MEDICINA

Enciclopedia Italiana (1934)

MEDICINA

Arturo CASTIGLIONI
Alessandro MESSEA
Giangiacomo PERRANDO
Nicola LEOTTA
Adalberto PAZZINI
Raffaele CORSO
Giuseppe VIDONI

. Ogni tentativo di rimediare con le proprie forze o con l'aiuto d'altri al dolore, al danno o al pericolo causato da infermità sopravvenute per varie cause visibili o invisibili, note o ignote, rientra nell'ambito della medicina. La prima suggestione a tali tentativi nasce dall'istinto di difesa e di conservazione dell'individuo. Di questa medicina istintiva non sono infrequenti gli esempî anche fra gli animali, dei quali è noto come cerchino rimedio alla febbre nel bagno refrigerante, sappiano abilmente liberarsi dai parassiti che li tormentano e scegliere fra le piante i rimedi ai loro mali. Dall'istinto materno che tende alla protezione del proprio nato deriva l'aiuto e la protezione alla donna gravida e alla partoriente, che rappresentano forse la forma più antica di assistenza medica. Di questa medicina istintiva, dalla quale nasce assai presto una medicina empirica, troviamo tracce nelle raffigurazioni grafiche preistoriche.

Il più antico concetto sull'origine delle malattie fu certamente quello derivato per analogia dal fatto che nelle affezioni derivanti da parassiti, da animali o da altre cause esterne, si riesce facilmente a guarire il morbo allontanando la causa. Si attribuì quindi l'origine di tutte le malattie a cause esterne, anche se queste non potevano essere identificate, o a esseri misteriosi.

La medicina quindi fu empirica e magica a un tempo: cercò le cause dapprima nei fatti vicini e visibili, poi nelle cose remote e misteriose. Fu medicina empirica e magica a un tempo quella di tutti i popoli primitivi, e i medici magi osservando gli astri o i fenomeni naturali o riguardando le viscere degli animali e conoscendo per esperienza le virtù delle piante e dei rimedî più semplici, esercitando una vasta suggestione sull'individuo e sulla collettività vedono crescere a dismisura il loro potere, specialmente in tempi di epidemie o di avvenimenti catastrofici. Terapia magica suggestiva di formule, di scongiuri, di unghie e denti di animali, di ossa e ceneri dei morti, di amuleti e d'infiniti altri mezzi apotropaici. Anche la concezione animistica, secondo la quale l'anima può abbandonare temporaneamente il corpo o essere sostituita, o, essendo presente, soggiogata da un altro individuo o da un morto o da un demone, idea che certamente trae la sua origine da certe malattie, come l'isterismo e l'epilessia, durante le quali sembra veramente che uno spirito diverso sia penetrato nell'individuo, esercita un'azione notevole sullo sviluppo della medicina primitiva. La paura di quelle persecuzioni che vivi o morti possono esercitare mediante il malocchio, credenza antichissima la quale attribuisce a persone malate o malvagie l'emanazione d'influssi dannosi e produttori di malattie, determina il sorgere di difese e di cure.

Da tutta questa medicina empirica e magica - poiché si può veramente considerare che nella medicina popolare di tutti i tempi e di tutti i popoli empirismo e magia abbiano avuto un'azione preponderante - presto si viene formando un tesoro di cognizioni utili e preziose: le prescrizioni magiche e mistiche dei bagni, delle diete, degli alimenti speciali ordinati dai sacerdoti, del sonno considerato come lo stato dell'individuo nel quale esso è più facilmente accessibile all'azione dei magi, dell'influenza soporifera di certe sostanze come la mandragora, dell'immunità derivante dalle malattie già subite, la familiarità con l'uso di una quantità di rimedî provenienti dal regno animale e vegetale costituiscono il primo fondamento della medicina pratica che rapidamente si evolve. In quanto alla chirurgia dei popoli primitivi (v. chirurgia) noi sappiamo che essa già in tempi antichissimi aveva raggiunto un grado di perfezione tecnica che ci stupisce.

La prima e più antica epoca della storia della medicina e della chirurgia trova il suo parallelo e quasi il suo specchio fedele nella medicina attuale dei popoli primitivi e di essa si riscontrano tracce sicure nella medicina popolare dei nostri tempi.

Dalla medicina magica si sviluppa con l'organizzazione di classi sociali nelle quali l'esercizio della medicina è conservato come un segreto tradizionale e come manifestazione a un tempo del potere guaritore della divinità, la medicina sacerdotale. È evidente che i sacerdoti delle più antichi religoni nell'esercizio delle loro funzioni d'intermediarî e interpreti fra il potere divino e la sofferenza umana, custodi dei segreti della terra e del cielo, avocarono a sé anche l'esercizio di quello che costituì in tutti i tempi il massimo attributo della divinità: la facoltà di decidere della vita e della morte e quindi di prtivocare le malattie a titolo di punizione o di espiazione e di guarirle per dimostrare la benevolenza o il perdono.

Ma anche accanto alla medicina sacerdotale vive sempre e dovunque di vita rigogliosa la medicina empirica, la quale talvolta soverchia perfino il potere del mago e del sacerdote, mentre talaltra cresce all'ombra del misticismo.

La medicina dei popoli della Mesopotamia. - La medicina dei popoli della Mesopotamia, forse la più antica tlella quale oggi si conosca una struttura chiarameme definita, è nella pratica soprattutto sacerdotale.

Da un migliaio circa delle ventimila tavolette trovate a Quyungiq e conservate al British Museum, che costituiscono i resti della grande biblioteca di Ninive, si possono ricostruire con una certa esattezza i concetti fondamentali della medicina assiro-babilonese, secondo la quale la sede dell'intelletto è nel cuore, la sede essenziale della vita è nel sangue che ne forma l'elemento indispensabile, mentre organo centrale della circolazione è il fegato. Dall'importanza attribuita da questi come da altri popoli orientali al fegato, concezione che ritroviamo nella medicina biblica ed etrusca, deriva la parte attribuita al fegato nell'aruspicina. Dalla forma, dalla posizione, dall'irregolarità che presenta il fegato negli animali, la sorte dei quali si riteneva strettamente legata a quella degli uomini, si traevano i presagi e gli augurî. Grande importanza è attribuita altresì ai sogni che costituiscono il fondamento di questa antica medicina.

Il medico, indicato col nome di A-su, cioè "colui che conosce le acque", nome che deriva dall'importanza attribuita all'acqua in tutte le pratiche esorcistiche, è a un tempo l'uomo esperto, colui che sa spiegare i sogni, ma non è ancora provato che nell'epoca più antica di questa civiltà sia stato anche il sacerdote. La medicina era fondata su pratiche nelle quali l'acqua e il fuoco avevano una grandissima importanza: così i bagni, gl'impacchi caldi e freddi, i lavacri nel fiume, erano congiunti con riti dedicati alla divinità Ea, che si riteneva abitasse nella profondità delle acque. Altre prescrizioni sono rituali, molte appariscono razionali e dettate da una sicura esperienza. In un tempo più tardo, la medicina è affidata a una casta sacerdotale che ne possiede il monopolio. Il dio vincitore delle malattie e dominatore degli scongiuri per i Babilonesi era Marduk, nel cui nome e sotto la cui protezione si esercitavano le pratiche terapeutiche. Più tardi in Babilonia e in Assiria si va formando una casta di medici professionisti, dei quali ci sono conservati alcuni sigilli che ne indicano i titoli e le qualità: i nomi di questi medici si trovano in alcune tavolette antiche nel novero dei sacerdoti.

Il codice di Hammurabi che data circa dal 1950 a. C., contiene alcune disposizioni che riguardano il medico nella sua qualità di professionista e che sanzionano la sua responsabilità civile di fronte alla legge, fissando il compenso che gli spetta in caso di guarigione del malato e la punizione cui va soggetto se egli uccide il paziente o gli causa un grave danno.

Tutta la medicina assiro-babilonese con il suo arsenale di scongiuri, formule magiche, amuleti e azioni simboliche contiene un gruppo di cognizioni empiriche, ma perfettamente razionali; sono esattamente note nei loro sintomi e nel loro decorso molte malattie, e cure dietetiche e prescrizioni igieniche e profilattiche e operazioni chirurgiche anche importanti sono già familiari ai medici. Forse le formule e gli scongiuri rappresentano soltanto la forma nella quale medici e sacerdoti sapienti rivestivano l'esercizio della medicina, per renderla efficace con una suggestione profonda. Certo è che nell'antica Mesopotamia si comincia a studiare l'anatomia degli animali, si arricchisce la terapia medicamentosa e si evolve la diagnostica: per la prima volta l'esercizio professionale della medicina è determinato da leggi ed è codificata la responsabilità del medico.

La medicina egiziana. - Quasi contemporaneamente e parallelamente alla medicina assiro-babilonese fiorisce la medicina dei popoli che abitano nella valle del Nilo. Lo sviluppo della cultura medica in Egitto abbraccia un periodo di qualche millennio e anche le più lontane cognizioni mediche che riscontriamo nei testi antichissimi documentano certamente una storia plurimillenaria. Del resto anche in seguito al fatto che l'Egitto antico ebbe a subire varie dominazioni politiche e molteplici influenze di popoli vicini, è difficile parlare di un'evoluzione decisa della medicina egiziana. Così si spiegano fatti e idee apparentemente contrastanti.

Nella mitologia egiziana il dio speciale della medicina è Imhotep, figlio di Ptah, del quale si trovano innumerevoli statuette in bronzo. Egli fu probabilmente un re, un sacerdote anche medico vissuto all'epoca della terza dinastia. A lui furono dedicati numerosi e importanti templi e santuarî intorno ai quali poi sorsero grandi sanatorî come quello di Menfi. Ma altri re e principi ebbero fama di grandi guaritori.

Le fonti per la storia della medicina egiziana sono date da una serie di papiri medici fra i quali due sono i più importanti; il papiro Ebiers dell'università di Lipsia scritto fra il 1553-1550 a. C. e il papiro Brugsch che si trova nel Museo di Berlino attribuito al 1200 a. C. circa. Religione e magia, considerazioni astrologiche e formule di scongiuri e invocazioni magiche si trovano commiste a chiare indicazioni di operazioni chirurgiche, ad acute osservazioni diagnostiche, a prescrizioni razionali di medicamenti, a norme igieniche del tutto opportune, così che fu giustamente supposto che questi papiri medici siano la raccolta delle iscrizioni che figuravano sulle pareti del santuario di Eliopoli che era forse anche un grande sanatorio. La diagnostica era giunta presso gli Egiziani a un grado abbastanza elevato: si distinguevano varie affezioni addominali, malattie delle tonsille, degli occhi, del cuore, della milza e del fegato: si conosceva l'importanza che i parassiti hanno nell'etiologia di certe malattie. Il medico egiziano valuta le differenze del polso, conosce la palpazione e l'ispezione, come è chiaramente dimostrato da raffigurazioni plastiche e forse anche l'ascoltazione, come si può forse rilevare dalla seguente frase del papiro Ebers: "l'orecchio sente qui sotto...".

In quanto alla terapia il solo papiro Ebers contiene più di mille ricette: fra i rimedî più in uso presso gli antichi Egiziani erano il miele, la birra, il lievito, l'olio, le cipolle, l'aglio, il seme di lino, i finocchi, la mirra, l'aloe, l'oppio, ecc. La chirurgia era già abbastanza progredita, la circoncisione dei maschi e delle femmine era generalmente usata in certe epoche, e prescritta presso i sacerdoti.

La legislazione igienica esisteva sicuramente sotto forma di prescrizioni rituali: la pulizia del corpo era ordinata da norme severe, le carni di tutti gli animali dovevano essere esaminate dai sacerdoti e quelle che non possedevano le qualità richieste per il sacrificio non potevano servire nemmeno all'alimentazione. L'aborto e l'esposizione dell'infante erano proibiti con pene severissime: degna di menzione particolare è la cura dedicata all'infanzia; agli adulti era fatto obbligo di praticare esercizî fisici. L'arte cosmetica era giunta a un grande sviluppo. L'imbalsamazione veniva praticata da uomini appartenenti a una classe speciale che si dedicavano esclusivamente a questa pratica.

I medici egiziani godevano già nell'antichità fama eccellente, e Omero (Odissea, IV, 220-231) afferma che sono i migliori di tutti gli altri ed Erodoto (II, 84) e Diodoro Siculo (I, 82) ne vantano le ottime qualità. Essi costituivano una classe con attribuzioni particolari; vi erano certamente scuole mediche annesse ai grandi templi, ma del resto indipendenti, sicché si può logicamente ritenere che la medicina egiziana, sacerdotale in un primo tempo, sia poi divenuta nettamente laica. Certo una parte importante del tesoro di cognizioni e di esperienza raccolto dai medici egiziani si trasmette più tardi nella medicina ippocratica.

La medicina del popolo d'Israele. - La medicina giudaica, quale ci è nota dai libri che ci furono tramandati, è dominata interamente dal principio teocratico. La nedicina degli Ebrei riconosce nel Dio unico la fonte della salute, ma anche di tutti i mali che devono essere considerati come meritata punizione delle colpe: l'idea del demone maligno e tutte le pratiche demonologiche sono proscritte dalla legislazione biblica, ciò nondimeno però la concezione magica si mantiene viva com'è dimostrato dalle pratiche con le quali si può ottenere la cessazione di una carestia col sacrificio di persone colpevoli (II Sam., XXI,1-14), o la resurrezione di un morto (II Re, IV, 17-37), o la guarigione dalla lebbra (II Re, V, 10-14). L' importanza attríbuita al serpente quale deità infernale e demone guaritore, come apparisce chiaramente dall'episodio dei serpenti di bronzo, è un'altra prova di questo fatto. Alcune pratiche rituali, come quelle dei filatterî, sono da considerarsi derivanti da antichi riti apotropaici, così pure il sacrificio di un animale in sostituzione del colpevole o di una vittima umana.

Sembra certo che presso gli antichi Ebrei la medicina sia stata esercitata esclusivamente dai sacerdoti come interpreti della volomà di Dio; di medici professionisti non si parla nella Bibbia altro che a proposito dell'imbalsamazione del cadavere di Giacobbe, quando Giuseppe ricerca l'opera di medici imbalsamatori. Abbiamo però tracce manifeste nei libri biblici dell'esistenza di una medicina empirica e pratica che presuppone conoscenze abbastanza vaste da parte di persone che più particolarmente si occupavano della pratica medica. Le misure igieniche contro le malattie epidemiche, come la peste e la lebbra, ci dimostrano come l'idea del contagio, dei suoi pericoli, e della necessità di combatterlo mediante l'isolamento fosse nota ai popoli semiti. Una serie di prescrizioni igieniche di alta importanza deriva dal concetto dell'impurità dalla quale sono colpiti tutti coloro che sono malati o comunque si trovano in condizioni fisiologiche tali da escludere il contatto con altri. La prescrizione dei bagni ebbe nella storia religiosa e sociale del popolo ebreo una parte eminente. Ebbero importanza igienica anche le prescrizioni sugli alimenti, quantunque non si possa ritenere che siano state ispirate da un'idea profilattica. Così pure non è da ritenersi che la circoncisione sia stata dettata da concetti di difesa igienica.

La medicina del Talmūd, la quale rispecchia le concezioni e le cognizioni del popolo d'Israele nel campo medico, dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, risente l'influenza del misticismo orientale, da un lato, e della medicina greca dall'altro: la terapia è in parte pervasa da uno spirito mistico e non ha più carattere di particolare indipendenza, ma segue le vie del pensiero medico di quei popoli presso i quali gli Ebrei vissero in esilio. Rimane però fondamentale il concetto monoteistico che domina tutto lo svolgimento del pensiero medico presso gli Ebrei, secondo il quale la medicina è da considerarsi come attributo precipuo della divinità e perciò si conservano inalterate le prescrizioni sanitarie anche quando si è smarrito il loro carattere igienico.

La medicina dell'India. - La storia del pensiero medico indiano ha certe caratteristiche particolarmente interessanti. Questa medicina assume la forma di una costruzione sistematica nella quale ogni concetto patologico ha il suo posto, ogni malattia è inscritta in una determinata categoria, ogni prescrizione medica espressa fino nei più minuti particolari: i libri medici indiani costituiscono enciclopedie nelle quali si trova una documentazione preziosa di queste idee. Lo studio dell'antica medicina indiana è reso particolarmente interessante dal fatto che tutto il sistema medico antico, specialmente nella parte che riguarda la clinica, si è conservato, fino nei tempi più recenti, fedele agli antichissimi modelli. Il testo medico di Suśruta, che già nel sec. V d. C. viene citato come libro antico, è ancora sempre letto e studiato nelle scuole di medicina indiane, e i kaviraj o medici indigeni, che s'attengono rigidamente alle tradizioni, godono la piena fiducia della popolazione.

L'antica medicina indiana si occupava poco di studî anatomici essendo vietata la dissezione del cadavere; la patologia era essenzialmente umorale e si fondava sul principio secondo il quale tre umori principali, il vento, la bile e il flemma costituiscono la parte essenzialmente vitale dell'organismo, mentre le malattie derivano da rapporti anormali fra questi elementi o tra altri umori meno importanti. L'indagine medica è prescritta con grande esattezza e alla diagnosi si attribuisce la maggiore importanza. Per quanto riguarda la patologia speciale medica, la febbre (takman), chiamata il "re di tutte le malattie" e originata dall'ira del dio Siva, è descritta in varie forme e accompagnata da varî sintomi; la febbre intermittente viene distinta in cinque varie specie; la tisi è chiamata "malattia regia": essa si presenta con undici sintomi caratteristici e il medico che ci tiene alla sua buona fama non deve assumere in cura un malato la cui sicura fine sia annunciata da tre sintomi gravi: febbre, tosse e sputo di sangue. Se invece il malato ha appetito, digerisce bene e la malattia è appena al suo inizio, la guarigione è probabile.

Il medico indiano si serviva non solo dell'ispezione, della palpazione, dell'ascoltazione, ma anche dell'olfatto e del gusto per la diagnosi. L'arte della prognosi era molto progredita. La base delle prescrizioni terapeutiche era data dalla dietetica che ne era considerata il fondamento; l'armamentario terapeutico era ricchissimo, specialmente per la vasta conoscenza delle virtù curative di numerosissime piante medicinali. Era noto l'uso di clisteri, di vomitivi, di unguenti, di bagni a vapore, di inalazioni e polverizzazioni di sostanze medicinali. Il salasso, le ventose e le sanguisughe erano prescritte molto spesso. La chirurgia indiana era giunta, già nei tempi antichi, a un alto grado (v. chirurgia).

Prescrizioni igieniche severissime formano la base del culto religioso: la nutrizione principale è data dal grano e dalle leguminose; dopo ogni pasto è prescritto un abbondante lavacro; tutti gli escrementi e anche l'acqua del bagno devono essere immediatamente allontanati dalla casa; l'igiene della donna è sottoposta a prescrizioni severissime. È ordinata la cremazione dei cadaveri e sono proibiti i liquidi inebbrianti.

Si può quindi giustamente affermare che la medicina indiana da principio magica, poi sacerdotale, diviene più tardi, esercitata da pratici esperti con scarsa preparazione scientifica, nettamente empirica e che a essa si devono importanti innovazioni nel campo dell'igiene, della farmacologia e della chirurgia; oltre a ciò nella medicina indiana prende forma nel modo più deciso la terapia suggestiva con la prescrizione di esercizî fisici e spirituali che formano il fondamento di interi sistemi di pratiche religiose come quello dello Yoga.

La medicina cinese. - Di fronte alla medicina indiana molto meno importante apparisce nella storia quella cinese dominata dal concetto dei due principî antitetici Yang e Yin il cui perfetto equilibrio è necessario per la salute. L'origine della medicina cinese sarebbe dovuta al leggendario imperatore Shen-nung vissuto intorno al 2800 a. C.: l'opera più antica è il Su Wen, attribuito all'imperatore Huang-ti vissuto intorno al 2700 a. C., mentre al suo ministro Ch'i si attribuisce il Nei Ching (Libro della medicina), ora perduto. Per quanto riguarda la patologia essa è dominata dalla dottrina del polso oltremodo complicata. Il polso va esaminato in undici punti differenti e ogni polso per tre volte separatamente: la medicina cinese conta duecento specie di polsi tutti differenti, dei quali non meno di ventisei indicano la prossima morte.

La vaiolazione fu nota ai cinesi dai tempi più antichi: la crosta di una pustola di vaiolo veniva polverizzata e introdotta nel naso oppure soffiata in esso con un tubo di bambù. La parte più importante della medicina è costituita dalla farmacologia che è la più ricca di quante si conoscono; l'opera principale, il Pen-Ts'ao kang-mu di Li Shih-chen, composta nel secolo XVI, conta 52 volumi e vi sono descritti duemila medicamenti: è già noto l'uso del ferro contro l'anemia, dell'arsenico contro le malattie cutanee e la febbre intermittente e del mercurio contro la sifilide. Una cura frequentissima in Cina, che vi godette in ogni tempo e vi gode ancora grandissimo favore, è l'acupuntura, eseguita mediante gran numero di aghi d'oro, d'argento e d'acciaio in varie parti del corpo. L' influenza della medicina cinese si estese soprattutto alla Corea e attraverso la Corea al Giappone; ma mentre in Giappone già verso la fine del Cinquecento missionarî portoghesi e negozianti olandesi avevano introdotto la medicina europea, in Cina e particolarmente nelle regioni dell'interno l'antica medicina cinese rimase quasi inalterata, conservando tutto il suo ricchissimo arsenale di pratiche magiche e demonologiche, di riti complicati da infiniti particolari e di prescrizioni eseguite con fedeltà meticolosa.

La medicina greca. - Già ai tempi della civiltà minoica la medicina aveva raggiunto un notevole grado di sviluppo: i resti del palazzo di Cnosso ci rivelano la presenza di provvedimenti igienici come la conduttura d'acqua, i bagni, le latrine ecc.

La medicina dei tempi omerici, quale ci è rivelata dai canti del poeta, ha già i caratteri di una professione bene ordinata su basi sicure. Esiste una nomenclatura delle varie parti del corpo identica a quella che riscontriamo più tardi negli scritti d' Ippocrate; le descrizioni delle cure, specialmente nelle ferite, dimostrano una sicura esperienza e sembra anche di poter ritenere che l'opera del medico e del chirurgo siano già nettamente distinte: infatti Macaone e Podalirio, figli di Asclepio curano entrambi i malati, ma il primo si occupa più particolarmente delle ferite mentre di Podalirio è detto che egli aveva avuto dal padre il dono di "riconoscere ciò che non erȧ visibile all'occhio". Asclepio secondo Omero è re di Tessaglia e medico, ma non è ancora assunto all'Olimpo; Circe, Agamede e l'egizia Polidamna sono conoscitori delle arti e dei medicamenti e a quest'ultima si deve quel farmaco "nepente" che sciolto nel vino fa obliare tutti i dolori (Odissea, IV, 220). I medici vengono già indicati come professionisti che sono in pubblico servizio (Odissea, XVI, 283); la medicina dunque è un'arte a sé esercitata da uomini esperti che a essa particolarmente si dedicano e per la loro opera vengono rimunerati.

La medicina magica e mistica si manifesta soprattutto nella letteratura postomerica. Nell'Olimpo greco l'inventore dell'arte sanitaria è Apollo; Pallade Atena, identificata talvolta con Igea, è la legislatrice di tutte le prescrizioni sanitarie; il centauro Chirone viene considerato fondatore e maestro della medicina; suo allievo è Asclepio che è detto figlio di Apollo e dio della medicina. Il culto di Asclepio ha le sue origini in Tessaglia; il più antico dei luoghi di culto si trovava nel Peloponneso a Titano presso Sicione. Presto però il suo culto, del quale diviene centro il tempio di Epidauro, si diffonde rapidamente per tutta la Grecia. Egli ha l'attributo di ἰατρός "medico" e σωτήρ "salvatore": è accompagnato dal serpente, dall'onfalo, dal cane, dalla capra, dalla ventosa, dalla coppa dei medicamenti, spesso anche dal giovanetto Telesforo al quale sono più tardi attribuite virtù mediche. Nel tempio di Asclepio si compiono i maggiori miracoli: i ciechi riacquistano la vista, gli storpî, i paralitici guariscono; la guarigione avviene quasi sempre durante il sonno, mediante il contatto col dio o col serpente. Le guarigioni ottenute vengono inscritte dai pazienti grati sulle tavolette, molte delle quali sono state ritrovate. Il culto di Asclepio, introdotto in Atene appena nel 429 a. C., fu portato a Roma ove, nell'Isola Tiberina, fu eretto il primo tempio di Esculapio (v.).

Templi ad Esculapio si erigevano in regioni atte ad accogliere malati, presso una fonte di acqua purissima oppure vicino a terme o acque minerali. Intorno alla fonte e al santuario primitivo si costruirono templi magnifici, ginnasî, sanatorî.

La medicina sacerdotale ebbe una vera organizzazione e i medici dei templi continuarono nell'opera loro fino al sec. IV d. C., ancora nel 500 d. C. sopravvive il culto di Asclepio stranamente commisto con il culto di santi cristiani.

Contemporaneamente però si mantiene in Grecia, come abbiamo veduto fino dai tempi omerici, la medicina laica esercitata da medici pratici e verso il sec. VI a. C. ha inizio nelle prime scuole filosofiche la medicina scientifica.

A Crotone esisteva una scuola medica importante prima che vi giungesse Pitagora e probabilmente all'ombra di questa scuola medica ebbe il suo primo sviluppo il pitagorismo. Dalla concezione biologica dei pitagorici e dalla dottrina dell'armonia deriva l'opera di Alcmeone di Crotone, di Filolao di Taranto, e di Empedocle di Agrigento che ebbe fama di guaritore miracoloso, grande igienista e dominatore delle epidemie. Nella sua dottrina vi è il germe di idee, come quelle della sopravvivenza dei più forti e dello scambio di sostanze attraverso i pori, che si possono chiamare modernissime.

Sotto l'azione delle scuole filosofiche sorgono nell'Italia meridionale e quindi in tutto il Mediterraneo scuole mediche importanti: la più antica sembra essere stata quella di Cirene, notevole quella di Rodi, ma le più celebri furono quelle di Cnido e di Coo. Quest'ultima sorse in prossimità di un antico santuario di Asclepio che già nel secolo VI a. C. aveva fama in tutta la Grecia. Il nome di Asclepiadi veniva attribuito tanto ai sacerdoti del tempio quanto ai medici pratici. Secondo alcuni autori antichi Ippocrate avrebbe tratto l'insegnamento dalle tavolette del santuario e la scuola medica di Coo sarebbe stata in immediata relazione col tempio, ma in realtà tutte le recenti ricerche dimostrano il contrario. In tutto il Corpus Hippocraticum, che è il testo degl'insegnamenti dell'antica scuola, non si trova alcuna traccia di medicina magica né di cure miracolose né dell'intervento della divinità.

Ippocrate fu il maestro più illustre dell'antichità e come tale fu considerato già nei tempi più antichi. Gli scritti che costituiscono il Corpus Hippocraticum sono quelli ai quali è legato il nome del grande savio, quantunque provengano da autori di epoca e di scuola diversa e solo ad alcuni di essi si possa attribuire con sicurezza la paternità d'Ippocrate: questi sono non più di 17 su 53 libri: più importanti quelli degli aforismi, 2 dei 7 libri delle epidemie e il libro delle arie, delle acque e dei luoghi.

Una grande importanza fra i libri del Corpus Hippocraticum ha uno scritto che probabilmente appartiene a un periodo anteriore, ma è legato però indissolubilmente alla scuola ippocratica. Esso è il "Giuramento di Ippocrate", con il quale il medico, prima di accingersi a praticare l'arte, giura per Apollo e per tutti gli dei di compiere il suo dovere, di rispettare il suo maestro, di procedere nel miglior modo, secondo il suo miglior giudizio per curare e guarire i malati, di non impedire la concezione o il normale sviluppo del bambino nell'alvo materno, di mantenere il segreto professionale. Questo giuramento dimostra a quale altezza fosse giunto l'esercizio professionale in Grecia al tempo della scuola di Coo. Dal fatto che non vi si accenna in alcun modo a riti sacerdotali o ad aiuti divini, è evidente che i medici che prestavano questo giuramento erano laici che liberamente professavano l'arte, e la insegnavano.

Altri scritti del gruppo deontologico si occupano di precetti necessarî al medico nei suoi rapporti col paziente e riguardano la sua educazione, la sua preparazione e le forme che egli deve osservare. Essi contengono alcuni detti preziosi; così, per esempio, nel libro Intorno all'antica medicina: "Il compito del medico è di imparare tutto così esattamente da fare soltanto dei lievi errori, e io loderei molto il medico che commettesse soltanto errori piccoli. La verità assoluta non si può vedere che di rado. Alla più parte dei medici avviene come ai timonieri: anche di questi non si osserva subito se prendono una falsa rotta, quando il mare è tranquillo, ma quando scoppia una tempesta ed è chiaro che la nave si trova in cattive acque, allora ognuno capisce che con la loro ignoranza e i loro errori sono stati causa della rovina". E in un altro scritto: "Il medico che è anche filosofo è simile agli dei. Non vi è grande differenza fra la medicina e la filosofia, perché tutte le qualità del buon filosofo devono trovarsi anche nel medico: disinteresse, zelo, pudore, aspetto dignitoso, serietà, giudizio tranquillo, serenità, decisione, purezza di vita, cognizione di ciò che è utile e necessario, riprovazione delle cose malvage, animo libero da sospetti, devozione alla divinità". E infine: "Dove c'è l'amore per l'uomo c'è anche l'amore per l'arte".

