio delle persone che ricercano maltrattamenti e umiliazioni.

La riflessione di S. Freud sul masochismo si è articolata in tre fasi successive: nella prima (1905-19) lo ha inteso come trasformazione del sadismo diretta contro il soggetto stesso; nella seconda (1919-24) come fenomeno regressivo causato dal bisogno inconscio di punizione (dunque non solo come perversione sessuale ma anche come tratto del carattere); nell'ultima (1924-37) come espressione della pulsione di morte. Freud distingue fra masochismo primario e secondario e, per altro verso, fra masochismo erogeno, femminile e morale. Nel masochismo primario, che corrisponde all'erogeno e ha basi biologiche, la pulsione di morte, unita alla libido e da essa controllata, è originariamente diretta sul soggetto; nel masochismo secondario, il sadismo, rivolto in un primo tempo verso l'esterno, si dirige solo successivamente verso il soggetto. Il masochismo femminile è legato a componenti passive, che sono presenti in entrambi i sessi e che, allorché le pene siano inflitte dalla persona amata, richiamano fantasmi di sottomissione. H. Deutsch (1945-47) rileva che quest'aspetto masochista serve alla donna per raggiungere la femminilità, mentre all'uomo pone problemi durante l'età evolutiva, dovendosi integrare nella sua personalità. Nel masochismo morale è il senso di colpa ad agire e a sollecitare la punizione.

Si parla di masochismo, parafilia o perversione, quando un soggetto, tramite fantasie, impulsi e comportamenti ricorrenti, non può raggiungere il piacere sessuale senza infliggersi o sottomettersi a una sofferenza fisica effettiva (essere picchiato, legato ecc.), o a un'umiliazione risultante da trattamenti variabili, di cui il soggetto decide in anticipo le modalità. Questo comportamento è in genere programmato e costruito: la pratica si inscrive in una messa in scena, di cui il masochista elabora la regia con rituali e regole precise, come in una liturgia. Mentre il sadico obbedisce alle esigenze provenienti dall'inconscio quasi senza rendersene conto, il masochista le riconosce, le utilizza e vi si sottopone per il piacere che gli procurano, anche se ne ignora il significato, dato che la meta da raggiungere è la sofferenza, o la sottomissione, o l'umiliazione. T. Reik (1940) nota che, perlopiù, le azioni violente anche con oggetti (per es. flagellazioni ecc.), per raggiungere lo scopo, devono essere ben percepibili, ma d'intensità controllata e definite in anticipo (per cui le sevizie raramente sono accompagnate da complicazioni) e, se possibile, esibite (con presenza di un testimone). Nell'ambito della pratica masochistica, di solito l'orgasmo sopraggiunge dopo una crescita graduale dell'eccitazione, in genere, non oltre un certo limite (fattore sospensivo), fino ad arrivare allo stato desiderato di sofferenza-piacere nella cornice di un programma prestabilito nei dettagli da soddisfare. Non è raro che il soggetto, se non può tradurre i suoi desideri nella realtà, ricorra all'immaginazione, avvalendosi di una masturbazione eseguita con tecniche dolorose, accompagnata da fantasie, fotografie, o visione di videocassette rappresentanti scene di sevizie e di sofferenze. Tali fantasie, così come gli impulsi sessuali e i comportamenti, causano al soggetto un disagio clinicamente significativo e una compromissione dell'area sociale e lavorativa o di altre importanti aree (American psychiatric association 1994).

Anche se in genere la violenza richiesta dal masochista risulta contenuta, essa può essere talora molto forte, perché il desiderio d'umiliazione e di sofferenza può non avere limiti, soprattutto se il rapporto avviene con partner considerati solo strumenti della volontà masochistica. In quest'ambito, una forma particolarmente pericolosa è l''ipossifilia', che può essere attuata da soli o con un partner. In questa pratica, l'eccitamento sessuale è provocato dall'asfissia e il soggetto si priva dell'ossigeno attraverso un nodo scorsoio, un laccio, un sacchetto di plastica, una maschera, la compressione toracica, o l'inalazione di una sostanza atta a determinare un'ipossia cerebrale ecc., fino a perdere coscienza; questo momento è spesso preceduto da fantasie sessuali in cui altri lo soffocano o lo danneggiano. Altri masochisti praticano rapporti sessuali senza precauzioni, che li mettono a rischio d'infezione e di malattie trasmissibili per via sessuale. Il disturbo masochistico di personalità, da distinguere dal masochismo sessuale, è invece una modalità pervasiva di comportamento autofrustrante che inizia entro la prima età adulta e si manifesta in diversi contesti. L'individuo cerca di evitare o di guastare le esperienze piacevoli, si mette in situazioni o rapporti che lo fanno soffrire o, in circostanze dolorose, impedisce ogni modalità di aiuto in suo favore. Spesso, per sentirsi ferito, sconfitto o umiliato, fa sì che ci si adiri con lui o lo si rifiuti; tende a fare per gli altri cose che richiedono un grave sacrificio anche se questo non è sollecitato da coloro che ne vengono beneficiati; sceglie persone o situazioni che gli possono procurare delusioni, fallimenti o maltrattamenti. A eventi personali positivi (successi professionali ecc.) reagisce con depressione, sensi di colpa o con comportamenti che procurano sofferenza (per es. incidenti). Reik parla di masochismo verbale a proposito di chi gode nel sentirsi dire parole offensive e umilianti, di masochismo sociale per chi ama atteggiamenti di subordinazione e di sottomissione e, infine, di masochismo di massa per chi rinuncia alla propria individualità inserendosi in un gruppo succube di un tiranno o di un dittatore, che può rappresentare la propria immagine idealizzata. Nel masochismo morale, o psicologico, dato da un'introflessione degli impulsi aggressivi, non c'è necessariamente un legame tra dolore e piacere sessuale, che è invece caratteristico in quello erogeno: questo tipo di masochismo (chi ne è affetto assume sempre il ruolo della vittima) si distingue dal masochismo-perversione perché investe il complesso della personalità e costituisce la base di molti disturbi psicopatologici, soprattutto delle nevrosi. Per E. Bergler (1949), ne costituisce addirittura il fondamento. Secondo tale autore, mano a mano che la personalità si evolve, il tentativo di soluzione dei conflitti primari viene contrastato dalla coscienza morale, ossia da quella istanza interiore che Freud chiama Super-Io. Le reazioni dell'Io sono allora volte a ricercare una possibile difesa o un 'alibi', destinato a correggere la posizione iniziale. L'adozione dell'uno piuttosto che dell'altro tipo di difesa dà luogo, secondo Bergler, all'una o all'altra struttura nevrotica, la quale non sarà, pertanto, solo espressione di una difesa diretta contro impulsi primitivi ricusati, o un compromesso fra tali impulsi e altre esigenze della personalità, ma si identificherà con una messa in scena, volta a coprire un conflitto più profondo e basilare. Il nevrotico, infatti, può ben dirsi essere la 'vittima consenziente' (masochista) di una serie di divieti non elaborati in altro modo. Questo 'masochismo di base' non è mai totalmente eliminato, neppure negli individui cosiddetti normali, per cui se ne possono individuare i residui in ogni persona.

