Matriarcato e patriarcato

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

matriarcato e patriarcato

Margherita Zizi

Donne o uomini al potere nell’organizzazione della società

Con il termine patriarcato, che significa «potere paterno», si indica un tipo di organizzazione familiare e sociale in cui il maschio più anziano del gruppo esercita il controllo esclusivo dell’autorità domestica, pubblica e politica. Il matriarcato, o «potere materno», sarebbe stato secondo alcuni una forma di organizzazione familiare ancora più antica, in cui le posizioni di potere e predominio erano invece prerogativa delle donne

Il dibattito nell’antropologia ottocentesca

Secondo la teoria evoluzionista che dominò l’antropologia (antropologia culturale) e la sociologia del 19° secolo, nello sviluppo delle società umane si poteva rintracciare una successione di stadi, un’evoluzione da forme più semplici e primitive, nelle società arcaiche, a forme più complesse e differenziate, nelle società contemporanee. Ma quale era l’organizzazione sociale delle prime comunità umane?

Se sussisteva un accordo più o meno ampio sull’idea che i rapporti di parentela costituivano la principale forma di aggregazione delle società arcaiche, le ipotesi divergevano per quanto riguarda il modo in cui tali rapporti erano strutturati . Il campo si divise tra quanti sostenevano che la forma originaria della società era il patriarcato – un sistema familiare in cui la discendenza era calcolata per linea paterna (patrilineare) e il potere e l’autorità erano prerogativa degli uomini – e quanti sostenevano invece l’ipotesi del matriarcato, un sistema in cui la discendenza era calcolata per linea materna ed erano le donne a detenere il potere.

L’ipotesi del patriarcato

Nel 1861 il giurista e filosofo inglese Henry Sumner Maine pubblicò un’opera intitolata Diritto antico dedicata all’evoluzione dei sistemi giuridici che, a suo avviso, era la chiave per spiegare l’evoluzione delle società umane. Influenzato dagli studi sull’antichità classica greca e romana, egli sostenne che le prime società erano basate su relazioni familiari. Al pari di quella descritta nella Bibbia e nell’epica antica, la società originaria ipotizzata da Maine era di tipo patriarcale, strutturata come una famiglia estesa, cioè un gruppo domestico formato da due o più coppie che vivono sotto lo stesso tetto e in cui il patriarca, cioè il maschio più anziano, esercita un’autorità illimitata. Solo dopo un lunghissimo periodo i gruppi di parentela avrebbero lasciato il posto a un ordinamento sociale su base territoriale e a forme di autorità centralizzata.

L’opera di Maine ebbe vasta eco, e la sua ipotesi fu abbracciata da molti studiosi. In particolare Freud in Totem e tabù, apparso nel 1913, sostenne che la società umana ebbe origine da un’orda primordiale in cui dominava il padre o il maschio più anziano. Il regime patriarcale sarebbe stato rovesciato dal parricidio commesso dai figli, i quali – soverchiati dai sensi di colpa – avrebbero poi istituito una serie di divieti, tra i quali il tabù dell’incesto.

Nel dibattito successivo, in particolare con l’affermarsi del femminismo e dell’antropologia femminista, il concetto di patriarcato ha assunto un significato più generico: esso non designa più una specifica forma storica di organizzazione sociale, ma diventa sinonimo di dominio maschile in generale, che si manifesta sia pure in forme diverse in ogni contesto sociale e storico. Patriarcali in questo senso sono tutte le società in cui sussiste un monopolio maschile della sfera pubblica – diritto, economia, politica – mentre le donne sono relegate nella sfera domestica.

L’ipotesi del matriarcato

Nello stesso anno in cui apparve Diritto antico, uno studioso svizzero di diritto romano, Johann Jakob Bachofen, pervenne in Il matriarcato alla conclusione che la struttura originaria della famiglia era di tipo matriarcale. Nel succedersi delle diverse fasi storiche attraverso le quali tutti i popoli devono inevitabilmente passare nel loro cammino verso la civiltà, vi sarebbe stato un primo periodo di grande libertà sessuale (o afroditismo), in cui gli uomini, grazie alla loro superiore forza fisica, avrebbero sottomesso le donne.