La patologia ippocratica. - Secondo la concezione ippocratica il corpo è formato di quattro elementi, l'aria, la terra, l'acqua, il fuoco, ciascuno dei quali possiede una qualità particolare, cioè il freddo, l'asciutto, l'umido e il caldo e anche le singole parti dell'organismo ne traggono le loro qualità essenziali. L'unione dell'organismo umano è determinata dal pneuma, un'aria infocata che ha la sua sede nel cuore, circola attraverso i vasi sanguigni e ha il compito di comporre la giusta miscela degli umori. Questi umori sono: il sangue, il flemma, la bile gialla e la bile nera. Quando essi si trovano in un rapporto giusto di forza e di quantità la mistura è perfetta e l'uomo è sano; vi è malattia quando uno di questi principî è in quantità insufficente, o eccessiva, oppure è isolato nel corpo o non giustamente mescolato agli altri. Centro del calore è il cuore sinistro: il sangue si raccoglie nel fegato e porta al cuore sinistro il calore necessario mantenendolo costante. La patologia generale degl'ippocratici è quindi essenzialmente umorale: agli umori è rivolta tutta l'attenzione del medico. Secondo il concetto della scuola, la natura è la guaritrice per eccellenza e cerca sempre di resistere contro i fattori che alterano le giuste proporzioni e la perfetta miscela degli umori. La febbre è una forma di difesa della natura: questo concetto, che è ritornato trionfalmente nella medicina moderna, costituisce una delle affermazioni basilari della scuola di Coo. La crisi, fatto decisivo nel decorso delle malattie febbrili, è caratterizzata da un aumento delle secrezioni, dal passaggio da una forma di febbre a un'altra (metastasi), e spesso da delirî.

Gl'ippocratici conoscevano certamente la sintomatologia e il decorso di tutte le malattie che più frequentemente colpiscono gli organi della respirazione, della circolazione e della digestione. La bronchite, la polmonite, la pleurite, la tisi, che è esattamente studiata e accuratamente descritta in tutte le sue forme, le alterazioni nelle funzioni del cuore, la diarrea, la dissentetia, l'ileo sono indicati negli scritti ippocratici con molta chiarezza e con sicure norme diagnostiche; la terapia è semplice e razionale. Assai meno sicure, spesso vaghe e incerte, sono le nozioni intorno alle malattie del sistema nervoso, delle ghiandole, degli organi genitali, e in generale è scarsamente nota la patologia delle infezioni acute.

La patologia costituzionale. - Il libro Delle arie, delle acque e dei luoghi è il primo tentativo, compiuto con grande ingegno e profonda facoltà di osservazione, di mettere in relazione diretta i fatti del macrocosmo con quelli del microcosmo. La prima parte del libro è una vera e propria climatologia, che considera le malattie proprie di una regione in relazione con la sua posizione geografica e a seconda delle stagioni; la seconda, che tratta della differenza fra i popoli dell'Europa e quelli dell'Asia, costituisce il primo tentativo di mettere in nesso le cause esterne, non solo con l'origine delle malattie, ma anche con la disposizione fisica e morale degli uomini e col loro carattere. Questo libro è il fondamento della patologia costituzionale e fu pienamente valutato solo sulla fine del sec. XIX soprattutto per l'opera di Achille De Giovanni e della scuola italiana.

Gli aforismi. - Il libro classico della scuola ippocratica è quello detto degli aforismi. Da esso si rileva come la diagnostica costituisca il fondamento dell'insegnamento. Era considerato doveroso esaminare il malato molto attentamente, tenendo conto dell'aspetto esterno, della respirazione, del sudore, delle scariche, dell'urina, della temperatura; è già usata l'ascoltazione, che poi fu dimenticata per secoli e tornò in onore appena al principio dell'Ottocento. I fenomeni prognostici allarmanti sono esattamente descritti e sono quelli che ancor oggi si considerano sintomo di pericolo imminente e s'indicano col termine di facies hippocratica. Il più celebre degli aforismi è il primo: "La vita è breve, l'arte è lunga, l'occasione è fuggevole, l'esperimento fallace, il giudizio difficile". Fra quelli particolarmente degni di nota per dimostrare come la medicina ippocratica abbia avuto conoscenza di fatti la cui verità è stata dimostrata appena dalla scienza modernissima, va citato il seguente: Coloro che ammalano di febbre quartana di raro vengono colpiti da convulsioni: coloro che sono colpiti da convulsioni e poi ammalano di quartana, guariscono dalle convulsioni" (V, 70). La cura attuale della paralisi progressiva con l'infezione malarica prova la giustezza delle osservazioni degli antichi medici della scuola.

La terapia ippocratica. - "La natura è il medico delle malattie e trova essa stessa la sua via: essa è rimasta senza insegnamenti, nulla ha imparato, eppure fa il suo dovere" (Epid., VI, 5). Questo detto dimostra come tutta la terapia ippocratica sia diretta ad aiutare l'opera della natura. Grande importanza è attribuita alla dieta alla ginnastica, ai massaggi, ai bagni. Il salasso è prescritto di rado, i rimedî sono generalmente molto semplici. La chirurgia ippocratica ebbe un notevole sviluppo ed è trattata in alcuni scritti della scuola a essa particolarmente dedicati (v. chirurgia).

Le caratteristiche essenziali della medicina ippocratica sono date dalla profondità delle osservazioni e dalla solidità del ragionamento. Malgrado le scarse cognizioni di anatomia, di fisiologia e di patologia, la medicina ippocratica, fondata sull'esperienza al letto del malato e sul ragionamento filosofico, si libra a un'altezza non più superata. Dalla filosofia e dal ragionamento essa trae la concezione cosmica, universale, biologica che forma la sua base: dall'osservazione attenta del malato, l'indirizzo clinico. La patologia umorale, la patologia costituzionale e il principio della forza sanatrice della natura sono gli elementi che determinano il successo di questa scuola. La medicina è tornata all'insegnamento ippocratico in tutte le epoche di decisivo progresso, come reazione a ogni forma di dogmatismo scolastico irrigidito in un sistema. Per la prima volta nella storia si comprende la necessità di mantenere e conservare le energie dell'individuo, di ricercare le cause senza perdere di vista l'unico scopo di guarire il malato, di porre a fondamento di ogni azione la scienza e l'arte, l'esperienza e il ragionamento senza preconcetti, senza superstizioni e senza concezioni aprioristiche. Il medico esce dal santuario per esercitare l'arte sua al letto del malato: "È un errore il ritenere che una malattia sia più divina di un'altra, perché tutto è divino e tutto è umano".

La medicina postippocratica. - Dopo la decadenza della scuola ippocratica, intorno al 300 a. C., il pensiero della scuola rivive nell'epoca alessandrina soprattutto per opera di due grandi medici: Erofilo, che si dedicò particolarmente allo studio del cervello e del sistema nervoso, ed Erasistrato, fondatore della dottrina atomistica, insigne studioso di fisiologia e di patologia. La medicina si avviava verso la ricerca e gli studî che dovevano completare il sistema ippocratico e dargli il necessario fondamento anatomico e fisiologico. Sennonché gli avvenimenti che determinarono lo sfacelo e quindi la caduta del regno e i fatti politici che successivamente si svolsero ad Alessandria furono causa di una rapida decadenza della medicina alessandrina. La sola scuola che giunse a una certa importanza è quella degli empirici (v. alessandria, II, p. 310 seg.).

La medicina romana. - Gli Etruschi ebbero già nell'antichità grande rinomanza nella medicina: vi accennano Eschilo, Teofrasto ed Esiodo secondo il quale i figli della maga Circe, esperta nei farmaci, divennero principi etruschi. In un'epoca storica certa essi conoscevano già il pericolo derivante alla salute dalle acque paludose e importanti tracce di sistemi di canalizzazione ce lo dimostrano.

La medicina romana si riconnette direttamente all'antica medicina magica e popolare degli Etruschi e di altri popoli latini; nei primi tempi soltanto i sacerdoti esercitarono la pratica; certo, prima dell'arrivo dei medici greci a Roma, non esisteva un esercizio professionale vero e proprio e la medicina era considerata pertinente alle funzioni del pater familias. Catone, custode degli antichi costumi romani, fu uno dei più fieri nemici della medicina greca; Plinio (Nat. Hist., XXIX, 1) narra che egli incolpava i medici greci di tentare di avvelenare i loro malati e di ucciderli. Il primo dei medici greci che praticarono a Roma fu probabilmente Arcagato che vi giunse dal Peloponneso nel 219 a. C: e vi fece grande fortuna, ma il più illustre e quello che meritatamente ebbe maggior fama fu Asclepiade di Bitinia. Durante l'impero molti medici furono ricercati e stimati dai cesari; la scuola più in voga fu quella metodica fondata da Temisone da Laodicea, medico assai stimato ai suoi tempi, quantunque Giovenale in una delle sue satire affermi di non poter numerare i malati da lui uccisi in un autunno. Principe della scuola metodica fu considerato Sorano d'Efeso, fondatore della ginecologia e dell'ostetricia.

Il più insigne scrittore medico latino che noi conosciamo è senza dubbio Aulo Cornelio Celso, uno dei grandi enciclopedisti, la cui opera De re medica fu considerata testo classico fino al Rinascimento. Celso è fedele alla medicina ippocratica nelle sue grandi linee, ma reca anche osservazioni interessanti e degne di nota, che sembrano provenire da altre fonti.

Accanto all'opera di Celso merita di essere citata anche per l'importanza avuta nella storia della medicina quella di Caio Plinio Secondo, che fu meno versato nel campo della medicina, ma, per le sue vaste cognizioni di storia naturale e per la sua grande cultura, poté raccogliere una quantità di dati interessanti, che dànno un quadro fedele delle cognizioni mediche e in specie di quelle relative alle virtù medicinali delle piante allora note.

Frattanto cominciavano a fiorire a Roma varie scuole, e in varî campi della scienza medica si cominciava a manifestare un grande fervore di studî e di ricerche. Pedanio Dioscuride, medico insigne, raccolse in un'opera pregevolissima tutte le nozioni farmacologiche del suo tempo.

La figura più notevole della medicina greco-romana è quella di Galeno da Pergamo (sec. II d. C.), il quale fu il fondatore della medicina sistematica. Il suo concetto fondamentale, secondo il quale ogni organismo è costruito secondo un piano fissato da un ente supremo, e il corpo non è che lo strumento dell'anima, ebbe il favore della Chiesa e quindi tutto il sistema galenico venne considerato inattaccabile e fu base alla medicina scientifica fino alla fine del Seicento. In realtà si deve all'indiscussa autorità che gli fu attribuita la perpetuazione di errori fondamentali, che determinarono una stasi nell'evoluzione della medicina; egli fu però un maestro insigne e un ricercatore attentissimo, il quale aveva realmente compreso la necessità di guidare la medicina sulle vie dell'esperimento. Di fronte alla concezione biologica e cosmica d'Ippocrate, quella di Galeno apparisce piuttosto morfologica e analitica: egli è il fondatore della dottrina della patologia locale e ritenne che ogni malattia di ogni organo costituisse un fatto per sé stante. L'indirizzo galenico avrebbe certamente determinato un assai notevole progresso della medicina, se non fosse rimasto chiuso in una dottrina rigida e immutabile.

Se dunque nel campo della ricerca scientifica la medicina romana non determina un progresso notevole, nel campo dell'igiene Roma fu maestra a tutti i popoli. Già nei tempi più antichi la costruzione della Cloaca Massima, ascritta al regno di Tarquinio, rivelò un'ampia concezione di provvedimenti igienici. Si susseguirono quindi le leggi sanitarie e le disposizioni a difesa della salute pubblica. La legge Aquilia sorvegliava i medici rendendoli responsabili di ogni negligenza, la legge Cornelia puniva il medico che aveva causato la morte di un paziente e chi propinasse un beveraggio amatorio o provocasse l'aborto. Essa prescriveva altresì norme importanti di medicina legale.

Nel campo dell'igiene sociale, la costruzione dei grandi acquedotti e delle terme, i provvedimenti per la canalizzazione, la lotta contro la malaria mediante la soppressione di acquitrini superficiali o nascosti, la sorveglianza esatta degli alimenti da parte di appositi magistrati, la legislazione circa la sepoltura dei cadaveri, dimostrano come la cura della salute pubblica fosse considerata obbligo precipuo dello stato.

I medici acquistarono ben presto grande stima, e quando Giulio Cesare nel 46 accordò a tutti i medici la cittadinanza romana, l'esercizio della medicina assurse a nuova dignità. Vi furono ben presto scuole di medicina rinomatissime in tutto l'impero e verso il principio del sec. III d. C. tutto l'insegnamento medico venne riordinato. Si procedeva all'anatomia degli animali e soprattutto delle scimmie, si dedicava particolare importanza allo studio della botanica e l'insegnamento clinico aveva luogo negli ospedali, valetudinarii o nelle iatreiae, nome greco col quale veniva designato l'ambulatorio del medico; spesso gli allievi accompagnavano il maestro anche in casa del paziente, come si rileva da un famoso epigramma di Marziale (V, 9).

L'organizzazione del servizio sanitario dello stato e delle città apparve ben presto completo. Gli archiatri palatini, veri e proprî medici di corte, avevano il titolo di praesules spectabiles e compensi notevolissimi: più tardi il nome di archiatra fu conferito anche a medici illustri che non erano alla diretta dipendenza della corte, ma ai quali incombevano determinate funzioni di carattere amministrativo. Il collegio degli archiatri decideva a maggioranza intorno all'accettazione di un nuovo medico e dopo questa votazione era necessaria ancora l'approvazione degli archiatri palatini. Oltre a ciò, furono istituiti nei primi tempi dell'impero gli archiatri popolari eletti dai municipî e a cui incombeva la cura gratuita dei poveri.

La medicina militare ebbe ai tempi di Roma imperiale uno sviluppo notevole e Celso vi dedica un capitolo importante del suo libro. Ogni legione e ogni nave da guerra aveva il suo medico. I medici erano considerati immuni, cioè esenti dal combattere e dalla guardia e avevano il loro rango fra i principales, cioè fra gli ufficiali non combattenti. I medici militari godevano particolari favori e privilegi. La scoperta di tre ospedali militari romani nelle regioni danubiane ha dimostrato che anche nelle provincie si provvedeva in modo esemplare al servizio sanitario. Vi erano anche ospedali per gli schiavi, indicati col nome di valetudinaria; prestavano servizio negli ospedali gl'infermieri e assistenti (accensi, optiones valetudinarii), i frictores, gli unguentarii, che praticavano il massaggio e applicavano gli unguenti.

Di fronte ai giudizî che furono generalmente emessi dagli storici stranieri, secondo i quali la medicina romana fu essenzialmente e quasi esclusivamente medicina greca e quindi non portò alcun contributo originale al progresso della scienza, bisogna rilevare che in un primo tempo la medicina romana fu certamente improntata all'insegnamento e alle tradizioni delle scuole greche. Ma a Roma il pensiero medico si evolve rapidamente nelle regole igieniche che vengono codificate in una legislazione così perfetta da costituire anche oggi, dopo venti secoli, l'esempio di una grandezza non più raggiunta: esso ispira provvedimenti sociali ammirabili come quello dell'acqua potabile condotta in quattordici acquedotti, delle cloache, della sorveglianza degli alimenti, dell'ordinamento delle terme e dei parchi. Roma fu la grande animatrice che portò fino nei paesi più lontani con l'insegnamento e con l'esempio i dettami dell'igiene; fu la prima a creare un'organizzazione sanitaria riconoscendo alla classe medica una posizione importante nella società e nello stato, e a promuovere la medicina legale come parte importantissima nel complesso delle sue leggi. Per la prima volta nella storia lo stato affida al medico la cura e la responsabilità della salute dei cittadini.

La medicina del Medioevo. - La decadenza della medicina è contemporanea alla decadenza dell'impero romano. Gravi epidemie imperversarono in Italia nei primi secoli dell'era volgare; quattro grandi pestilenze, prima delle quali quella del 79 d. C. precedente all'eruzione del Vesuvio, fecero centinaia di migliaia di vittime. Col sorgere del cristianesimo l'adorazione di Cristo, salvatore da ogni male fisico e morale, si sostituisce nel popolo all'adorazione di Esculapio salvatore. La medicina diviene teurgica; Cristo è, nell'adorazione dei fedeli, il medico dell'anima e del corpo; il Vangelo si rivolge ai malati e frequenti vi sono le descrizioni di meravigliose guarigioni avvenute per divino intervento. Nella medicina religiosa cristiana, che combatte nettamente le pratiche e le formule magiche, la preghiera, l'imposizione delle mani, l'unzione con l'olio santo sono considerati i rimedî più importanti. L'idea cristiana impone a ogni fedele in Cristo ogni sorta di sacrifici per diminuire le sofferenze del malato: l'esempio dei primi cristiani i quali si prodigavano nella cura degl'infermi, prova mirabilmente la forza suggestiva di queste idee, dalle quali hanno origine una serie di istituzioni in favore dei vecchi e dei malati. L'esercizio della medicina pratica è considerato come un'opera di carità, ma i problemi medici e le ricerche scientifiche appaiono inutile studio. Il rinnovato fervore religioso e l'influenza delle correnti mistiche orientali accanto alla medicina religiosa più pura dànno origine a una medicina popolare che seguendo antichi e non dimenticati concetti ricorre al culto dei santi guaritori.

La medicina bizantina. - La letteratura medica dei primi secoli dopo Cristo annovera alcuni medici insigni, particolarmente nell'epoca bizȧntina. Vanno citati fra questi Antillo, Ezio d'Amida, che visse al principio del sec. VI, e Alessandro di Tralles, che godette grandissima stima a Bisanzio e a Roma e raccolse in un libro prezioso i suoi insegnamenti. L'ultimo dei grandi medici bizantini fu Paolo d'Egina che visse nella prima metà del sec. VII e si occupò particolarmente di chirurgia. In complesso, la medicina bizantina portò un contributo interessante di studî, ma in tutti i primi secoli dell'era cristiana valse il principio che gli scritti canonici devono essere considerati come autorità indiscussa, non solo nel campo della fede, ma anche in quello della scienza. La decadenza dell'impero bizantino troncò uno sviluppo che si era annunciato assai notevole, e la medicina cristiana dei primi secoli culminò in un'opera magnifica e preziosa di assistenza agl'infermi. Ai primi ospedali si aggiungono presto ospizî per i viandanti e pellegrini e lebbrosarî. All'ombra della Chiesa e dei chiostri si prepara la formazione dellȧ medicina conventuale.

La medicina degli Arabi. - Quando gli Arabi passarono i confini della loro patria e avanzarono trionfalmente alla conquista della Siria e della Persia, trovarono già sulla loro via vittoriosa scuole mediche che si erano nutrite della scienza greca e alle quali gli Arabi avevano già attinto il loro sapere. Rapidamente i fedeli dell'Islām conquistano Damasco, Cesarea e nel 643 Alessandria e ben presto il dominio dell'Islām si estende in tutto il Mediterraneo. I conquistatori si appropriano la civiltà dei vinti, i principi diventano i più fervidi protettori delle scuole, medici ebrei, che trovano buona accoglienza presso gli Arabi, traducono gli scritti di grandi autori greci e particolarmente quelli di Galeno. La passione degli Arabi per gli studî matematici, fisici e chimici dà un nuovo indirizzo alle ricerche le quali s'integrano con accurate osservazioni al letto dei malati. A Baghdād sorge una fiorente scuola di medicina, ma ben presto rivaleggiano con questa le scuole di Cordova, di Siviglia, di Toledo e di Murcia, nelle quali alla medicina è fatta grandissima parte. Sorgono biblioteche e ospedali e alcuni insigni medici portano un contributo prezioso al progresso della scienza.

In un primo periodo la medicina araba dunque è quasi esclusivamente greca e assorbe tutti gl'insegnamenti delle scuole classiche; nel periodo della sua massima fioritura, che va fra il sec. IX e l'XI, si manifesta una critica indipendente e una tendenza a nuovi esperimenti. Il più grande dei medici di questo periodo è Rhazes (Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyya' ar-Rāzī), vissuto fra l'850 e il 923. Egli fu persiano d'origine e venne considerato il principe dei medici pratici del suo tempo, visse a Baghdād e scrisse due libri importantissimi che ci sono conservati e furono studiati in tutte le scuole italiane fino alla fine del Rinascimento: il primo, intitolato al-Hāwī, conosciuto nella letteratura occidentale col nome di Il continente, nel quale si trova un riassunto di tutti gli autori greci e arabi oltre a una preziosa raccolta di osservazioni personali e di precetti-originali. L' edizione latina di questo libro fu stampata a Brescia nel 1486. Un altro celebre libro di Rhazes è il Liber medicinalis Almansoris dedicato al principe Almansor. Rhazes fu il primo a distinguere e descrivere il quadro clinico del vaiolo: egli fu un ippocratico nel vero senso della parola e il suo libro divenne una fonte importante per l'indagine storica intorno alle correnti mediche arabe. Il medico più illustre e più universalmente noto dell'Islām fu senza dubbio Avicenna. Il suo Canone, stampato per la prima volta a Napoli nel 1491, costituì per l'Oriente e più tardi anche per l'Occidente l'edificio di un dogmatismo scolastico autoritario. Esso rivela assai più la sua vasta cultura e la sua straordinaria diligenza che originalità di pensiero e di critica.

Fra i grandi medici arabi vanno nominati Averroè e l'ebreo Maimonide i cui Commentari agli aforismi di Ippocrate formarono il fondamento della letteratura igienica italiana dal 1200 al 1400.

Nel campo della farmacologia l'opera degli Arabi segna un notevole progresso. Essi introdussero nella medicina un grandissimo numero di farmaci tolti dal regno vegetale e anche molti preparati chimici; il commercio delle droghe in Oriente divenne fiorentissimo; la farmacia comincia la sua vita scientifica dagli Arabi.

Gli ospedali erano già bene organizzati; alcuni, come quello del Cairo fondato nel 1283, erano veramente esemplari; vi erano sale speciali per i malati d'occhi, per i febbricitanti, per le donne, grandi cucine, ecc.; nelle sale dei malati v'erano zampilli d'acqua e molti fiori. L'oftalmologia ebbe dai medici arabi un contributo prezioso.

Nella storia della medicina gli Arabi non segnano un'epoca decisiva né un indirizzo originale: ma a essi si deve la conservazione delle antiche tradizioni e della medicina laica quando in Occidente lo studio era divenuto monopolio degli ecclesiastici. Essi tradussero gli scritti degli antichi, perfezionarono l'osservazione clinica e accrebbero il tesoro delle osservazioni nel campo della chimica e della farmacologia. Furono sapienti e fedeli conservatori e in parte fortunati innovatori della medicina classica greca.

La medicina conventuale. - Nei primi secoli del Medioevo, anche quando parve smarrita la continuità del pensiero scientifico, la civile sapienza non s'era spenta in Italia. I nuovi dominatori barbari avevano compreso l'importanza dell'esercizio della medicina secondo la tradizione romana e ne avevano accettato le norme. La medicina viveva la sua vita all'ombra dei chiostri, e se anche vi furono durante tutto il Medioevo medici pratici insigniti dei medesimi titoli che ebbero ai tempi romani, con gli stessi diritti, pure i soli che studiarono la medicina e conservarono gli antichi insegnamenti furono i chierici. Soltanto i conventi potevano offrire asilo sicuro agli studiosi e dare la possibilità di provvedere con tranquillo animo alla cura dei malati. Nacque così la medicina monastica il cui primo centro fu nel monastero di Montecassino, fondato nel 529 da S. Benedetto di Norcia, che ebbe fama di studioso di cose mediche e di grande guaritore. Cassiodoro, che si ritirò nel chiostro, vi portò la conoscenza dell'antica letteratura classica e raccomandò ai monaci lo studio dei testi di medicina greca. A poco a poco, prima per tutta l'Italia, poi dovunque in Europa, vanno sorgendo questi monasteri benedettini accanto ai quali sono gli ospedali e si va formando una letteratura medica conventuale, della quale i libri più diffusi sono i cosiddetti Hortuli, che contengnno le descrizioni dei semplici, che venivano più frequentemente coltivati negli orti dei conventi e con i quali usualmente si preparavano le medicine. Le grandi scuole di Chartres e di Tours in Francia, di York, Winchester e Canterbury in Inghilterra, di Fulda in Germania sono i centri di questi studî medici.

Accanto a questa medicina conventuale continua pur sempre a fiorire dovunque in Europa, ma particolarmente in Italia, una medicina laica, pratica, fondata piuttosto sull'empirismo e sulle tradizioni che sulla conoscenza dei testi.

La scuola di Salerno. - La prima grande scuola di medicina laica dell'Occidente cristiano sorse a Salerno, in una baia ridente che già dagli antichi medici romani era stata considerata luogo di cura ideale. I traffici e i contatti con popoli lontani vi erano frequentissimi, le relazioni con l'Oriente non erano mai cessate. Già verso la fine del sec. VII era stato fondato dai benedettini un chiostro e vicino a esso un ospedale; ma, indipendentemente da esso, presto una scuola medica raggruppa intorno a sé studenti medici laici. La data della sua fondazione è incerta, ma noi sappiamo che al principio del 900 i medici salernitani erano ricercatissimi e gli allievi accorrevano da ogni parte ad ascoltarne le lezioni. Dieci medici costituivano il collegio ippocratico e godevano particolari privilegi; la scuola era frequentata da studenti e medici di ogni nazione, fra i quali molti ebrei.

Il primo periodo della scuola salernitana va dalla fondazione fino alla fine del sec. XI, che fu profondamente studiato da Salvatore De Renzi.

Nel primo periodo la scuola segue le tradizioni greche che si erano conservate nell'Italia meridionale: i medici più illustri di questo tempo sono Garioponto, che morì intorno al 1050, autore di un libro medico enciclopedico intitolato Passionarium, interessante anche perché vi si trovano le voci del linguaggio medico volgare; Pietro Clerico o Petroncello, autore di un libro intitolato Practica e una donna chiamata Trotula e detta mulier sapientissima, il cui libro, che tratta delle malattie delle donne, prima, durante e dopo il parto, e che è da considerarsi nella sua forma attuale come una tarda compilazione, ebbe ai suoi tempi grandissima rinomanza.

Il secondo periodo della scuola salernitana è caratterizzato dall'influenza araba, che vi penetra per opera di Costantino Africano, così chiamato da Cartagine sua patria, uomo profondamente colto, appassionato per gli studî letterarî, il quale visse prima a Salerno, poi a Montecassino ove morì nel 1087. Egli tradusse dall'arabo testi di Ippocrate e di Galeno e una quantità di altri libri di varî autori greci e arabi, i quali furono poi letti e studiati nella scuola salernitana. In questo periodo di grande fioritura che è verso la fine del sec. XII la fama della scuola si diffonde rapidamente e la letteratura medica diventa sempre più vasta. Il libro più celebre che proviene da essa, il Flos medicinae o Regimen sanitatis salernitanum, che contiene gl'insegnamenti pratici essenziali della scuola, ebbe circa 300 edizioni e fu tradotto molte volte in tutte le lingue. Secondo le varie edizioni esso reca un differente numero di versi: essi sono 362 nell'edizione di Arnaldo da Villanova stampata nel 1553; ma se a questi si aggiungono i versi contenuti in varî manoscritti e in parte pubblicati in altre edizioni, si arriva a contarne più di un migliaio. Citiamo i primi versi di questo celebre poema nei quali è contenuta la dedica a un re d'Inghilterra che non fu possibile identificare:

Anglorum Regi scribit schola tota Salerni

Si vis incolumem, si vis te reddere sanum

Curas tolle graves, irasci crede prophanum.

Parce mero, coenato parum non sit tibi vanum

Surgere post epulas, somnum fuge meridianum.

Oltre a questo celebre libro, un altro testo salernitano ebbe gran fama ai suoi tempi: De aegritudinum curatione, in cui si tratta della dottrina delle febbri e della cura di tutte le malattie; la terapia consiste quasi esclusivamente nella dieta e nel salasso. L'anatomia fu certamente studiata a Salerno e dissezioni di animali e soprattutto del maiale e della scimmia furono eseguite sistematicamente e una serie di testi anatomici dimostra come docenti e allievi incominciassero a comprendere il valore di tali studî.

La chirurgia ebbe nell'insegnamento salernitano una grande importanza e i libri di Ruggero Frugardo e quello chiamato dei quattro maestri furono considerati fino al Rinascimento come classici (v. chirurgia).

Appartengono alla scuola di Salerno molti medici ebrei, due fra i quali, Benvenuto Grafeo, che fu il più celebre oculista del Medioevo, e Isacco Giudeo, che scrisse un testo di uroscopia ed ebbe grande fama, furono i più conosciuti. Alla scuola di Salerno appartiene anche un grande medico francese, Pierre Gilles de Corbeil (Petrus Aegidius Corboliensis), vissuto intorno al 1180, che fu più tardi a Montpellier e a Parigi e cantò in un poema didascalico in esametri latini la gloria della scuola salernitana.

