MASSIMO, Massimo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MASSIMO, Massimo (Massimo di Lello di Cecco)

Anna Modigliani

– Nacque presumibilmente negli ultimi anni del Trecento a Roma da Lello, in una famiglia di estrazione popolare e mercantile piuttosto facoltosa.

Alcuni decenni più tardi i discendenti misero in atto un’operazione di falsificazione genealogica che faceva risalire le origini della famiglia agli illustri personaggi dell’antica Roma Valerio e Fabio Massimo. Il primo a essersi fregiato del nome di famiglia «de Maximis» come segno di un’appartenenza all’aristocrazia municipale romana ormai pienamente consolidata sembra essere stato il M., che nei documenti coevi viene spesso definito «Maximus Lelli Cecchi».

Il nonno Cecco sottoscrisse nel 1349 gli statuti dell’arte della lana e fu con ogni probabilità il principale artefice della fortuna economica della famiglia. Il padre, certamente da identificare con quel «Liello Cecco speziale» che nel 1394 acquistava pepe e nel 1395-96 acciaio dalla filiale pisana della compagnia Datini, gestiva nel 1409 una spezieria nel rione S. Eustachio con annessa attività di prestito, in collaborazione con Antonio «Filippucii», e fu conservatore di Roma nel 1418, poco dopo l’elezione di papa Martino V; Lello morì nel 1420 e fu sepolto in S. Lorenzo in Damaso, dove i Massimo possedevano la cappella di S. Maria Annunziata.

Il M. sposò in prime nozze Francesca di Mancino de Lutiis, morta nel 1447, con la quale ebbe diversi figli: Pietro, Angelo (morto nel 1464), Lorenzo (morto nel 1464), Girolama (moglie di Angelo Scappucci e poi di Lorenzo Pani), Francesco (morto nel 1471; sposò Girolama di Paolo de’ Rustici), Alessandra (moglie di Stefano di Lello Frangipani e poi di Evangelista Bonadies) e Ludovica (moglie di Alessio Paluzzi e poi di Pietro Boccapaduli). In seconde nozze sposò Paradisa di Cecco di Scrocco Boccabella, morta nel 1479 senza figli e sepolta in S. Maria in Aracoeli (per il testamento di Paradisa, del 7 ott. 1474, Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1666, cc. 116-117).

Il M. era proprietario di importanti beni fondiari, tra i quali la tenuta di Torrimpietra, acquistata nel 1457 per 3000 ducati d’oro, insieme con il tenimento detto la Cortecchia, da Lorenzo e Felice Anguillara.

Il M. fu uno dei più grandi commercianti di bestiame attivi a Roma, ma quel che lo contraddistinse rispetto alle altre famiglie della Municipalità romana fu il fatto di essere stato – insieme con i Santacroce – l’unico a far concorrenza ai mercanti fiorentini nel commercio di spezie, metalli, cera, sostanze medicinali, allume, stoffe, filati e numerosi altri prodotti di pregio, venduti sia sul mercato romano sia alla Camera apostolica.

Già nel 1428 il M., definito nobilis vir, vendeva alla Camera apostolica una certa quantità di ferro per le bombarde in Castel Sant’Angelo. Gestiva i suoi affari, che spiccavano rispetto a quelli degli altri operatori economici cittadini per la quantità e la qualità delle merci, soprattutto nella spezieria nelle immediate adiacenze del Pantheon, sotto l’intestazione «Massimo di Liello Cecho e conpagni speziali in piaza a Santa Maria Ritonda», nella quale per diversi anni ebbe come principale socio lo speziale Cecco Butii dello Ciecho. Alla rilevante attività di importazione e di commercio aggiungeva in molti casi il controllo del ciclo di trasformazione delle materie prime in prodotto finito, venduto sia all’ingrosso sia al dettaglio. Il M. possedeva inoltre alcune ferriere e aveva lavoranti alle proprie dipendenze. È anche attestata una sua attività di prestatore di denaro.

Oltre alla casa di abitazione nel rione Parione, all’incrocio tra la via Papalis e l’attuale via del Paradiso, tra Campo de’ Fiori e piazza Navona, proprio di fronte al sito dove fu più tardi costruito il palazzo Massimo alle Colonne, egli possedeva numerosi immobili a uso abitativo e a destinazione commerciale.

Il M. acquistò diverse proprietà all’imbocco di ponte S. Angelo tra il 1451 e il 1452, e il 22 luglio 1451 fu risarcito del prezzo di cinque botteghe situate sullo stesso ponte, che la Camera apostolica aveva acquistato «per bisognio de le chapelle» (Müntz, p. 154), ovvero delle due cappelle che Niccolò V fece costruire all’ingresso del ponte per ricordare coloro che erano morti in un incidente avvenuto durante il giubileo del 1450.

