MONTEZEMOLO, Massimo Cordero di

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTEZEMOLO, Massimo Cordero di

Andrea Merlotti

MONTEZEMOLO, Massimo Cordero di. – Nacque a Mondovì il 14 aprile 1807, primogenito del marchese Cesare Marcello e della marchesa Maria Anna Gastaldi di Neville.

Cesare Marcello (1769-1864) apparteneva a un’antica famiglia del patriziato monregalese, entrata nella feudalità sabauda nel XVII secolo. Ufficiale di fanteria negli anni della Guerra delle Alpi, durante l’occupazione francese aveva aderito al regime napoleonico: nel 1799 guidò la Guardia nazionale repubblicana, entrò nel Consiglio cittadino e nel 1804 fu inviato a Parigi quale rappresentante della città all’incoronazione di Napoleone. Di nuovo membro del Consiglio di Mondovì alla Restaurazione, fu vicesindaco nel 1841. Ricoprì, inoltre, la carica di sindaco di Montezemolo dal 1834 al 1840. Dal matrimonio, nacquero anche Enrico (1811-1887), ufficiale di cavalleria e deputato nelle legislature VI e VII (autore dei Souvenirs de jeunesse par un gentilhomme piémontais, Torino-Roma 1883, importante libro di memorie familiari) e Massimiliano (1821-1890), anch’egli ufficiale di cavalleria.

Laureatosi in giurisprudenza all’Università di Torino nel 1828, nel 1830 Montezemolo fu accolto come applicato nell’ufficio del procuratore generale del Regno. Negli stessi anni entrò a far parte dei Cavalieri della libertà, una società segreta paramassonica di cui facevano parte militari e giuristi come Giovanni Durando e Vittorio Bersezio. Nel 1831 la società ordì una congiura che aveva per scopo costringere Carlo Alberto a concedere la Costituzione, ma il progetto fu scoperto per il tradimento di un congiurato e Montezemolo fu costretto a espatriare, riparando in Francia, a Grenoble, e poi in Belgio. Qui si arruolò come sergente nella Legione straniera, dove in breve fu promosso al grado di tenente. Nel 1832 si trasferì in Portogallo, combattendo, inquadrato in un corpo speciale detto ‘La compagnia sacra’, nelle truppe che sostenevano il sovrano costituzionale don Pedro di Bragança nella sua lotta contro il fratello don Miguel.

Nel 1834, avendo ottenuto il perdono di Carlo Alberto, rientrò in Piemonte. Nel 1835 era tra i membri della Conversazione letteraria, istituita nel 1833 dal canonico Clemente Pino, una delle principali forme di sociabilità culturale del Piemonte carloalbertino. Guadagnatosi la fiducia delle autorità, convinse il governo a lasciargli aprire un giornale. «Due fogli di carta reale piegati in ottavo, contenenti da 32 a 40 pagine di stampa, con coperta, formeranno un numero… Le materie da trattarsi saranno filosofia, storia, archeologia, economia politica, commercio, industria, arti, letteratura e critica»: così Montezemolo scriveva da Torino il 26 gennaio 1836 al conte Carlo Beraudo di Pralormo, segretario di Stato agli Interni (Valerio, 1991, I, pp. 109-111). Il quindicinale Il Subalpino. Giornale di scienze, lettere ed arti uscì nella primavera del 1836. Si poneva come ideale prosecuzione della Antologia di Firenze, chiusa tre anni prima, e vi parteciparono, fra gli altri, l’abate Gaspare Gorresio, Cesare Balbo, Carlo Ilarione Petitti di Roreto (che vi pubblicò nel 1839 il Della condizione attuale delle carceri e dei mezzi di migliorarla), Carlo Boncompagni (che vi pubblicò nel 1836 le Considerazioni sulla moralità delle pene), Pietro Alessandro Paravia e non piemontesi, quali Nicolò Tommaseo (che aveva conosciuto Montezemolo a Parigi negli anni d’esilio) e Cesare Cantù.