Verso la fine del sec. XIII comincia la decadenza della scuola, per quanto Federico II e più tardi Carlo d'Angiò ne proteggano e ne riordinino l'insegnamento. Le prime università richiamano così i maestri più insigni come gli studenti e diventano il centro degli studî medici. Cosiderando però l'opera della scuola salernitana nel suo complesso, si può sicuramente affermare che essa rappresenta il primo esempio di una scuola laica purfettamente ordinata, nella quale uomini di tutte le nazioni e di tutte le religioni attendono in comune al lavoro scientifico e pratico, e nella quale le donne sono ammesse allo studio e all'insegnamento. A Salerno viene introdotto, probabilmente per la prima volta, il titolo di magister e s'inizia un'organizzazione sistematica degli studî medici.

La scuola salernitana conserva la concezione della medicina ippocratica e l'esercizio della pratica medica nelle mani dei laici; la chirurgia vi ha già una parte importantissima e l'insegnamento è nettamente clinico nei suoi principî e nel suo indirizzo.

La medicina negli ultimi secoli del Medioevo. - Al principio del sec. XIII sorgono in Italia le prime università, che hanno origine probabilmente dalle antiche scuole latine conservatesi dopo la decadenza dell'impero. Da principio nell'insegnamento universitario non si dava grande importanza alla medicina, o per lo meno essa non veniva considerata come staccata dalla filosofia; a Bologna appena nel 1295 i medici ottennero di nominare un loro rettore indipendente. L'insegnamento medico si teneva in luoghi assai modesti; a Bologna nella casa del maestro gli scolari sedevano in terra sulla paglia, a Parigi si teneva lezione nelle strade stesse nelle quali erano i postriboli, come viene affermato da cronisti del tempo. Tra le università italiane, a seconda dei maestri che vi insegnavano e della libertà che essi vi godevano e soprattutto a seconda della severità con cui veniva esercitato il controllo sull'insegnamento da parte dell'autorità ecclesiastica, si manifestarono ben presto varie tendenze. Mentre in alcune università sotto l'azione della Chiesa la scelta dei testi si cristallizza nelle rigide forme della scolastica, in altre invece prevalgono le tendenze laiche e più spiccatamente si manifesta il distacco dal dogmatismo nell'epoca nella quale penetrano in Italia le prime traduzioni degli scrittori arabi, Avicenna, Averroè, Rhazes e Maimonide. Mentre il mondo latino si accinge alle Crociate, esso riceve dalla Spagna araba testi ignorati di Aristotele e di Tolomeo, d'Ippocrate e di Galeno. Dall'Oriente giunge un soffio ardente di battaglia, il primo attacco all'edificio della scienza aprioristica giunge nei libri di medicina attraverso Ippocrate e gli altri greci ritradotti e attraverso i testi di Averroè, medico e filosofo, insigne commentatore di Aristotele.

Padova ebbe presto il nome di università averroista e quasi eretica, perché vi insegnava Pietro d'Abano (1250-1316), che fu uno dei più insigni maestri del suo tempo e dei più perseguitati dall'Inquisizione. Egli possedeva vaste cognizioni letterarie e scientifiche, si era recato a Costantinopoli per studiarvi il greco e poter leggere Galeno e Aristotele nel testo originale. Pietro d'Abano tentò di risolvere in un trattato teorico e pratico le contraddizioni che insorgevano fra la medicina degli autori arabi e la filosofia speculativa. Il suo libro Conciliator controversiarum quae inter philosophos et medicos versantur tenta di risolvere secondo i sistemi dell'antica dialettica tutti i problemi della medicina. Ma attraverso a queste discussioni filosofiche traspare l'acuta facoltà di osservazione di un uomo geniale. Il suo maestro in medicina è Avicenna, la patologia è essenzialmente umorale, i consigli terapeutici, semplici e piani, rivelano il medico alieno da prescrizioni complesse e ciarlatanesche. Pietro d'Abano fu un medico illustre consultato da papi e da principi, le sue lezioni a Padova erano sempre affollate. Nel 1315, un anno prima della sua morte, l'Inquisizione istruì il processo contro di lui per affermazioni contenute nei suoi scritti e ritenute contrarie ai dogmi della Chiesa cattolica. Nel 1316 ebbe luogo la sua condanna al rogo, ma, essendo egli già morto, la sentenza venne eseguita in effigie.

Alla storia dello Studio padovano in quel secolo appartengono altri maestri illustri come Gentile da Foligno, Giovanni dei Dondi, Galeazzo di Santa Sofia.

Mentre la scuola di Padova tendeva a liberarsi dal giogo della scolastica, l'università di Bologna fu invece la sede degli studi profondi e accurati degli antichi testi e sotto il controllo vigile dell'autorità ecclesiastica essa si mantenne fedele al dogmatismo scolastico. Fra i grandi maestri della scuola bolognese merita di essere nominato Taddeo Alderotti, nato a Firenze nel 1223, che fu insegnante a Bologna dal 1260; ripetutamente citato da Dante, ebbe fama d'essere il più illustre maestro e medico pratico dei suoi tempi; fedele ippocratista, fu traduttore di Aristotele, e nell'esercizio professionale si attenne fedelmente alle tradizioni della scuola salernitana. Il libro dell'Alderotti Della conservazione della salute è uno dei più antichi testi d'igiene individuale che ci siano conservati. L'autore raccomanda caldamente la ginnastica dei muscoli mediante frequenti esercizî quotidiani e afferma la necessità della cura della bocca e dei denti, dei lavacri del corpo e del controllo igienico costante degli allievi nelle scuole.

La fama di Bologna è dovuta anche ai grandi progressi nel campo della chirurgia, dovuti a due insigni medici della famiglia lucchese dei Borgognoni, Ugo e Teodorico.

Ma la più grande gloria della scuola di Bologna è quella di aver dato inizio a nuovi studî nel campo anatomico, mentre fino a quell'epoca l'anatomia veniva insegnata nelle scuole quasi esclusivamente sul testo di Galeno, considerato libro canonico che non era lecito discutere. Eran0 rarissime le dissezioni anatomiche, che venivano praticate quasi esclusivamente sugli animali e non da un medico, ma da un chirurgo o da un famulo. A Bologna invece per opera di Mondino de' Luzzi si cominciarono a praticare regolarmente le dissezioni (v. anatomia).

Verso la metà del sec. XIV, epoca nella quale la medicina italiana si avvia verso la rinascita, un avvenimento che ha le più gravi conseguenze per lo sviluppo della civiltà in Italia e in tutta Europa esercita una grande influenza sul progresso della medicina dandole molte nuove esperienze e imponendo la necessità di vasti provvedimenti di difesa; vogliamo dire l'epidemia di peste bubbonica, conosciuta sotto il nome di "peste nera" che devastò tutta l'Europa. La peste si diffuse in Italia nel 1347-48; la prima descrizione dell'epidemia in Italia si deve al monaco francescanoMichele di Piazza che scrisse una Storia della Sicilia dal 1337 al 1361. Fu questa la peste descritta dal Boccaccio nel Decameron; Firenze perdette nella primavera del 1348 più di centomila abitanti. Numerose sono le prescrizioni del contagio e delle città devastate e presto fiorisce una grande letteratura sulla peste e sui modi di combatterla. Centinaia di consigli medici furono scritti in Italia dai medici più illustri ai principi, ai comuni, ai cittadini; uno fra i più celebri è quello del medico fiorentino Tommaso del Garbo, morto nel 1360.

I rimedî prescritti in quel tempo contro la peste erano soprattutto il salasso, i purganti e gli elettuarî. I bubboni venivano fatti maturare con empiastri di fichi e di pistacchi, poi venivano aperti e curati. Il medico, che portava delle vesti che tutto lo ricoprivano e lunghi guanti, doveva tenere al naso una spugna imbevuta di aceto nel quale era stata sciolta polvere di garofano o di cannella. Era prescritto di camminare lentamente per non respirare nella stanza del malato più aria di quanto fosse necessario e si consigliava altresì di aprire spesso porte e finestre di giorno e di notte.

Presto in Italia si cominciò a comprendere la necessità di misure igieniche per tener lontano il morbo. Già nel 1347 Firenze e Milano avevano proibito per legge l'ingresso in città ai malati o sospetti di peste; nel 1374 Venezia vietò l'accesso nella città anche alle merci provenienti dai luoghi infetti. Ragusa in Dalmazia stabilì nel 1377 un punto d'approdo lontano dalla città, nel quale tutti coloro che erano sospetti di essere malati dovevano passare un mese all'aria e al sole in perfetto isolamento. E poiché presto si dimostra che il termine di trenta giorni non è sufficiente, si stabilisce un periodo di quaranta giorni. Verso la fine del sec. XIII Venezia crea un'intera e completa legislazione sanitaria istituendo un Magistrato della sanità con ampi poteri. Queste misure furono il principio di tutta la moderna legislazione sanitaria.

La letteratura igienica comincia da quest'epoca: i primi testi d'igiene italiani sono consigli diretti ai principi e il più celebre è quello di maestro Aldovrandino da Siena, scritto in francese e dedicato alla contessa di Provenza, madre della regina di Francia e della regina d'Inghilterra. Un altro celebre libro d'igiene, scritto in volgare italiano, fu quello di Ugo Benzi da Siena, nel 1417 professore in quell'università. Contemporaneamente un altro genere di libri comincia a diffondersi e diventa popolarissimo nel sec. XV: gli Horti o Hortuli (v. sopra). Fra gli erbarî stampati in Italia il più antico è il Macer floridus pubblicato a Napoli nel 1477.

Verso la fine del Quattrocento gli studî anatomici cominciarono in tutta Italia e specialmente a Padova a essere professati più intensamente. Vanno nominati fra i maggiori anatomici di quest'epoca Alessandro Achillini, bolognese, 1463-1512, il quale osò correggere alcuni errori di Galeno: studiò attentamente l'anatomia della vescica, dell'intestino cieco e del coledoco e fu il primo a conoscere le funzioni del primo paio di nervi cerebrali. Quasi contemporaneo gli fu Alessandro Benedetti, insegnante d'anatomia a Padova, il quale affermò la necessità delle dissezioni indipendentemente dall'uso, fino allora praticato, di concedere alla scuola soltanto i cadaveri dei giustiziati, e fece costruire un teatro anatomico a Padova, nel quale fin dal 1490 si fecero pubbliche esercitazioni.

Verso la fine del Medioevo si accentua sempre più in Italia la tendenza all'insegnamento laico; negli studî universitari che ora sono bene ordinati, sebbene l'insegnamento pratico vi sia trascurato, già si cominciano a far sentire i primi attacchi contro l'astrologia e la magia. L'insegnamento anatomico veniva impartito regolarmente, ma le sezioni, praticate di solito a Natale o a Quaresima, raramente più di una volta all'anno, assumevano caratteri di pubblico avvenimento, al quale assistevano autorità ecclesiastiche e civili. Il corso degli studî medici era di quattro o cinque anni, ma talvolta anche di più; i testi prescritti erano generalmente gli Aforismi di Ippocrate, l'Articella di Galeno, il Canone di Avicenna e il Colliget di Averroè; a questi si aggiungevano talvolta libri di altri autori arabi. L'esame di licenza fatto innanzi ai dottori della facoltà consisteva di solito in un commento a un aforisma di Ippocrate, nella descrizione di qualche malattia e nella discussione intorno all'uno o all'altro dei testi studiati. Notevole è il fatto che in alcune università il candidato, prima di ottenere la licenza, doveva giurare di non operare cum ferro et cum igne, essendo ciò riservato esclusivamente ai chirurghi.

Le cognizioni generali dei medici divengono sempre più estese, grazie alla pubblicazione dei primi libri figurati; il più importante di questi è il Fasciculus medicinae di Giovanni de Ketham stampato per la prima volta a Venezia nel 1491. Venezia fu il centro delle prime e più importanti officine tipografiche per i libri di medicina, la prima edizione di Dioscuride, splendida anche dal punto di vista tipografico per le belle figure, vide la luce presso Aldo Manuzio nel 1499. La prima edizione di Avicenna fu stampata a Milano nel 1473; l'opera di Ippocrate invece fu stampata in latino nel 1525, in greco nel 1526.

Se noi consideriamo quali furono i progressi della medicina italiana negli ultimi secoli del Medioevo, dovremo distinguere nettamente fra la medicina scientifica e la medicina pratica. La medicina scientifica apre con lo studio dell'anatomia nelle grandi scuole di Bologna e di Padova il periodo della sua rinascita, ma la fisiologia e la patologia non hanno ancora che uno scarso sviluppo e l'insegnamento universitario si limita quasi esclusivamente allo studio e al commento delle opere classiche. Non si ha dunque ancora, sebbene gli studî anatomici siano iniziati, un vero progresso della medicina scientifica; troppo forti sono ancora i vincoli della scolastica, troppi gli ostacoli che si oppongono alla libera ricerca.

L'esercizio della medicina pratica invece segna alcuni progressi molto notevoli, anzitutto esso passa interamente nelle mani dei laici, dopo che papa Onorio III proibì ai chierici l'insegnamento e l'esercizio della medicina. I principî dell'igiene individuale e sociale si vanno rapidamente affermando, la classe medica è organizzata perfettamente nelle corporazioni che sorvegliano l'osservanza delle norme professionali. La fondazione, nelle maggiori città, di ospedali, costruiti con criterî di larghezza e con l'aspetto di pubblici monumenti, tale da attestare il potere dello stato, segna una data importante per la professione medica. Questi bellissimi ospedali, la cui costruzione e decorazione fu affidata ai più illustri artisti, come quello di Pistoia ornato dei bassorilievi di Giovanni della Robbia, quello di Siena coi preziosi affreschi di Domenico di Bartolo, quello di Milano, opera del Bramante, costituiscono ben presto centri dello studio medico, ove gran numero di medici trova la possibilità di prestare, sotto la guida dell'esperienza, la propria opera.

Nello stesso tempo si comincia a delineare su basi sicure una vasta e complessa legislazione sanitaria. In tutte le città italiane sono organizzate le corporazioni; dovunque lo stato assume la responsabilità della sorveglianza della salute pubblica ed emana severe ordinanze per difenderla.

Così nell'Italia della fine del sec. XV, se l'evoluzione scientifica della medicina è ancora ai suoi inizî e nel campo della patologia e della terapia non sono molto notevoli i progressi, pure è preparato l'ambiente nel quale si evolverà la medicina del Rinascimento, perché sono già perfettamente organizzate le università e le corporazioni professionali. La cultura dei medici si diffonde rapidamente con la pubblicazione dei testi più importanti e infine si manifesta in tutte le grandi cittȧ, nei comuni e alle corti dei principi il convincimento dell'alta importanza che deve essere attribuita alla pubblica igiene e della parte che in quest'opera politica e sociale spetta al medico.

Questa rapida fioritura di studi medici nelle università italiane ha riscontro in uno sviluppo rigoglioso delle scuole mediche particolarmente in Francia, in Spagna e in Portogallo. Fra le scuole più illustri è da annoverare quella di Parigi (1180) e quella ancora più celebre di Montpellier, che per molti motivi rassomiglia nella sua origine e nel suo indirizzo alla scuola di Salerno e come questa risente l'influenza delle scuole arabe. Fra i grandi maestri delle scuole francesi vanno citati anzitutto i chirurghi Enrico di Mondeville e Guido di Chauliac (v. chirurgia) noto anche per la contesa da lui avuta col Petrarca in Avignone; quindi il celebre Arnaldo da Villanova, una delle figure più interessanti del Medioevo, che fu medico di Bonifacio VIII e sospettato di eresia dopo la di lui morte. Alberto Magno esercitò una grande azione anche sul pensiero medico del suo tempo. Fra i medici inglesi di questo periodo va citato Gilberto Anglico, autore di un compendio di medicina scritto intorno al 1315.

La medicina negli ultimi secoli del Medioevo fu ancora dominata in gran parte dal sentimento religioso e anche dalla superstizione, l'esorcismo era ancora una pratica terapeutica di grande importanza, il culto terapeutico delle reliquie diffusissimo; nel Medioevo si sviluppa la credenza che i re di Francia e d' Inghilterra possano guarire la scrofola mediante il toccamento; credenza che segna uno dei capitoli più interessanti nel campo della medicina magica e che si mantiene fino al principio del sec. XIX.

Però, accanto a questa persistenza della superstizione e della magia, cominciano a farsi strada una concezione patologica limpida e chiara e una terapia razionale; l'insegnamento dell'anatomia, la creazione degli ospedali dovuta in gran parte alle corporazioni delle arti in Italia, contribuiscono a far germogliare alcuni elementi preziosi. Il ritorno agli antichi testi classici determina con l'Umanesimo il desiderio di esercitare liberamente la critica, anziché attenersi alle asserzioni dogmatiche. Lo spirito del rinnovamento si prepara negli ultimi secoli del Medioevo insieme con le prime osservazioni cliniche, con i primi studî oggettivi sul corpo umano.

Il rinascimento della medicina in Italia. - La rinascita della medicina italiana si manifesta con un movimento di ribellione alla scolastica e un nostalgico desiderio di bellezza che fioriscono nel tempo del ritorno allo studio dei classici e al pensiero ellenico. Era quindi fatale che il precursore primo e maggiore di questo movimento dovesse essere Leonardo da Vinci il quale segnò l'inizio di un'epoca nuova nel campo degli studî anatomici (v. anatomia; leonardo da vinci).

Nelle università italiane del Cinquecento Berengario da Carpi a Bologna, Andrea Vesalio a Padova iniziarono coraggiosamente l'opera della rinascita. Andrea Vesalio, di Bruxelles, fu insegnante prima a Lovanio, poi a Padova e durante quest'epoca manifestò le sue magnifiche doti di studioso e di osservatore. Nell'ateneo padovano, al quale accorrevano gli studiosi da ogni parte d'Europa, il Vesalio trovò quella possibilità di libera indagine, che gli permise di compiere un'opera che allora doveva sembrare d'incredibile audacia: scalzare dalle basi le affermazioni anatomiche di Galeno, che erano considerate canone indiscutibile, dimostrare che gli studî di Galeno si riferivano soltanto agli animali, rilevare che egli aveva commesso centinaia di errori e che era necessario ricominciare daccapo lo studio dell'anatomia. Il Vesalio seppe combattere questa battaglia e sollevò coi suoi libri, e particolarmente con l'opera monumentale De humani corporis fabrica libri septem (Basilea 1543) una tempesta nel campo scientifico. Il suo libro, con le magnifiche incisioni di Stefano Calcar, scolaro del Tiziano, conquistò un posto glorioso nella storia della medicina.

L'opera di Andrea Vesalio fu audacemente continuata da Gabriele Falloppia, da Gerolamo Fabrizio d'Acquapendente, da Giulio Cesare Aranzio e da Bartolomeo Eustachi.

Gli studî fisiologici cominciarono nell'Italia del Rinascimento. La circolazione del sangue alla quale Michele Serveto, spagnolo, allievo dello Studio padovano accennò per la prima volta nella sua opera intitolata Christianismi restitutio, fu studiata da Realdo Colombo, insegnante di anatomia a Padova e scoperta da Andrea Cesalpino, il quale attaccò nelle sue fondamenta l'errore più importante della concezione galenica e cioè l'inclusione del fegato nella grande circolazione. Questa scoperta fu il fondamento essenziale della dottrina della circolazione, che venne più tardi completata, dimostrata con esatti esperimenti e pubblicata nel 1628 da Guglielmo Harvey, che era stato a Padova scolaro di Fabrizio d'Acquapendente:

La concezione patologica nel Rinascimento fu innovata fondamentalmente da due uomini di genio i quali ciascuno per suo conto e per differenti vie iniziarono una riforma essenziale dell'antica concezione galenica. In Italia Gerolamo Fracastoro ebbe la chiara visione dei principî del contagio e dei suoi caratteri, descrisse il quadro clinico della tisi, della sifilide, del tifo esantematico; per il primo indicò i germi quali portatori del contagio e fu quindi il fondatore della patologia delle malattie infettive.

Teofrasto di Hohenheim, chiamato con nome latino Paracelso, nato a Einsiedeln nel 1493, morto a Salisburgo nel 1541, studiò a Ferrara e imbevutosi degl'insegnamenti di Leoniceno e di Marsilio Ficino, si ribellò violentemente al giogo del dogmatismo e insofferente di ogni autorità non ebbe freno nella sua critica distruttrice. Egli, lottando aspramente contro le università che lo perseguitarono, affermò la necessità di ricominciare a procedere con la ragione e con l'esperienza al letto dei malati, raccogliendone i racconti ed esaminandoli attentamente, suggerendo rimedî razionali. Ebbe una vita agitatissima e la linea del suo pensiero, in certe sue opere lucida e manifesta, appare qualche volta smarrita quando egli vaga fra concezioni strane ed elucubrazioni astruse, metafisiche e magiche. Quando entra nel campo della medicina pratica, egli è un grande medico e un grande osservatore e porta un impulso notevolissimo all'introduzione delle sostanze chimiche nella terapia, consigliando nuove forme di medicinali, come gli estratti e le tinture, certo più efficaci di quelle fino allora in uso.

Accanto a questi due grandi innovatori, altri medici illustri contribuirono al progresso della medicina nel Rinascimento, e fra questi va nominato Girolamo Cardano che fu uno dei precursori nel campo della psichiatria.

Durante il '500 si manifesta in Italia per la prima volta in forma quasi epidemica una malattia che miete numerosissime vittime, cioè la sifilide, della quale alcuni autori ritennero che si potesse affermare l'origine americana ritenendo che l'infezione luetica fosse stata portata in Europa dalle navi di Colombo.

Certo è che essa fu particolarmente in Italia studiata con ogni accuratezza e che la terapia di questa malattia fu ben presto posta su basi sicure. Berengario da Carpi, medico di Benvenuto Cellini, fu uno dei più energici fautori della cura mercuriale contro le affezioni luetiche.

Nel Rinascimento la chirurgia in Italia comincia ad assurgere ad alta dignità (v. chirurgia), la farmacologia ha il suo autore più illustre in Pietro Andrea Mattioli da Siena (1501-1577) il quale pubblicò nel 1944 un Commento di Dioscuride, nel quale raccolse i frutti di lunghe osservazioni e di profondi studî. Questo libro si può considerare come l'enciclopedia classica della materia medica nel Rinascimento; le figure sono molto ben eseguite e per più di due secoli il libro del Mattioli, tradotto in tutte le lingue e stampato in gran numero di edizioni, fu il testo classico per l'insegnamento. Fra i medici naturalisti del '500 una delle figure più interessanti è il bolognese Ulisse Aldrovandi, zoologo e botanico, il quale fondò l'Orto botanico e il Museo di storia naturale di Bologna.

Infine nel Rinascimento si vanno formando e staccando dal ceppo principale della medicina varie specialità, e in prima linea l'ostetricia, che fino allora era stata esercitata soltanto dalle levatrici e che soltanto nel Rinascimento viene affidata ai medici; l'oculistica, che viene studiata profondamente, così che molti grandi interventi chirurgici vengono già praticati in questo secolo.

Nel '500 l'insegnamento universitario assume un nuovo indirizzo, le sezioni anatomiche diventano sempre più frequenti, comincia l'insegnamento della patologia e della chirurgia. Il medico del '500 assume, specialmente in Italia, un carattere nettamente distinto da quello del magister del Medioevo. I medici più insigni e gli scienziati più illustri acquistano grandissima fama e sono generalmente rispettati; nella società italiana del Rinascimento, che raccoglie il fiore della civiltà europea del tempo, il medico occupa un grado molto elevato. I medici hanno dimestichezza coi principi illuminati e coi grandi artisti, i quali si dedicano allo studio dell'anatomia: spesso sono umanisti e letterati di grande valore essi stessi, come Gerolamo Fracastoro e Francesco Rabelais, che studiò medicina a Montpellier e ivi tenne lezione su Ippocrate e pubblicò a Lione nel 1532 le Epistolae medicinales di Giovanni Manardi, insigne medico ferrarese.

Così in questo periodo, che segna il ritorno al concetto più limpido dell'ellenismo, cadono sotto i colpi delle nuove ricerche le architetture galeniche e si stabiliscono, per effetto degli studi anatomici, fisiologici, biologici e chimici le basi dell'edificio della nuova medicina, che si erge libero e indipendente dalle leggi del dogmatismo scolastico.

Nel Rinascimento le università italiane sono il centro degli studî scientifici; lo spirito di tolleranza che vi domina, l'intelligente protezione che gli stati e i comuni accordano ai maestri e agli scolari di ogni nazione, la magnifica fioritura delle arti, il gran numero di stranieri che accorrono in Italia per attingere alle fonti del sapere e perché vi sono attratti dallo splendore e dal fasto delle corti principesche o dagl'interessi che li legano alle grandi case commerciali e bancarie, fanno sì che in Italia confluiscano correnti intellettuali da ogni parte.

Il Seicento. - La medicina durante questo secolo risente profondamente di un'epoca nella quale affiorano i germi di nuove idee e sono vive le ribellioni, conseguenze degli avvenimenti politici e sociali che sconvolgono tutta l'Europa, contro tutti i vincoli imposti alle indagini. L' Italia attraversa una grave crisi economica, derivante dalla scoperta dell'America che svia le correnti dei traffici, ed è in gran parte saccheggiata o invasa dai dominatori stranieri o dalle soldatesche mercenarie, mentre la Germania è desolata da guerre religiose fierissime. In questo tempo l'Olanda e l'Inghilterra, che si avviano alla massima floridezza della loro potenza marittima e commerciale, sono anche i paesi nei quali la scienza ha lo sviluppo più fiorente.

La medicina di questo secolo è dominata dalle grandi scoperte di Newton, di Kepler, di Pascal, di Boyle, di van Helmont, ma soprattutto dall'opera animatrice di Galileo, fondatore della scienza sperimentale. Nel fervore degli studî esatti le scienze naturali hanno una parte importantissima. Gli studî scientifici traggono un impulso notevolissimo dalla scoperta del microscopio. Galileo era stato il primo a costruire uno strumento col quale aveva ottenuto ragguardevoli ingrandimenti; ad Antonio van Leeuwenhoek spetta il merito di avere per il primo adoperato sistematicamente il microscopio, di averne perfezionato la costruzione e di aver portato un contributo importante alle ricerche, scoprendo nel 1675 gl'Infusorî e facendo così i passi iniziali sulla via della microbiologia. Uno fra i più illustri microscopisti del secolo fu Marcello Malpighi, botanico illustre e scopritore delle trachee delle piante, il fondatore dell'anatomia dei tessuti. Gli studî anatomici furono seguiti da Lorenzo Bellini e da Antonio Maria Valsalva, il quale viene giustamente considerato il fondatore dell'anatomia dell'orecchio, da lui descritta con grandissima precisione. Due grandi scuole sorgono in questo secolo: quella degli iatromeccanici e quella degli iatrochimici; entrambe rappresentano il tentativo di porre la medicina sotto il controllo delle scienze esatte. Fondatore della prima scuola fu Santoro Santorio da Capodistria, professore a Padova, il quale compì una serie di esperimenti mediante una bilancia sulla quale pesò le persone da lui osservate e sé medesimo per lungo tempo, occupandosi particolarmente della traspirazione, che fu da lui chiamata perspirazione insensibile. Un caposcuola della iatromeccanica fu Gian Alfonso Borelli il quale pose a base di ogni spiegazione fisiologica le leggi della meccanica e della statica e fondò particolarmente la dottrina meccanica del movimento muscolare. Fondatore della scuola iatrochimica fu uno scienziato olandese, F. de la Boe Sylvius, professore all'università di Leida. Egli fondò il suo sistema sul principio che tutte le forze del corpo devono seguire i processi chimici della fermentazione e delle effervescenze.

Fra i grandi ricercatori di quest'epoca va annoverato Francesco Redi da Arezzo, fondatore dell'elmintologia e precursore della biologia sperimentale. Medico valentissimo, fu chiamato "il Toscano Ippocrate", garbato scrittore anche nel trattare argomenti medici, fu il precursore della biologia sperimentale e i suoi studî sul veleno delle vipere e sulla generazione degli animali inferiori (1668) lo pongono in prima linea fra i medici scienziati di ogni tempo.

Grande maestro della clinica medica fu l'inglese Tommaso Sydenham, che ricondusse la medicina sulla strada dell'osservazione clinica e dell'esperienza personale. Per il Sydenham il medico deve vivere vicino al malato e non costruire delle case, come egli soleva dire, senza averne prima stabilito le fondamenta; la malattia è un ente estraneo all'organismo e il corpo cerca di liberarsi rapidamente di tutte le sostanze morbose eliminandole dal sangue; la febbre è un processo di purificazione destinato a liberare il sangue dal morbo. Ritornando al concetto della costituzione, ritiene il Sydenham che la natura possieda un istinto segreto che la dirige. Esaminò e studiò le epidemie verificatesi ai suoi tempi a Londra, ricercandone le cause. Il suo successo nel campo della pratica e dell'insegnamento fu veramente straordinario e questo ritorno al concetto ippocratico è dei più importanti e significativi.

Il clinico italiano del Seicento è Giorgio Baglivi, nato a Ragusa di Dalmazia nel 1668, morto nel 1707 quando era all'apice della sua fama. Un altro dei grandi clinici italiani del tempo fu Giovanni Maria Lancisi, che studiò con criterio diagnostico le malattie del cuore. Bernardino Ramazzini fu con la sua opera De morbis artificum (Modena 1700) il geniale fondatore della patologia delle malattie professionali. Nel campo della patologia e dell'epidemiologia egli fu un osservatore e un diagnostico di primissimo ordine.

La chirurgia ebbe in quest'epoca un notevole sviluppo; l'ostetricia e la ginecologia, particolarmente in Francia, assursero a un alto grado di perfezione con l'invenzione del forcipe costruito nel 1647 da Peter Chamberlen. La medicina legale ebbe un grande maestro in Paolo Zacchia, uomo di vastissimo sapere, medico di papa Innocenzo X; egli raccolse in un libro, considerato per due secoli come testo classico, tutta la materia medico-legale.

