MAZZONI, Guido, detto il Paganino e anche il Modanino

Enciclopedia Italiana (1934)

MAZZONI, Guido, detto il Paganino e anche il Modanino

Adolfo Venturi

Scultore, nato a Modena verso il 1450, morto ivi il 13 settembre 1518. Iniziò la vita d'artista facendo maschere, e dirigendo feste pubbliche, quella, tra le altre, in onore della duchessa Eleonora d'Aragona, sposa a Ercole I d'Este, con la rappresentazione, sulla piazza modenese, delle Forze d'Ercole. Il M., che doveva adattare le maschere agli attori delle pantomine e dei misteri religiosi, riuscì a raffigurare con la creta gli attori stessi, e dal mascheraro forse per impulso spontaneo il plastico: la smorfia della maschera talora scontorce il volto delle figure disperate intorno alla salma di Cristo. Si suppone che nel 1475 avesse eseguito per la chiesa dei minori osservanti a Busseto presso Parma le due composizioni dì Cristo morto e del Presepe, quella ancora esistente, non più la seconda, ricordata solo da una testa grinzosa e bitorzoluta nella galleria estense di Modena. Quivi, nell'antico oratorio dello Spedale della Morte, detto di San Giovanni Decollato egli iniziò nel 1477 il Sepolcro (o Pietà) dell'Ospedale, compiuto nel 1480; ne dipese le figure seguendo l'usanza di colorire le maschere, col fine di ottenere effetti illusori sugli spettatori. Venuto in fama, il plastico compose la Deposizione di Santa Maria della Rosa in Ferrara, il Presepe, ora nella cripta del duomo modenese, le Pietà della chiesa di San Giovanni in Reggio Emilia e di quella di San Lorenzo a Cremona, indicata dall'Anonimo Morelliano, tutta simile all'altra che nel 1489 l'artefice s'impegnava di eseguire per il monastero di Sant'Antonio di Castello a Venezia, oggi nota per alcuni frammenti nel museo civico di Padova. Inoltre, a Guastalla, nella chiesa maggiore, fu di recente scoperta come opera del M., una Madonna col Bambino, con notevoli impronte dell'antica policromia. Nel 1491, chiamato a Napoli alla corte aragonese, da Ferdinando I, fece il busto in bronzo del re, oggi in quel museo nazionale; e, per il duca Alfonso di Calabria, successore di Ferdinando, nel 1494, la Deposizione oggi a Monte Oliveto. Impressionato dalle realistiche figure del M., Carlo VIII, a Napoli, creò cavaliere lo scultore, e lo condusse pochi giorni dopo al suo seguito sulla via per la Francia, lieto di portare con sé i migliori operai "de toutes choses du monde". Il M., chiamato peintre et enlumineur, lavorò con Fra Giocondo nel castello d'Amboise; poi, morto Carlo VIII, operò a Tours, ove compose probabilmente il sepolcro di quel re, per Saint-Denis, distrutto alla fine del'700, in bronzo smaltato, con quattro angioli intorno alla figura sormontata di gigli d'oro, recanti sugli scudi le armi di Francia, di Sicilia e di Gerusalemme, e con le Virtù piangenti nelle nicchie della cappella funeraria. Il M. tornò in Italia nel 1507, per ritornare dopo breve tempo in Francia, al servizio di Luigi XII per cui eseguì due statue che furono riposte nel castello di Blois una del re stesso in costume da caccia, col girifalco incappucciato in pugno; l'altra equestre, scolpita in pietra, all'entrata del castello Morto nel 1515 il regale suo protettore, l'artista venne a Modena nel giugno del 1516, colmo di ricchezze e d'onori, senza la moglie Pellegrina Discalzi e senza la figlia, perdute in Francia, valenti scultrici entrambe, a quanto attesta Pomponio Gaurico.

Il M. diede alla terracotta impronte di potente realismo. Si svolse parallelamente a Nicolò dell'Arca, ma nonostante certa comune forza nel modellare, certa spietata ricerca dell'epidermide delle figure, e la viva penetrazione della forma, G. M. non è così schietto rappresentante nordico del mistero religioso; non trasportato, come Nicolò, dalla pas. sione per il movimento fiammeggiante di gotica origine, il Mazzoni parla il dialetto emiliano. Fuori dalle rappresentazioni consuete della Pietà, da lui rese con gusto di mimo plebeo, e con un senso realistico le cui origini ferraresi si celano sotto una più grossa scorza d'ingenuità provinciale, il M. serba la sua rude schiettezza e la sua forza costruttiva, come può vedersi nel busto di Ferdinando d'Aragona. Mentre Nicolò dell'Arca educato alle espressioni ornamentali del gotico, si avviava verso le raffinatezze toscane, raggiungendo, nell'Angiolo dell'Arca bolognese, una espressione di sottile spiritualità e di fragile grazia, il M., non mutevole di fantasia, rimane fedele ai caratteri della sua terra e trova la sua espressione più spontanea nella Madonna di Guastalla col robusto bambino figlio dei campi, e nel Presepe del duomo modenese, trasformato in episodio di vita quotidiana dalla servetta montanara che porta al piccolo Gesù pentolino e cucchiaio e che l'umorismo popolano ha battezzato col titolo di Suor Pappina. Così il M., di fronte all'arte aristocratica di Ferrara, appare in un atteggiamento affine a quello dei pittori Erri, suoi conterranei, e cioè di piano e semplice narratore, descrittore di costumi e di maschere fisionomiche, tranquillo operaio fondato nell'arte.

V. tavv. CXXXI e CXXXII.

Bibl.: Malmusi, Galvani, Valdrighi, Le opere di G. M. e di A. Begarelli e le pitture ecc., Modena 1823; A. Venturi, Storia dell'arte it., VI, Milano 1908, pp. 768-84 (con bibl.); id., Una Pietà di G. M. a Reggio Emilia, in L'Arte, XVII (1914); A.L. Pettorelli, G. M. da Modena plasticatore, Torino 1925; Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXIV, Lipsia 1930; G. Verga, Una Pietà di G. M. nella parrocchiale di Pal. Pignano, in Boll. d'arte, 1933, p. 7 seg.

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