In questi anni Montezemolo compì frequenti viaggi in Italia, soprattutto in Toscana, per lui costante punto di riferimento culturale. Nel 1838 fu a Roma e Napoli. Nel 1839 si stabilì per diversi mesi a Firenze, dove, nominato socio corrispondente dell’Accademia dei Georgofili il 5 maggio 1839, partecipò al I Congresso degli scienziati (per mancanza di tempo non tenne la propria relazione, intitolata Proposta di un quadro comparativo dei diversi patti e consuetudini che nelle varie regioni d’Italia governano la distribuzione dei prodotti agricoli; fu poi pubblicata sul Giornale agrario toscano [XIII, 1839, pp. 465- 470], emanazione dei Georgofili). A Firenze contava un gruppo d’amici, fra cui, oltre a Tommaseo, erano Francesco Domenico Guerrazzi (che nel 1853 gli dedicò la Beatrice Cenci) e Gian Pietro Vieusseux. Mentre era a Firenze, nel febbraio 1840, le autorità sabaude bloccarono la pubblicazione del Subalpino, permettendo l’uscita solo del numero di dicembre 1839, ancora sotto i torchi. La rivista nata sotto il segno del liberalismo moderato aveva finito per assumere connotati più radicali: Montezemolo ne aveva ceduto la direzione a Lorenzo Valerio e questi vi aveva pubblicato uno scritto mazziniano, che non era sfuggito alle autorità. Fu necessario un intervento dell’anziano padre perché Montezemolo non avesse a subire maggiori rigori da parte della Segreteria di Stato agli Interni. Nell’estate 1840 fece ritorno in Piemonte, stabilendosi a Mondovì.

I rapporti con Valerio si erano molto incrinati, anche se Montezemolo collaborò alle Letture popolari, il giornale fondato da Valerio e rivolto ai ceti sociali più umili, che nel 1842 prese il nome di Letture di famiglia, e fu a fianco dello stesso Valerio nella fondazione dell’Associazione agraria, vera palestra politica del liberalismo subalpino. Nella primavera del 1841 tornò a Firenze, dove in settembre partecipò al III Congresso degli scienziati italiani (per cui preparò una memoria Sul principio d’associazione applicato all’economia agricola). Era di nuovo a Mondovì all’inizio del 1842. Negli anni successivi proseguì la collaborazione alle Letture di famiglia, ma si dedicò con attenzione alla costruzione del suo ruolo di patrizio e notabile in quella realtà monregalese che da almeno cinque secoli era lo scenario principale del suo casato. In breve sostituì l’anziano padre nelle cariche pubbliche: nel 1844 entrò nel Consiglio cittadino, dove rimase sino al 1848, dal 1845 al 1849 fu sindaco di Montezemolo. Nel 1846 fece ancora un viaggio in Toscana con Valerio. Il 26 settembre dello stesso anno sposò la sedicenne Vittoria Henry (1830-1849), figlia dell’avvocato francese Joseph-Jules, fondatore e primo direttore, nel 1828, della Reale Mutua Assicurazioni. Dal matrimonio nacque la figlia Maria (1847-1861).

A interrompere questa fase monregalese furono gli eventi del 1848, che lo videro ricoprire incarichi via via più importanti sulla scena nazionale. Se la sua partecipazione ai moti del 1831 e il suo passato di esule lo rendevano una figura gradita ai democratici, la sua condotta dopo il ritorno in patria gli garantiva la fiducia sia dei liberali sia di Carlo Alberto. Significativo fu il progressivo distacco da Valerio. Mentre questi alla fine del 1847 gli chiedeva di aderire a La Concordia, il nuovo giornale che stava per far uscire a Torino, Montezemolo e il suo antico amico e compagno d’esilio Giacomo Durando rifiutarono la proposta e diedero vita a un nuovo foglio, L’Opinione, che vide la luce nel gennaio 1848 sotto la direzione di Durando. Quando, in aprile, questi partì per il fronte, Montezemolo gli subentrò. In giugno fu eletto deputato per il collegio di Garessio (Cuneo) e iniziò così una presenza alla Camera dei deputati destinata a proseguire per tre legislature. Nell’agosto 1848 Carlo Alberto lo scelse fra i tre componenti del Consiglio amministrativo cui affidò il governo di Milano negli ultimi giorni del dominio sabaudo prima della riconquista austriaca (gli altri erano il generale Angelo Olivieri di Vernier e Gaetano Strigelli). Nel dicembre 1848 fu inviato da Gioberti, allora presidente del Consiglio, insieme con il vescovo di Savona Alessandro Ricardi di Netro, ambasciatore straordinario a Gaeta presso Pio IX. Montezemolo e Ricardi invitarono il pontefice a prendere asilo a Nizza, offrendogli la mediazione di Carlo Alberto e una guarnigione di 20.000 uomini a sua difesa. Il papa, tuttavia, rifiutò la proposta, in cui Gioberti aveva tanto investito con la speranza di salvare il programma neoguelfo.