In questo secolo furono introdotti in Europa alcuni medicinali che determinarono una rivoluzione nella storia della terapia, primo fra i quali la corteccia di china che il medico del conte di Chinchon, viceré spagnolo del Perù, Juan de Vego portò con sé nel 1640, avendo ottenuto con questo medicamento la guarigione della moglie del vicerè malata di febbre terzana. La diffusione di questo rimedio in Europa fu rapidissima, ma diede origine a vivaci polemiche tra avversarî e fautori del nuovo rimedio.

Un altro fatto importantissimo fu l'introduzione in terapia della radice d'ipecacuana e della digitale.

Le gravi epidemie che infierirono in questo secolo e soprattutto il vaiolo, il tifo e la peste, che scoppiò in forma spaventevole in Italia fra il 1629-1631 (è la peste descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi) diffusero dovunque la morte, la miseria e il terrore. A. Corradi calcola che nelle sole regioni dell'Italia settentrionale si possa far ascendere a oltre un milione il numero delle vittime della peste nel 1630-31. Il vaiolo si manifestò con grande violenza nell'Europa orientale e in Inghilterra; la scarlattina e la difterite furono esattamente studiate e descritte e in quest'epoca cominciarono gli studî più diligenti nel campo della difesa sociale e legislativa. Nel 1656, essendo scoppiata la peste a Roma, monsignor Castaldi, commissario speciale di sanità del governo pontificio, emanò una serie di disposizioni igieniche che costituiscono il fondamento delle misure di difesa sanitaria. Nel 1699 il Consiglio generale della sanità della repubblica di Lucca ordinava la denuncia dei casi di tisi e la distruzione della biancheria e delle vesti di persone morte di questa malattia. Furono queste le prime misure energiche attuate per combattere il pericolo del contagio.

Incominciano nel '600 i giornali scientifici, dei quali il primo in ordine di tempo fu il Journal des Savants pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1665. Il primo giornale medico propriamente detto fu il Journal des nouvelles découvertes sur toutes tes parties de la médecine pubblicato a Parigi nel 1679 da Nicolas de Blegnyi chirurgo del re.

Alla fine del '600 la medicina avanza sicuramente nel campo delle ricerche e la sua stretta collaborazione con le scienze naturali indica già nettamente la via della medicina sperimentale. Accanto alle università sorgono le accademie, che presto diventano centro degli studî scientifici. I sistemi che avevano avuto il predominio nella medicina fino a questo tempo sono ormai abbattuti o pericolanti; quindi medici e filosofi e naturalisti si accingono a sostituirli con nuove dottrine e con nuove costruzioni, conciliabili con le nuove scoperte scientifiche.

Il Settecento. - Dovunque al principio di questo secolo si osserva la tendenza a un nuovo ordinamento sistematico della scienza, il quale dia adeguata soluzione ai problemi più importanti della vita in accordo coi risultati delle ricerche sperimentali. Nuovi elementi, alcuni dei quali creati da speculazioni metafisiche, ma valutati come fatti positivi, devono sostituire valori che ormai si ritengono trascurabili. Prevale in un primo tempo, anche nel campo della medicina, l'influenza dei filosofi, sembrando che tutti i problemi si possano risolvere con il puro ragionamento. Notevole l'azione di G. G. Leibniz. L'influenza della filosofia leibniziana, essenzialmente spiritualistica, sulla medicina, deriva dal contatto frequente di Leibniz e dei suoi allievi coi più grandi medici del tempo e dalla diffusione delle idee filosofiche, soprattutto in Germania. E. Kant, fondando un sistema critico nel quale sono fissati i limiti della conoscenza umana, esercita pur esso una notevole azione sull'evoluzione del pensiero scientifico, le cui correnti vengono più tardi dominate dagli enciclopedisti francesi.

D'altra parte non sono meno importanti le correnti che provengono alla medicina dal progresso delle scienze esatte. La fisica di questo secolo portò alla solużione di alcuni problemi di primo ordine: le scoperte di L. Galvani e di A. Volta indicando nuove vie alla conoscenza delle leggi fisiche dànno alla medicina nuove possibilità di ricerche e schiudono a un tempo nuovi orizzonti alla terapia. Gli studî sistematici nel campo della storia naturale dovuti a G. F. Wolff, G. L. Buffon, e L. Spallanzani, dimostrano questa tendenza a un ordinamento logico e sistematico delle conoscenze.

L'indirizzo sistematico si manifesta nell'opera di du̇e grandi medici: Federico Hoffmann e Giorgio Ernesto Stahl. Questi due grandi scienziati sono i rappresentanti più caratteristici di questo appassionato desiderio di ordinare tutto lo scibile sulla base di leggi fondamentali.

F. Hoffmann, professore a Halle, affermò che la nostra conoscenza è limitata essendo fondata sui sensi e che le ultime cause sono imperscrutabili. Secondo il Hoffmann l'organismo umano è tutto costituito da fibre le quali hanno un tonus speciale, cioè la capacità di contrarsi o dilatarsi, che è la loro caratteristica; questo tonus viene eccitato o regolato da un fluido, da lui chiamato nervoso, che ha sede nel cervello. Quando il tono è normale, l'organismo è sano; ogni modificazione o alterazione porta con sé un perturbamento della salute. Il Hoffmann ritenne che la causa principale di tutte le malattie dipenda dalla pletora sanguigna. A lui spetta il merito di avere introdotto nella terapia una serie di nuovi rimedî.

G. E. Stahl, collega di Hoffmann a Halle, in un altro sistema completamente teorico, si oppose a ogni concetto materialistico. L'anima, secondo Stahl, rappresenta il principio supremo della vita, l'unità di tutto l'organismo, e lo protegge contro il disfacimento e la putrefazione che si manifestano quando l'anima per sua volontà abbandona il corpo. I sintomi delle malattie sono spiegati come tentativi dell'anima per ristabilire l'ordine della vita nel modo più rapido e più sicuro. L'anima, secondo Stahl, corrisponde alla natura di Sydenham e di altri naturalisti. Nella pratica questa dottrina condusse alle conclusioni più erronee: Stahl spregiò l'anatomia e la fisiologia, negò l'utilità del chinino e dell'oppio e affermò la grande importanza delle emorroidi ritenendo che il flusso di sangue sia un fatto indispensabile per la salute. Ciò nondimeno gli spetta il merito di avere intravvisto la verità di una concezione vitalistica o dinamica.

Diversa fu la concezione teorica della scuola fondata da William Cullen di Edimburgo (1712-1790) che affermò l'importanza del sistema nervoso, dal quale emanano le energie vitali dell'organismo; ma il sistema che ebbe a quei tempi maggior fortuna e diffusione fu quello di John Brown, scolaro del Cullen. Questo sistema, chiamato browniano, afferma che la vita nella sua essenza non è uno stato normale spontaneo, ma costretto e mantenuto da continui stimoli. La terapia del brownianismo consisteva nel prescrivere continuamente sedativi e nell'abbondante uso del salasso. Da questo sistema derivò quello di un medico italiano, Giovanni Rasori, professore a Pavia, che dapprima accettò il brownianismo, poi v'introdusse grandi innovazioni creando la dottrina della "diatesi di stimolo e di controstimolo". In questa costruzione sistematica, oltremodo semplicistica, il salasso aveva una parte fondamentale e i medicamenti venivano prescritti in dosi enormi. Il risultato di questa terapia fu disastroso e il Rasori, quantunque uomo di grande ingegno e ardente patriota che aveva preso parte alle cospirazioni dei Carbonari ed era stato condannato alla prigionia nella cittadella di Mantova, fu violentemente attaccato e nel 1812 fu deposto dalla cattedra, perché i medici più autorevoli non esitarono a indicare i gravi pericoli del suo sistema.

L'ultimo dei grandi sistematici italiani fu Giacomo Tommasini, professore di fisiologia e patologia a Parma, quindi dal 1816 di clinica medica a Bologna. Nel 1817 egli pubblicò il suo libro Della nuova dottrina medica italiana staccandosi in parte dal Rasori. Questa nuova dottrina che ebbe una grandissima diffusione e procurò al suo autore vasta fama, presto cadde completamente in dimenticanza.

Dall'orientamento della medicina verso la sistematica e dalla tendenza al romanticismo che predomina alla fine del '700, hanno origine altri sistemi come il mesmerismo o magnetismo animale fondato da Francesco Mesmer, medico viennese che introdusse la terapia magnetica, praticata con l'imposizione delle mani sul malato, metodo che esercitava certamente una profonda azione suggestiva, e col quale affermò di ottenere stupefacenti guarigioni. Il mesmerismo ebbe diffusione grandissima e i personaggi più illustri di Francia, a cominciare dal re e dalla regina, protessero Mesmer, il quale guadagnò somme straordinarie e si acquistò fama universale. Il suo successo fu però di breve durata e quantunque egli vantasse molti allievi e seguaci dovette abbandonare Parigi nel 1784 in seguito alla campagna che era stata mossa contro di lui dai medici e dalle associazioni scientifiche.

Un altro sistema, sorto quasi contemporaneamente, fu quello dell'omeopatia, fondata da C. F. S. Hahnemann il quale trovò presto un gran numero di entusiasti.

Di fronte a queste tendenze sistematiche che si orientano verso costruzioni teoriche e in parte metafisiche, altri fatti assai più notevoli si svolgono nel campo della scienza sperimentale e della clinica medica. L'anatomia normale e l'anatomia patologica ebbero in quest'epoca insigni rappresentanti (v. anatomia: Anatomia patologica): il più grande degli scienziati di quest'epoca fu senza dubbio G. B. Morgagni, geniale, profondo anatomo-patologo, innovatore insuperato del metodo delle ricerche e grande maestro nel campo della clinica. Indicando nel suo libro le differenze anatomiche fra l'organo normale e quello malato, risale sempre alle osservazioni cliniche, sottoponendo ad acuto esame i fatti morbosi e dimostrando, sulla scorta dell'esperienza personale, come a ogni alterazione anatomica degli organi debba rispondere un'alterazione della funzione. Egli dedicò ogni sua cura a ricostruire il nesso che intercorre tra il fenomeno patologico e il fenomeno clinico, fra l'organo malato e le manifestazioni morbose.

Della grande scuola anatomica italiana del '700 e della scuola inglese dei fratelli W. e J. Hunter fu già ampiamente detto in altre voci; qui basti accennare al fatto che nel '700 gli studi anatomici cominciano a far parte essenziale dell'insegnamento medico.

Non meno importanti sono i progressi di questo secolo nel campo della fisiologia, dovuti in prima linea a due grandi scienziati: A. von Haller e L. Spallanzani, i quali portarono alle ricerche fisiologiche un contributo prezioso. A. von Haller fondò una dottrina che ebbe ai suoi tempi grandissima diffusione, quella dell'irritabilità, affermando che la sensibilità e l'irritabilità sono le qualità fondamentali dei tessuti animali viventi e che mentre la sensibilità ha sede nei nervi, l'irritabilità è caratteristica del sistema muscolare.

L. Spallanzani studiò profondamente il problema della generazione spontanea, scoperse la generazione per divisione e dimostrò come la fecondazione non possa avvenire senza il contatto materiale dello spermatozoo con l'ovulo.

A questi due grandi fisiologi si aggiunge un maestro insigne che nel campo dell'anatomia e della fisiologia come in quello dell'anatomia patologica e della clinica lasciò un'opera così notevole da essere considerato maestro da tutta la scuola anatomica, fisiologica e medica francese, S. Bichat, che si propose di fondare un sistema di medicina che avesse la sua base esclusiva su fatti anatomici, fisiologici e anatomo-patologici scrupolosamente constatati. Il Bichat è il primo ad avere la chiara comprensione delle funzioni biologiche e su queste egli fonda la clinica medica.

Il centro delle ricerche cliniche e dell'insegnamento medico-pratico in questo secolo fu l'università di Leida e il grande maestro ne fu E. Boerhaave il quale meritò veramente di essere chiamato il seguace d'Ippocrate e il primo dei grandi clinici moderni, perché riportò l'attenzione del medico sul malato facendone il centro d'ogni osservazione e dando scarsa importanza alle teorie. Dagl'insegnamenti di questo clinico che fu chiamato communis totius Europae praeceptor, deriva la cosiddetta scuola viennese, fondata da G. van Swieten, che, allievo del Boerhaave, ne portò a Vienna i metodi d'insegnamento. A Vienna sorse una scuola di maestri illustri fra i quali va citato in prima linea L. Auenbrugger, al quale si deve la scoperta della percussione come metodo diagnostico.

L'Italia ebbe in questo secolo molti clinici seguaci di questa nuova tendenza ippocratica, fra i quali vanno annoverati G. B. Borsieri (1725-1785), autore di un'opera di medicina pratica che ebbe grande celebrità, M. Sarcone (1732-1797) di Terlizzi (Bari), che studiò attentamente il contagio del vaiolo, e A. G. Testa (1756-1814) che si dedicò particolarmente allo studio delle malattie del cuore. D. Cirillo, napoletano, medico studiosissimo, lottò coraggiosamente contro la pessima amministrazione delle prigioni e degli ospedali; ardente patriota e membro del consiglio legislativo della Repubblica Partenopea, ascese eroicamente il patibolo il 29 ottobre 1799.

La chirurgia italiana del '700 vanta fra i suoi maestri più illustri G. Flaiani; egli fondò una scuola chirurgica che ebbe grandissimo lustro e descrisse per il primo il gozzo esoftalmico cui è dato ingiustamente il nome di malattia di Basedow.

Anche l'ostetricia di questo secolo ebbe uno sviluppo grandissimo soprattutto per opera di W. e J. Hunter e di W. Smellie, le lezioni del quale furono frequentate da una folla di studenti, e per opera di A. Levret e di J.-L. Baudelocque in Francia, di G. Vespa e di P. Assalini in Italia. Molto notevoli sono altresì i progressi nell'anatomia e nella fisiologia dell'occhio e quindi nella pratica dell'oftalmologia. Nel 1750 il medico francese J. Daviel praticò per la prima volta l'estrazione chirurgica della cataratta.

La psichiatria sorse verso la fine di questo secolo. Fino a quel tempo gli alienati venivano quasi dovunque trattati in modo barbaro e crudele, vinculis et plagis, secondo le indicazioni di Celso; un illustre medico italiano, V. Chiarugi, sostenne coraggiosamente la necessità di una riforma fondamentale nella cura degli alienati e di un umano trattamento dei malati. F. Pinel, medico dell'ospedale di Bicêtre, intelligente e coraggioso riformatore della psichiatria, ottenne di poter sciogliere dalle catene gli alienati che si trovavano rinchiusi in quell'ospedale. Ma solo un medico inglese, John Conolly (1794-1866), riuscì a far valere e accettare generalmente il sistema che fu chiamato del no-restraint e che fu definitivamente introdotto in tutti i frenocomî verso la metà del sec. XIX.

Verso la fine del Settecento si cominciano a trovare esatte descrizioni di malattie epidemiche e s'inizia il controllo della frequenza e del decorso delle malattie contagiose. Alla fine del '700 le condizioni igieniche anche nelle grandi capitali d'Europa erano ancora pessime, le fogne erano generalmente scoperte, i bagni erano considerati un'istituzione di lusso e appena nella seconda metà del '700 Liverpool per la prima istituisce dei bagni pubblici. Appena sul principio dell'800 si provvede a Parigi allo scarico delle immondizie dalle case. In quest'epoca la minaccia di malattie esotiche, particolarmente della febbre gialla che si manifestò nel 1723 in forma epidemica a Lisbona, e del vaiolo, del quale vi fu nel 1770 un'infezione pandemica con più di tre milioni di vittime soltanto nell'India, rese evidente la necessitâ di misure severissime di difesa sanitaria. Verso la fine del '700 E. Jennec scoprì nella vaccinazione la difesa sicura contro il vaiolo, dopo che fino dai tempi più lontani era nota la possibilità di ottenere l'immunizzazione contro il vaiolo mediante la vaiolizzazione, cioè inoculando il pus del vaiolo umano. Questa pratica dell'inoculazione, portata in Europa sul principio del '700, ebbe una grande diffusione, soprattutto per merito di A. Gatti, ma fu anche molto avversata per il pericolo che essa presentava dell'infezione con germi di altre malattie. Il Jenner vaccinò per la prima volta il 14 maggio 1796 un bambino con pus tolto dalla pustola d'una contadina affetta di vaiolo vaccino. L'esperimento riuscì perfettamente e fu dimostrata l'immunità esistente per il vaiolo umano di coloro che erano stati artificialmente infetti con vaiolo animale. Il successo del Jenner fu enorme e, pochi anni dopo la scoperta, il metodo era conosciuto e praticato in tutto il mondo.

Alla fine del secolo tutto il sistema legislativo dell'igiene moderna fu ideato nelle sue grandi linee da G. P. Frank che fu professore a Pavia e poi a Vienna. Egli sostenne il concetto, già espresso dal Mirabeau, che la cura della salute pubblica spetta allo stato e che questo ha il dovere di sorvegliare la pubblica igiene con cura assidua e previdente e di provvedere ai rimedî quando la salute pubblica sia in pericolo.

Contemporaneamente al grande progresso della scienza medica nel sec. XVIII, si osserva un profondo mutamento nelle sorti della professione medica, nell'esercizio professionale e negli ordinamenti degli studî. Il medico durante questo tempo consolida la sua posizione scientifica e sociale e attende inoltre a studi letterari e filosofici. E così non solo in Italia, dove vanno citati i nomi di F. Redi, del Magalotti e dell'insigne medico poeta siciliano G. Meli, ma anche in altri paesi alcuni medici illustri nel campo delle scienze si acquistarono fama anche nella letteratura.

L'insegnamento viene impartito ai medici in forma programmatica e regolare. Si richiede dallo studente che egli abbia assolto una scuola classica e segua quindi gli studî universitari secondo un prescritto ordinamento. Vengono fondati istituti anatomici e cliniche accanto alle maggiori università. L'anatomia, la chirurgia e l'ostetricia sono insegnate per solito dallo stesso professore, l'insegnante di medicina teorico-pratica fa lezione anche di chimica, di botanica o di farmacologia. In questo secolo la chirurgia conquista il suo posto accanto alla medicina e i chirurghi vengono considerati come uonini di scienza, anzitutto in Italia, nonostante che quasi dovunque i barbieri continuino a esercitare la bassa chirurgia e cerusicì senza alcuna preparazione scientifica pratichino ancora, specialmente nelle provincie, interventi operatorî. Nella prima metà del '700 vengono istituite presso le università delle vere e proprie scuole ostetriche e si provvede all'istruzione delle levatrici.

Il Settecento vide fiorire un numero enorme di avventurieri e di ciarlatani, temuti e fortunati concorrenti dei medici, fra i quali basta citare i più celebri come il conte Cagliostro e Bonafede Vitali, detto l'Anonimo, che amava chiamarsi saltimbanco e fu consultato e riverito da molti principi d'Europa.

La medicina del Settecento e i medici eleganti, azzimati e imparruccati che si servono di un linguaggio fiorito e volutamente astruso, come sono raffigurati dagli scrittori del tempo e particolarmente nelle commedie del Molière e del Goldoni, offrono abbondante materia alla satira e alla caricatura. Eppure fra questi uomini molti ve ne sono ai quali la scienza deve un alto e vigoroso impulso. Questo secolo può essere considerato come uno dei più felici per l'evoluzione della professione medica, perché il metodo della ricerca scientifica si diffonde e quegli scienziati che seguono una via rigorosamente scientifica godono di un'indiscussa autorità.

La medicina del sec. XIX. (Primo periodo). - Dànno particolare carattere alla medicina del sec. XIX, le correnti intellettuali, politiche e sociali del tempo che esercitarono la loro azione determinante sull'indirizzo scientifico. La medicma, che durante la rivoluzione francese s'era arrestata nel suo sviluppo, segna nel periodo che segue un'epoca di grande splendore, di audace ribellione contro il dogmatismo e la metafisica. Una tendenza di reazione positivistica si manifesta, come corrente contraria all'idealismo del '700, determinando il rapido progredire delle scienze naturali e della ricerca sperimentale. I progressi della chimica e della fisica dànno uno sviluppo sempre maggiore agli studî che in esse trovano il loro fondamento; le scoperte nel campo delle scienze naturali, sconvolgendo tutto il sistema sino allora dominante, apruno anche al pensiero medico nuove vie. Sono del principio del secolo le scoperte sulle quali si fonderanno i primi studî di biologia e dii patologia cellulare, sicuro avviamento alla conoscenza degli organismi inferiori. Nel 1839 T. Schwann fonda la teoria della cellula come elemento dell'organismo animale, ponendo con ciò le basi fondamentali della zoologia moderna; L. Pasteur dimostra nel 1857 la verità della dottrina dei germi. La legge della selezione naturale, esposta da C. Darwin nella sua Origin of Species (1859), dà un nuovo orientamento alla biologia ed esercita un'azione notevole sull'indirizzo degli studi medici.

L'Italia all'alba del sec. XIX per gl'insegnamenti di G. B. Morgagni, di L. Spallanzani, di F. Fontana, di A. Scarpa, è quella che possiede fra tutte le nazioni civili le più favorevoli premesse per un fiorente sviluppo del pensiero medico, nel momento in cui esso decisamente si stacca dalle concezioni metafisiche. Se ciò nondimeno essa non poté mantenere nella prima meta del secolo il posto d'avanguardia nel movimento scientifico ciò va ascritto a quei fatti politici e sociali che sconvolsero la vita della penisola e resero impossibile il progresso degli studî. Il primato spetta nella prima metà del sec. XIX certamente alle scuole francesi, mentre più tardi, nell'epoca nella quale la Germania segna la sua ascesa politica e industriale, si delinea manifestamente la superiorità delle scuole tedesche. Gli scienziati italiani, sebbene in condizioni assai difficili per la scarsezza dei mezzi a loro disposizione, apportarono tuttavia un apprezzabile contributo di idee e di studî. Essi si mantennero costantemente fedeli all'indirizzo latino della clinica e alle tradizioni delle grandi scuole italiane.

La storia della medicina dal principio del sec. XIX si può dividere in due grandi periodi. Nel primo di essi, che si chiude col trionfo della patologia cellulare e della batteriologia, s'accentuano la tendenza biologica e l'idea materialistica. Nel secondo si manifesta il ritorno alla concezione clinica; esso va fino ai giorni nostri, nei quali l'indirizzo della medicina si volge essenzialmente alla patologia generale e al neoippocratismo. In questa successione di tendenze si può notare come nei paesi latini, e particolarmente in Francia e in Italia, abbia quasi sempre predominato la tendenza clinica, mentre nei paesi dell'Europa settentrionale e specialmente in Germania, la tendenza materialistica ebbe i massimi successi. Queste diverse tendenze sono facilmente spiegabili per le differenti mentalità e le differenti tradizioni dei gruppi etnici e se anche, col progresso della medicina divenuta ormai scienza internazionale, non è facile ricostruire nelle sue particolari vicende la storia delle varie scuole, pure lo storico deve riconoscere che ognuna di esse ha portato un contributo egualmente prezioso all'odierno sviluppo degli studî medici.

Nell'Italia del sec. XIX i grandi anatomisti continuarono con indefesso amore gli studî. B. Panizza, professore a Pavia, fu ordinatore del museo anatomico e fece importanti studî sui vasi linfatici e sulla localizzazione del centro corticale della visione. Egli fu il primo a istituire in Italia un corso d'anatomia microscopica ed ebbe fra i suoi scolari A. Corti e A. Dubini. A. Corti pubblicò nel 1851 i suoi studî sulla struttura della retina e quelli che lo condussero alla scoperta dell'organo che porta il suo nome, ed ebbe a Vienna, ove lavorò per lunghi anni, fama di eccellente anatomico. A. Dubini (1813-1902) fu lo scopritore dell'anchilostoma duodenale, scrisse un bel trattato di anatomia (1847) dopo avere descritto (1846) la corea elettrica che fu detta malattia di Dubini. L. Rolando, professore a Torino, compì studî notevoli sulla struttura del cervello e del midollo spinale. Non meno importanti furono i progressi nel campo dell'embriologia per opera di M. Rusconi e di G. B. Amici. Ma il merito insigne di aver segnato nuove vie alla micropatologia, iniziando con i suoi studî e con le sue osservazioni accuratissime la nuova era della batteriologia, spetta ad A. Bassi (v.) che dalla sua prima scoperta sulla malattia del calcino che colpisce il baco da seta, giunge all'affermazione d'un principio di portata generale.

Dell'opera che nel campo dell'anatomia compì la grande scuola di Vienna della quale fu maestro Giuseppe Hyrtl e le scuole tedesche che si vantano dei nomi di Giacomo Henle, di F. T. Meckel e G. E. Meckel è detto in altra parte (v. anatomia). La fisiologia segnò in quest'epoca nuovi grandi successi per opera di S. Gallini (1756-1836), che fu insegnante nell'ateneo padovano, e per il contributo insigne che portò alle ricerche F. Magendie, il quale fu un grande e sagace esperimentatore che rifiutava fede a qualsiasi affermazione che non fosse provata dall'esperimento. I suoi studî sulle funzioni del cuore, sulla digestione, sulla fisiologia del sangue e nel campo della farmacologia, suffragati da numerosi esperimenti, gli conferiscono un titolo incancellabile alla riconoscenza degli studiosi. Un posto eminente fra i grandi fisiologi francesi del secolo spetta a C. Bernard, che fu non solo il fondatore della moderna fisiologia, ma l'innovatore della farmacologia. Egli introdusse nella ricerca biologica della fisiologia il determinismo come base fondamentale e fu tra i più geniali assertori d'una concezione biologica dell'universo.

A questa celebre scuola appartenne anche S. G. Marey, al quale spetta il merito di aver perfezionato decisamente la tecnica per gli esami dei fenomeni della circolazione, con l'invenzione dello sfigmografo (1860), destinato alla registrazione del polso. Il successore di C. Bernard, C. E. Brown-Séquard, fu il fondatore della moderna dottrina dell'endocrinologia e dell'opoterapia.

Nella scuola tedesca di quest'epoca fu maestro di incontestabile valore per la profondità delle sue ricerche e per la versatilità del suo ingegno J. Müller, il quale impresse il segno della sua opera poderosa nella storia della fisiologia (v.). La sua opera di fisíologo, di istologo, di chimico, di patologo, di grandissimo medico documenta in modo meraviglioso la via percorsa dalla scienza sotto la sua guida; lavoratore instancabile, egli ebbe l'intendimento e lo spirito di un grande riformatore. Tutta una scuola di grandi fisiologi deriva da lui e tutte le ricerche del sec. XIX partono dai suoi studî o dalle sue dottrine.

Fra i grandi fisiologi di quest'epoca vanno ricordati H. Helmholtz per i suoi studî nel campo della biologia, dell'ottica e dell'acustica, B. Panizza, F. Lussana, che portò un contributo importantissimo allo studio della fisiologia del cervelletto, C. Matteucci forlivese, che descrisse per il primo il fenomeno al quale venne dato il nome di corrente di Du Bois-Reymond, M. Schiff di Francoforte che divenne nel 1863 professore a Firenze e compì studi originali sulla fisiologia del sistema nervoso, G. Moleschott olandese che fu uno dei più appassionati seguaci di Darwin e uno dei propugnatori più audaci dell'orientamento materialistico.

In questo secolo anche gli studî anatomo-patologici hanno un grande sviluppo soprattutto per opera di G. Andral, di F. Caldani e di E. Valli, patologo insigne, quest'ultimo, ed esperimentatore eroico della vaccinazione contro la peste e la febbre gialla, contratta nel corso dei suoi studî. Il testo più rinomato di anatomia patologica di quest'epoca è dovuto a G. B. Cruveilhier che fu il primo a descrivere accuratamente la sclerosi disseminata e l'atrofia muscolare progressiva: il suo bellissimo atlante anatomo-patologico fu considerato nel secolo scorso come modello.

La scuola medica tedesca vanta fra i maestri più illustri R. Virchow, che fu una delle figure più ragguardevoli nella storia della medicina dell''800. Ammiratore devoto del Morgagni, il Virchow studiò indefessamente la patologia cellulare e ne fu il fondatore (v. cellulare, patologia). Partendo sempre dalla formula fondamentale "omnis cellula e cellula", affermò che i fenomeni morbosi null'altro sono che le manifestazioni della reazione delle cellule componenti l'organismo umano di fronte alle cause morbose. Questa patologia solidale, che egli chiamò ontologica e che parve rovesciare definitivamente la costruzione della patologia umorale, che dominava in medicina da più di venti secoli, trionfò durante tutta la seconda metà del secolo scorso, né il suo valore fu notevolmente infirmato dalle ricerche recentissime nel campo dell'immunità e dell'endocrinologia, perché ormoni e corpi immuni esistenti negli umori sono di derivazione cellulare. Gli studi del Virchow tracciano tutto un nuovo indirizzo della medicina scientifica e in tutti i campi delle ricerche determinano un grande rivolgimento.

