CARNILIVARI, Matteo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CARNILIVARI (Carnalivari, Carnelivari, Carnelivariis, Carnevali), Matteo

Arnaldo Venditti

Di questo architetto, cui Noto diede i natali nella prima metà del XV sec. e che oggi e giustamente considerato il maggiore esponente del Quattrocento siciliano, sembra potersi affermare con sicurezza che, prima di trasferirsi a Palermo nel 1487 per iniziativa di Guglielmo Aiutamicristo, mercante e banchiere di origine pisana, egli avesse lavorato in altre località della Sicilia e soprattutto nella sua città natale, capoluogo di una delle tre valli in cui l'isola era stata divisa sin dalla dominazione mussulmana. Peraltro, essendo la Noto attuale, ricostruita in luogo diverso dall'antico, in seguito alla distruzione del terremoto del 1693, non è possibile verificare nelle strutture architettoniche una pur ipotizzabile fase iniziale notinese della sua attività.

Che il C. fosse noto ed influente nell'ambiente palermitano già prima di porsi al servizio dell'Aiutamicristo è attestato da un documento del 13 giugno 1486, in cui il viceré Gaspare de Spes commutava in multa la pena di cinque anni di carcere inflitta ad Antonio Carnilivari, figlio di Matteo, per intercessione di "regii familiares".

Dal1487 il C. lavora alle opere di restauro ed ampliamento del castello chiaramontano di Misilmeri, a quindici chilometri da Palermo, qui chiamato da Gugliemo Aiutamicristo, che ne aveva già iniziato il consolidamento, servendosi di maestri locali.

In occasione delle stime e misurazioni compiute ad opera ultimata, nel settembre ed ottobre 1488, allorché per il C. è proboviro Cristoforo da Como, noto maestro del tempo (autore, tra l'altro, del bel chiostro di S. Maria del Gesù a Palermo), il C. ebbe modo di conoscere ed apprezzare Nicolò Grisafi, capomaestro di talento, che egli chiamò poi a collaborare alle sue imprese in Palermo, sia quale socio, partecipe degli utili, sia quale esperto intagliatore e suo sostituto. L'assenza del C. in alcuni periodi del lavoro a Misilmeri induce a ritenere che l'architetto avesse in corso diverse opere altrove, probabilmente iniziate prima di esser chiamato dal nuovo committente. Purtroppo le miserande condizioni in cui versa il castello di Misilmeri, ridotto a pochi e insignificanti ruderi, non ci consentono la lettura della fabbrica, la cui ampiezza emerge dalla relazione documentaria dei conteggi e dei relativi compensi ai maestri e lapicidi.

Stabilitosi a Palermo alla fine del 1488, il C. assunse l'incarico della ricostruzione a fundamentis della chiesetta normanna di S. Maria della Vittoria, nel quartiere della Kalsa, presso le mura della cittadella araba. Sotto la direzione del C. lavorarono dapprima il maestro Gabriele da Como, poi Bernardo Vivilacqua (14 giugno 1490). L'attribuzione, fondata su basi documentarie, era confermata - sino al 1951 - da alcuni elementi architettonici poi perduti.

Come è emerso dai documenti pubblicati dal Rotolo, mentre si svolgevano tutti i preparativi per la costruzione del palazzo Abatellis, il 16 dic. 1489 il C. fu chiamato dal vicerè Fernando de Acuña affinché adornasse la regia Cancelleria di Palermo. Nell'atto è specificato che si è fatto venire il C. "di la terra di Noto", dove - dunque - egli doveva essere ritornato dopo i lavori di restauro del castello di Misilmeri; inoltre l'architetto è indicato come "maistro in tali dammusi et arti multo experto", ed è considerato un autentico consulente tecnico per la costruzione delle volte del palazzo, di cui purtroppo non si è ancora pervenuti alla identificazione. Dal documento, ove il C. è chiamato "dilectu regiu mastru", sembra possibile ipotizzare che fu architetto regio anche di nomina, oltre che di fatto.

Opera principale del C. è da considerarsi l'impianto del palazzo di Francesco Abatellis costruito con Nicolò Grisafi, capomastro delle fabbriche di Palermo. Ma il C., esattamente un anno dopo l'inizio dei lavori a palazzo Abatellis, nel gennaio del '91, fu costretto ad interrompere l'opera: infatti Guglielmo Aiutamicristo fece valere i suoi diritti di priorità sul maestro, al fine di commettergli la sua Domusmagna, ossia il suo palazzo urbano, che voleva ampio e splendido, ad ornamento e decoro della famiglia e della città.

