GRANATA, Mauro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 58 (2002)

GRANATA, Mauro

Francesca Maria Lo Faro

Nacque a Messina nel 1804, da Antonino, appartenente a una famiglia dell'antico patriziato cittadino nota per essere proprietaria dei bagni termali di Alì, e da Rita Bernal. Come già aveva fatto con il primogenito Onofrio (n. 1799), il padre gli impose di entrare nell'Ordine benedettino cassinese seguendo le orme dello zio, Saverio Granata (1741-1817), vescovo di Agrigento e personalità di rilievo nella vita religiosa e politica della Sicilia.

Fu nel monastero cassinese di S. Placido Calonerò (Messina), polo di cultura dal quale erano usciti ben tre vescovi, che il G. compì presumibilmente gli studi. Assai formativo si rivelò per lui l'insegnamento dei letterati messinesi G. Franzone e A. Traverso; autore, quand'era ancora studente, di un testo sulla Maniera di assistere al sacrificio dell'altare (Palermo 1823), anche da sacerdote coltivò la passione per i classici curando l'antologia Catullo, Tibullo e Properzio tradotti da M. Granata (Messina 1833). Ottenne così l'ingresso nelle accademie siciliane divenendo socio della Peloritana di Messina, della Gioenia di Catania e della Zelantea di Acireale. Nello stesso tempo fu nominato "esaminatore sinodale della diocesi dell'Archimandrita".

Il 15 marzo 1836, in occasione delle solenni esequie di Maria Cristina di Savoia, moglie di Ferdinando II, il G. recitò nella chiesa dei Ss. Placido e Maddalena, inaugurata nel 1834, un'orazione funebre in cui ricordò i radicali interventi legislativi introdotti recentemente dalla monarchia borbonica. L'orazione fu pubblicata e subito commentata dalla stampa isolana (ne scrissero il Giornale di scienze, lettere, ed arti per la Sicilia di Palermo e Il Faro di Messina), che lodò la novità degli accenti con cui era trattato il tema della "pubblica felicità, che è base del civil progresso". Su suggerimento dell'abate del cenobio cassinese di Messina, P.F. Brunaccini, nel 1837 l'orazione ebbe una seconda edizione, diffusa anche fuori dall'isola.

Il risveglio degli studi danteschi registratosi in ogni parte d'Italia all'inizio dell'Ottocento indusse il G. a segnalare agli studiosi un antico codice con la Vita di Dante, Petrarca e Boccaccio, scritto da G. Manetti (1396-1459) e conservato nella biblioteca del monastero di S. Placido. Il G. tradusse accuratamente il codice messinese e lo mise a confronto con un manoscritto della Biblioteca Laurenziana di Firenze. L'intenso lavoro filologico e lo studio appassionato dell'opera di Dante consentirono al G. di redigere numerosi saggi, pubblicati a partire dal 1836, nei quali egli espresse le sue idee sulla lingua nazionale prendendo moderatamente posizione a favore del purismo.

Poco influenzato dalle più recenti voci della critica, il G. rimase sostanzialmente legato alla sensibilità di V. Monti; pur conoscendo A. Cesari, C. Botta e P. Giordani, ignorò il toscano G. Borghi, le cui lezioni all'Università di Palermo contribuirono, a metà degli anni Trenta, a dare impulso agli studi danteschi in Sicilia. Apprezzò invece, ma soltanto per taluni versi, G. Perticari e la sua interpretazione della selva dantesca come allegoria di Firenze e delle lotte intestine che avevano costretto Dante all'esilio, preferendole però alla fine una visione più tradizionale della Commedia. L'ancoraggio a un classicismo sostanziato di chiose filologiche e divagazioni estetiche lo tenne infatti distante dalla sfrenata sensibilità romantica: pertanto, il G. non enfatizzò i sentimenti ghibellini e l'idea di nazione che si riteneva sottesa all'opera dell'Alighieri, né mise mai apertamente in discussione gli ordinamenti politici vigenti.

Le interpretazioni del G., non particolarmente innovative, furono tuttavia molto apprezzate dalle autorità governative, tanto che nel 1838 egli riuscì a essere nominato professore ad interim di eloquenza nell'ateneo di Messina al posto del patriota G. La Farina, che si era compromesso per il coinvolgimento nei torbidi antiborbonici del 1837. Il 4 nov. 1838, nella sala della Biblioteca comunale, in occasione della riapertura dell'Università di Messina (tornata in attività con decreto del 29 luglio 1838, dopo la chiusura decretata nel 1678 a seguito della rivoluzione), il G. tenne un solenne discorso celebrativo dell'evento, che presentò come il frutto di un forte impegno della città all'interno di un più vasto programma di ammodernamento. Proprio questa chiave di lettura, stabilendo un nesso tra lo sviluppo della città e l'iniziativa riformatrice della monarchia, indusse l'intendente, G. De Liguoro, a far stampare l'Orazione inaugurale del G., il quale vi si diceva convinto che il rilancio dell'ateneo avrebbe recato benessere a Messina e non mancava di sottolineare quanto solido fosse il rapporto tra città e benedettini, tra accademie e università.