Mentre progressi notevoli si compivano nel campo delle ricerche esatte, non era meno importante l'indirizzo che assumeva in quest'epoca la clinica medica. La scuola francese assunse al principio del secolo una posizione d'avanguardia con i suoi grandi medici. F.-J.-V. Broussais affermò la dottrina secondo la quale tutte le malattie sono locali e la base della patologia è la gastroenterite. Egli fu un salassatore convinto che curava tutte le malattie con l'applicazione delle sanguisughe e questo sistema di cura ebbe così grande favore che nei primi decennî del secolo vi fu un'importazione annua di decine di migliaia di sanguisughe in Francia. Ma la scuola dei grandi clinici comincia con J.-N. Corvisart, medico di Napoleone, instauratore della medicina francese e ha il più geniale dei maestri in Th.-J. Laënnec, inventore dello stetoscopio e diagnostico eccellente. Dopo l'epoca gloriosa della scuola francese, Vienna diviene il centro degli studî clinici in Europa e deve questa sua fama a J. Skoda, il cui trattato diagnostico, pubblicato nel 1839, fu il testo fondamentale della clinica moderna per la diagnosi differenziale. Egli insegnò come i fenomeni fisici percettibili abbiano la più grande importanza nella diagnosi delle malattie; la sicurezza della diagnosi, la facilità del suo eloquio e anche il rapido intuito dimostrato dalle sue decisioni, gli conferirono una celebrità che varcò i limiti della sua patria. A questa scuola appartenne anche J. von Oppolzer, clinico di grande stile che vide accorrere alle sue lezioni allievi da tutte le parti d'Europa.

La clinica inglese di quest'epoca svolge un'opera preziosa grazie a due grandi medici, maestri degni delle antiche tradizioni inglesi. Primo fra questi R. Bright, che descrisse per la prima volta e nel modo più efficace la malattia dei reni che porta il suo nome, in un libro che costituisce uno dei documenti più importanti nella storia della clinica. Egli sceverò magistralmente il quadro clinico della nefrite, distinguendo i sintomi cardiaci da quelli renali. Suo collega e compagno fu Th. Addison, al quale si devono gli studî magistrali sulle malattie della ghiandola surrenale (1855), che costituirono il fondamento di tutta la moderna dottrina dell'endocrinologia. La scuola irlandese, che fu chiamata di Dublino, ebbe alcuni grandi clinici fra i quali meritano di essere nominati R. J. Graves, considerato dagli storici inglesi come il primo descrittore de gozzo esoftalmico (1835) che in Inghilterra viene chiamato morbo di Graves; W. Stokes e D. Corrigan, due clinici insigni che illustrarono con studî originali le malattie del cuore e dei vasi.

Nell'epoca nella quale i grandi clinici francesi e inglesi dapprima, poi i maestri della scuola di Vienna, godevano la massima fama, la clinica italiana ebbe fra i suoi maggiori maestri M. Bufalini, professore a Firenze, patologo diligentissimo e instancabile. Nei suoi Fondamenti della patologia analitica (1819) il Bufalini proclama a fondamento della scienza medica l'esame dei fatti, riaffermando solennemente la necessità del metodo analitico e sperimentale contro tutte le teorie.

La clinica napoletana ebbe due insegnanti egregi. G. Semmola, fedele agl'insegnamenti di Magendie del quale era stato allievo a Parigi, pubblicò nel 1854 un Trattato di farmacologia e terapia generale raccolta di una serie d'interessanti esperimenti. Egli fu il più venerato dei maestri dell'Italia meridionale ed ebbe intorno a sé un gran numero di eccellenti allievi che propagarono le sue dottrine. S. Tommasi professore a Napoli, poi a Pavia e poi nuovamente a Napoli, affermò fino dal principio del suo insegnamento l'importanza della patologia clinica secondo il Morgagni. Medico eccellente e di grande fama, egli fu il fondatore della moderna clinica medica napoletana.

La chirurgia. - Dei progressi della chirurgia nel secolo XIX si parla ampiamente nella voce chirurgia: non si può però separare la storia dell'evoluzione della chirurgia da quella della medicina, che a essa, particolarmente in questo secolo, comincia a essere strettamente legata. L'insegnamento della chirurgia entra decisamente a far parte essenziale degli studi universitarî: il perfezionamento della tecnica operatoria, l'introduzione della narcosi, dell'anestesia, del trattamento antisettico delle ferite, incoraggiano i chirurghi a interventi sempre più importanti, dimostrando come si possa a buon diritto attendere dalla natura la guarigione anche dopo gravissimi atti operatorî, quando si possa escludere l'infezione settica del campo operatorio. Durante la prima metà del secolo le specialità operatorie fanno ancora parte della chirurgia generale dalla quale non si sono distaccate. Citiamo qui brevemente la scuola di chirurgia italiana coi suoi grandi maestri A. Vaccà-Berlinghieri, F. Rizzoli e F. Palasciano; ricordiamo la scuola di chirurgia francese che ebbe fama anzitutto da G. Dupuytren e dai grandi chirurghi dell'epoca napoleonica, primi fra i quali J.-D. Larrey e A. Nélaton innovatore arditissimo. La chirurgia inglese ebbe quale figura predominante lord J. Lister, che introdusse l'antisepsi del campo operatorio mediante lo spray di acido fenico. In Germania la chirurgia e tutte le specialità operatorie, l'oculistica, l'otologia, la laringologia e la ginecologia hanno un grandissimo sviluppo.

L'ostetricia scientifica ha in Francia un maestro insigne: J.-C.-A. Récamier, che inventò nel 1818 lo speculo vaginale; fra gli ostetrici inglesi la figura più notevole è quella di J. Young Simpson, clinico illustre, che vide affluire alle sue lezioni allievi da tutte le parti del mondo e la cui pratica privata ebbe un'estensione enorme. T. Spencer Wells fu operatore egregio, il primo a praticare nel 1856 l'ovariotomia, che fino allora era stata considerata un'operazione quasi sempre mortale, riducendo la mortalità al 4% e introducendo la più accurata pulizia delle mani e degl'istrumenti nelle operazioni. Altri famosi ginecologi di quell'epoca furono l'americano Marion Sims considerato uno dei più grandi operatori del suo tempo e R. Lawson Tait che fu fra i primi a introdurre l'asepsi.

Fra i grandi benefattori dell'umanità va nominato l'ungherese I. F. Semmelweis, il quale per il primo riconobbe la causa della mortalità puerperale, che sino a quell'epoca segnava cifre spaventevoli. Semmelweis notò che i fatti osservati sul cadavere di un individuo morto in seguito a infezione contratta durante una sezione cadaverica erano identici a quelli osservati nelle autopsie delle donne morte di febbre puerperale. Avendo osservato che questa mortalità era particolarmente frequente in un reparto nel quale gli studenti venivano direttamente dal teatro anatomico alle lezioni di ostetricia, cominciò a prescrivere lavacri accuratissimi delle mani e lavaggi della sala con cloruro di calcio e notò immediatamente una rapida diminuzione della mortalità.

Grandi furono i progressi della dermatologia (v.), soprattutto per merito degl'inglesi R. Willan e T. Bateman, della grande scuola francese fondata dal barone J.-L. Alibert e giunta all'apogeo con gli studî di F. Ricord e della scuola tedesca fondata da F. Hebra.

Nel campo della psichiatria e neurologia l'Italia fu all'avanguardia: per prima sentì il dovere di sanzionare con una legge gli obblighi verso i mentecatti. La prima legge sui manicomî è quella emanata nel 1774 da Leopoldo di Toscana. Dopo gli studî di anatomia e pschiatria di A. Verga, che propugnò nel senato del regno la legislazione manicomiale, e di C. Livi, il più grande lustro alla psichiatria italiana venne dall'opera di C. Lombroso, geniale fondatore di una nuova scuola di antropologia e di criminologia. La sua concezione dell'uomo delinquente è determinante per tutta la legislazione penale dell'epoca. La scuola psichiatrica francese vanta il nome di J.-M. Charcot, fondatore della prima clinica neurologica moderna, che descrisse magistralmente il quadro morboso dell'isterismo e di molte altre malattie del sistema nervoso. Nelle sale della Salpêtrière egli creò il centro più importante di studî psichiatrici del suo tempo e fu considerato il clinico più geniale nel campo delle malattie nervose.

La lotta contro le malattie infettive ebbe nuovo impulso da una terribile invasione epidemica che scoppiò in tutta Europa al principio dell''800, il colera. L'Inghilterra fu la prima, come quella che vedeva più gravemente minacciati non solo la vita dei cittadini, ma anche i traffici e la vita economica del paese da questa epidemia, a compiere i massimi sforzi per combattere mediante la legislazione e una perfetta organizzazione della difesa sanitaria dei porti il pericolo della diffusione dei morbi per via di mare. Nello stesso tempo si affacciarono altri importanti problemi igienici a causa del rapido aumento delle popolazioni urbane e specialmente di quelle delle grandi città.

Nel 1851 si riunì a Parigi una prima conferenza dei rappresentanti di tutti gli stati europei per deliberare di comune accordo le misure quarantenarie contro la diffusione della peste, del colera e della febbre gialla. L'Inghilterra fu il primo paese a organizzare nel 1848 la lotta contro la morbilità degli operai nelle fabbriche.

I problemi dell'alimentazione e dell'acqua potabile furono studiati particolarmente in Germania: iniziatore Max von Pettenkofer. Anche in Italia si ebbero in questo campo studiosi e innovatori, fra i quali va nominato in prima linea Agostino Bertani.

Riassumendo, questo periodo storico, che va dal principio del secolo sino a circa il 1870, è dominato decisamente da un indirizzo positivista. In quest'epoca, nella quale trionfano la concezione materialistica e la patologia cellulare, e i successi della batteriologia aprono alla medicina nuovi orizzonti, sembra per un momento che tutti i problemi della medicina possano essere risolti con assoluta certezza nel laboratorio. Questa è la nota essenziale del pensiero medico in quest'epoca, che fu senza dubbio la più rivoluzionaria e la più feconda di nuove idee che la storia della medicina ricordi.

La posizione del medico nella società, di fronte allo stato e di fronte al pubblico subisce un mutamento molto importante. Il medico non parla più latino e rinuncia a ogni vacua magniloquenza; affermatosi il valore dell'esperimento scientifico e la superiorità dell'esame diligente, è più severo il controllo da parte dell'opinione pubblica che apprezza generalmente i meriti dei grandi medici. Con la fondazione di grandi ospedali, col perfezionamento degli studî, col formarsi delle associazioni scientifiche, col diffondersi della cultura, con l'enorme sviluppo della stampa medica, si viene costituendo una classe di medici colti in tutti i campi della medicina e dotati di una ricca esperienza. La medicina diviene ormai internazionale e le notizie di tutti gli studî e di tutte le scoperte si diffondono rapidamente in tutto il mondo: la diffusione dell'istruzione mediante l'insegnamento elementare obbligatorio rende popolari i fini e i mezzi dell'igiene e agevola l'opera del me dico anche nei più piccoli e sperduti centri abitati.

Nella società del sec. XlX il medico è lo scienziato che si è staccato dal tempio e dall'accademia e veste il camice bianco del laboratorio e della clinica: positivista e naturalista sente che ogni progresso della medicina richiede necessariamente il controllo dell'esperimento. Il formarsi dei grandi stati sulla base di leggi democratiche, l'aumento delle industrie e la formazione di grandi popolazioni operaie, lo sviluppo dei centri urbani sono altrettanti fatti che impongono al medico nuovi e più complessi doveri e ne richiedono la collaborazione regolare e sistematica in tutti i campi della vita sociale. Nello stesso tempo il moltiplicarsi delle scoperte, il rapido progresso della tecnica, l'approfondirsi delle cognizioni scientifiche, rendono sempre più difficile per il medico il seguire nei suoi studî tutte le branche della medicina e pertanto verso la fine di questo periodo storico, cioè nella seconda metà dell''800, vediamo anzitutto formarsi una distinzione fra i medici che si dedicano esclusivamente o quasi esclusivamente alle ricerche e quelli che si occupano della pratica, quindi il suddividersi della medicina e della chirurgia in un gran numero di specialità, ciascuna delle quali richiede una preparazione e uno studio speciale. Con ciò va diventando più raro, se pure non scompare, il tipo del medico pratico d'altri tempi, il quale era il confidente del malato in tutti i casi e per tutte le malattie che potessero colpirlo.

La medicina del sec. XIX (secondo periodo) e del principio del sec. XX. Dalla concezione microbiologica al neoippocratismo. - Questo periodo storico è in un primo tempo dominato interamente, tanto per quel che riguarda la medicina scientifica quanto per la pratica, dalla concezione microbiologica e dalle conseguenze che ne derivano in tutti i campi. Il modo di considerare le malattie, i concetti sui fenomeni morbosi e sulla loro origine, le idee intorno alla terapia e ai suoi scopi sono essenzialmente mutati. La dottrina microbiologica, derivata dal complesso di quegli studî di patologia i quali, infirmando in parte i dogmi della patologia cellulare, aprirono la via a un nuovo umoralismo, s'impose immediatamente come una verità assoluta. Si fece strada nella medicina il concetto che il problema di tutta la patologia sia da ricercarsi negli enti infinitamente piccoli e tutte le nuove scoperte contribuirono a fare delle ricerche biologiche e batteriologiche il fulcro essenziale di ogni studio. Soltanto verso la fine di questo periodo, e più manifestamente dal secondo decennio del sec. XX, si osserva un nuovo mutamento d'indirizzo, un ritorno cioè alla concezione ippocratica essenzialmente clinica e funzionale, dopo che nuove ricerche nella patologia costituzionale e nell'endocrinologia dischiusero nuove vie al pensiero medico, affermando nel modo più decisivo l'importanza della disposizione individuale, fattore mutabile che può essere studiato soltanto al letto del malato e mettendo in pieno onore quella concezione biologica e clinica che significa un giusto temperamento delle idee, che, in un primo tempo, avevano ritenuto possibile la soluzione di tutti i problemi della vita secondo dottrine rigidamente materialistiche, meccanistiche e deterministiche.

Il compito del medico, rivolto a un tempo all'individuo e alla collettività, in conseguenza del moderno orientamento scientifico si afferma di due diversi ordini, cioè clinico-curativo e igienico-preventivo, in quanto che si propone non solo di guarire il malato ma anche di tener lontano dall'individuo sano e dalla collettività il pericolo delle malattie, preparando la disposizione individuale e l'ambiente nel modo più favorevole. Altro fatto caratteristico della medicina moderna è il suo interferire in tutti i campi della vita individuale e sociale. Datano da quest'epoca la creazione della medicina scolastica, della medicina professionale, della statistica sanitaria, di un'igiene marinara e industriale, quindi la necessità che insegnamenti di discipline mediche siano impartiti nelle facoltà d'ingegneria, di scienza, di legge. Una vasta legislazione di assicurazione e di difesa contro le malattie e particolarmente, in Italia, contro la tubercolosi, la protezione della maternità e dell'infanzia attuata dal regime fascista, l'assicurazione dei lavoratori contro gl'infortunî, i provvedimenti per la vecchiaia e in generale tutte quelle misure che si riassumono sotto la denominazione di assicurazioni sociali hanno creato nuovi campi di lavoro e di indagini alla medicina.

Vi è dunque in quest'epoca da un lato un manifesto suddividersi dei compiti del medico, un moltiplicarsi degli specialisti, una scissione negl'indirizzi dei programmi e degli studî affidati a singoli medici o a singoli gruppi di medici, ma d'altro lato, nel campo scientifico come in quello pratico, nuove scoperte biologiche e fisiologiche di altissima importanza riaffermano sempre più chiaramente l'indivisibilità della concezione patologica, l'unità inscindibile della medicina con tutte le sue branche, cosicché appare più che mai evidente la verità del concetto fondamentale, biologico, ippocratico nelle sue idee essenziali, secondo il quale nessun organo, nessun individuo, nessuna funzione possono essere altrimenti considerati che come parti di un tutto organicamente indissolubile, che a sua volta costituisce un microcosmo nel macrocosmo.

Si dà qui soltanto un quadro sommario dell'evoluzione della medicina, passandone in rapida rassegna i più significanti progressi e le più decisive scoperte di questo periodo. Più ampî particolari, alle voci relative ai singoli rami della medicina o a quelle biografiche.

Biologia. - I progressi nel campo della biologia, in quello della istologia e della citologia furono tali da imprimere un nuovo orientamento a tutta la medicina. La dottrina di Darwin della selezione delle specie, quella del Huxley che sostenne la discendenza dell'uomo dall'animale (1864), la legge biogenetica formulata dal Haeckel, il quale affermò che l'ontogenia, cioè la formazione dell'individuo, non è che la ripetizione della storia filogenetica, cioè dell'evoluzione della specie alla quale l'individuo appartiene, esercitarono un'azione notevolissima nel campo della biologia; la formazione dei due gruppi, dei neodarwinisti che affermarono l'ereditarietà delle qualità congenite, negando l'ereditarietà delle qualità acquisite, e dei neolarmarckisti che sostennero l'ereditarietà delle qualità acquisite, gli studî del De Vries sulle variazioni spontanee del carattere della specie, suscitarono lunghe appassionate discussioni e portarono tutti i problemi biologici all'ordine del giorno. La dottrina della cellula ebbe grande impulso dagli studî di Bizzozzero, quelli sulla costituzione del nucleo cominciarono da Purkynĕ (Purkinje), infine una serie di ricerche illustrarono la vita della cellula nell'organismo. I fenomeni della segmentazione già studiati anzitutto da Rusconi nel 1826 portarono a ulteriori ricerche sull'ereditarietà, sull'ibridismo artificiale e alla scoperta della legge di Mendel (1869) secondo la quale, nell'incrocio delle razze, l'ereditarietà dei caratteri dei genitori nelle successive generazioni è soggetta a regole esattamente determinate. Contemporaneamente a questi studî fiorirono quelli di chimica biologica, aprendo un nuovissimo orizzonte a tutte le ricerche dei fenomeni della vita, gli studi sull'energia raggiante in generale e più particolarmente quelli di Röntgen sui raggi X (1895), di Becquerel sulla radioattività (1896), dei coniugi Curie sul radio (1898).

Gli studi di anatomia (v.) ebbero un grande sviluppo intorno al quale fu già ampiamente riferito; ricordiamo qui soltanto ancora i nomi di C. Golgi, il quale dalla sua cattedra di Pavia portò un contributo geniale non solo all'anatomia del sistema nervoso e all'istologia dei tessuti, ma a tutta la clinica neurologica. La fisiologia (v.) fu instaurata secondo nuovi concetti e nuovi orientamenti: gli esperimenti compiuti in tutti i campi col sussidio della fisica, della chimica, della meccanica, suffragati da vaste ricerche intorno a insospettate relazioni fra varî organi e reciproche interferenze, avviano a una concezione nuova che si potrebbe chiamare del neoumoralismo e che a poco a poco sovverte le dottrine della fisiologia cellulare. Gli studî sulla fisiologia del sangue, della circolazione, della respirazione e del suo meccanismo, della digestione, del lavoro muscolare, del ricambio diedero risultati inattesi e portarono alla soluzione dei più complessi problemi. Ai progressi di questa disciplina contribuirono notevolmente gli scienziati italiani fra i quali vanno nominati in prima linea quali caposcuola L. Luciani, P. Mantegazza, A. Mosso, G. Fano, P. Albertoni e F. Bottazzi. È di questo secolo l'inizio di una nuova disciplina: la psico-fisiologia sperimentale (Wundt, Mach, James); la chimica fisiologica giunge alle più grandi altezze (E. Fischer, E. Abderhalden, A. Kossel); in tutti i laboratorî del mondo un lavoro costante e continuo è dedicato allo studio dei fenomeni della vita.

L'anatomia patologica deve agli scienziati italiani scoperte fondamentali: E. Marchiafava e A. Celli insieme con G. B. Grassi portarono a compimento le ricerche sul parassita della malaria estivo-autunnale, P. Foà fondò la scuola anatomo-patologica di Torino, E. Marchiafava quella di Roma, A. Lustig la scuola fiorentina.

Gli studî anatomo-patologici si svolgono in quest'epoca sulla via che era stata tracciata da G. B. Morgagni, con un lavoro indefesso e continuo che porta l'anatomia patologica a un posto importante fra gli studî medici, determinando il sorgere di studî specializzati e di appositi istituti per lo studio dei tumori maligni, delle malattie tropicali ecc., studî nei quali l'anatomia patologica ha una grandissima parte.

La batteriologia prende sviluppo in questo secolo dall'idea iniziale di L. Spallanzani e di A. Bassi; il concetto microbiologico si diffonde e penetra così rapidamente in tutti i campi della medicina che a un dato momento sembra che soltanto ai germi viventi debbano essere ascritte le cause di tutte le malattie. La patologia muta ogni suo aspetto, la clinica si sottomette al responso del laboratorio e da esso partono le norme per il legislatore e per l'igienista, per l'ostetrico come per il batteriologo, per il medico legale come per il pediatra. Alla batteriologia convergono tutti gli sforzi in quest'epoca e in essa si accentrano tutti i problemi medici, ma poi si scorge che essa non può risolvere tutte le incognite dell'etiologia né raggiungere gli scopi della terapia. La figura più rappresentativa nel campo degli studî microbiologici è senza dubbio quella di L. Pasteur. Nessuno scienziato forse ebbe la compiacenza di vedere così rapidamente e universalmente riconosciuta l'importanza della sua opera insigne né accettate con tanto entusiasmo le sue idee. Egli confermò con le sue ricerche la dottrina di Bassi secondo la quale la fermentazione deriva da organismi vivi e anche le forme morbose infettive sono dovute a germi differenziabili. A queste sue prime scoperte seguirono quella del germe patogeno dell'antrace e del colera dei polli e gli studî sullo streptococco piogene nella setticemia puerperale, sulle colture virulente del colera e sulla vaccinazione contro la rabbia. Nel luglio 1885 fu fondato l'Istituto vaccinogeno di Parigi. Pasteur creò intorno a sé una scuola di allievi illustri: I. Mečnikov (Metchnikof), E. Roux, A. J. E. Yersin, A. Calmette. Contemporaneamente gli studî di C. J. Davaine (1863), di E. Klebs (1872) sul virus dell'antrace non filtrabile, di O. H. F. Obermeier che scoperse gli spirilli della febbre ricorrente, e una serie di altre scoperte portarono con sé un progresso decisivo in questi studî. Ma il più grande contributo fu dato loro dalle ricerche di R. Koch il quale, studiando il bacillo dell'antrace, si dedicò interamente al problema delle colture, migliorò la tecnica per la sorveglianza della vita dei microorganismi con numerosissimi esperimenti, constatò con sicurezza la formazione delle spore che era stata supposta da F. Cohn (1876) e annunciò nel 1882 la scoperta del microbo della tubercolosi, da lui coltivato. A questi studî e a queste scoperte seguì un lavoro attivissimo e una sempre più perfezionata tecnica d'esame: il perfezionamento nella colorazione dei microbi, iniziato da K. Weigert (1875) portò un progresso notevolissimo e. ben presto s'indicarono metodi esatti per esaminare i bacilli con ricerche biologiche. In rapida successione furono coltivati e descritti i germi di un gran numero di malattie infettive le origini delle quali erano state fino allora perfettamente oscure. F. Löffler scoperse nel 1882 insieme con P.-P. Roux il bacillo della difterite, G. Guarnieri nel 1894 il Cytorictes variolae, A. Negri i corpuscoli della rabbia (1903), A. Castellani il parassita della malattia del sonno (1903). Nel 1880 G. Hansen scoperse il bacillo della lebbra, K. J. Eberth quello del tifo, A. Ducrey nel 1889 quello dell'ulcera molle, R. Pfeiffer quello dell'influenza. Nel 1905 F. Schaudinn scoperse il germe della sifilide.

Gli studî sul potere battericida del sangue e sui prodotti di ricambio derivanti dai bacilli diede origine a una serie di esperimenti che condussero alla dottrina dell'immunità (v.) che ebbe la sua riprova definitiva dagli studi di I. Mečnikov. Le ricerche di E. v. Behring sulla possibilità d'immunizzare passivamente gli animali e l'uomo contro la difterite mediante l'iniezione del siero di sangue di animali immunizzati contro il veleno difterico, portarono all'applicazione pratica di questi risultati nella cura della difterite e alle importanti scoperte di P. Ehrlich (1901). Così tutta la dottrina dell'immunità, che era stata sperimentalmente applicata nella vaccinazione di Jenner, cominciò a entrare nel campo delle conquiste scientifiche.

L'immunizzazione attiva e passiva contro varie malattie infettive fu tentata con vario successo e in parte introdotta definitivamente nella profilassi; lentamente si vennero scoprendo le leggi dell'ipersensibilità derivante da un'infezione o intossicazione che fu chiamata anafilassi (1902) e di tutti quei fenomeni che furono raccolti sotto il nome di malattie da siero (1905). Così in un grande fervore di ricerche, nelle quali gl'Italiani ebbero una parte eminente (A. Lustig, G. Galeotti, C. Tizzoni, E. Maragliano), furono chiariti problemi etiologici di grandissima importanza e fu segnata la via maestra alla difesa dell'organismo individuale e sociale.

La patologia e la clinica medica ebbero da questi studî un notevole sviluppo: le grandi rivoluzioni nel campo della patologia e della microbiologia fecero sì che in un primo tempo il clinico medico fosse in prima linea patologo e quasi sempre anche microbiologo e questa tendenza si manifesta soprattutto in Germania. Nella clinica medica dei paesi latini è invece più viva la tradizione antica della clinica: né in Italia si abbandonano gl'insegnamenti del Morgagni, del Buffalini, del Tommasi, né in Francia quelli di Corvisart e Laennec. La scuola neolatina, alla quale si accosta quella inglese con le grandi tradizioni degl'ippocratici del primo Ottocento, rimane essenzialmente clinica. La figura più rappresentativa della clinica italiana è senza dubbio quella di G. Baccelli che per molti aspetti ricorda i grandi medici italiani del Rinascimento; patologo e insegnante egregio, grande clinico e appassionato umanista, fu il maestro della clinica italiana moderna, alla quale L. Concato, C. Bozzolo, che ebbe a scolari nella clinica di Torino A. Ceconi (malattie del ricambio, leucemia e pseudoleucemia) e F. Micheli, clinico a Torino; M. Semmola, A. Cardarelli insigni maestri della scuola napoletana e F. Schupfer, clinico a Firenze (affezioni del sistema nervoso), portarono un contributo prezioso. A. De Giovanni, clinico a Padova, applicò per il primo alla clinica la misurazione antropometrica e fondò la scuola italiana di patologia costituzionale, mentre quasi contemporaneamente lo stesso problema fu sollevato in Germania da F. W. Beneke. Gli scolari del De Giovanni fra i quali citiamo G. Viola, clinico a Bologna (ricerche antropometriche, designazione del tipo microsplancnico e megalosplancnico), V. Pende, clinico a Genova (biotipo, ricerche endocrinologiche), e F. Galdi, clinico a Bari (fisiologia e biochimica del sangue) continuarono e perfezionarono questi studî con nuovi e originali indirizzi. A. Gasbarrini, clinico a Padova (emoglobinuria sperimentale, albuminuria lordotica) è fra gli scolari di Viola. La clinica fiorentina ebbe a maestro P. Grocco che si dedicò particolarmente a problemi di fine semeiotica fisica, ed ebbe a scolari A. Castellani, che segnò nuove vie alla medicina tropicale, C. Frugoni, clinico a Roma, e A. Ferrata clinico a Pavia (morfologia tropicale, emopatie). Nella terapia delle affezioni polmonari si segnalò Carlo Forlanini, clinico a Pavia, proponendo nel 1882 il pneumotorace artificiale come metodo di cura. Fra gli allievi di questo insigne clinico vanno citati E. Morelli, clinico tisiatra a Roma che continuò nel campo della lotta antitubercolare l'opera del maestro, e L. Zoia, clinico a Milano (patologia del ricambio, malattie del fegato).

Il più rinomato fra i clinici italiani di questo periodo fu A. Murri il quale trasfuse nella clinica italiana una profonda serietà di studî e un'alta nobiltà di pensiero e impresse all'insegnamento una spiccata tendenza verso la sintomatologia esatta e lo studio accurato della fisiopatologia. La genialità delle sue osservazioni, la rigidità della logica e l'acutezza del ragionamento, fecero di lui uno dei grandissimi clinici europei della seconda meta dell'Ottocento e la scuola bolognese divenne per opera sua centro importante di ricerche scientifiche.

La clinica di Genova ebbe a maestro insigne E. Maragliano, che preconizzò nel 1892 la vaccinazione preventiva antitubercolare con preparati di bacilli morti. Allievi di Maragliano furono L. Devoto che fondò a Milano la clinica delle malattie del lavoro e fu il grande animatore degli studî di medicina sociale, L. Castellino, clinico di Napoli, che portò un bel contributo alla patologia del cuore, della circolazione, del sistema vegetativo e all'indirizzo morfologico della clinica, L. Lucatello che pubblicò una serie di studî sulle malattie degli organi respiratorî, R. Jemma che diede impulso magnifico alla clinica pediatrica italiana. A Palermo, L. Giuffré indirizzò la clinica verso gli studî del ricambio, interpretandone acutamente i sintomi; M. Ascoli gli successe nella clinica (reazione meiostagminica, isolisine e precipitine); a Roma V. Ascoli raccolse la somma delle sue esperienze e dei suoi studî in una magistrale trattazione del quadro clinico della malaria, e gli successe C. Frugoni che con indagini originali aperse nuovi orizzonti alla patogenesi, alla clinica e alla terapia delle sindromi anafilattiche.