Del palazzo Abatellis nel 1491era stata eseguita la fabbrica fino alla cornice marcapiano ed oltre, il portale esterno e quello sul cortile, il pianterreno con l'elegante loggiato interno. L'edificio fu compiuto con l'intervento di altri maestri e concluso nel 1495: restaurato nel 1954, è sede della Gall. naz. della Sicilia (G. Mazzariol, Opere di C. Scarpa, in L'architettura, I [1955], pp. 340 s., 354-359; A. Dillon, Restauri a Palermo, ibid., III[1957], pp. 693 s.).Evidenti sono, nel cortile, il recupero della spazialità dei patios e l'adesione ai temi fondamentali della coeva architettura spagnola, con un gusto che trova peraltro riscontro in Napoli nel cortile del palazzo di Diomede Carafa del 1466(Pane), nonché nella corte e nelle loggette esterne di Castelnuovo (Filangieri di Candida).

Da un documento dell'11 marzo 1491 il C. risulta "caput magistrum Fabrice" del palazzo Aiutamicristo, a porta di Termini (ora via Garibaldi). Ciò conferma che tutti i lavori che si andavano compiendo per la grande casa patrizia erano - sin dall'inizio - sotto la regia del C., architetto di fiducia del magnifico Guglielmo. Dal gennaio del 1494, la sua firma è sostituita nel contratti con quella del Grisafi, il che attesta (Meli) la partenza del Carnilivari. Per tutto il 1494 è il Grisafi che sovrintende alla esecuzione dell'opera, la quale fu compiuta solo in parte, rispetto al primitivo programma, e ciò sia per motivi contingenti (la morte della moglie di Guglielmo) sia per probabili difficoltà economiche insorte a seguito delle ingenti somme spese dal committente nell'acquisto di castelli e baronie feudali. La fabbrica venne definitivamente sospesa nel maggio 1501, alla morte dell'Aiutamicristo, subendo successive manipolazioni ed aggiunte nel corso del XVI secolo.

Può dunque individuarsi, come opera certa del C., oltre la distribuzione d'insieme del palazzo, il portico a due ordini di loggiati, "dove l'artista, curata la rispondenza simmetrica tra le sovrapposte arcate mediane dei portici, ad arco scemo l'inferiore, acuto il superiore, interrompe la rispondenza d'asse fra arco e arco" (Venturi). Evidente è l'analogia dell'ordine inferiore, ad arcate ribassate, con i due ordini del portico del palazzo Abatellis, sebbene qui l'architetto sembri voler sperimentare nella zona superiore - facendo ricorso alla memoria di forme assai diffuse in Sicilia - il recupero di motivi ogivali arcaicizzanti di evidente eco due e trecentesca, svevo-chiaramontana ed angioina. Rimaneggiata grossolanamente la facciata, dall'imponente massività lapidea, sussistono in essa alcune delle finestre originarie, disegnate dal C. con singolare adesione agli esemplari d'oltremare. Il Meli ha riconosciuto opera del Grisali il corpo sul lato sinistro, aggiunto alla fabbrica a partire dal 1494, con portale assai più semplice di quello che, con chiara stilizzazione naturalistica e virtuosismo costruttivo, il C. pose come prezioso ingresso al palazzo Abatellis.

Contemporaneamente alle maggiori fabbriche palermitane, il C. doveva svolgere attività anche altrove, o quanto meno fornire disegni per altre residenze patrizie: infatti un documento del 1490 (atto di "obbligazione" al maestro portulano Francesco Abatellis) attribuisce all'artista il palazzo del barone di Sant'Angelo Muxaro ad Agrigento, che è stato individuato nell'attuale casa del "piano del barone", ove due portali appaiono nettamente improntati ai moduli catalani ricorrenti nella produzione del Carnilivari.

Compiuti tali importanti lavori a Palermo, dovette tornare forse a Noto. Ma quel che è certo, dalle carte della cancelleria (Rotolo), è che il 22novembre 1494 il viceré Fernando de Acuña lo chiamò ad Augusta, perché provvedesse - nel piano di ripristino ed integrazione delle fortificazioni dell'isola contro le incursioni barbaresche - alle opere di restauro del locale castello, fornendo, in un sopralluogo di alcuni giorni, disegni e suggerimenti in sito, nella qualità di esperto di architettura militare, altro aspetto sinora non rilevato della personalità del maestro.

