Müller, Max

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Indologo e studioso del fenomeno religioso (Dessau 1823 - Oxford 1900), figlio di Wilhelm. Fondò la cosiddetta scuola di mitologia comparata, sulle basi della comparazione linguistica. Le sue idee determinarono largamente l'indirizzo degli studi nella seconda metà del sec.19º. Tra le sue principali pubblicazioni compare  l'ancora fondamentale collezione di testi Sacred books of the East (oltre 50 voll., in tre serie, 1875-94), nella quale è compresa la sua 2a ed. del Ṛgveda (4 voll., 1890-1892).

Vita

Studiò a Lipsia, si perfezionò nella linguistica indoeuropea comparata a Berlino (dove, oltre a Bopp, seguì anche Schelling) e a Parigi (dove sentì le lezioni di E. Burnouf).

Opere e pensiero

Per M. i miti sono espressioni spontanee del pensare popolare (nel senso di un pensare «collettivo», proprio della scienza d'età romantica, con il quale M. si ricollega all'opera dei Grimm), la cui formazione, quando si tratta di divinità, si articola in due fasi essenziali. Nella prima si ha l'appercezione diretta di fenomeni naturali (naturismo), onde si costituiscono singole «figure» mitiche, che per M. sono offerte soprattutto dai fenomeni di carattere luminoso quali l'aurora, il sole, il cielo diurno, ecc. Con ciò egli si poneva implicitamente in posizione critica nei confronti sia dell'allegorismo sia dell'evemerismo, che per secoli avevano costituito i due indirizzi fondamentali dell'esegesi mitologica, e, nell'attuazione pratica del metodo di comparazione linguistica, giungeva nel piano indoeuropeo a una serie di equazioni di nomi divini che, se nel suo complesso è stata soggetta alle penetranti osservazioni della critica successiva, si è tuttavia conservata intatta nella formulazione dell'identità Iuppiter-Zeus-Diaus-Tiu quale nome d'origine comune dell'essere celeste dei Latini, dei Greci, degli Indiani e dei Germani. Nella seconda fase, quella che propriamente dà origine ai «racconti» intorno alle figure mitiche, è il linguaggio come tale a determinare automaticamente il racconto («mitologema», nel senso greco della parola) con quanto di innaturale e di estraneo possa apparire al pensiero razionale. Nel pensiero di M. l'irrazionalità dei racconti mitici è da ricondursi a deficienze connaturate all'attività linguistica, donde la concezione del mito come «malattia del linguaggio». In altri termini, la polivalenza del significato delle parole, inerente al linguaggio prima che venga fondata stabilmente la distinzione tra astratto e concreto, le collisioni semantiche di parole assonanti determinano automaticamente gli aspetti del racconto mitico al di fuori di qualsiasi forza di figurazione: per es., il mito della rigenerazione dell'umanità dai sassi lanciati da Deucalione e Pirra, si spiegherebbe con la relativa omofonia tra λᾶας «pietra» e λαοί «popoli». Nella concezione filosofico-religiosa di M. tutta la storia delle religioni è un progressivo cammino verso la religione cristiana. Tra le sue opere linguistiche e filosofiche si ricordano: The science of language (2 voll., 1861-63; trad. it. 1871); Biographies of words (1888); Chips from a German workshop (5 voll., 1889-91); Last essays (post., 1901). Tra le opere storico-religiose: Introduction to the science of religion (1873; trad. it. 1874); The origin and growth of religion (1878); Natural religion (1889); Physical religion (1891); Anthropological religion (1892); Theosophy or psychological religion (1893); Contributions to the science of mythology (2 voll., 1897); The six systems of Indian philosophy (1899).

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