CIVITALI, Matteo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

CIVITALI, Matteo

Stella Rudolph

Figlio di Giovanni, connestabile nell'esercito di Paolo Guinigi nel 1430, nacque a Lucca il 5 giugno 1436. Fu l'artista più importante del Quattrocento lucchese ed è considerato il più notevole scultore in marmo dell'epoca attivo in Toscana al di fuori di Firenze.

La famiglia, originaria di Cividale del Friuli si era trasferita a Lucca all'inizio del secolo; il C. con il fratello Bartolomeo sarà il capostipite di una importante dinastia di artisti.

Gli inizi del C. come scultore sono ancora da chiarire, anche se sembrano da ricercare nell'ambito locale delle botteghe del Pardini e del Chellini. Secondo il Paggi (ed. 1977), "fu prima barbiere et nell'età sua di quarant'anni trasse via le tesoire e i pettini et dettesi a sc'arpelar marmi...". Vasari lo diceva allievo di Iacopo della Quercia, cosa impossibile per ragioni di cronologia, ed assegnava al fiorentino Pagno Portigiani un capolavoro del C., la tomba da Noceto nel duomo di Lucca. L'ipotesi di un suo soggiorno a Firenze nel sesto decennio del sec. XV è avvalorata non solo dai caratteri della sua produzione nota, ma anche dalla sua documentata amicizia con Antonio Rossellino: la tomba Lazzari del Rossellino nella chiesa pistoiese di S. Domenico fu stimata dal C. nel 1468 e cinque anni più tardi il Rossellino fece la stima della tomba da Noceto (Ridolfi, 1843, pp. 77-80).

La tomba di Pietro da Noceto, umanista e segretario del papa Niccolò V, morto nel 1467, fu commissionata da suo figlio Nicolao (ibid.) e compiuta dal C. nel 1472.

Si tratta della prima opera documentata dello scultore e presenta gli elementi di stile e di gusto, di derivazione fiorentina, che caratterizzeranno la fitta produzione della sua maturità. La nicchia centinata e controfondata con pannelli di marmo rosso deriva dallo schema della tomba Bruni di Bernardo Rossellino; mentre il sarcofago con il defunto è modellato sull'esempio di quello della tomba del cardinale di Portogallo di Antonio Rossellino, come pure la tipologia della Madonna col Bambino nel tondo superiore. I due mezzi busti in bassorilievo, raffiguranti Pietro e Nicolao da Noceto di profilo, documentano l'abilità di ritrattista del C., pari a quella di Mino da Fiesole. Il Granucci nel 1574 ricorda di aver visto il contratto per la tomba e i modelli per essa eseguiti dal C. presso il nipote Vincenzo di Nicolao Civitali.

Dopo il 1470 Domenico Bertini, che fu insigne umanista, segretario apostolico e attivo nel governo della Repubblica lucchese, si servì del C. in una serie di lavori per il duomo, che nell'insieme costituiscono uno degli arredi ecclesiastici più completi del Quattrocento toscano, nonché una parte notevole del corpus delle opere dello scultore.

Nella sua qualità di operaio del duomo il Bertini gli commissionò nel 1473 l'altare del Sacramento. Compiuto nel 1477, il complesso venne smantellato verso il 1567 per dar luogo alla nuova sistemazione della cappella del Sacramento progettata dal nipote Vincenzo di Nicolao, il quale più tardi (1584) vi inserì, sull'altare, i due Angeli genuflessi del C. provenienti dall'altare precedente, che sono affini agli angeli di Antonio Rossellino sulla tomba del cardinale di Portogallo. La parte centrale dell'altare smembrato è stata identificata (Yriarte, 1886, pp. 123 s.) nel tempietto ottagonale, firmato, che oggi si trova nel Victoria and Albert Museum di Londra. Anche la figura a rilievo della Fede nel Museo nazionale del Bargello a Firenze, dello stesso momento stilistico, è stata collegata (Seymour, 1966) a questo altare, ciò che fa pensare che in origine il complesso avesse una composizione simile al ciborio del battistero di Volterra, eseguito da Mino da Fiesole nel 1467-68. Sempre per il duomo, fra il 1475 e il 1478 il C. attese alla nuova pavimentazione dell'interno, a quadri e rettangoli intarsiati con motivi geometrici in marmo bianco e verde, dovuta in larga parte alla sua bottega, come anche il coevo parapetto del presbiterio a specchi di marmo colorato, incorniciati con lesene, scolpiti a motivi di encarpi di frutta e mascheroni (successivamente smontato, fu ripristinato nell'Ottocento come recinto del coro). La tomba nel transetto destro del duomo, che fu commissionata dal Bertini per sé e la moglie, reca la data 1479. Essa è la più severa delle creazioni dello scultore e quasi scevra di ornati: consiste in un'alta cassa tripartita poggiante su teschi, inserita in una nicchia a centina che contiene il ritratto a rilievo del committente in profilo.