La clinica medica di quest'epoca vanta in tutti i paesi del mondo tanti nomi illustri che si può solo accennare rapidamente ad alcuni indirizzi di studî. Le malattie del sistema nervoso furono studiate particolarmente dalla grande scuola francese che deriva da J.-M. Charcot; innovatore della patologia della tubercolosi fu J.-A. Villemin (1827-1892) professore nell'Istituto militare di Val-de-Grâce a Parigi, il quale provò con una serie di esperimenti la contagiosità della tisi mediante il trapianto di materiale tubercolotico negli animali. A. Trousseau fu il primo a praticare la tracheotomia e a propugnare l'introduzione della toracentesi e dell'intubazione, a descrivere la tisi laringeale. Fra i suoi grandi allievi vanno nominati G. Dieulafoy e C.-J. Bouchard il cui trattato di patologia generale fu libro di testo universitario ricercatissimo. Fra gl'illustri clinici francesi dell'ultimo periodo vanno ricordati F. Widal, scolaro del Dieulafoy, che indicò nel 1896 la prova d'agglutinazione del sangue per la diagnosi del tifo, universalmente accettata, e la vaccinazione preventiva contro il tifo (1915), e studiò profondamente la patologia dei reni; H. Vaquez clinico a Parigi (patologia del cuore e dei grandi vasi); A.-M.-E. Chauffard (malattie del fegato, ittero emolitico); e N. Fiessinger (esplorazione funzionale del fegato, itteri tossici).

Fra i grandi clinici tedeschi quelli che ebbero un posto più cospicuo nell'insegnamento e nella vita scientifica furono L. Traube, profondo studioso di fisiologia e di anatomia patologica, Ernesto v. Leyden, A. Kussmaul e H. Nothnagel che da ultimo fu professore a Vienna e pubblicò il grande Trattato di patologia e teapia in 24 volumi. La clinica medica inglese ebbe pure un'epoca fiorente di grande progresso: le personalità più notevoli di quest'epoca furono W.W. Gull, che si occupò soprattutto delle malattie del sistema nervoso, T. C. Allbutt (1836-1926), autore di studî importantissimi sulle malattie dei vasi, W. Osler clinico egregio e investigatore instancabile, e J. Mackenzie che illuminò con studî originali la patologia del cuore.

In tutte le grandi università del mondo, in tutte le cliniche, in tutti i laboratorî i problemi di patologia e di clinica medica furono affrontati con profonda preparazione, con originalità di vedute, con grande audacia: la clinica medica divenne in quest'epoca il centro degli studî pratici: a essa ritornarono negli ultimi anni anche le specialità che se ne erano distaccate per riprendere contatto con le direttive fondamentali. Essa è dominata attualmente da una concezione nettamente biologica e strettamente clinica, fedele alle antiche tradizioni greco-latine (v. cliniche, scienze; costituzione).

Quali siano state le vie e i successi della chirurgia in quest'epoca è stato detto diffusamente a questa voce; non è quindi il caso di ripetere qui i nomi dei grandi maestri di questa disciplina; accenniamo soltanto ai tre fattori che determinano questo rapido e trionfale sviluppo e che si riallacciano strettamente al progresso generale delle altre discipline mediche: la generale introduzione dell'anestesia che diviene quasi scevra di ogni pericolo, l'asepsi che entra nel dominio di tutti gli operatori e costituisce il cardine fondamentale di ogni trattamento chirurgico, infine l'anemizzazione sistematica del campo operatorio che rende possibile il procedere anche a operazioni lunghe e difficili in profondità, senza temere emorragie. È in quest'epoca altresì che ausilî preziosi si presentano al chirurgo nel campo diagnostico non meno che in quello tecnico: basti qui accennare fuggevolmente all'importanza della radioscopia, della quale altrove sarà detto più ampiamente, che ha rinnovato tutta la diagnostica chirurgica. Le conquiste della chirurgia in quest'epoca storica segnano più che un progresso una vera e propria rivoluzione di fronte alla chirurgia dei secoli precedenti. La mortalità per le grandi operazioni si è abbassata rapidamente ed è quasi scomparsa in molti importanti interventi chirurgici. Il metodo di cura delle ferite e delle fratture è interamente mutato, le operazioni sullo scheletro e sulle articolazioni sono ormai senza pericoli. La chirurgia moderna ha creato tutta una serie di operazioni nuove alle quali in altri tempi non sarebbe stato nemmeno possibile pensare: le operazioni del rene, del fegato, della milza, dello stomaco e dell'intestino, gl'innesti e i trapianti. Il coltello del chirurgo ha aggredito audacemente gli organi più delicati: la chirurgia del cervello, del cuore, dei polmoni, che si può dire incominciata in questo periodo, ha già segnato delle grandi conquiste. La chirurgia dei tumori maligni ha dato risultati insperati nella lotta contro affezioni, delle quali fino a pochi decennî or sono la diagnosi equivaleva alla condanna definitiva del paziente.

In quest'opera feconda e magnifica alla quale gli scienziati di tutto il mondo hanno portato il loro contributo, è degna di nota l'opera degl'Italiani intorno alla quale ampiamente fu detto.

Non meno decisivi sono i progressi nel campo della ginecologia e dell'ostetricia. E anche qui sono all'avanguardia i medici italiani fra i quali vanno citati in prima linea E. Porro, operatore valentissimo, L. Mangiagalli, eminente clinico e operatore, fondatore degl'Istituti di perfezionamento di Milano e quindi dell'università milanese; E. Pestalozza, alla cui scuola si deve lo sviluppo della teoria ovulare delle intossicazioni gravidiche, instauratore di nuovi metodi importantissimi di operazioni ginecologiche.

È di questo secolo il grande sviluppo della pediatria, quel ramo della medicina che si occupa della fisiopatologia del lattante e del bambino e che tende a diminuire la morbilità e la mortalità, così grave specialmente nel primo anno di vita. Tutta una grande campagna in favore dell'infanzia si è svolta specialmente in questi due ultimi decennî con la fondazione di ospizî, di brefotrofî, coi provvedimenti per l'aumento della natalità, con la creazione dell'Opera nazionale di assistenza e protezione dell'infanzia, avvenuta in Italia nel 1925 con la legge Federzoni, che deve essere considerata esemplare per la vastità delle disposizioni, e fu coronata-da un grande successo, poiché anche in Italia si nota che la mortalità infantile è rapidamente diminuita. La scuola di R. Jemma è oggi all'avanguardia degli studî pediatrici e conta numerosi allievi i quali continuano con amore e fede l'opera del maestro; a essi si aggiungono i discepoli di due grandi pediatri italiani G. L. Mya (Firenze) e Concetti (Roma), i quali portarono un contributo originale agli studî pediatrici.

Nel campo delle grandi specialità chirurgiche, i progressi di questo periodo furono così notevoli da permettere la formazione di intere discipline di patologia e di tecnica operatoria distinte. Così si dica dell'urologia, soprattutto per i meriti della grande scuola francese, e dell'ortopedia grazie all'invenzione delle fasciature rigide, all'introduzione della terapia meccanica e al deciso intervento chirurgico in una serie di affezioni, all'opera degli svedesi E. Ling e G. G. Zander. Gl'Italiani per merito altissimo di F. Rizzoli, di A. Paci e di A. Codivilla che indicò una serie di nuovi atti operativi e del quale furono allievi R. Galeazzi, C. Romano, V. Putti, direttore dell'Istituto Rizzoli di Bologna, di F. Delitala e di R. Dalla Vedova, ebbero una parte importantissima nello sviluppo della moderna ortopedia.

L'oculistica, per la sempre più profonda conoscenza del decorso e delle cause delle malattie, per gli studî dei rapporti fra i vizî di rifrazione e i sintomi morbosi generali, per i progressi nel campo della tecnica e dell'ottica fisiologica, per l'interpretazione dei sintomi, facilitata dall'esame microscopico dell'occhio vivente, ebbe in quest'epoca un grandissimo sviluppo, al quale portarono un prezioso contributo le scuole italiane di G. Albertotti, A. Angelucci, G. Cirincione, G. Ovio e A. Bietti.

Nel campo dell'otologia, i metodi curativi si trasformarono sotto l'azione di nuove scoperte: cancellato l'errore fondamentale che faceva ritenere che la meningite e l'encefalite derivassero dall'arresto dello scolo purulento dall'orecchio e considerava sintomo di guarigione il continuare del flusso di pus, tutta la chirurgia dell'orecchio si venne modificando. L'anatomia della cavità timpanica fu perfettamente nota, la fisiologia dell'organo uditivo e particolarmente del timpano, degli ossicini e della chiocciola furono oggetto di ampie ricerche, sicché si può dire che veramente in quest'epoca tutta la patologia e la terapia delle malattie uditive apparisca sotto nuovo aspetto. Né fu meno notevole il progresso della laringologia e della rinologia. Nel 1854 Manuel García, un celebre cantante, era riuscito a esaminarsi la gola facendo penetrare un raggio di luce solare nella laringe mediante uno specchietto rotondo di quelli che sono usati dai dentisti. La laringoscopia ebbe quindi rapidi perfezionamenti tecnici e determinò notevoli progressi. G. Killian indicò per il primo nel 1898 la broncoscopia diretta, G. O. Dwyer indicò l'intubazione della laringe nella cura della difterite (1884). Fra gli otologi e laringologi italiani di questo periodo i più insigni furono E. De' Rossi, G. Gradenigo che fondò la scuola otologica di Torino, V. Cozzolino che fu professore a Napoli F. Massei che fondò nel 1888 a Napoli la prima clinica laringologica italiana.

Nel camp0 della dermatologia gli studî di quest'ultimo periodo determinarono dapprima un orientamento deciso verso la parassitologia e la microbiologia, ma i risultati positivi ottenuti da queste ricerche non furono tali da mutare la concezione patologica delle affezioni della pelle. La dermatologia oggi pur essendo una disciplina autonoma, è strettamente legata alla medicina generale, poiché è apparso evidente come la pelle non sia soltanto l'organo che costituisce la difesa fisico-meccanica del corpo, rivelando essa oltre che i quadri morbosi della patologia cutanea, anche una serie di altri fatti patologici che hanno la sede in altri organi. La dermatologia nel sec. XIX ha assunto, dunque, accanto alle altre specialità mediche, un posto di particolare importanza. Non è qui il caso di indicare i nomi dei maggiori dermatologi italiani di questo periodo di grande fioritura della disciplina, del quale fu già detto.

La psichiatria e la neurologia giunsero a risolvere alcuni problemi fra i più difficili riguardanti l'origine e le localizzazioni delle malattie cerebrali e spinali. Gli ospedali per i psicopatici furono dovunque riordinati in base a nuovi concetti concedendo ai malati la più grande libertà; fu introdotta nei limiti del possibile la cura familiare. Negli ultimi decennî poi i problemi della psichiatria apparvero sotto un nuovo punto di vista in seguito alla tendenza a spiegare le malattie della psiche con una nuova dottrina, la psicanalisi, fondata da S. Freud. Il Freud fondò una scuola che interpreta l'isteria e molte altre neurosi come derivanti da un trauma psichico dell'infanzia. La dottrina di Freud ebbe grande diffusione particolarmente in Germania, in Inghilterra e in America.

Molte malattie del sistema nervoso furono in quest'epoca perfettamente individuate e descritte nel loro decorso. Fra i grandi neurologi e psichiatri di quest'epoca va ricordato P. Marie, scolaro di J.-M. Charcot, che descrisse per il primo l'acromegalia e la spondilosi rizomelica, alla quale fu dato il suo nome. Instancabile ricercatore e profondo patologo egli fu il capo di una scuola di neurologi che affrontarono tutti i problemi più importanti. La psichiatria che fiorisce nell'opera memorabile di C. Lombroso, ebbe a maestri fra i più insigni E. Morselli, che fu professore a Genova e fondò il primo laboratorio di psicologia sperimentale, L. Bianchi, che fu uno dei grandi maestri della neurologia e della psichiatria moderna, fondatore dell'insegnamento psichiatrico; a Napoli egli fece costruire un manicomio corrispondente a tutte le esigenze della scienza e fu il creatore della clinica neuropsichiatrica. Fra gli scienziati che portarono un contributo notevolissimo allo studio dei centri nervosi deve essere qui ricordato anche C. Economo (1876-1931) che descrisse per il primo nel 1918 l'encefalite letargica (malattia di Economo) e studiò profondamente l'anatomia del tessuto cerebrale (v. citologia).

La chimica determinò, con le grandi scoperte e con le nuove direttive degli ultimi decennî, un progresso rilevante nel campo della farmacologia, la quale divenne veramente scientifica quando, con i sussidî della tecnica sperimentale e con ricerche prima sugli animali e poi sull'uomo, poté provare e riconoscere gli effetti terapeutici e fisiologici di antiche e nuove droghe e dei prodotti che in serie ininterrotta escono dalle officine chimiche moderne. Sono di quest'epoca gli studî sulle azioni delle sostanze stupefacenti, gli esperimenti nel campo della tossicologia e quelli sul significato terapeutico della dottrina della secrezione interna, l'opoterapia, l'ormonoterapia, la chemoterapia fondata da P. Ehrlich col concetto della sterilizzazione terapeutica integrale allo scopo di distruggere i parassiti senza ledere l'organismo giungendo alla cura chemoterapeutica della sifilide (1910), la scoperta della sieroterapia (1890). L'indirizzo terapeutico dato alla farmacologia dall'osservazione dei complessi sintomatici, che si svolgono nell'organismo in seguito all'introduzione parenterale nell'organismo di corpi proteinici, portò a ricerche nuove sul metodo terapeutico con la cosiddetta attivazione del protoplasma.

Tutta una serie di nuove scoperte e di minuziose ricerche hanno segnato nuovi indirizzi e nuovi compiti alla farmacologia e in genere alla terapia. A quest'opera vasta collaborano scienziati illustri di ogni parte del mondo fra i quali ci limiteremo a nominare alcuni fra i più insigni maestri: O. Schmiedeberg (v.) che fu professore a Strasburgo e fece del suo laboratorio il centro degli studî farmacologici; C. Binz (1832-1912), direttore dell'Istituto farmacologico di Bonn; W. K. Tanrep (1879-1884), che introdusse la cocaina nella terapia e F. G. Banting che introdusse, nel 1922, l'insulina. Fra i farmacologi italiani che insegnarono nelle università e nei laboratorî vanno citati P. Giacosa (1853-1928) dell'università di Torino, acuto studioso di chimica biologica; A. Benedicenti autore d'importanti studi dell'uomo sulle Alpi e storico della farmacologia; G. Gaglio autore di un eccellente Trattato di farmacologia e terapia. Alle cure medicamentose si aggiunsero nei tempi recenti una quantità di metodi di cura fisioterapica che divennero sempre più diffusi: le cure idroterapiche, la talassoterapia, la ginnastica medica, l'elettroterapia e l'elioterapia. La scoperta dei raggi Röntgen (1896) portò alla medicina dapprima l'ausilio prezioso di un metodo diagnostico d'insuperabile valore e ben presto un validissimo aiuto terapeutico; oggidì la radioterapia è usata nella cura di una serie di malattie con grande successo. Perfezionati ormai i metodi di dosaggio, in tutte le cliniche e in tutti gli ospedali del mondo funzionano istituti radiologici che dànno risultati notevolissimi tanto nel campo della diagnostica quanto in quello della terapia.

Quanto ai progressi della medicina militare, sarà opportuno accennare soltanto brevemente all'instaurazione del metodo di assistenza del quale fu propugnatrice eroica F. Nightingale che portò nella guerra di Crimea un corpo di infermiera sui campi di battaglia per organizzare il servizio degli ospedali militari. Questa donna merita un posto insigne nella storia della medicina e con lei ha inizio una nuova sistemazione dell'assistenza agl'infermi. La Croce Rossa (v.) con la perfetta organizzazione dei suoi servizî anche nella difesa contro le malattie infettive, dimostrò durante la guerra mondiale come con un'opera d'assistenza che saggiamente accompagna e completa le grandi misure iniziate dalle autorità militari si possa riuscire a ridurre le cifre della morbilità e della mortalità e la percentuale dei mutilati inabili al lavoro.

L'igiene ha celebrato in questo periodo i suoi maggiori e più significativi trionfi. La difesa contro le malattie fu considerata dovunque, e particolarmente in Italia, come un grande problema sociale, la difesa dei neonati e quella dei non nati ancora, la protezione dei deboli e dei gracili, non nel senso di una sterile pietà, ma in quello di un'opera efficace di risanamento sociale, la sorveglianza igienica dei bambini nelle scuole, e degli operai nelle fabbriche, delle madri, dei vecchi, degl'infermi portarono a un progresso della legislazione e a una modificazione così profonda di tutto il concetto fondamentale della medicina, che questa apparve ormai decisamente indirizzata dal campo della terapia a quello dell'igiene. La lotta contro la malaria combattuta con estrema energia grazie all'iniziativa di A. Celli e continuata fino ai giorni nostri con la magnifica opera di risanamento delle zone paludose restituite all'opera sana e feconda dei lavoratori della terra, si può considerare come uno degli esempî più istruttivi e più efficaci dei successi che accompagnano un'opera innovatrice, sapientemente ideata e arditamente compiuta.

La lotta contro la pellagra contribuì a migliorare rapidamente le condizioni igieniche d'Italia negli ultimi decennî. Una campagna formidabile coronata dal più grande successo fu quella condotta da O. Cruz a Rio de Janeiro contro la febbre gialla e quella condotta dal governo inglese in India contro la peste e la dissenteria.

In tutti i campi, nell'igiene dell'alimentazione, nell'igiene scolastica, in quella demografica, che tende al miglioramento della razza, nella lotta contro i tumori maligni, nell'igiene militare, navale e coloniale gli sforzi contemporaneamente condotti dovunque con unità di intenti sono riusciti a modificare assai favorevolmente le condizioni della vita e a diminuire progressivamente e dovunque le quote della mortalità. Nel sistema igienico moderno noi ritroviamo le linee fondamentali di quella concezione dell'igiene di stato che è segnata nelle pagine immortali dei classici dell'antica medicina greco-romana. Lo stato, supremo difensore della salute pubblica e individuale, ha avocato a sé il controllo e la sorveglianza di essa mediante i suoi funzionari; la scuola, centro dell'educazione fisica, è considerata come fattore essenziale per il benessere dell'individuo e della nazione grazie all'ordinamento degli esercizî fisici dei giovani nelle palestre, negli stadî, nelle gare, nei concorsi. Questi sono i fatti ispirati dalle antiche tradizioni ai quali si devono in primissima linea i successi che sono stati ottenuti ed è ormai verso una sempre maggiore diffusione di questa coscienza igienica che nella lotta contro le malattie infettive come contro le malattie sociali, contro la tubercolosi e il tifo come contro la delinquenza e l'alcoolismo si concentrano tutti gli sforzi degl'igienisti e dei legislatori.

Storiografia medica. - Già nei tempi più antichi i medici si erano occupati di studi storici e Ippocrate deve essere considerato il primo storico della medicina, per aver raccolto e citato il pensiero dei medici di varie scuole che avevano preceduto la sua. Ma la storia della medicina propriamente detta comincia con l'opera dello storico ginevrino D. Le Clerc (1652-1728) che pubblicò nel 1696 il primo libro su questo argomento. Fra le opere classiche di storia della medicina vanno citati il libro di K. Sprengel (1766-1833) pubblicato nel 1792-99 che ebbe una serie di edizioni e fu tradotto in varie lingue. L'edizione italiana completa vide la luce a Firenze nel 1839. L. Choulant (1791-1871) compì un'opera preziosa con le sue accuratissime bibliografie dei più antichi libri di medicina. Un impulso vigoroso agli studî storici fu dato da S. De Renzi il quale, con la Storiȧ della medicina italiana e particolarmente con le sue ricerche sulla scuola salernitana, impresse una nuova direttiva alle ricerche medico-storiche e portò alla storia della cultura italiana un contributo preziosissimo, così da meritare veramente di essere considerato come il maestro più insigne di questa disciplina. Quasi contemporaneamente al De Renzi, F. Puccinotti da Urbino (1794-1872) pubblicò fra il 1850-66 una Storia della medicina in quattro parti, nella quale raccolse e pubblicò con mirabile pazienza importanti testi antichi, aprendo degli orizzonti del tutto nuovi. Fra i grandi scrittori italiani del secolo scorso occupa un posto eminente l'epidemiologo A. Corradi (1833-1892), professore a Modena, quindi a Palermo e a Pavia, il quale lasciò una storia documentatissima delle epidemie in Italia. Ricordiamo ancora due grandi storici francesi: Ch.-V. Daremberg il cui libro costituisce ancor oggi uno dei più interessanti e piacevoli studî che la letteratura storica possieda, ed E. Littré, filologo, al quale si deve la più bella e completa edizione di Ippocrate che noi possediamo.

Verso la fine del secolo scorso gli studî medico-storici tornarono in onore in Italia, soprattutto per opera di D. Barduzzi (1847-1929), che fondò la Società italiana di storia critica delle scienze mediche e naturali, ne diresse la rivista e pubblicò studi pregevoli sulla medicina romana e particolarmente sulle opere di Celso. D. Maiocchi, sifilologo bolognese, G. Albertotti, clinico e oculista dell'università di Padova, e A. Favaro portarono a questi studî un contributo prezioso. Negli ultimi tempi, grazie all'istituzione di cattedre di storia della medicina in alcune università, alla creazione di istituti storici e del Museo storico dell'arte sanitaria in Roma nell'antico ospedale di Santo Spirito, l'interesse per gli studi storici in Italia ha avuto una sempre maggiore diffusione e le pubblicazioni contenenti il risultato di ricerche nel campo medico-storico sono divenute sempre più importanti e frequenti. La storia generale della medicina (A. Castiglioni), le ricerche sull'opera dei grandi scienziati italiani e sulle loro rivendicazioni (G. Bilancioni, F. Castaldi), la storia della chirurgia e dei grandi chirurghi del Rinascimento (D. Giordano), le ricerche sulla scuola di Salerno e sulla documentazione biografica e bibliografica dei medici italiani (P. Capparoni), la legislazione toscana del Rinascimento e gli ordinamenti medici di Firenze (A. Corsini, R. Ciasca), la storia dell'anatomia (G. Martinotti, G. Favaro), della fisiologia (S. Baglioni, V. Ducceschi) sono state trattate ampiamente e studiate sotto differenti punti di vista: altri medici italiani, dei quali qui sarebbe troppo lungo citare i nomi, hanno studiato singoli capitoli della storia della medicina italiana contribuendo a una grande opera di rivendicazione nazionale.

Fra gli storici medici stranieri vanno nominati Max Neuburger autore di una Storia della medicina, Carlo Sudhoff fondatore dell'Istituto di storia della medicina dell'università di Lipsia, il più attivo e più profondo dei moderni storiografi tedeschi e uno dei maestri della moderna storiografia medica, la quale con gli studî speciali di alcuni illustri maestri sulla storia della medicina nel Medioevo e della concezione medico-storica (H. Sigerist), sulla medicina tedesca (P. Diepgen), sulla storia dell'oculistica (I. Hirschberg), dell'otologia (A. Politzer), dell'ostetricia (R. Dohrn, E. Fasbender), delle epidemie (G. Sticker), delle malattie veneree (I. Bloch), della chirurgia (E. G. Gurlt) diede un incremento notevolissimo alle cognizioni storiche.

Fra gli scrittori francesi vanno ricordati L. Meunier (Storia della medicina francese) e E. Jeanselme (Storia della sifilide, della lebbra, ecc.), P.-E. Menetrier (Ricerche sulla storia della medicina in Francia), E. Wickersheimer (Studî sulla medicina francese del Rinascimento), M. Laignel-Lavastine (Studî sulle demonopatie, su Daviel ecc.). Molto importanti furono i contributi dati alla storia della medicina dagli scienziati inglesi fra i quali va segnalata l'opera di sir N. Moore sulla storia della medicina nelle isole britanniche, di sir W. Osler su varî insigni clinici inglesi, e di sir D'Arcy-Power sulla storia della chirurgia, e di C. Singer sulla storia dell'insegnamento anatomico, della circolazione del sangue, della biologia greca. Va accennato infine all'opera degli studiosi americani primi fra i quali F. H. Garrison che nella sua Storia della medicina (4ª ed., Filadelfia 1929) ha illustrato brillantemente l'evoluzione del pensiero medico e quella della medicina angloamericana.

In tutti i paesi del mondo gli studî storici progrediscono e si diffondono e ormai in quasi tutte le grandi università è fatto posto alla storia della medicina. Forse questa è una delle caratteristiche più importanti per giudicare l'evoluzione del pensiero medico ai nostri tempi, poiché questo ritorno allo studio del passato denota come il concetto della profonda unità della concezione medica sia sempre più deciso e sia sempre più profondo e sicuro il convincimento che per comprendere fatti e idee del presente è indispensabile poter riandare la via percorsa.

Lo studio della medicina e l'esercizio professionale. - Il rapido progresso della medicina nei tempi modernissimi ha determinato anche un mutamento nell'indirizzo degli studî e nella preparazione della cultura scientifica. Ai nostri giorni noi troviamo in tutti i grandi stati un'organizzazione quasi analoga degli studî medici: si possono distinguere due grandi tipi di scuole: quello centro-europeo, cioè dell'Italia, della Germania e dell'Austria e di altri paesi dell'Europa centrale dove l'insegnamento universitario ha il suo centro nell'università e nei laboratorî, e quello anglosassone e americano nel quale l'insegnamento teorico passa in seconda linea di fronte a quello pratico. Il tipo delle università francesi si va trasformando verso il tipo anglosassone. In realtà però il programma degli studî che va dai cinque ai sei anni è presso che identico ed è quasi eguale il programma degli esami: quasi dovunque viene richiesto un esame di stato dopo il conseguimento della laurea perché sia concesso il diritto di esercitare la pratica.

La letteratura periodica medica ha uno sviluppo sempre crescente, ciascuna specialità ha le sue rassegne e si contano ora a non meno di 1400 i periodici di medicina che si pubblicano regolarmente in tutto il mondo.

È caratteristico di quest'epoca il formarsi di associazioni scientifiche e di corporazioni professionali: le prime scisse in altrettanti gruppi quante sono le specialità, le seconde chiamate a risolvere i problemi etici ed economici professionali. In Italia, secondo il programma del regime fascista, le corporazioni sanitarie organizzate fanno parte della Confederazione nazionale dei professionisti e artisti e hanno assunto una parte importantissima nella direzione della vita economica e intellettuale dei sanitarî.

La suddivisìone in varie specialità ha reso sempre più necessario il circondarne l'esercizio di maggiori cautele, richiedendo studî ed esami speciali da coloro che vantano il titolo di specialisti. In Italia è stato stabilito che tale titolo non possa essere portato che in seguito a studî di perfezionamento e a uno speciale esame.

Mentre considerazioni d'ordine pratico rendevano sempre maggiore il numero delle specialità e degli specialisti, e quindi sempre più si andava frazionando l'attività complessiva del ceto medico, col ritorno al concetto biologico fu chiara la necessità assoluta di un'unità organica della medicina scientifica. Apparve evidente che non si poteva mantenere la concezione della patologia locale e credere cioè limitata l'azione di singole cause ai processi patologici di singoli organi: fu quindi manifesto come la medicina dovesse orientarsi verso la ricerca delle prime origini delle malattie, verso una difesa preventiva e una lotta tendente a rafforzare l'organismo individuale e collettivo. Procedendo su questa via e perfezionando maggiormente le condizioni igieniche e i provvedimenti che da esse derivano, fu chiaro come il programma della medicina dovesse tendere non solo verso la profilassi dell'individuo ma, assai prima e con la massima energia, verso quella della città, della nazione, della stirpe. Tutta una nuova scienza, l'eugenetica, si impose con la dimostrazione statistica dei risultati pratici e ben si dimostrò la necessità di difendere la conservazione della stirpe nelle sue forme migliori e proteggere il miglioramento progressivo della razza.

A questo orientamento tende oramai la medicina sociale con uno sforzo concorde in tutto il mondo. Questo orientamento è affermato con particolare energia e ideato con vasti criterî modernissimi e applicato con sapiente rapidità nelle decisioni dal governo d'Italia, il quale con una serie di leggi e di provvedimenti ha attuato un programma che assicura il cittadino contro la malattia, gl'infortunî e la vecchiaia, protegge il normale incremento della popolazione combattendo i pericoli che vi si oppongono e con intendimenti lungimiranti promuove il miglioramento della razza.

Sarebbe erroneo il ritenere che la medicina dei nostri tempi sia giunta all'apice dello sviluppo, ma è altrettanto falso il giudizio pessimistico che giudica scarsi o incerti i vantaggi che l'umanità trae dal progresso degli studi. L'evoluzione del pensiero medico attraverso i secoli segna una via di continuo perfezionamento delle conoscenze, una sempre più vasta applicazione dei risultati degli studî, uno sforzo sempre più decisivo per ottenere quello che è lo scopo della medicina: lenire le sofferenze del malato, portare alla guarigione la malattia dalla quale egli è colpito. Questo compito è divenuto più vasto, più difficile, più complesso, ai nostri tempi perché si è proposto un programma che esorbita dai limiti dell'individuo e del tempo presente. Ma nell'accordo di tutte le volontà, nella direzione convergente di tutti gli studî e di tutti gli sforzi, nella sicura comprensione dell'importanza sociale della medicina e dell'igiene da parte di tutti gli stati, vi sono gli elementi sicuri per poter ritenere che non vi sarà una sosta nell'avanzare delle idee e nel perfezionarsi dell'opera compiuta, contemporaneamente e con unità d' intenti, dallo scienziato fra le chiuse pareti del laboratorio, dal clinico nelle sale degli ospedali, dall'igienista nello studio dei provvedimenti sociali, dall'innumerevole falange dei medici che compiono silenziosamente ed eroicamente giorno per giorno, anche nelle regioni più lontane e nelle condizioni spesso più difficili, il loro dovere.