Negli statuti del 18 giugno 1430 della Società dell’Ospedale di S. Lorenzo in Miranda, alla quale faceva capo la corporazione degli speziali, il M. risulta tra gli homines dell’arte e figura come notaio della stessa Società. Fu ufficiale del Comune di Roma prima dell’ottobre 1434, durante il regime popolare e repubblicano che costrinse Eugenio IV a fuggire da Roma. Nel 1445 compare nel lungo elenco di cittadini romani che ricevettero dal papa «belli vestimenti […] tutti de seta et 13 de panno de lana de pavonazzo» (La mesticanza…, p. 54). Fu caporione nel 1422 e nel 1447 e conservatore di Roma nel 1432. Nel 1446 fu incaricato insieme con Andrea Santacroce della riforma degli statuti del Collegio dei notai di Roma. Durante il pontificato di Niccolò V il M. fu maestro delle Strade (nel 1451) e responsabile dei lavori nelle basiliche di S. Giovanni in Laterano e S. Paolo; nel 1452, insieme con Nello da Bologna, si occupò della risistemazione del Campidoglio e negli stessi anni fu supervisore dei lavori a S. Celso e in Canale di Ponte; compare anche come mediatore tra il papa e dei proprietari che vendettero i loro immobili in quella zona (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1763, cc. 110r-111r, ad annum 1452). Il M. fu rilevato da tali incarichi dopo che il fratello Giacomo fu coinvolto nella congiura contro Niccolò V del gennaio 1453. Nel 1454 ricoprì di nuovo la carica di conservatore.

In un brano dei Commentarii riferito al 1462 Pio II menziona, lungo la via Papale, le «aedes Maximi recens editae»: tale notizia consente di attribuire al M. la recente costruzione di quella casa di un certo rilievo architettonico (è indicativo che venga utilizzata come riferimento nella descrizione di un percorso già prima della costruzione di palazzo Massimo alle Colonne), che poco dopo la sua morte, nel 1466, è descritta in un documento notarile come la casa di abitazione dei suoi due figli, dotata di una loggia e di una grande sala, e in altri due atti notarili, l’uno del 7 genn. 1477 (Arch. di Stato di Roma, Collegio dei notai capitolini, 1110, cc. 3v-5r) e l’altro del 2 giugno 1488 (ibid., 1174, c. 128v) come la casa di Pietro, con un portico.

Il M. morì, probabilmente a Roma, nel 1465 e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Camerale I, Mandati, reg. 825, c. 91r; La mesticanza di Paolo di Lello Petrone, a cura di F. Isoldi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIV, 2, pp. 4, 54; E. Müntz, Les arts à la cour des papes pendant le XVe et le XVIe siècle, I, Paris 1878, pp. 132, 149-154; O. Tommasini, Il registro degli officiali del Comune di Roma esemplato dallo scribasenato Marco Guidi, Roma 1888, pp. 41 s.; S. Infessura, Diario della città di Roma, a cura di O. Tommasini, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], V, Roma 1890, p. 34; Necrologi e libri affini della provincia romana, a cura di P. Egidi, ibid., XLIV, 1, ibid. 1908, p. 439; E.S. Piccolomini, I commentarii, a cura di L. Totaro, II, Milano 1984, l. 8, p. 1534; M.A. Altieri, Li nuptiali, a cura di E. Narducci, Roma 1995, pp. 28*, 125; C.L. Frommel, Der römische Palastbau der Hochrenaissance, II, Tübingen 1973, pp. 233 s.; L. Palermo, Il porto di Roma nel XIV e XV secolo. Strutture socio-economiche e statuti, Roma 1979, pp. 237, 248, 254; G. Tomassetti, La Campagna romana antica, medioevale e moderna, a cura di L. Chiumenti - F. Bilancia, II, Firenze 1979, pp. 612, 616, 638; A. Esch, Le importazioni nella Roma del primo Rinascimento (il loro volume secondo i registri doganali degli anni 1452-1462), in Aspetti della vita economica e culturale a Roma nel Quattrocento, Roma 1981, pp. 7-79; Ch. Burroughs, A planned myth and a myth of planning: Nicholas V and Rome, in Rome in the Renaissance, the city and the myth, a cura di A. Ramsey, Binghamton, NY, 1982, pp. 202 s., 207; A. Modigliani, I Porcari. Storie di una famiglia romana tra Medioevo e Rinascimento, Roma 1994, pp. 42, 68 s., 74, 161, 387, 402; Id., «Li nobili huomini di Roma»: comportamenti economici e scelte professionali, in Roma capitale (1447-1527), a cura di S. Gensini, Pisa-San Miniato 1994, pp. 356-361; I. Ait, Tra scienza e mercato. Gli speziali a Roma nel tardo Medioevo, Roma 1996, pp. 20, 55-59, 62-66, 172, 238; O. Verdi, Maestri di edifici e di strade a Roma nel secolo XV. Fonti e problemi, Roma 1997, pp. 53 s., 108; I. Ait - M. Vaquero Piñeiro, Dai casali alla Fabbrica di S. Pietro. I Leni: uomini d’affari del Rinascimento, Roma 2000, pp. 29 s.; P.L. Tucci, Laurentius Manlius. La riscoperta dell’antica Roma. La nuova Roma di Sisto IV, Roma 2001, pp. 25 s., 212; G. Manetti, De vita ac gestis Nicolai quinti summi pontificis, a cura di A. Modigliani, Roma 2005, pp. 51 s.; V. Cafà, Palazzo Massimo alle Colonne di Baldassarre Peruzzi. Storia di una famiglia romana e del suo palazzo in rione Parione, Venezia 2007, pp. 39-41, 46, 293 s., 319 s.; I. Lori Sanfilippo, Constitutiones et reformationes del Collegio dei notai di Roma (1446). Contributo per una storia del notariato romano dal XIII al XV secolo, Roma 2007, p. 16; A. Esch, Economia, cultura materiale ed arte nella Roma del Rinascimento. Studi sui registri doganali romani (1445-1485), Roma 2007, ad ind.; P. Litta, Le famiglie celebri italiane, s.v. Massimo di Roma, tav. II.

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