Fu forse l'amicizia col suo mecenate Bertini a stimolare nel C. interessi di natura umanistica. Così nell'ottavo decennio del secolo egli è documentato come collezionista d'antichità e stampatore di libri. Della prima attività dà cenno Antonio Ivani in una lettera a Donato Acciaiuoli, scrivendo da Lucca di un "tale scultore di marmi per nome Matteo" che aveva acquistato un Ercole in bronzo proveniente da scavo (Giornale ligustico, XII [1885], p. 346). Nel febbraio 1477il C. ebbe una concessione di facilitazioni fiscali della durata di cinque anni per poter) stabilire, assieme al fratello Bartolomeo e al fiorentino Capponedi Bartolomeo Capponi, una tipografia, la prima di Lucca. Il C. viveva in condizioni di una certa agiatezza, dovuta almeno in parte alla dote che ebbe dalla moglie Elisabetta del Gelli, che gli permise di acquistare una villa e vigneti a San Quirico in Monticello, successivamente accresciuta di edifici e frutteti secondo le sue stesse dichiarazioni (Ridolfi, 1882, pp. 340 s.; 1889, p. 218). Dal matrimonio nacquero quattro figli, dei quali Nicolao divenne scultore, e cinque figlie, tre delle quali morirono nella peste del 1480.

Fu Iacopo de' Nobili a commissionare il tempietto sepolcrale dei SS. Pellegrino e Bianco per il santuario di San Pellegrino in Alpe nella Garfagnana, eseguito dal C. fra il 1474 e il 1489. Si tratta di una costruzione a ciborio su colonne corinzie, che rinnova gli schemi delle edicole michelozziane dell'Annunziata e di S. Miniato a Firenze con l'aggiunta di elementi figurati come i due angeli reggiscudi e l'urna per i corpi dei santi, che reca la data 1475e l'effigie di S. Pellegrino, (oggi nell'abside della chiesa). Questo tipo di struttura indipendente in scala ridotta fu ulteriormente sviluppato dal C. nella sua opera di maggior respiro, la cappella del Volto Santo, isolata nella nave sinistra del duomo lucchese. Essa fu ordinata da Domenico Bertini nel 1482e nel primo contratto (Ridolfi, 1843, pp. 67-77) siparla di un edificio a pianta quadrata, che sarebbe stato analogo a quello di San Pellegrino. Tuttavia l'artista cambiò idea in un secondo contratto dello stesso anno a favore di una struttura ottagonale, sviluppando in grande la forma già adoperata per il tabernacolo del Sacramento.

La struttura è un vero e proprio microcosmo architettonico a pianta centrale, eseguito in marmo ravvivato da dorature e articolato da otto colonne corinzie all'esterno, che reggono una trabeazione ornata a rilievi e una cupola embricata policroma. Questo altare fu successivamente sostituito, assieme alle decorazioni nell'interno, durante i rimaneggiamenti compiuti da juvarra nel 1725. Contro l'arcata centrale all'esterno è posta la statua in legno policromo di S. Sebastiano, prevista nel contratto col Bertini, che deriva dal prototipo di Antonio Rossellino in S. Andrea ad Empoli; sotto la statua è la firma dell'artista e la data 1484. Per la realizzazione di questo prestigioso insieme il C. ebbe come compenso 750 ducati d'oro più una casa con orto.

Mentre attendeva alla costruzione della cappella del Volto Santo il C. eseguiva, sempre nel duomo, l'altare di S. Regolo per la cappella omonima, ordinatogli da Pietro da Noceto e compiuto nel 1484, benché rechi la data 1483.

L'altare è in forma di dossale a doppio registro, di cui quello inferiore, con le statue di tre santi in nicchie scandite da lesene, echeggia la composizione della tomba di Giovanni XXIII di Donatello e Michelozzo nel battistero fiorentino. Per il nuovo vigore e l'asprezza di modellato degli ampi panneggi e dei volti tali figure anticipano gli elementi formali che caratterizzano la fase tarda del Civitali. Nella predella sottostante vi sono tre scene con i Martiri dei santi in bassorilievo con forti sottosquadri, in una maniera analoga a quella adottata in quegli anni da Antonio Rossellino e da Benedetto da Maiano. La parte superiore del dossale è risolta con una profonda nicchia contenente la statua della Madonna col Bambino con davanti, su una mensola sporgente, un sarcofago con l'effigie di S. Regolo giacente fiancheggiato da due angeli.