Bibl.: D. Le Clerc, Histoire de la médecine, Amsterdam 1723; A. Scuderi, Introduzione alla storia della medicina, Napoli 1794; K. P. S. Sprengel, Storia prammatica della medicina, voll. 8, in 12 tomi, Firenze-Milano 1839-51; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, voll. 5, Napoli 1848; F. Puccinotti, Storia della medicina, voll. 3, Livorno 1850-1855; Ch-V. Daremberg, Histoire des sciences médicales, voll. 2, Parigi 1870; H. Häser, Lehrbuch der Geschichte der Medizin, voll. 3, Jena 1875-82; E. Holländer, Die Medizin in der klassischen Malerei, Stoccarda 1881; H. Baas, Die gesch. Entwicklung des aerztl. Standes, Stoccarda 1896; M. Neuburger, Geschichte der Medizin, voll. 2, Stoccarda 1906-1910; Ch. Singer, Studies in the history and method of science, voll. 2, Oxford 1917 e 1921; G. Carbonelli, Commenti sopra pitture e miniature italiane a soggetto medico, Roma 1918; E. Del Real Garcia, Historia de la medicina en Espana, Madrid 1921; Th. Meyer-Steineg e K. Sudhoff, Geschichte der Medizin im Überblikt, Jena 1921; H.E. Garrison, An introduction to the history of medicine, 3ª ed., Filadelfia e Londra 1921; 4ª ed. 1929; G. Bilancioni, Veteris vestigia flammae, Pagine storiche, Roma 1922; D. Barduzzi, Storia della medicina, Torino 1923; P. Diepgen, Geschichte der Medizin, I-V, Berlino e Lipsia 1923-1928; A. Mieli, Storia della scienza, I: Antichità, Roma 1925; A. Benedicenti, Malati, medici e farmacisti, voll. 2, Milano 1925; P. Capparoni, Profili biobibliografici. Medici e naturalisti celebri italiani, voll. 2, Roma 1925-28; A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1927; G. Sarton, Introduction to the history of science, voll. 3, Washington 1927-1931; J. L. Pagel e K. Sudhoff, Geschichte der Medizin, V. Berlino 1930; E.H. Sigerist, Einführung in die Medizin, Lipsia 1931; A. Castiglioni, Italian Medicine, New York 1932.

Medicina scolastica.

La medicina scolastica ha avuto il suo inizio dall'igiene generale che, anche nel passato, ha dovuto, per la scuola, svolgere un magnifico e attivo lavoro nel campo suo più immediato. Essa, di fatto, ha insegnato come deve venire costruito l'edificio scolastico, ha determinato la capacità delle aule, i bisogni dell'illuminazione, del riscaldamento, ha insistito per dotare bene di acqua la scuola, ha studiato i bagni, le latrine e lo smaltimento delle materie luride, ha affermato la necessità dei locali sussidiarî (sale per i maestri, per i parenti, per il lavoro manuale, vestibolo, ecc.), ha indicato i mezzi più opportuni per la pulizia della scuola e, con valutazione esatta dei bisogni, s'è anche occupata dell'arredamento della scuola studiando specialmente il banco a seconda dell'insegnamento (comune da disegno, per lavoro femminile, ecc.) oppure a seconda dell'età (per asilo infantile o per scuole elementari).

Con tali studî, l'igiene scolastica è passata dall'edificio a studiare l'individuo, al qual punto, quasi spontaneamente, è venuta, in un certo senso, a separarsi l'attività della medicina scolastica propriamente detta. Con questo, il compito dell'igiene scolastica generale è tutt'altro che esaurito. Se, come abbiamo accennato, per vincere le sue battaglie scientifiche, essa ha dovuto lottare specialmente nel passato, oggi, nella realtà pratica, ha tuttavia non poco da lavorare per vedere realizzati i suoi principî in molti luoghi, che ancora hanno edifici scolastici, per i quali, nei riguardi dell'igiene, l'opera migliore sarebbe la demolizione. L'igiene scolastica deve, frattanto, persistere vicino alla medicina scolastica che, d'altra parte, può oramai considerarsi come disciplina scientifica autonoma. Essa, invero, costituisce uno dei nuclei fondamentali dell'odierna medicina sociale, medicina che mira alla bonifica umana attraverso la lotta contro le malattie tossico-infettive,. in genere attraverso gl'interventi portati sul fanciullo per modificare in tempo gli "errori" di costituzione e i danni di malattie. L'organizzazione della medicina scolastica richiede quindi particolari modalità in quanto che, per esplicarsi, ha bisogno del concorso della famiglia, del maestro e d'istituzioni mediche e parascolastiche, che siano tali da permettere la realizzazione delle sue finalità. La medicina scolastica, infatti, ha scopi eminentemente pratici mirando ad attuare un'azione immediata sul fanciullo e a svolgere, nello stesso tempo, una propaganda igienica capace di mutare nelle famiglie concetti e sistemi di vita.

Perché tale lavoro possa realmente compiersi con efficacia, il medico ha bisogno della cooperazione di personale specializzato e precisamente delle assistenti sanitarie. Nei paesi anglosassoni sono oramai loro assegnati molteplici uffici in ogni campo dell'igiene sociale. I buoni risultati ottenuti hanno fatto sì che, anche in altri paesi, si sia compresa l'utilità dell'assistente o vigilatrice sanitaria e anche in Italia si hanno già esempî veramente degni di benefici raggiunti con tale sistema di organizzazione. I primi nuclei di infermiere-visitatrici sono sorti con lo scopo di aiutare i medici condotti, i medici degli ambulatorî e dei dispensarî delle fabbriche, i medici dei centri di lotta contro la tubercolosi, ecc. Si vennero formando così vere specializzazioni, tra le quali una importantissima è stata quella che ha segnato l'ingresso dell'assistente sanitaria come vigilatrice scolastica. Senza estenderci in molti particolari, basti qui rammentare che, mantenendo i contatti della scuola con la famiglia dell'alunno, le vigilatrici diventano un vero anello di congiunzione tra la famiglia stessa, l'insegnante e il medico. Devono aiutare questi nella sorveglianza, fisica e morale, dei fanciulli, farsi accogliere con amicizia nelle case e portare in mezzo alle famiglie uno spirito coscientemente fraterno di aiuto e di educazione. Se l'assistente sanitaria è attiva, in poco tempo può ottenere risultati meravigliosi, togliere pregiudizî, modificare abitudini, insegnare il valore della salute e dare di questa il concetto vero; rigenerare, in altre parole, l'ambiente.

La scuola, nella cooperazione del medico dell'insegnante e della vigilatrice, diventa veramente strumento di educazione, non solo del fanciullo ma della sua famiglia. Per questo appunto è necessario che la medicina sociale si rivolga con vigile affetto alla scuola e cerchi i suoi collaboratori in questo ambiente, che, integrando e correggendo la famiglia, svolge un'opera educativa, che non esula dal suo compito.

Per dare un'idea dell'importanza del servizio medico-scolastico, riferiamo i dati messi in rilievo a Genova, dove il servizio funziona in modo particolarmente favorevole per l'organizzazione curata da M. Ragazzi. nallo spoglio delle carte biografiche risulta che gli alunni hanno costituzione robusta nel 42% per i maschi e nel 47,4% per le femmine, gracile nel 38,6% per i primi e nel 32% per le seconde, linfatismo nel 19,2% per i maschi e nel 15,2% per le femmine. Scheletro irregolare fu trovato nell'1,2% dei maschi e nell'1% delle femmine, malattie dell'apparato respiratorio non tubercolari nel 10% dei maschi e nel 16,7% delle femmine, tubercolosi dell'apparato respiratorio nel 2% dei maschi e nell'1,3% delle femmine, apparato circolatorio anormale nel 3% dei maschi e nel 3,3% delle femmine, malattie dell'occhio nell'11,9% dei maschi e nell'11,8% delle femmine, miopia nel 4,1% dei maschi e nel 5% delle femmine, altri difetti dell'occhio nel 2,5% dei maschi e nel 2,7% delle femmine, malattie dell'orecchio nel 4% dei maschi e nel 3,3% delle femmine durezza dell'udito nel 2% dei maschi e nell'1,9% delle femmine, vegetazioni adenoidi nel 3,8% dei maschi e nell'8,2% delle femmine, ipertrofia tonsillare nell'8,4% dei maschi e nell'8,2% delle femmine, carie dentaria multipla nel 55% dei maschi e nel 51% delle femmine, ecc., ecc.

I dati indicano subito l'importanza dell'assistenza medico-scolastica e mostrano altresì spontaneamente come, oltre il servizio del medico scolastico generico, sia necessario istituire dispensarî per le varie specialità al fine di provvedere alle cure più opportune per i singoli casi. Ma ciò non basta. L'esperienza ha dimostrato come vi siano alcuni casi, per i quali si rendono indispensabili anche un'organizzazione particolare della scuola e vere istituzioni parascolastiche se si vuole realmente raggiungere una rieducazione ortogenetica individualizzata (N. Pende). Così, per i fanciulli fisicamente deboli, bisogna provvedere con le scuole all'aperto e al mare, con le colonie alpine e marine. È indispensabile, poi, per questi fanciulli, che l'educazione fisica sia regolata con peculiari criterî individualizzati, mentre, quando il fanciullo presenta deformità scheletriche, si rendono utili le scuole ortopediche, con personale specializzato. Scuole speciali sono ancora quelle che servono per i fanciulli tracomatosi, quelle per i miopi, ecc.

In tale maniera, è possibile già praticare un'importante selezione scolastica atta a dividere gli alunni secondo le condizioni fisiche per curare queste e per regolare anche l'istruzione in rapporto alla capacità e alla resistenza dei varî individui. Per questo N. Pende ha opportunamente insistito perché tali scuole si chiamino sanatorî-scuole, per la parte preponderante che dovrebbe avervi il medico nel dettarne l'indirizzo e nel regolarne l'ordinamento e il funzionamento. Senza discussione poi il medico deve intervenire nel trattamento didattico nelle scuole per gli alunni anormali psichici.

Le scuole per gli anormali non sono nei varî paesi, organizzate tutte in uno stesso modo. Inoltre esse, in una stessa nazione, si differenziano a seconda della natura degli allievi e degli scopi prefissi. I tre tipi fondamentali di scuola sono dati dalle classi differenziali (che hanno un valoroso organizzatore in G. Montesano), dalle classi annesse e dall'asiloscuola, che viene chiamato pure "scuola autonoma" o "scuola ausiliare". Quest'ultimo tipo di scuola riceve gli alunni che vengono scartati dalle altre istituzioni scolastiche per la particolare loro costituzione psichica e ha, fondamentalmente, lo scopo di valorizzare le energie degli allievi non tanto in rapporto al rendimento secondo i programmi scolastici comuni quanto in relazione all'avviamento dei fanciulli al lavoro e alla disciplina sociale. Le scuole autonome italiane sono organizzate sul metodo dell'asilo-scuola di S. De Sanctis e, come quelle, sono perciò caratterizzate dall'orario prolungato e dal calendario pieno, senza ferie estivo-autunnali. Hanno assistenza medica e igienica continua e la collaborazione con gl'insegnanti di un medico pedagogista. L'istruzione è individuale o a piccoli gruppi e arriva fino al programma della terza classe elementare, che si cerca di compiere con accorgimenti particolari e facendo compiere almeno in due anni lo svolgimento che normalmente viene fatto in uno. La scuola autonoma può considerarsi divisa in due rami, quello preparatorio e quello ordinario. Quando il fanciullo si trova in condizioni da richiedere la prima educazione senso-motoria, quando il suo bagaglio scolastico e il grado della sua deficienza reclamano ancora un lavoro di avviamento allo sviluppo delle attività sensoriali e del movimento o alle prime cognizioni indispensabili per la lettura e la scrittura, è necessario, anzitutto, procurare un ambiente che prepari alla scuola. Ed è appunto in questa sezione preparatoria, che viene allora avviato il fanciullo, il quale deve rimanervi fino a quando è in grado di passare alla sezione ordinaria e dove deve venire indirizzato in "modo sistematico nella lettura-scrittura con accorgimenti didattici, che ne rendono facile e dilettevole l'apprendimento". Tale condizione costituisce però già un secondo passo, perché, a volte, è inevitabile ricorrere alla "sezione materna" o giardino, che ha capisaldi identici a quello per normali. "Innanzi tutto, insegna S. De Sanctis, si deve curare la salute degli alunni e favorire lo sviluppo fisico; in secondo luogo far prosperare gli alunni in libertà''.

Le "classi annesse", chiamate anche ausiliari speciali, o parallele, sono classi che, in passato, hanno goduto largo favore; oggi, dovunque si tende a riconoscere il vantaggio che su loro ha la scuola autonoma. Esse non sorio staccate dalle scuole comuni, delle quali mantengono lo stesso ordine preparatorio e lo stesso orario e ordinamento. Dove sono organizzate le scuole autonome, al posto delle classi annesse vengono organizzate classi differenziali, che devono essere riservate ai falsi anormali psichici. Bene osserva M. Ragazzi che siffatte scuole devono avere programma e metodi d'insegnamento adatti alle speciali condizioni dei frequentanti, i quali sono appunto "i falsi anormali, i ritardatarî, i ripetenti, i retardés dei Francesi, da non confondersi con gli arrièrés, che sono i nostri deficienti veri". Esse si propongono di trattenere provvisoriamente gli scolari finché durano la causa e gli effetti della loro anormalità, per avviarli poi alla scuola comune appena quella e questi sono scomparsi. Carattere principale delle classi differenziali e parallele è la mobilità della loro popolazione. L'istituzione delle classi differenziali, quando fosse diffusa in tutte le scuole, ridurrebbe, secondo constatazioni dirette di M. Ragazzi, al minimo il fenomeno della ripetenza e l'apparente maggior spesa per qualche insegnante in più verrebbe largamente compensata dal maggior profitto degli alunni, dal minor tempo che la massa di essi mette a superare il corso scolastico, e quindi dalla diminuzione dei ripetenti e dei maestri incaricati dell'insegnammto. In conclusione, possiamo ripetere con A. Albertini, che i falsi anormali psichici spettano alle classi differenziali della scuola ordinaria, gli ȧnormali psichici alle scuole o istituzioni medico-pedagogiche (asili-scuole, scuole autonome), i frenastenici gravi, i nevropsicopatici con manifestazioni più marcate e gl'immorali a istituti con internato e speciale tipo di assistenza. (V. anche anormale; deficiente; differenziali, classi).

Bibl.: G. Montesano, Avviamento all'educazione e istruzione dei deficienti, Roma 1911; S. De Sanctis, Educazione dei deficienti, Milano 1914; L. Dufestel, La Croissance, Parigi 1920; A. Lustig e A. Ilvento, Igiene della scuola, Milano 1921; M. Ragazzi, L'igiene della scuola e dello scolaro, Milano 1923; A. Sclavo, Collana di conferenze e d'igiene scolastica, Torino 1924; A. Ilvento, Igiene e malattie dello scolaro, Torino 1926; M. Ragazzi, Manuale per le vigilatrici scolastiche, Milano 1927; N. Pende, Biotipologia umana ed ortogenesi, Genova 1927; G. Vidoni, Le scuole per anormali psichici, Genova 1928; A. Albertini e G. Corberi, Stato attuale ed indirizzo dell'assistenza medico-pedagogica, Milano 1920; M. Barbara e G. Vidoni, L'istituto biotipologico ortogenetico, Genova 1933.

Medicina Sociale.

I limiti di questa branca della scienza medica non sono sempre definiti e concordi. Tuttavia non mancano le definizioni più o meno precise di essa che, secondo alcuni, è definita come la branca delle discipline mediche che stabilisce i rapporti fra l'individuo e la collettività rispetto alla salute. Secondo altri va definita come un ramo vivo e vitale dell'igiene moderna, volto allo studio di quelle cause morbose, che più direttamente stanno in rapporto con la vita civile e cioè con l'organizzazione del lavoro G. Baccelli l'intendeva come "medicina politica" e la definiva come la fusione perfetta della clinica e dell'igiene, il cui programma si attua mediante leggi che assicurino la difesa della società dai mali che l'affliggono; e questi mali o hanno origini antiche, e furono e sono in gran parte i fattori fondamentali dell'eredità patologica e della decadenza fisica, o hanno nuove cause, che traggono dalle moderne industrie e da una vita più intensa la principale sorgente.

Comunque si definisca, la medicina sociale ha per suo nucleo centrale la medicina preventiva e, per sua aspirazione, l'eugenica intesa ad assicurare una vita più forte e più lieta alle generazioni future.

Le istituzioni a vantaggio dell'infanzia e segnatamente per i fanciulli esposti all'abbandono - presa consistenza dal cristianesimo - pur con alternative e soste, si affermarono progressivamente attraverso i secoli per benefici apostolati, e poi, in ogni paese civile, mediante interventi legislativi. Le misure di protezione sanitaria informarono da tempo le legislazioni delle città marinare per difenderle dall'introduzione della peste. Basti a questo proposito ricordare le provvidenze adottate nei secc. XV-XVI e successivi da Genova, Pisa, Venezia e Napoli. Bernardino Ramazzini, sulla fine del 1600, scrisse un trattato di medicina sociale, investendo il tema delle malattie degli operai, ponendo così la prima pietra dell'odierna medicina del lavoro. Nel campo della lotta contro la tubercolosi gli editti emanati nel sec. XVIII dai governi di Toscana, della repubblica veneta, degli stati della Chiesa e del regno delle Due Sicilie, per quanto prestamente caduti in disuso, si rivelarono come veri tentativi di medicina sociale. G. Tommasini di Parma, nel promuovere dal governo di Maria Luisa nel 1814 un'inchiesta sulla diffusione della pellagra tra i contadini del ducato, segnava un'orma nella storia della medicina sociale. F. Galton nel suo Hereditary Genius indirizzava nel 1869 medici e sociologi verso gli orizzonti dell'eugenica.

Ma se affermazioni si riscontrano nei secoli passati che entrano nel dominio della medicina sociale, queste sono affermazioni isolate, spesso promosse da necessità urgenti, non coordinate e sviluppate. Oggi la medicina sociale è rappresentata, nei paesi più evoluti, da un corpo di dottrina bene impostato e i singoli elementi che la compongono poggiano sopra serî fondamenti che fanno sperare un più proficuo sviluppo di queste dottrine. La medicina sociale ha potuto giungere alla larghezza d'impostazione e alla consistenza attuale, in quanto ha avuto per base le scienze naturali, la chimica, la fisica, la statistica, la biologia e la clinica. Le precisazioni scaturite dalla batteriologia, dalla parassitologia, dall'immunologia, dall'endocrinologia, dalle dottrine costituzionalistiche hanno indicata la via per i suoi notevoli successi. I risultati di queste ricerche hanno suggerito ai legislatori di ogni paese un foltissimo gruppo di leggi protettive a forte contenuto tecnico, rendendo possibile una profilassi sociale nei paesi più progrediti e dando modo di effettuare la penetrazione nei continenti inospitali.

Le leggi fondamentali che presiedono, in tutti gli stati, alla medicina sociale e che hanno notevolmente concorso a ridurre la mortalità, sono precipuamente quelle sulla tutela dell'igiene e della sanità pubblica (in ltalia la legge 22 dicembre 1888). Poi - per dir solo di alcune - vi sono le disposizioni protettive per la maternità e per l'infanzia e per lo sviluppo demografico che, in Italia, culminano nella legge 10 dicembre 1925 e nelle disposizioni per favorire la nuzialità e combattere l'aborto. Poi le leggi di previdenza, quelle per l'assicurazione sugli infortunî e per le altre assicurazioni sociali, quelle contro l'alcoolismo, contro il saturnismo, contro l'illecito uso di sostanze ad azione stupefacente. Ancora le leggi sulla sanità marittima, sulla sanità delle grandi collettività militari e industriali, quelle sulle bonificazioni idrauliche e agrarie, quelle riflettenti i finanziamenti delle opere risanatrici delle città e delle campagne, quelle per l'esercizio delle professioni sanitarie e delle rispettive arti ausiliarie (infermieristica), quelle sull'igiene scolastica, sull'igiene nelle miniere, quelle specifiche per la profilassi del vaiolo, della difterite, della malaria, della tubercolosi, del tracoma, della lebbra, della sifilide, del tifo esantematico, della febbre gialla, della malattia del sonno, ecc. Poi ancora le leggi a contenuto educativo e igienico, quali, in Italia, quelle del regime fascista riguardanti l'istituzione delle Opere nazionali balilla e dopolavoro.

Alla preparazione, all'esecuzione e alla divulgazione delle leggi sanitarie, o comunque protettive, presiedono i varî dicasteri dei diversi paesi, tecnicamente attrezzati alla bisogna, che ȧgiscono anche promuovendo, con la forza della propaganda, lo stimolo all'igiene individuale e alla comprensione da parte delle masse, della necessità dell'igiene collettiva e dell'umana solidarietà. In Italia la Carta del lavoro (21 aprile 1927) contempla in una forma senza precedenti tutti i capisaldi per l'attuazione dei principî della medicina sociale. Nel campo internazionale, abbiamo notevoli strumenti di propulsione e di aiuto allo sviluppo e alle applicazioni della medicina sociale. Basti qui ricordare: le associazioni della Croce Rossa, che hanno, via via, assunto compiti di pace, tutti nell'orbita del "pronto soccorso" e di servizî di squisito carattere medico-sociale, quali sono quelli antitubercolari, antimalarici e quelli per la preparazione del personale infermieristico; l'Office international d'hygiène publique di Parigi, creato dall'accordo di Roma del 9 dicembre 1907, per la divulgazione delle leggi, delle statistiche sanitarie e demografiche, per lo studio dei morbi infettivi e per l'esposizione dei più importanti fatti e dei maggiori problemi d'igiene e di medicina sociale; e infine la Società delle nazioni, il cui patto entrato in vigore il 10 gennaio 1920, oltre che contemplare l'adozione di provvedimenti di carattere intemazionale per la prevenzione e la repressione delle malattie, compie azione di studio, di stimolo e di propaganda, segnatamente per la protezione del lavoro e per la lotta contro l'uso illecito degli stupefacenti.

La lotta impegnata per dar consistenza all'attuazione dei principî di medicina sociale richiede certamente mezzi cospicui, tratti dai bilanci statali e degli Enti periferici e ancora dai possenti apporti, che si riassumono nell'attività dei grandi istituti di previdenza, delle Casse e degl'Istituti di assicurazione. Tali istituti compiono opera benefica di medicina sociale, oltre che col procedimento assicurativo propriamente detto, anche con l'incoraggiamento alle visite preventive periodiche, allo scopo di assicurare la tempestività dei trattamenti curativi.

Va ricordato che, con eccezionale larghezza di mezzi, la fondazione Rockefeller ha promosso ed eseguito studi su svariate infermità e attuato programmi risolventisi a vantaggio della pubblica igiene. Né vanno dimenticate le contribuzioni volontarie opportunamente organizzate (giornate antitubercolari e simili).

Gli organi di studio e di azione per la realizzazione dei principî di medicina sociale sono anzitutto i laboratorî scientifici, le cliniche, i centri di elaborazione statistica, le grandi maestranze delle forze sanitarie e scolastiche, le grandi dirigenze agrarie, marittime, industriali, cui nell'orbita delle leggi sanitarie e previdenziali, spettano compiti altissimi a difesa della collettività.

Le basi materiali per la medicina sociale sono moltissime. Basterà un'enunciazione sommaria delle principali: ospedali generali e specializzati, guardie ostetriche, istituti di puericoltura, dispensari per le più spiccate infermità d'importanza sociale (tubercolosi, malaria, cancro, sifilide, blenorragia, adenoidismo, tracoma, affezioni dentarie, reumatiche e cardiopatie). Aggiungansi i dispensarî d'igiene mentale e quelli scolastici per la profilassi oculare e per quella antitubercolare, per la quale è recentemente proposta la cartella radiologica per talune categorie di scolari. Ancora si ricordano i consultori biotipologici per gli esami costituzionalistici e per l'orientamento professionale; le colonie di profilassi e d'irrobustimento: colonie montane e marine; i campi dello sport e poi ancora le stazioni sanitarie marittime e delle frontiere terrestri; i laboratorî per i controlli sanitarî sull'alimentazione, sulla profilassi zooiatrica e su tutto ciò che può interessare la difesa dei singoli e della collettività.

Medicina legale.

Comprende la trattazione di tutti i problemi biologici e medicochirurgici che hanno relazione con l'evoluzione delle scienze giuridiche e sociali e, inoltre, la sistemazione di tutte le nozioni valevoli alla risoluzione delle questioni d'indole tecnica nei procedimenti giudiziarî. Si prefigge pertanto:1. un compito prevalentememe dottrinale e scientifico consistente nella collaborazione con le scienze morali, giuridiche e sociali mediante l'apporto dei proprî studî fisici e biologici; 2. un altro compito, più pratico, ma non meno importante, quello cioè dell'applicazione delle nozioni scientifiche e metodologiche nell'accertamento di fatti destinati a illuminare la giustizia nei più svariati generi di vertenze giudiziarie. È questo il compito costituente la scienza, l'arte e la tecnica della perizia medica.

La storia delle discipline medico-legali si confonde un poco con la storia della medicina in generale. Sennonché dal punto di vista della sistemazione di questa scienza che è, essenzialmente, d'ordine applicativo, si possono presumere, più, che dimostrare, assunzioni di testimonianze tecniche e funzioni peritali in tempi remotissimi, quando l'amministrazione della giustizia, primamente, assunse forme e procedimenti legali. Non fa meraviglia che anche presso le antiche civiltà orientali si trovino indizî della collaborazione medica nell'amministrazione della giustizia. Così, p. es., già nel Talmūd troviamo trattata la questione della superfetazione; come pure vi si trovano descritti i segni della pubertà, le cause della sterilità, trattato il problema dell'aborto e quello dell'epoca dell'animazione del feto, di cui tanto s'occuparono teologi e medico-legali dei secoli XVI e XVII. Documenti cinesi ci attestano che la medicina legale era già sistemata da antico tempo. Nel 1248 già esisteva un vero compendio della materia: il Si-yuen-lu, diviso in 5 libri, nel primo dei quali, oltre a considerazioni d'indole generale, vi sono rilievi in ordine alle lesioni, alla simulazione, all'identità e all'aborto; nel secondo si tratta delle lesioni in rapporto all'arme e alle modalità con cui vennero prodotte, nonché l'accenno ai caratteri differenziali su lesioni prodotte in vita o dopo morte; il terzo si occupa della morte per strangolamento e per annegamento e, finalmente, gli altri due trattano degli avvelenamenti. Nel codice cinese Ta Ch'ing lii-li si trovano disposizioni sul modo di rilevare e valutare le ferite in relazione alla punibilità del reo e ciò secondo la durata delle conseguenze del ferimento, conforme al concetto tenacemente mantenuto anche nei codici moderni.

Nulla troviamo nell'antica Grecia meritevole di menzione per la storia della medicina legale. Gli oratori attici, per quanto talora trattino di lesioni e di uccisioni, non accennano ad alcun particolare intervento dei medici; gli stessi errori dei medici, come lamentava Ippocrate, cui si devono fondamentali norme deontologiche, passavano generalmente impuniti. In Roma, la legge delle XII tavole fissava al decimo mese la durata della gravidanza e non riconosceva legittimi i nati nell'undecimo; conteneva poi norme sanitarie che soltanto indirettamente si riferiscono alla medicina legale, poiché sono provvidenze d'igiene pubblica nelle quali Roma doveva riuscire insuperata. La lex Aquilia, forse del 286 a. C., puniva gli errori professionali dei medici. D'altronde nel diritto romano troviamo disposizioni riguardanti le condizioni di responsabilità in relazione ai minori e agli stati psichici anormali. Non sono responsabili i fanciulli sotto i 7 anni e in parte sino ai 14 e, per certi reati, sino ai 25 anni. Il maniaco è irresponsabile, eccetto che negl'intervalli lucidi. Veniva altresì valutata l'influenza degli stati passionali che turbano la coscienza nonché l'ubriachezza. La lex Cornelia, dell'81 a. C., s'interessò pure del veneficio e, per le lesioni seguite da morte, tenne conto se questa necessariamente o per accidentalità seguiva al fatto; vi si trovano inoltre disposizioni riguardanti l'infanticidio e l'aborto volontario, la castrazione e - tranne che per gli Ebrei - la circoncisione. La legislazione giustinianea teneva conto del furor, della dementia, dell'insania, della fatuitas. Le donne in stato interessante andavano esenti da torture e per l'accertamento delle loro condizioni si ricorreva al parere di levatrici.