Alla presenza settennale del C. a Palermo (1487-1493) è stata più volte attribuita (Catandra, Cardella, Bottari) anche la chiesa di S. Maria della Catena, per la chiara analogia tra le arcate depresse del portico e delle navate ed i loggiati dei palazzi costruiti dal maestro stesso. L'attribuzione è stata di recente contestata (Meli), in base a documenti indiretti e di opinabile interpretazione, e si è avanzata la tesi che la fabbrica sia sorta dopo il 1502e compiuta intorno al 1540. Sebbene il nome del C. non appaia nei documenti relativi alla chiesa, l'attribuzione al maestro può sussistere, poiché egli avrebbe potuto iniziare la costruzione della chiesa, compiuta poi da altri, o quanto meno fornirne i disegni prima della sua morte, di cui ignoriamo la data, ma che fu certamente successiva all'anno 1500, anno in cui il C. risulta vivente in un documento della Cancelleria regia, attestante che il viceré Giovanni Lanuza aveva commutato in multa una nuova pena di sei mesi di carcere inflitta al figlio Antonio. Il C. si colloca con la sua produzione tra coloro che adottarono il nuovo linguaggio di derivazione tardogotica, proveniente dalla Catalogna, innestandolo sulla tradizione angioino-durazzesca, e definendo così quel particolare gusto quattrocentesco che caratterizza, al tempo del regno aragonese, l'architettura di numerosi centri siciliani e campani. A Napoli e nella provincia (Aversa, Nola, Capua, Sessa Aurunca, ecc.) operano in sincronia maestri sia catalani sia toscani, e anche nella Sicilia si verifica una "pacifica convivenza di elementi gotici e rinascimentali" (Meli). Ma il vero affermarsi delle forme classicistiche nell'isola avviene solo in un secondo tempo, e soprattutto in modo più circoscritto, sì da potersi affermare che la presenza di Domenico Gagini dal 1450 e di Francesco Laurana dal 1467 non trova eco sensibile tra gli architetti ivi operanti in quello scorcio di secolo. Nonostante qualche sporadica manifestazione (Antonello Gagini, primo impianto della chiesa di S. Maria di Portosalvo), il Cinquecento palermitano si mantenne ancora per circa mezzo secolo quasi del tutto gotico. Il C., come il Sagrera a Napoli, segna però la estrema evoluzione delle forme gotiche verso il nuovo gusto, che, pur senza accettare le forme desunte dall'antico, indica la crisi del linguaggio tardomedievale e l'aspirazione ad un totale rinnovamento, che soltanto il Cinquecento maturo attuerà pienamente, con un ritardo di almeno un cinquantennio rispetto agli altri centri di cultura italiani del Rinascimento.

Bibl.: R. Starrabba, Il palazzo Aiutamicristo, in Arch. stor. siciliano, II(1874), pp. 89-94; G. Di Marzo, I Gagini e la scultura in Sicilia nei secc. XV e XVI. Mem. stor. e docc., I, Palermo 1883, pp. 15-16, 23, 49 s.; II, ibid. 1884, pp. 10 s., doc. VIII; G. Filangieri diSatriano, Docc. per la storia, le arti e le industrie delle prov. napoletane, V, Napoli 1891, p. 98; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, VIII, 2, Milano 1924, pp. 105, 108 s., L. Biagi, Palermo, Bergamo 1929, pp. 87-95; R. Filangieri di Candida, Archit. e scultura catalana in Campania nel sec. XV, in Boletín de la Sociedad Castellonense de cultura, XI(1930), 3, pp. 6-14; Id., Gastelnuovo reggia angioina e aragonese di Napoli, Napoli 1934, pp. 51-106; R. Pane, Architettura del Rinascimento in Napoli, Napoli1937, pp. 106-14; E. Calandras Breve storia dell'architettura in Sicilia, Bari 1938, p. 69; S. Cardella, L'architettura di M. C., Palermo 1939; U. Redanò, M. Carnelivari, in Celebrazioni sicil., III, Urbino 1940, ad Ind.;G.Agnello, L'architettura aragonese-catalana in Siracusa, Roma 1942, ad Ind.;E.Lavagnino, Cinquanta monumenti ital. danneggiati dalla guerra, Roma 1947, pp. 74 s.; S. Bottari, La cultura figurativa in Sicilia, Messina 1954, ad Ind.;F. Meli, M. C. e l'archit. del Quattro e del Cinquecento in Palermo, Roma 1958 (documenti pp. 213 s.); R. Pane, Note su Guillermo Sagrera architetto, in Napoli nobilissima, s. 3, I (1961-62), pp. 151-162 passim;G. Alomar, Los discipulosde Guillermo Sagrera en Mallorca, Napoles y Sicilia, II, ibid., III(1963-64), pp. 128 s., 134; F. Rotolo, Nuovi documenti su M. C., in Arch. storico siciliano, s. 3, XV (1964), pp. 83-88; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 21; Encicl. Ital., IX, pp.97 s., sub voce Carnilivari.

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