Due Madonne coeve presentano affinità con quella dell'altare di S. Regolo: una allattante, detta la Madonna della tosse, proveniente da S. Ponziano e oggi nella chiesa della SS. Trinità; l'altra in rilievo, posta all'angolo esterno di S. Michele in Foro, che era stata commissionata dal Bertini in seguito alla peste del 1480. Il Vasari rammenta pure nella stessa chiesa una tavola con tre figure in marmo simile a quella di S. Regolo; essa è scomparsa, ma ne è da taluni (Ridolfi, 1882, p. 304) identificata come frammento la già citata figura della Fede al Bargello.

Molte furono le commissioni che il C. ricevette nel corso del penultimo decennio del secolo, ed è da supporre che ormai alla sua bottega fosse affidata una notevole porzione dell'esecuzione dei tipici fregi a foglie e frutta, maschere, nastri e grottesche, che fanno da contorno agli elementi figurativi delle sue opere.

Nel 148 3 gli fu ordinato. un tabernacolo, oggi scomparso, per S. Maria in Palazzo a Lucca, che fu stimato 50 ducati d'oro il 6 settembre dello stesso anno da Andrea e Giovanni da Carrara (ibid., pp. 346 s.). È pure scomparso il tabernacolo commessogli nel 1484 da Battista Bartolomei per la chiesa di S. Frediano di Sassi nella Garfagnana (ibid., pp. 352 s.). Il 25 apr. 1486 gli venne pagato un acconto di 25 fiorini per gli ornamenti che doveva eseguire in marmo "con istipiti et base e parapetto" per le ventidue cappelle nel duomo di Pisa (ibid., pp. 345 s.). Egli vi attese fino al 1488, lasciando poi l'impresa all'allievo Stagio Stagi; ciò che è rimasto di sua mano dopo i rimaneggiamenti del Cinquecento è stato identificato (Supino, 1893, pp. 422 s.) in un pannello con fregi e cimasa, con motivi di mascheroni e fogliame, oggi collocato sopra un lavabo nella sacrestia. Nel 1489 Andrea Orsucci gli ordinò l'altare del Sacramento per la chiesa di S. Frediano (Ridolfi, 1882, p. 352), oggi ridotto a battistero, di cui rimane il grande arco foderato di una cortina intagliata in marmo, idea già adottata da Antonio Rossellino per la tomba del cardinale di Portogallo.

Nel 1490 il C. firmò l'altare (e arca) di S. Romano nella chiesa omonima, commissionato dal Bertini. Dell'opera, smantellata nel Seicento, sussistono la lastra raffigurante il Santo defunto e il mezzo busto della Pietà entro nicchia murati, assieme a fregi ornamentali che provengono dallo stesso complesso, dietro l'altare maggiore della chiesa. Il 17 aprile del medesimo anno il C. fu incaricato (ibid., pp. 354 s.) di costruire un ponte sul fiume Serchio presso Moriano; il 23 apr. 1491 gli furono pagati 12 fiorini e mezzo per modelli che aveva eseguito per le fortificazioni della città di Lucca. Già nel 1484 aveva fatto testamento e dopo la morte della moglie nel 1492 ne fece un secondo che prevedeva fra l'altro il lascito di una sua statua di S. Sebastiano in terracotta, non ancora compiuta, alla chiesa di Monte San Quirico (ibid., pp. 347-352, 355-357) presso Lucca.

Il disegno del palazzo pretorio di Lucca, che è tradizionalmente attribuito al C. anche se sembra che l'esecuzione spetti al figlio Nicolao, dovrebbe risalire a questa epoca in quanto la costruzione fu deliberata nel luglio del 1492 dalla Repubblica e avviata due anni più tardi.

Nel 1494 il C. si impegnò (ibid., pp. 357 s.) ad eseguire il pulpito marmoreo, secondo un modello che aveva presentato, per il duomo di Lucca; esso fu compiuto quattro anni più tardi assieme alle due acquasantiere in marmo per la stessa chiesa, portando così a termine un ciclo di lavori per la cattedrale, durato un quarto di secolo. Nel 1495 Pietro da Vecchiano presentò agli Anziani di Pisa il C. e Francesco Marti come "pratichi di gitto" per l'esecuzione di un monumento in bronzo a Carlo VIII (ibid., p. 359) ma la proposta non ebbe seguito. Nel 1496 il C. eseguì un tabernacolo, scomparso, per la chiesa dei SS. Giovanni e Reparata (Lucca).