Il 2 novembre 1850 Montezemolo fu creato senatore e dopo esser stato fra i componenti della commissione sulle domande di congedo (4 giugno 1851-27 febbraio 1852) fu compreso anche nella ben più importante Commissione finanze. Nel gennaio 1852 Massimo d’Azeglio, allora presidente del Consiglio, lo scelse come primo presidente delle Opere pie di S. Paolo, cui Vittorio Emanuele II aveva affidato la gestione dei beni e dei servizi dell’antica Compagnia di S. Paolo (ristretta alle sole funzioni ecclesiastiche). Montezemolo resse il S. Paolo per due anni, coadiuvato come vicepresidente dal conte Giuseppe Siccardi; si dimise, insieme con Siccardi, il 22 gennaio 1854. Da allora, per alcuni anni assunse un ruolo di opposizione moderata al governo Cavour. Nel 1856 fu, con Carlo Alfieri di Sostegno, Pier Carlo Boggio e Domenico Berti, tra i fondatori del giornale L’Indipendente, intorno cui si raccolse quella che fu definita l’«opposizione amministrativa », composta appunto da «liberali indipendenti», contrari al centrosinistra di Urbano Rattazzi e Giovanni Lanza, alleati di Cavour. Anche grazie all’azione del nuove giornale, Montezemolo si pose nuovamente in vista nella scena politica. Nel 1858 Vittorio Emanuele II lo inviò ambasciatore straordinario presso lo zar Alessandro II. Nel corso della missione, Montezemolo conobbe la contessa Anastasija Lubianowski, dama d’onore della zarina Maria, che sposò a Parigi il 22 novembre 1858.

Il 27 novembre 1859 Rattazzi nominò Montezemolo governatore di Nizza. In tale carica, espresse più volte la sua netta opposizione a un’eventuale cessione alla Francia. Suo fratello Enrico, inoltre, era stato eletto deputato dal collegio di Sospello ed era considerato del tutto italianizzante. Il ritorno al governo di Cavour, nel gennaio 1860, e la stipula del trattato di Torino, il 24 marzo, che prevedeva il passaggio di Nizza alla Francia, resero inattuabile questa politica. Montezemolo iniziò i preparativi per il plebiscito, ma quando questo si svolse, il 15 aprile, era già stato nominato prefetto di Ravenna (3 aprile). Nella città romagnola si fermò poco più di un mese, poiché venne prima trasferito a Brescia e poi in Sicilia. Il 1° dicembre 1860 Vittorio Emanuele II arrivò a Palermo e il giorno successivo lo nominò suo luogotenente generale nell’isola. Il compito era fra i più difficili: normalizzare la Sicilia dopo la tempesta garibaldina, dovendo fare i conti con l’ostilità dei democratici (fra i consiglieri di Montezemolo furono nominati Giuseppe La Farina e Filippo Cordova che Garibaldi aveva espulso dall’isola).

Oltre alle difficoltà politiche, a rendere ancora più cupo il soggiorno siciliano di Montezemolo fu la morte della figlia Maria; non stupisce, quindi, che egli chiedesse quasi subito di esser richiamato. Il 14 aprile 1861 fu sostituito dal generale Alessandro Della Rovere e tornò a Torino. Percorse allora la carriera prefettizia, prima a Bologna (7 settembre 1862-20 marzo 1865), poi, brevemente, a Napoli (31 ottobre 1867-13 febbraio 1868), dove prese il posto dell’antico amico Durando, e infine nella sua amata Firenze (13 febbraio 1868-18 febbraio 1876).

All’ascesa al potere della Sinistra, si dimise da prefetto e si ritirò a Roma, dove continuò la propria attività di senatore e morì il 5 aprile 1879.

Dalle seconde nozze nacque una figlia Cesarina che il 27 marzo 1885 sposò il più anziano cugino Adriano Cordero di Montezemolo (1831-1902), cui portò in dote il patrimonio del padre, trasferendosi a Mondovì. In gioventù tradusse le Letture intorno ai doveri della donna di Frances Power Cobbe (Roma 1882). Il titolo di marchese di Montezemolo passò al fratello minore Enrico.

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