Nel triennio 1843-45 il G. lesse e pubblicò le prolusioni inaugurali agli anni accademici. In quella letta il 4 nov. 1844 (Discorso sul vero fine della letteratura, Messina 1845), il G. espresse le sue considerazioni filosofiche riguardo alla natura del bello e al suo legame con il vero, sollecitando infine il sovrano a farsi promotore di una seria politica culturale.

Il G. fece rapidamente carriera nell'insegnamento (fu "lettore di callilogìa e professore interino" nel 1838; titolare della cattedra di eloquenza e regio revisore nel 1845; "prior-computista e maestro di spirito" nel 1846) trovando anche un forte seguito tra gli studenti. Alla morte di Gregorio XVI il G. compose l'orazione funebre e il 27 giugno 1846 ricordò pubblicamente il vero "atleta cattolico" che aveva combattuto i nemici della S. Sede e tutti coloro che volevano diminuirne il potere.

Fratello di Paolo, sindaco di Messina, il G. prese parte a molti progetti culturali. Nel 1842 fu tra coloro che diedero vita a L'Aristocle, "periodico di amena letteratura" pubblicato per i tipi di G. Fiumara da un nucleo di giovani intellettuali, fra cui primeggiavano O. Basile, G. Arrosto, G. Gamboj, A. Aragona, F. Di Francia, G. De Natale, F. Perciabosco Aragona. Il G. fu anche redattore (insieme con G. Saccano, D. e F. Bisazza, S. Falconieri, A. Longo, L. Marzachì, V. Scarcella, G. Papardo, S. Arceri, M. Spadaro Calapi, G. Giunta, L. Pellegrino e G.R. Granata) della LanternadiMessina, un mensile fondato nel 1846 e diretto da G. Crisafulli Trimarchi, che già nel primo numero ospitò un suo intervento sul giornalismo in cui, delimitando la portata educativa della stampa ("Troppa informazione disgusta"), assegnava a essa una funzione di mera informazione sugli avvenimenti maggiori.

La chiusura dell'università, disposta dopo la rivoluzione del 1848 durante la quale il G. aveva avuto un ruolo molto marginale, lo privò dell'insegnamento. L'11 giugno 1851 fu eletto vicepresidente dell'Accademia peloritana dei Pericolanti ma, poco dopo, per una non chiara vicenda, fu costretto ad allontanarsi da Messina. Per qualche tempo visse in un cenobio di Piazza, nell'Ennese.

La ragione di tale trasferimento va forse ricercata nella manifesta e intensa attività dispiegata dal fratello del G., Onofrio, che si era attirato molti nemici come componente di una commissione di cinque abati benedettini incaricati dal papa di studiare la situazione dell'Ordine e di indicare i rimedi per correggere i disordini interni.

Il capitolo generale, tenutosi a Montecassino il 2 maggio 1852, indicò un nuovo abate per S. Placido in R. Blundo, il quale si adoperò per ottenere dalle autorità cittadine il ritorno a Messina della comunità; contemporaneamente Ferdinando II, sollecitato dal cardinale G. Cosenza, arcivescovo di Capua, riconosceva pubblicamente la condizione di privilegio goduta dalla comunità cassinese, sia come istituzione religiosa, sia per il contributo dato all'istruzione e alla cultura.

Tornato a Messina, il G. riprese le sue abituali attività di priore del cenobio e dettò l'iscrizione per il restauro del monastero di S. Placido, un luogo che ben presto divenne sede delle riunioni segrete dei patrioti. Forse estraneo a tali attività sediziose, il G. proseguì gli studi dando alle stampe un Florilegio e dizionario dantesco (Napoli 1855) che i contemporanei trovarono di grande utilità.

Negli ultimi anni di vita il G. prese a estraniarsi dal mondo e perse la lucidità necessaria per svolgere con rigore il suo incarico di "regio censore delle stampe", consentendo senza volerlo ad alcuni mazziniani di dare alle stampe pubblicazioni d'ispirazione apertamente liberale. L'abbattimento morale e la fragilità psicologica segnarono tragicamente la fine del G., che si ammalò dopo esser stato oggetto di un attentato dinamitardo, compiuto da esponenti del democratismo più a scopo intimidatorio che con la volontà di fare vittime.

L'episodio si verificò il 20 (o 21) giugno 1859 nel duomo di Messina, durante una solenne funzione in memoria di Ferdinando II: mentre recitava l'orazione funebre, il G. avvertì uno scoppio e, temendo una sollevazione popolare, sentì venire meno le sue forze; condotto nel suo monastero, vi rimase qualche tempo infermo.

