Meccanismo

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Nel linguaggio scientifico, l’insieme delle modalità di svolgimento di un fenomeno complesso, descritto (anche in forma ipotetica) come riconducibile a diverse fasi o al concorso di più fattori. Nel linguaggio tecnico, il complesso delle parti che costituiscono una macchina o un congegno qualsiasi, e che sono tra loro collegate in modo da provocare determinati movimenti

Chimica

M. di reazione La descrizione, ottenuta con metodologie sperimentali e approfondimenti teorici, sia della sequenza degli stadi di una trasformazione chimica sia dei dettagli, a livello molecolare, attraverso i quali le singole reazioni hanno luogo.

Generalità

La ricerca scientifica nel settore dei m. delle reazioni organiche ha compiuto progressi tanto notevoli e significativi da giustificare l’assunzione di questa parte della chimica organica fra quelle più caratterizzanti questa disciplina. Le sintesi organiche in particolare, tramite indagini di tipo cinetico e stereochimico, sono state in larga misura chiarite dalla conoscenza dei loro m. e il vantaggio di tali studi si è esteso alla comprensione di molte reazioni enzimatiche che provvedono agli equilibri biologici naturali. Anche dal punto di vista teorico e didattico lo sviluppo di questo settore è risultato di notevole rilevanza: infatti, mentre in passato era necessario diversificare fra un elevato numero di reazioni, lo studio dei m. consente di raccordare l’interpretazione di queste a un limitato numero di casi.

Metodologie e studi

Le metodologie per lo studio dei m. delle reazioni organiche sono quelle tradizionali della chimica organica: l’analisi organica, la stereochimica dei prodotti, la cinetica per lo studio degli stati di transizione, l’indagine della distribuzione elettronica negli stati di transizione (reattività relativa), la sostituzione isotopica. Fondamentali contributi allo studio dei m. di reazione sono venuti dalle ricerche di cinetica, a partire da quelle pionieristiche degli anni 1930 di C.K. Ingold, S. Winstein e altri. Di notevole importanza sono stati gli studi sulla dipendenza della velocità di reazione dai singoli reagenti (che hanno permesso di chiarire il ruolo di ogni specie chimica nei vari stadi della reazione), dal solvente (rilevanti soprattutto per l’individuazione degli intermedi di tipo ionico come i carbocationi) e dalla struttura tridimensionale delle molecole (effetto sterico).

Altrettanto importanti sono stati gli studi sul ruolo dei catalizzatori, che non può essere compreso senza ammettere l’esistenza di più stadi consecutivi nello svolgimento di una reazione, quelli stereochimici sulle configurazioni molecolari (inversione e ritenzione delle configurazioni), che hanno soprattutto contribuito a chiarire le differenze tra m. di tipo mono- e bimolecolare, e infine i metodi spettroscopici, indispensabili per l’individuazione degli intermedi di reazione non isolabili analiticamente. Lo sviluppo e le applicazioni di tale metodologia sono stati influenzati positivamente dalle idee di H. Eyring sullo stato di transizione, la cui esistenza deve essere postulata per spiegare, anche solo qualitativamente, l’andamento di numerose reazioni.

Su basi sia teoriche sia sperimentali si può affermare che la reattività di una specie è correlata alla presenza nella molecola di orbitali elettronici vuoti nello stato di valenza, o, all’opposto, di eccessi elettronici con relative disponibilità per altre specie. I reagenti del primo tipo sono chiamati elettrofili e i secondi nucleofili: la natura del m. di reazione dipende in larga misura dalla tendenza di queste specie a riarrangiare la struttura elettronica in modo energeticamente più stabile con la formazione di nuovi legami.

Tipi di m. di reazioni organiche

Ai più comuni m. di reazioni organiche possono essere ricondotti molti dei processi di sintesi preparativa o industriale.

M. di sostituzione. - Il più diffuso è caratterizzato dallo spostamento di un gruppo nucleofilo da parte di un altro su un atomo di carbonio saturo (sostituzione nucleofila alifatica). La reazione può risentire dell’effetto di catalizzatori ma né questi né il solvente devono avere proprietà complessanti per il gruppo nucleofilo entrante. Le reazioni di sostituzione nucleofila possono essere del primo o del secondo ordine a seconda dell’ordine che regola la cinetica di reazione dello stadio più lento (➔ cinetica). In effetti, in alcune reazioni di sostituzione la velocità dipende dalla concentrazione di un solo reagente, mentre in altri casi la velocità dipende da entrambi; nella prima situazione (reazioni SN1) si ammette che nello stadio più lento della reazione sia coinvolta solo una specie che si trasforma in un intermedio in grado poi di reagire rapidamente con l’altro reagente; nel secondo caso (reazioni SN2), la reazione è concertata, in quanto lo stato di transizione è caratterizzato dalla presenza contemporanea del gruppo entrante e di quello uscente; reazioni del primo tipo sono definite perciò da un m. monomolecolare, mentre quelle del secondo da un m. bimolecolare; per lo studio del m. SN1 è stata fondamentale la teoria del carbocatione dovuta essenzialmente ai contributi di H. Meerwein, C. Ingold, F. Whitmore.

