HORKHEIMER, Max

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

HORKHEIMER, Max

Giuseppe Bedeschi

Filosofo e sociologo, nato a Stoccarda il 14 febbraio 1895, morto a Norimberga il 7 luglio 1973; dal 1930 professore di filosofia sociale all'università di Francoforte, dal 1931 direttore dell'Institut für Sozialforschung, al quale collaboravano Adorno, Marcuse, Benjamin, Grossmann, Wittfogel, Poìlock, ecc. Nel 1934 emigrò negli Stati Uniti, dove fu trasferito anche l'Institut. Nel 1949 ritornò in Germania, a Francoforte, dove riprese l'insegnamento universitario e la direzione dell'Institut. Le sue opere principali sono: Anfänge der bürgerlichen Geschichtsphilosophie (1930), Die gegenwärtige Lage der Sozialphilosophie (1931), Studien über Autorität und Familie (1936, in collab.), Traditionelle und kritische Theorie (1937), Eclipse of reason (1947), Dialektik der Aufklärung (1947, in collab. con Adorno), Zum Begriff des Menschen heute (1957), Um die Freiheit (1962), Kritische Theorie (1968).

La personalità di H., come quella di Adorno, è strettamente connessa all'attività e alle vicende dell'Institut für Sozialforschung, il quale perseguiva l'obiettivo - promuovendo ricerche individuali e collettive - di mantenere vivo un atteggiamento critico nei confronti della cultura e della scienza esistenti e di articolare una proposta politica per una riorganizzazione razionale della società. La "teoria critica" - così H. definiva la propria concezione - deve denunciare la separazione tra individuo e società, separazione che è prodotta dalla divisione del lavoro e di classe e dall'economia di scambio proprie del capitalismo. L'obiettivo da raggiungere è una società senza sfruttamento.

Lo strumento metodologico decisivo di cui H. si serve nelle sue ricerche è il concetto hegeliano-marxiano di totalità. La ricerca sociale, dice H., è "la teoria della società contemporanea come tutto". Perciò egli respinge la settorializzazione della ricerca sociale e la divisione in compartimenti stagni tipica della sociologia specializzata (economia, diritto, psicologia, ecc.). La società dev'essere studiata come un tutto unitario, che ha una sua oggettiva struttura dinamica. A questa impostazione, d'ispirazione marxista (e infatti H. contrappone la propria "teoria critica" alla "teoria tradizionale", e la definisce un materialismo portato ad autoconsapevolezza teorica), H. aggiunge un'esigenza nuova: quella di chiarire le mediazioni psichiche tra fatti economici e fatti culturali; i fattori economici sono sì primari, ma si deve chiarire la loro elaborazione o traduzione psicologica. "La psicologia - dice H. - dovrà spingersi nei fattori psichici profondi con i quali l'economia determina gli uomini: essa sarà psicologia dell'inconscio". Di qui la grande apertura di H., e della scuola di Francoforte in genere, alla psicoanalisi e alle psicologie del profondo, e la loro utilizzazione ai fini della ricerca sociale. Servendosi di questi strumenti H. ha dato non solo contributi teorici alla costruzione della metodologia di una nuova scienza sociale (che ha i suoi punti di riferimento ideali in Hegel, Marx e Freud), ma ha dato anche concrete analisi di alcuni aspetti delle società industriali più avanzate (effetti della produzione e del consumo di massa, mercificazione e standardizzazione dei rapporti umani, ecc.).

Bibl.: P. Ferrarotti, La sociologia di Adorno e Horkheimer, in De Homine, 1966, n. 19-20; G.E. Rusconi, La teoria critica della società, Bologna 1968, cap. VI; A. Schmidt, G.E. Rusconi, La Scuola di Francoforte, Bari 1972.

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