Ritiratosi definitivamente nel monastero della Maddalena, il G. vi morì il 20 apr. 1861 (Archivio di Stato di Messina, Statocivile, vol. 423/A, n. 224), senza che le autorità, le istituzioni culturali, la comunità cassinese, l'università, sembrassero dare peso alla sua scomparsa.

Altri scritti: Elogio funebre nell'esequje della r.ma madre abbadessa d.m. Teresa Barone Moncada Crisafi…, Messina 1829; Orazione funebre recitata… nelle solenni esequie di s.m. Cristina di Savoja, ibid. 1836 (2a ed., ibid. 1837); Pubblicazione di un antico manoscritto che contiene la vita di Dante, in Giornale di scienze, lettere ed arti per la Sicilia, 1836, t. 54, n. 160, pp. 17-42; Vita di Francesco Petrarca secondo Giannozzo Manetti fiorentino, volgarizzata, ibid., 1837, t. 59, n. 175, pp. 36-51; Un antico manoscritto latino che contiene le vite del Dante, del Petrarca del Boccaccio ed un cenno critico sul merito di loro, Messina 1838; Confronto tra l'antico manoscritto del Manetti della Biblioteca cassinese di Messina e quello della Laurenziana di Firenze, ibid. 1847; Orazione inaugurale… nella R. Università di Messina pronunciata nell'apertura della medesima il dì 4 nov. del 1838, ibid. 1839 (ripubblicata con introduzione di A. Romano, ibid. 1993); Orationes… habitae in comitiis generalibus Congregationis Benedectino-Casinensis anno 1838, Messanae 1840; Epitalamio di Catullo volgarizzato, Messina 1843; Orazione inaugurale agli studj del 1843, ibid. 1843; Sul vero fine della letteratura. Prolusione agli studj del 1844, ibid. 1845 (estr. da Giornale del Gabinetto letterario di Messina, nn. 33 e 34); Orazione inaugurale agli studj del 1845, ibid. 1845; Per la morte del sommo pontefice Gregorio XVI. Orazione detta nel duomo di Messina il 27 giugno 1846…, Napoli 1846; Agli ottimi estensori, in La Lanterna di Messina, giornale di scienze, lettere, ed arti, I (1846), pp. 68-71; Schizzo storico della pittura in Sicilia, Messina 1850; Laudazione del cav. Antonio Crescimanno barone di Capodarso, Catania 1852; Biografia del professore sac. Giovanni Saccano, Messina 1855; Ragionamento sulla conoscenza del vero, ibid. 1858.

Fonti e Bibl.: Giorn. di scienze, lettere ed arti per la Sicilia, 1836, t. 60, n. 14, p. 287; Il Faro, 1836, t. 4, n. 1, p. 285; Almanacco reale del Regno delle Due Sicilie per l'anno bisestile 1840, Napoli, p. 518; G. Oliva, Annali della città di Messina, continuazione dell'opera di C.D. Gallo, VII, Messina 1939, ad indicem; G. Ferrazzi, Manuale dantesco, II, Bassano 1866, p. 563; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, I, Palermo 1875, pp. 448 s.; G. Galluppi, Nobiliario della città di Messina, Napoli 1877, pp. 104 s.; R. Villari, Cospirazione e rivolta, Messina 1881, p. 299; L. Natoli, Gli studi danteschi in Sicilia, Palermo 1893, pp. 39 s., 53, 107, 117, 132; A. Saitta, Accademie messinesi, Messina 1964, p. 99; R. De Cesare, La fine di un Regno, Milano 1970, p. 410; R. Composto, Giornali siciliani nella Restaurazione borbonica, Palermo 1970, p. 91; G. Martina, La situazione degli istituti religiosi in Italia…, in Chiesa e religiosità in Italia dopo l'Unità, I, Milano 1973, pp. 296 s.; A. Bonifacio, Il monastero benedettino di S. Placido Calonerò e la sua biblioteca, in Arch.stor.messinese, s. 3, XXVI-XXVII (1975-76), pp. 107, 118, 120 s., 124; L. Natoli, Storia di Sicilia, a cura di M. Ganci, Palermo 1982, p. 283; S. Calleri, Messina moderna, Soveria Mannelli 1991, p. 334; A. Romano, Università, in Messina storia e civiltà, a cura di G. Molonia, Messina 1997, p. 304; P. Preitano, Biografie cittadine, a cura di M. D'Angelo - L. Chiara, Messina 1881, pp. 32, 176; Diz.dei siciliani illustri, Palermo 1939, p. 254; L. Ferrari, Onomasticon, Milano 1947, adnomen; M. Canto, Diz. degli uomini illustri messinesi, Lodi 1991, p. 182.

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