Questa fase sarebbe stata superata quando le donne, dopo aver tentato invano di ribellarsi con le armi (evento di cui resterebbe una traccia, per esempio, nel mito delle Amazzoni), avrebbero costretto gli uomini ad accettare il matrimonio monogamico, vale a dire con una sola donna. Grazie a questa conquista, che le poneva al centro dell’organizzazione familiare, le donne si sarebbero quindi impossessate del potere sociale e politico, imponendo la ginecocrazia (in greco «potere femminile»). Soltanto in seguito, con il diffondersi della monogamia e con la certezza della paternità che questa implica, alla ginecocrazia sarebbe subentrato il potere patriarcale.

Altri teorici del matriarcato

Un giurista scozzese, John McLennan, arrivò nel 1866 alla stessa conclusione indipendentemente da Bachofen. Secondo la sua ipotesi le primitive bande di guerrieri, per procurarsi le donne, le avrebbero rapite ai nemici. Poiché le donne erano possedute in comune, la paternità era incerta e gli unici vincoli di consanguineità sicuri erano quelli tra madre e figli. Di conseguenza, tali società avrebbero riconosciuto solo la discendenza per linea materna. L’affermarsi del patriarcato avrebbe segnato uno stadio più avanzato di sviluppo sociale, associato alla proprietà privata e all’istituzione del matrimonio. La stessa tesi fu sostenuta tra il 1871 e il 1877 dall’antropologo Lewis Henry Morgan. Partendo dallo studio della società dei Pellirosse Irochesi, in cui le donne avevano un ruolo dominante, Morgan ipotizzò uno stadio di sviluppo ancora più antico, caratterizzato dal matrimonio collettivo di un gruppo di uomini tra loro imparentati con un gruppo di donne anch’esse unite da legami di parentela. Lo stesso riconoscimento dei legami matrilineari rappresenterebbe uno stadio di sviluppo successivo.

L’ipotesi del matriarcato fu abbracciata anche da Friedrich Engels. In L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, pubblicato nel 1884, egli collegò la nascita del patriarcato all’origine della proprietà privata, affermando che la famiglia monogamica, la proprietà privata, i rapporti di dominio e di subordinazione nascono insieme, al momento del passaggio dallo stato selvaggio alla barbarie.

L’idea del matriarcato, in particolare nell’interpretazione di Bachofen, che implicava un’opposizione tra principi e valori femminili e principi e valori maschili, ha trovato vari sostenitori tra gli studiosi di psicoanalisi. A essa si sono ispirati in particolare alcuni seguaci di Jung, secondo i quali esistono archetipi psichici – cioè contenuti universali dell’inconscio, maschili e femminili – il cui equilibrio è indispensabile per evitare un impoverimento della cultura.

Le tesi attualmente in discussione

Nel complesso, l’ipotesi del patriarcato come forma dominante di organizzazione sociale nelle prime comunità umane ha finito per prevalere tra gli antropologi e gli etnologi. L’antropologo di origine polacca Bronislaw Malinowski, studiando nei primi decenni del Novecento la struttura familiare delle popolazioni delle Isole Trobriand (Nuova Guinea), aveva osservato che in quella società, ove la discendenza era matrilineare, l’autorità sui figli non spettava al padre, bensì al fratello della madre. Tra matrilinearità e matriarcato, quindi, non vi è connessione, e le ricerche antropologiche successive avrebbero confermato che alla discendenza matrilineare corrisponde spesso, per non dire di regola, un potere maschile.

Studiando le società di cacciatori raccoglitori che conserverebbero molte caratteristiche delle comunità umane primitive, alcuni antropologi contemporanei sono pervenuti alla conclusione che esse sono organizzate in bande in cui si ha una divisione del lavoro tra i generi che sancisce il predominio maschile. Gli uomini godono di maggior prestigio sociale in quanto hanno il monopolio della caccia – considerata più importante della raccolta, compito delle donne – nonché delle funzioni di difesa e protezione del gruppo.

L’ipotesi matriarcale tuttavia non è caduta completamente nell’oblio. La tesi di uno scomparso potere femminile è stata riproposta negli anni Ottanta sulla basedi un’imponente documentazione archeologica dalla studiosa di origine lituana Marija Gimbutas. Dopo aver raccolto, classificato e analizzato all’incirca duemila manufatti preistorici, Gimbutas ha affermato che in Europa tra il 7000 e il 3500 a.C. sarebbe esistita un’organizzazione sociale precedente al patriarcato, caratterizzata dal ruolo dominante che vi avrebbero avuto le donne, come capi clan o come sacerdotesse.

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