Le opere che meglio documentano lo svolgimento stilistico del C. nell'ultimo decennio della sua carriera sono le sei statue in marmo che eseguì a partire dal 1496 per la cappella di S. Giovanni Battista nella cattedrale di Genova.

Delle sei statue di Adamo,Eva,Elisabetta,Zaccaria,Isaia e Abacuc, le due ultime sono firmate e sono le più interessanti dal punto di vista della nuova ricerca di impostazione monumentale, tradotta nell'angolosità incisiva dei contorni e nel piglio espressionistico dei volti, che documentano la volontà di aggiornamento da parte dell'artista rispetto agli ormai vecchi modelli degli scultori fiorentini della propria generazione.

Purtroppo quello che doveva essere il capolavoro tardo del C., il gruppo di S. Giorgioche uccide il drago posto in cima ad una colonna davanti al palazzo del Comune di Sarzana, fu distrutto nel 1797. L'opera, commissionata dal Banco di S. Giorgio di quella città, fu eseguita nel 1498-1500 e dorata nel 1502, dopo la morte dell'artista. Ne esiste un disegno preparatorio che mostra come il C. in quegli anni avesse dato alla composizione del santo a cavallo una soluzione analoga a quella contemplata da Leonardo nello stesso tempo per il suo monumento a Francesco Sforza (Neri, 1875; Campori, 1877).

Nel 1498 il C. si sposò una seconda volta, con Isabetta de' Cordelari di Camaiore e si stabilì con tutta la famiglia a Carrara. L'anno seguente fu chiamato a Sarzanello per risolvere una questione sorta intorno a quella fortezza. La sua ultima opera fu la Pietà in marmo eseguita fra il 1496 e il 1501 per l'altare del Sacramento della chiesa di Lammari presso Lucca, il cui ornamento del tabernacolo e la doratura furono compiuti dopo la sua morte dai due nipoti Masseo e Vincenzo di Bartolomeo.

Il C. morì a Lucca il 12 ott. 1501 e fu seppellito nella chiesa di S. Cristoforo.

Dopo il rinnovato interesse per l'opera del C. nel secolo scorso, che culminò nella prima monografia dell'Yriarte, apparsa nel 1886, numerose attribuzioni, spesso discutibili, hanno accresciuto il catalogo delle opere documentate. Esse si possono riassumere in alcune categorie con l'avvertenza che il corpus delle sculture del C. attende ancora una moderna revisione alla luce della produzione della sua scuola. Un gruppo di Annunciate in legno policromo, riferibile ad una fase relativamente giovanile, fa capo a quella in S. Frediano a Lucca (Camaiore, Museo sacro; Lucca, S. Maria dei Servi; Mugnano, S. Michele). L'affinità con la coeva scultura senese di Neroccio e del Cozzarelli, ravvisabile in queste, è ancora più marcata in alcune altre figure lignee (S. Bernardino nella chiesa di Borgo a Mozzano; S. Niccolò da Tolentino, inS. Maria Corteorlandini a Lucca; S. Ansano nella chiesa di Monte San Quirico) per le quali un punto di riferimento è costituito dai S. Sebastiano documentati della cappella del Volto Santo e a Monte San Quirico. Alcuni mezzi busti di Cristo in Pietà, come quello nel Museo nazionale di villa Guinigi a Lucca, sono da porre in relazione con la produzione del cosiddetto "maestro delle Madonne in marmo"; in qualche fine ritratto femminile in marmo a rilievo (Museo del Bargello a Firenze; Museo di Berlino) sono ravvisabili influenze lombarde. Infatti i caratteri dell'opera del C. sono complessi e suggeriscono fonti diverse oltre al sostrato fiorentino e rosselliniano. A parte la spiccata sensibilità per l'ornato e la raffinata tecnica che l'accompagna (ciò che fece scuola), le sue figure sono spesso caratterizzate da un marcato realismo che le accosta alle soluzioni di Silvestro dell'Aquila, forse suo compagno di bottega presso i Rossellino. La tendenza verso un'interpretazione naturalistica di vari temi religiosi portò lo scultore a nuove soluzioni iconografiche, come quella del Bambino Gesù che gioca nell'acquasantiera del duomo di Lucca o la traduzione in terracotta di composizioni tipiche della coeva pittura nel gruppo del Presepe nell'I. S. Gardner Museum di Boston. In effetti il C. si mostrò tutt'altro che un epigono degli scultori fiorentini della propria generazione e riuscì a stabilire una tradizione propria che fece di Lucca, nella seconda metà del Quattrocento, un centro autonomo nello sviluppo della scultura rinascimentale in Italia.

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