In sintesi, quindi, da tale 'posizione masochistica', alla quale nessuno completamente sfugge, vengono a strutturarsi molteplici sindromi nevrotiche e caratteriali, che si configurano più precisamente allorché il bambino si sente o s'immagina colpevole nei confronti dell'oggetto d'amore e mette in moto meccanismi di espiazione, riparazione o autopunizione. Il masochismo morale, secondo la psicoanalisi, nasce dal fatto che il bambino di pochi giorni o mesi dipende, per la sua sopravvivenza, in modo quasi esclusivo dalla madre, ossia dall'oggetto d'amore adulto, e dal fatto che egli avverte tale relazione come assolutamente indispensabile, anche se la percepisce come incerta, frustrante, ansiogena o persecutoria. Ciò comporta la mobilitazione di notevoli quantità di energia per conservare questo rapporto, pur vissuto in modo sofferto. Le cariche d'energia distruttiva che il soggetto rivolge allora all'oggetto per le frustrazioni, o per gli attacchi subiti o presunti, portano a un aumento dell'angoscia e a un'ulteriore mobilitazione della libido, onde evitare il temuto allontanamento, la scomparsa oppure la distruzione dell'oggetto stesso. Il soggetto può anche vivere il dolore e l'umiliazione come un male minore rispetto alla castrazione inconsciamente temuta per i propri desideri sadici e incestuosi (anche se il complesso d'evirazione è un aspetto evolutivo psicoistintuale del tutto normale) e può cercare di controllare la propria aggressività mediante l'identificazione proiettiva. È proprio tale infelice tentativo di risolvere la crisi del rapporto oggettuale che può dar luogo al carattere masochistico. Nella clinica, la distinzione tra forma attiva e forma passiva di algofilia viene spesso a cadere, dal momento che sadismo e masochismo sono frequentemente riscontrabili nella stessa persona; Freud li considerò come i due versanti della stessa perversione che possono coesistere nello stesso individuo. La coppia sadismo-masochismo è quindi intesa come una delle antinomie che caratterizzano la vita sessuale, quali attività/passività, maschile/femminile, fallico/castrato ecc.; in essa, secondo il principio della 'coeccitazione libidica', l'inclinazione distruttiva, presente sia nel sadismo sia nel masochismo, è funzionale all'eccitazione erotica. "Chi prova piacere a infliggere dolore agli altri, in relazioni sessuali, è anche capace di godere il dolore da questo derivato come un piacere. Un sadico è sempre in pari tempo un masochista, sebbene l'aspetto attivo o quello passivo della perversione possa essere in lui più sviluppato e costituire la sua attività sessuale prevalente" (Freud 1905, trad. it., p. 472). Sadomasochista viene quindi chiamato il rapporto complementare e simmetrico di sadismo e masochismo che, nell'evoluzione della vita pulsionale, si manifesta sia a livello interpsichico, come dominio/sottomissione, sia a livello intrapsichico, come castigo/autopunizione. G. Deleuze (1987) ritiene però che vi siano differenze sostanziali fra il sadico e il masochista: secondo questo autore, il sadico è più speculativo e il masochista più immaginativo; il primo tende all'accumulazione degli atti, il secondo ne coltiva piuttosto la qualità; il sadico ricorre volentieri all'ironia, il masochista sfrutta il ridicolo; quello distrugge e nega la madre identificandosi con il padre aggressivo, questo rifiuta la madre e annienta il padre; il primo si appoggia sulla violenza delle istituzioni per giustificare i suoi eccessi, il secondo preferisce i contatti particolari; infine il sadico disprezza l'estetica, il masochista la coltiva.

Bibliografia

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