Nel caso dei reagenti elettrofili, la reazione più comune riguarda i composti insaturi coniugati e, in particolare, gli aromatici (sostituzione elettrofila aromatica) per i quali, a causa della particolare stabilità del sistema di elettroni π, prevale il m. di sostituzione (per il quale il sistema π costituisce la fonte di elettroni dei reagenti elettrofili) rispetto a quello di addizione, caratteristico di tutti gli altri composti insaturi.

M. di eliminazione. - In esso un gruppo si stacca dal substrato (che deve avere particolari caratteristiche) portandosi via una coppia di elettroni che erano impegnati in un legame; tale tipo di reazione è in genere caratterizzato da elevata reversibilità cosicché le informazioni fornite dallo stato di transizione possono essere estese alle reazioni di addizione. Al pari delle reazioni di sostituzione, anche quelle di eliminazione possono essere distinte, in base alla cinetica che le presiede, in reazioni E1 e E2.

M. di addizione al doppio legame. - Nel caso di un elettrofilo, le reazioni vengono distinte in addizione di acidi di Brönsted e di acidi di Lewis. Nel caso di un nucleofilo, importante è il caso dell’addizione alle olefine.

M. di condensazione. - Le reazioni di condensazione catalizzate da basi sono conosciute da più tempo per l’importanza ai fini della preparazione di numerosi composti organici; quelle catalizzate da acidi sono meno comuni e trovano una delle principali applicazioni nel caso di processi di disidratazione.

M. radicalico. - I radicali sono molecole e atomi con un numero dispari di elettroni di valenza e la loro formazione in una reazione comporta la rottura di un legame covalente con relativa spartizione degli elettroni. In generale si tratta di reazioni a catena con una o più reazioni iniziali per produrre i radicali, una o più reazioni di propagazione in cui si formano i prodotti, una o più reazioni terminali in cui i radicali scompaiono reagendo con altri radicali.

Tecnica

M. è il complesso di più membri collegati fra loro mediante coppie in grado di trasformare il moto, solitamente assegnato a priori, di un membro, detto membro di ingresso, nel moto diverso di un altro membro, detto membro di uscita; un m. è costituito generalmente da una catena cinematica, cioè da una catena chiusa in cui è univocamente determinato il moto relativo fra due membri contigui. Uno dei membri del m., detto telaio, è fisso e, per ogni membro mobile, la traiettoria di qualsiasi punto è unica e determinata; un m. siffatto ha pertanto un solo grado di libertà. Un m. si dice piano se, per ogni membro, le traiettorie di tutti i punti sono parallele a uno stesso piano, altrimenti si dice spaziale.

fig.

Il numero minimo delle coppie presenti in un m. è 3, delle quali almeno una superiore nei m. piani (per es., ruote dentate cilindriche, eccentrici), e almeno una elicoidale nei m. spaziali (per es., la vite differenziale costituita da due coppie elicoidali e da una prismatica; v. fig.). Nella vite differenziale, le due filettature di verso concorde hanno passo differente e a ogni giro della doppia vite a il membro b si muove rispetto a c della differenza tra i due passi p e p′).

La trasmissione di moto può avvenire per contatto diretto o tramite elementi intermediari. Il contatto diretto si attua attraverso le superfici coniugate costruite, per es., per inviluppo delle diverse posizioni in moto relativo; a tale categoria di m. appartengono le camme e le ruote dentate cilindriche. La trasmissione per intermediari è invece quella che si attua, in assenza di coppie superiori, nei sistemi articolati; tali sistemi sono classificati in: a) piani, nel qual caso gli assi delle coppie rotoidali sono tutti perpendicolari a uno stesso piano su cui giacciono anche le direzioni del moto delle coppie prismatiche; b) sferici, quando gli assi delle coppie rotoidali e le direzioni del moto delle coppie prismatiche concorrono in un punto; c) generali, quando nessuna delle condizioni precedentemente descritte si verifica.

Quando il m. è costituito da una catena non cinematica, cioè esiste almeno un accoppiamento, in cui il moto relativo è definito da più coordinate, si ha un m. a più gradi di libertà; m. di tale tipo sono: a) molti ruotismi epicicloidali, tra i quali di notevole importanza il differenziale; b) i regolatori di velocità; c) il pantografo e l’integrafo. Tutti i m. finora esaminati sono formati da elementi rigidi. Frequentemente possono essere usati elementi deformabili (molle) che, oltre ad avere la funzione di assorbimento degli urti, hanno spesso il compito di fornire la forza necessaria a mantenere in contatto membri del m. che altrimenti si distaccherebbero (coppie a chiusura di forza).

In alcuni m., in genere di piccole dimensioni (per es., gli orologi), le molle hanno la funzione di accumulare, all’atto della carica, l’energia (potenziale elastica) necessaria per il funzionamento. Nei m. possono essere inoltre presenti elementi flessibili costituiti da cinghie, catene o funi che si avvolgono su pulegge, carrucole o tamburi; possono infine essere presenti membri fluidi, utilizzati per trasmettere forze, oppure per smorzare vibrazioni.

In generale lo studio dei m. può essere condotto da un punto di vista analitico e da uno sintetico. Per analisi dei m. si intende la determinazione della legge del moto una volta assegnate le leggi a tanti membri di ingresso quanti sono i gradi di libertà del sistema. La sintesi dei m. consiste invece nel determinare, tra i m. possibili, quelli che soddisfano assegnate condizioni riguardanti il moto di alcuni elementi; quest’ultimo tipo di studio è quindi essenzialmente progettuale.

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