In Galeno, morto circa nel 200 d. C., troviamo importanti trattazioni attinenti alla medicina legale, così la De formatione foetus e la De partu septimestri. A Galeno dobbiamo la scultoria designazione dei caratteri del polmone che ha respirato in confronto di quello fetale che non ha respirato: per respirationem substantia pulmonum ex rubra, gravi ac densa in albam, levem et raram transfertur. Sennonché l'intervento di veri e proprî periti medici non si ha che, successivamente, nelle legislazioni germaniche. Nelle antiche leggi medievali dei varî popoli nordici troviamo disposizioni particolarissime intorno all'entità delle ferite e delle loro conseguenze immediate o susseguenti. E per quanto il concetto della responsabilità nelle antiche leggi germaniche risulti meno esatto che nelle leggi romane, tuttavia, qua e là, sono pur prese in considerazione le circostanze della minorità e della pazzia. Ma l'homo rabiosus, sotto l'influsso dei dominanti pregiudizî religiosi, veniva spesso confuso col daemoniacus, e ben sappiamo quanto lungamente abbia poi perdurato, attraverso tutto il Medioevo, la credenza negl'indemoniati. Dobbiamo però riconoscere che con lo sviluppo del diritto canonico si trova successivamente connessa una sistemazione dell'istituto peritale medico. Già in un'ordinanza di Innocenzo III (1209), riguardo a un'inchiesta per l'uccisione di un ladro leso con un colpo di badile, noi troviamo esplicito accenno alla requisizione dei periti per l'ispezione del cadavere e per la constatazione della letalità delle ferite, poiché nell'ordinanza è detto: ut peritorum iudicio medicorum talis percussio assereretur non fuisse letalis. Le antiche scuole mediche italiche ebbero un certo influsso nell'avviamento alla perizia medica. F. Oesterlen ricorda come uno dei più chiari rappresentanti di questa scuola, Ugo da Lucca, fosse stato autorizzato ufficialmente a dare, sotto giuramento, pareri medico-legali nella sua qualità di medico municipale di Bologna e mentre ciò avveniva in varî comuni italiani, risulta che anche in Francia esistevano chirurghi giurati sul cui parere si basavano i giudici. Filippo il Bello parla, in un editto, dei suoi chirurgiens bien aimés et jurés. Tuttavia dal sec. IX al XIII, mentre fiorisce la celebre scuola di Salerno, troviamo le costituzioni dell'imperatore Federico, nelle quali si fa cenno di veleni, di filtri, ecc., come pure svariate norme, contemplate nei sacri concilî, relativamente all'apertura del ventre delle donne che muoiono in gravidanza. Nei secoli XIV e XV, sotto l'influsso della medicina araba, si hanno le prime trattazioni tossicologiche: il libro di N. Leoniceno sui veleni dei serpenti, quello di Sante Ardoine o Arduino da Pesaro (Opus de venenis, ecc., Venezia 1492) e quello di A. Guainerio sempre sui veleni. Citiamo anche le trattazioni essenzialmente deontologiche del bergamasco C. Barzizza: Introductorium sive ianua ad omne opus practicum (Pavia 1434); di Pietro de Micheli da Bairo: Lexipyretae perpetuae quaestionis et annexorum solutio, ecc. (Torino 1812) e di A. Benedetti, De medici atque aegri officio, ecc. (Padova 1482). Nessun accenno però a una sistemazione della medicina legale come trattazione autonoma, poiché non è da considerarsi come tale il Tractatus magistri Gentilis de Fulgineo, il quale altro non è che una lettera scritta fra il 1326 e il 1334 a Cino da Pistoia, diretta a illustrare la durata della gravidanza e la legittimità della prole, lettera rinvenuta da L. Kantarowitz nella Marucelliana di Firenze. Per arrivare a un'organizzazione pratica della procedura in tema di perizia e, coerentemente, per trovare un ordinamento dottrinale della medicina legale è necessario riferirci da un lato alle Costituzioni bamberghesi e poi alle leggi caroline e, dall'altro, al mirabile rinascimento italico degli studî anatomici. Solo da qui si può dire che abbiano inizio la medicina legale e l'igiene. In quest'epoca abbiamo infatti le opere di Ambroise Paré, di Battista Codronchi e poi del siciliano Fortunato Fedele (Fidelis), la cui opera, De relationibus medicorum libri quatuor, in quibus ea omnia quae in forensibus ac publicis causis medici referre solent, plenissime traduntur (Palermo 1602), viene generalmente considerata come il primo trattato sistematico della materia. Ma in realtà fu preceduto dalle opere di due altri grandi siciliani e cioè: dalle Costitutiones di A. D'Alessandro (Palermo 1420-1563), che riguardano principalmente argomenti di polizia medica, e, soprattutto, dal Methodus dandi relationes pro mutilatis torquendis, ecc. (Venezia 1578) del celebre anatomico G. F. Ingrassia, opera varie volte smarrita e nel 1914 pubblicata da L. Piazza da un manoscritto che si conserva nella biblioteca comunale di Palermo. Fra gl'Italiani che in quest'epoca trattarono particolari argomenti medico-legali vanno qui ricordati: G. B. Selvatico, De iis qui morbum simulant deprehendis (Milano 1595); Michele Colombo, De virginitatis et deflorationis occultatione ac dignotione, nelle raccolte dei consulti di G. Mercuriale; F. Bonaventura, De octimestri partu adversus vulgarem opinionem disputatio (Urbino 1594); G. Cardano fece pure verso il 1561 una compilazione sui veleni. Sennonché allo sviluppo del diritto canonico e alla sua sottile casistica, oltreché ai progressi anatomo-fisiologici del Rinascimento, dobbiamo, verso il sec. XVII, un notevole e decisivo impulso agli studî medico-legali con la fondamentale opera dell'archiatra pontificio P. Zacchia, Quaestiones medico-legales, pubblicata in Roma nel 1821. In quest'opera sono contenute acute osservazioni sulle alienazioni mentali e monomanie (non omnes dementes circa omnia errant) e vi sono illustrate questioni di premorienza, rilievi sul meccanismo di morti per annegamento, e specialmente sul matrimonio (impotenza), sulla durata della gravidanza e sullo sviluppo del feto con relative dimensioni, sul problema dell'animazione che avverrebbe al sessantesimo giorno di gestazione. Vero è che talora lo Zacchia riferisce fatti fantastici come, p. es., quello di una contessa che avrebbe partorito 365 bambini uno partu e di quell'altra che avrebbe abortito ben 1514 volte, soggiungendo però, prudentemente, cuius rei fides apud auctorem esto. Altrettanto incredulo si mostra a rigua. do della famosa prova del giudizio della bara consistente nel fatto che le ferite della vittima dovessero sanguinare all'avvicinarsi dell'assassino. E P. Zacchia, come il Fedele, avevano ancora creduto che i mostri fosserò prodotti dall'accoppiamento fra uomini e animali oppure fra la donna e il demonio: pregiudizio più tardi combattuto da E. F. Teichmeyer e da E. B. G. Hebenstreit. È però doveroso riconoscere che non pochi capitoli reggono tuttora di fronte ai moderni progressi scientifici e se S. De Renzi, nella sua Storia della medicina italiana (Napoli 1845-1848), rimprovera allo Zacchia di avere accreditata l'opinione della contagiosità della tisi, lo storiografo non avrebbe immaginato che oggi tale rimprovero torna di sommo onore al grande archiatra pontificio. Ma un decisivo progresso della medicina legale si ebbe verso il sec. XVlII per merito dell'anatomia patologica. Ogni capitolo delle discipline medico-forensi si andò via via arricchendo di più solide nozioni e fiorirono pubblicazioni e trattati a opera di studiosi d'Italia e soprattutto di Germania e di Francia. Ricorderemo, oltre il Teichmeyer, M. Alberti (1682-1757), C. F. Daniel (1753-1798), J. E. Hebenstreit (1703-1757), J. J. Plenk (1733-1807), W. G. Ploucquet (1744-1814), J.-L. Belloc (1730-1807) e il celebre F.-E. Fodéré (1764-1835).

Fra gli scrittori che onorarono l'Italia, per pubblicazioni generali e speciali, oltre al Fodéré, savoiardo, che studiò a Torino e che stampò a Parigi nel 1797 la celebre opera: Les lois éclairées par les sciences physiques, citeremo le Istituzioni di medicina forense di G. Tortosa (Vicenza 1801), opera in cui si confuta la curiosa teoria dei giorni critici delle ferite; i Consulti di M. Ranzani: De ambigue prolatis in iudicium (Bologna 1742); il parere di P. Valcarenghi: De potentia vel impotentia ad generandum, ecc. (Milano 1749); i responsi di G. B Morgagni: Circa obstetricum iudicium de mulieris virginitate, super seminis emittendi impotentia, an post septem a conceptione menses infans nasci possit vitalis et perfectus (Venezia 1763); i consulti di G. B. Beccari (Bologna 1777); quelli di A. Cocchi e di A. Pasta (Bergamo 1791); la Scrittura medico-legale di M. Sarcone (Napoli 1787); le Istituzioni di L. Tortora (Bologna 1836); il bel Manuale di F. Freschi (Milano 1846); e infine l'ottimo Trattato di G. Lazzaretti, uscito in varie edizioni dal 1857 al 1861, per tacere delle altre numerose opere didascaliche uscite nel sec. XIX. Va fatta menzione speciale del Barzellotti e del Puccinotti. G. Barzellotti, passato al principio del sec. XIX dalla clinica all'insegnamento della medicina legale nello studio pisano, vi proclamava l'"eccellenza della medicina politica, e pubblicava a Pisa nel 1818 i due volumi della Medicina legale secondo lo spirito delle leggi civili e penali veglianti nei governi d'Italia, opera che ebbe parecchie edizioni. Frattanto un nuovo e ben più vasto orientamento delle discipline medico-forensi si andava affermando. L'altro grande clinico, passato pure nello studio pisano all'insegnamento della medicina legale, il grande urbinate Francesco Puccinotti, autore di un Trattato di medicina legale (Napoli 1852), in una sua memorabile prolusione aveva concluso: "verrà tempo in cui le scienze che non avranno relazione con la cosa pubblica, cadranno: e guai alla medicina se non si troverà allora quale astro di prim'ordine nel firmamento sociale". Gli studî di medicina legale ricevettero grande impulso in Italia da quell'orientamento politico che essi ebbero fin dalle origini sicule (protomedicato ingrassiano) e che conservarono anche nei secoli XVIII e XIX a opera dei nostri grandi clinici e igienisti, fra i quali non va dimenticato B. Ramazzini, celebre per il suo trattato: De morbis artificum diatriba (Modena 1700), per cui è considerato come il vero fondatore della medicina del lavoro. Argomenti di medicina pubblica e polizia sanitaria interessarono anche cultori di scienze affini come B. Carminati (1750-1830), ed eruditi, come l'ex scolopio S. Piattoli che scrisse nel 1774 d'igiene mortuaria e sui seppellimenti. Con J. P. Frank (1745-1821) e col suo System einer vollstandigen medicinischen Polizei (Mannheim, Stoccarda e Vienna 1779-1819), classica opera tradotta anche in italiano (Milano 1825), e poi con P. Betti (1784-1863) della scuola toscana, con la sua classica Medicina pubblica (Firenze 1860) gli accennati nuovi orientamenti vengono a consolidarsi nel sec. XIX culminando con l'imponente e geniale opera criminologica di Cesare Lombroso e con le sistemazioni medico-legali delle assicurazioni sociali di Lorenzo Borri. Nel sec. XIX la medicina legale assunse un indirizzo sperimentale: in Germania con J. L. Casper, con K. Liman, con J. Maschka di Praga, per tacere dei minori, con Eduard Hofmann a Vienna, con M. J. B. Orfila, con M.-G.-A. Devergie, con A. Tardieu e con P. Brouardel in Francia e in Italia, con G. Lazzaretti, con L. De Crecchio, con A. Filippi, con A. Tamassia e con G. Ziino. L'istituzione di morgues in collegamento con i servizî necroscopici comunali e d'istruttoria giudiziaria, l'organizzazione di speciali uffici di polizia scientifica, la creazione di annessi carcerarî, ecc., mostrano il continuo espandersi di questi studî nel campo delle applicazioni pratiche.

Bibl.: N. Valentin, Corpus juris medico-legale, Francoforte sul M. 1706; M. Alberti, Systema jurisprudentiae medicae, Halle 1736-40; E. Baier, Introd. in Medic. forens., Francoforte 1748; E. Algeri, Di un trattato inedito di medicina legale del celebre F. Ingrassia, in Giorn. di scienze, lettere ed arti per la Sicilia, 1826-27; F. Puccinotti, Storia della medicina, Livorno 1850-66; C. Sprengel, Storia della medicina, continuata da F. Freschi, Milano 1851; S. de Renzi, Storia della medicina in Italia, Napoli 1848; J. L. Casper, Praktisches Handbuch der gerichtlichen Medicin, Berlino 1856; C. Maggiorani, Rettificazione di un errore di storia intorno ai primordii della medicina legale, Roma 1863; F. Oesterlen, Über die früheste Entwciklung der gerichtlichen Medizin, in Schmidt's Jahrbuch, CLXXVI (1877); J. Eller, The medical Jurisprudence of the Romans, in Sanitarian, n. s., VI (1878); J. Maschka, Handbuch der gerichtlichen Medicin, Tubinga 1895 (trad. ital., Napoli 1889); F. Strassmann, Lehrbuch der gerichtlichen Medicin, Stoccarda 1895 (trad. ital., Torino 1901); A. S. Taylor, The principles and practice of Medical jurisprudence, Londra 1905; A. Schmidtmann, Handbuch der gerichtlichen Medizin, Berlino 1906; E. Hofmann, Trattato di medicina legale, 10 lezioni tedesche e 3 italiane, di cui l'ultima a cura di C. Ferai, Milano 1914; L. Kantarowicz, Cino da Pistoja ed il primo trattato di medicina legale, in Arch. stor. ital., s. 5ª, XXXVII, i (1906); G. G. Perrando, Ingrassia e le origini della medicina legale in Sicilia, in Arch. stor. per la Sicilia orientale, V (1908), fasc. 2°; id., L'opera epidemiologica dell'Ingrassia nel sec. XVI, in Volume in onore di F. Ciccaglione, Catania 1909; L. Thoinot, Précis de médecine légale, Parigi 1913; A. Filppi, A. Severi, A. Moltati, L. Borri, C. Biondi, Trattato di medicina legale, 3ª ed., Milano 1914; Ch. Vibert, Précis de médecine légale, 8ª ed., Parigi 1920; L. Borri, F. Leoncini, A. Cevidalli, Trattato di medicina legale, Milano 1922; A. Cevidalli, Compendio di medicina legale, 2ª ed., Milano 1922; V. Balthazard, Précis de médecine légale, Parigi 1928; G. G. Perrando, Manuale di medicina legale, 2ª ed., Napoli 1933.

Periodici: Virteljahrschrift für gerichtliche Medizin (Berlino dal 1852 al 1921); Friedreich's Blätter für gerichtliche Medizin und Sanitätspolizei (Norimberga dal 1850); Annales d'hygiene et de médicine légale (Parigi, dal 1829); The medico-legal journal (New York, dal 1883); Giornale di medicina legale (Pavia, dal 1894 al 1902); Rivista di medicina legale e di giurisprudenza medica (Genova, dal 1897 al 1901 e dal 1915 al 1919); Deutsche Zeitschrift für die gesamte gerichtliche Medizin (continuazione del Vierteljahrschrift f. gericht. Med., Berlino dal 1922); Annales de Médecine légale, de criminologie et de police scientifique (Parigi, dal 1920); Beiträge zur gerichtlichen Medizin (Vienna, dal 1921); Monatschrift für Unfallheilkunde und Versicherungsmedizin (Lipsia, dal 1894); Archives d'Anthropologie criminelle et des sciences pénales (Parigi, dal 1886); Archivio di antropologia criminale e di medicina legale (Torino dal 1880); Riv. sperim. di freniatria e di med. leg. delle alienazioni mentali (Reggio nell'Emilia, dal 1875); Revista de criminologia, psiquiatria y medicina legal (Buenos Aires, dal 1913); Zacchia, Giorn. di med. leg. (Roma, dal 1921).

Medicina operatoria.

Termine consacrato dall'uso per indicare le manualità tecniche che sono necessarie in chirurgia, la cui conoscenza costituisce la migliore preparazione chirurgica. Comprende la descrizione di un gruppo di operazioni che vengono eseguite sul cadavere così come sul vivente (operazioni di anfiteatro) e la descrizione delle "operazioni speciali" che si eseguono sul vivente e la cui pratica è intimamente subordinata a considerazioni cliniche.

La medicina dei primitivi.

Accettando la comune divisione della storia della medicina, ci è lecito affermare che il concetto medico dei primitivi di oggi corrisponde a quello del terzo stadio dell'evoluzione medica. Trascorso infatti il primo periodo del semplice istint0, comune anche agli animali, s'iniziò il secondo, caratterizzato dal vasto senso di religione che indusse l'uomo a interpretare come sintomo di divinità, ogni fenomeno naturale, utile o dannoso.

Sorto il concetto del bene e del male e postosi l'uomo ad arbitro di questo giudizio, le malattie furono subito ammesse nella schiera avversa all'umanità. E siccome ogni espressione della natura fu umanizzata e divinizzata nel tempo stesso, personificandola con un essere extra umano, a ogni malattia si assegnò la personalità fantastica di un demone. Nacque così il concetto medico-demonistico. Contemporaneamente nacque il primo concetto di medico, essenzialmente sacrale, che pose l'individuo al disopra della comune schiera, perché creduto in contatto con le forze divinizzate della natura. Medico e sacerdote, perciò, confusero le loro attribuzioni in una sola personalità. Intanto veniva evolvendosi il terzo stadio della vita della nostra scienza. Con un procedimento che si è voluto paragonare al provando e riprovando del rinascimento scientifico, l'uomo cominciò a conoscere meglio le virtù dell'ambiente naturale che lo circondava. Apprese, in modo assolutamente empirico, che, se intorno a lui erano misteriosi agenti di morte, esistevano anche agenti di salvezza, specie nelle piante. Non per questo però l'uomo primitivo venne meno al principio di religiosità che gli faceva vedere dovunque la nota di un dio. È questo un punto di grande importanza che va posto bene in chiaro. L'empirismo medico fu perciò, almeno in principio, una nuova forma di culto. In tal modo il medico-stregone che, in un primo tempo, ebbe a sua disposizione solo scongiuri, nel secondo ebbe erbe, fiori e radici, che continuò a considerare cose sacre. Quando fu capace di considerare questi ausilî come semplici agenti naturali, s'iniziò il primo distacco tra scienza e tempio che doveva culminare con la scuola di Coo. Fu questo il percorso compiuto dalla prima medicina: esso coincide con la stessa evoluzione del pensiero poiché la nostra scienza è nata con l'uomo. La medicina dei popoli primitivi viventi oggi, corrisponde a quella del terzo stadio evolutivo. Essa è essenzialmente demonistica, coadiuvata dalle azioni medicamentose di vegetali e minerali. Ma la medicina dei primitivi non è viva solo presso i cosiddetti selvaggi: essa tramanda propaggini anche nei nostri popoli; vive, sebbene modificata, nelle sue tradizioni mediche, e nelle pratiche superstiziose, espressioni di un tardo esoterismo che uno studio folkloristico bene appropriato e diretto a uno scopo più alto della semplice curiosità, può rilevare nel suo giusto valore. La medicina dei primitivi considera essenzialmente due parti nella difesa contro il male: quelle cioè che noi chiamiamo etiologia e terapia, compendiando in esse diagnosi e prognosi.

Il concetto etiologico si ricollega a molteplici cause, tutte di natura magica e divina. In esso si nota quasi sempre uno stato di peccato dell'infermo, inteso certamente in modo diverso da quello della nostra morale e religione. L'uomo può peccare contro le divinità, i precetti del tabu e gli uomini capaci di provocare il bene o il male (stregoni) ed essere cosciente del suo peccato o no; può essere impuro per ragioni non inerenti alla sua volontà e può, infine, essere anche vittima di malignità di uomini e di dei. Se confrontiamo questi concetti con quelli contenuti nei più antichi documenti, troviamo analogie impressionanti e ripetizioni che sono veramente inspiegabili. L'uomo può dunque ammalare per contatto con oggetto o individuo tabu. Sono tali per l'uomo primitivo molti oggetti, persone o animali. Il minimo contatto con essi, anche indiretto, è causa di disgrazie che si risolvono quasi sempre in malattie più o meno strane. La malattia può essere causata da qualche divinità irata per essere stata offesa: è il concetto medico teurgico comunissimo presso gli antichi popoli. Il peccato può avere offeso uno stregone o qualche suo protetto e anche questo può essere causa di malattia.

Lo stregone può produrre la malattia del suo rivale in moltissimi modi, basati quasi tutti su concetti di magia simpatica. Esso è un vero fabbricatore di malattie. Per nuocere alla vittima occorre qualcosa che le sia appartenuto o che sia parte della sua penona. Così, p. es., vige la persuasione che capelli e unghie tagliate servano per fatture contro l'ex possessore; questa pratica fu già in uso presso i Babilonesi e gli Egiziani, e vive ancora nel popolino. Anche lo sputo e altri rifiuti sono adatti allo scopo: essi venivano incorporati in figurine di cera o argilla che si distruggevano in vario modo; o anche si racchiudevano in sacchetti che si seppellivano in luoghi speciali con determinati riti: la loro distruzione coincideva con quella della vittima. Anche gli avanzi del cibo sono utili alle fatture. Ciò deriva da un concetto di magia simpatica per l'idea che tra il cibo che è nello stomaco della vittima e l'avanzo che è in possesso dello stregone esista una relazione efficace allo scopo. Da ciò l'uso di schiacciare i gusci delle uova o delle lumache che si sono mangiate, e anche il concetto del sacro legame che, per il primitivo, proviene dal mangiare in comune. La malattia si può causare anche senza avere alcun oggetto che abbia avuto attinenza con la vittima (formule, imprecazioni o speciali atti, fra i quali importanti i nodi). A volte la vittima è innocente o addirittura sconosciuta. Si tratta allora di passaggio di malattia a un'altra persona per lo scopo egoistico di liberarsi dal male. In alcune popolazioni australiane i malati strofinano la parte lesa con erbe o figurine che seppelliscono in una via frequentata: il primo che passa prenderà la malattia invece del malato. L'influsso morbigeno si può anche trasfondere con lo sguardo. Alcuni hanno negli occhi questo speciale potere (malocchio).

Ma la base principale della patologia dei primitivi è il demonismo. La maggior parte delle malattie sono prodotte da esseri invisibili, extra naturali, dotati di malignità verso l'uomo. Questo concetto nacque per analogia: come l'uomo uccide il suo nemico meccanicamente, così si pensò che gli ammalati dovessero essere dilaniati da un nemico invisibile, ma dimostrabile per le sue azioni. Il modo col quale agiscono questi demonî, è essenzialmente meccanico: raramente si connette loro un'idea d'inquinamento.

Essi producono il morbo o per la semplice ragione del male che ha per fine sé stesso o per vendetta o perché invocati da stregoni. Dal concetto demonico si passò a quello manistico: si pensò, cioè, che le anime dei morti e specialmente degli uccisi, si aggirassero intorno alla casa degli uccisori per procurare malanni. Quando in alcune tribù si uccide un prigioniero, gli abitanti vanno attorno, battendo le mura della capanna per far fuggire il fantasma della vittima.

Nella difesa contro il male sono da distinguere una profilassi e una terapia propriamente detta. La profilassi consiste nell'evitare il tabu o nel ricorrere alle purificazioni, a contatto avvenuto. La più comu̇ne è quella fatta con acqua; ma possono usarsi anche altri liquidi (nell'Avesta è indicata l'orina di bue). Altri sistemi profilattici consistono nell'uso degli amuleti. Il loro significato è vario ma è, in fondo, sempre quello di proteggere. Alcuni contengono l'anima di una persona e impediscono che questa si ammali. Essi possono essere naturali (vegetali o minerali) o artificiali: questi hanno forma e sostanza svariata e per fabbricarli occorrono persone e cerimonie particolari. Affini agli amuleti sono i nodi, che abbiamo già visto essere usati per procurare le malattie. Per un concetto assai comune di similia similibus, i nodi furono e sono usati assai spesso, per impedire i morbi. Anche Plinio ne parla. Essi, oltre a impedire le malattie, le guariscono se sono in atto. Anche colori o disegni fatti sul corpo hanno azione apotropaica. Vi sono profilassi collettive che consistono in cerimonie, dirette dagli stregoni, che hanno lo scopo di cacciare i demonî dal villaggio, incutendo loro paura, o facendoli soffrire, o allettandoli con promesse, o. ingannandoli. Il sistema terroristico ha dato origine alle "danze dei diavoli" e alle maschere (v.). Queste hanno grande valore e significati differenti: incutono timore, rappresentano un sintomo morboso o lo spirito che ha prodotto il male. Esse sono numerosissime. Altro sistema consiste nel far soffrire il demonio, facendo soffrire il malato, infliggendogli ferite, irritazioni, percosse, digiuni, affinché lo spirito si trovi male nel suo domicilio e se ne vada. Si può adescare il demonio fuori del malato, facendogli vedere leccornie e oggetti curiosi. Il demonio, che ha la mentalità del selvaggio che lo ha creato, abbandona l'ospite per andare a mangiare o a vedere. Si può anche ingannare lo spirito possessore, vestendo il paziente con pelli di animali o con vesti di altre persone o cambiandogli nome (qualcosa di simile si trova ancora in alcune comunità giudaiche). In casi di epidemia gli abitanti di una tribù escono di notte dal loro villaggio e quindi vi ritornano, facendo perdere le tracce ai demonî che li hanno seguiti. Vi è poi il concetto dell'espiazione che si compie mediante offerte e sacrifici di animali e di uomini. In questo caso si trasferiscono tutte le colpe del malato o di una tribù colpita da epidemia in un oggetto, animale o persona che poi viene gettato, fatto allontanare per sempre, o ucciso (capro espiatorio). In alcuni sistemi possiamo trovare un embrione di opoterapia, poiché si crede, p. e., che, nutrendosi con determinati organi di animali o di uomini, si possa rinforzare la funzione deficiente di un proprio organo corrispondente. Altre volte sono vegetali o minerali che, ricordando vagamente un determinato organo, vengono usati come rimedî per le malattie di questo (da ciò ebbe origine la teoria della "segnatura" di Paracelso). Qualcosa di simile è dato anche dalla virtù di alcuni re che hanno la potenza di causare un male e di farlo guarire. La virtù curatrice dei re fu creduta anche dai nostri padri. I re di Francia, Inghilterra, Castiglia e Ungheria, potevano guarire determinate malattie. La terapia medicamentosa è data da un vero arsenale di piante e minerali, dotati di vera virtù farmacologica, sebbene usati inconsciamente. Si possono anche notare tentativi di terapia razionale (salasso, scarificazione). Però, tanto i semplici medicamentosi, quanto le operazioni, sono circondate da concetti magici, onde si può concludere che la medicina dei primitivi è basata essenzialmente sul principio magico-religioso. Tale medicina dalla preistoria si è conservata pressoché immutata nei primitivi di oggi e mantiene ancora propaggini nella vita del popolo.

Bibl.: E. Biette, L'anthropologie, IV, Parigi 1895; A. Bouchinet, Des états primitifs de la médecine, Digione 1891; R. Hofschläger, Über der Ursprung der Heilmethode, Krefeld 1908; O. Howorka, Geist der Medizin, Vienna e Lipsia 1915; G. J. Frazer, The golden bough, Londra 1911-1915, trad. it., Roma 1925; A. C. Klebs, Paleopathology, in John Hopkins Hospital Bull., XXVIII, n. 318; A. Le Double, La médecine et la chirurgie, dans les temps préhistoriques et protohist., Parigi 1911; J. Lubbock, The origin of civilization and the primitive condition of Man, Londra 1911; R. L. Moodie, Studies in palaeopathology, in Annals of medical History, I (1917); G. Sergi, Gli arii in Europa e in Asia, Torino 1903; id., Italia. Le origini. Antropologia, ecc., Torino 1919; G. Maspero, Histoire anc. des peuples de l'Orient, 7ª ed., Parigi 1905; G. Smit, De daemoniacis, Roma 1913; A. Pazzini, Metamorphosis, in Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, 1931; G. Portigliotti, Psicoterapia, Milano 1903; E. Mangenot, in Dictionn. de théologie catholique, IV, i, coll. 322-400; I. Pizzi, Introduzione alla traduzione dell'Avesta di Zarathustra, Milano 1914; L. Thorndyke, History of magic; T. K. Osterreich, Les possédés, Parigi 1927.

Medicina popolare.

Si suol dare questo nome al complesso delle idee che il volgo ha intorno alle malattie e ai mezzi di cui si serve per combatterle e prevenirle. Mescolanza di elementi diversi, in parte derivati dalla medicina culta ed empirica di altri tempi, essa conserva nozioni e pratiche di carattere magico-religioso e, forse, di origine primitiva. Alla magia si riportano le idee secondo cui le infermità, in varî casi, sono da attribuire a influssi malefici (v. fattura; malocchio, ecc.). Il noce, il tasso e altri alberi sono creduti febbriferi; animali morbiferi sono il rospo, il cuculo, il ramarro, che provocano malattie, e anche la morte, a chi li maltratti. Personificazioni di particolari infermità sono alcuni animali immaginarî. Il cancro è concepito come un mostro carnivoro, che lacera e divora il corpo del sofferente; onde l'idea di cibarlo di carni fresche, che si somministrano ogni giorno all'infermo, quando il cancro è interno, o si applicano a fette sul neoplasma, quando è esterno. Animali immaginarî sono la tarpa e l'utria; la prima penetra nei genitali della donna, provocando le coliche mestruali e distruggendo il frutto del concepimento; la seconda, così detta dall'utero, con cui si confonde, è un'idra armata di sette teste ed è ritenuta la causa degli accessi isterici, delle lipotimie e di altri simili disturbi.

Altri mali sono dal volgo attribuiti all'opera di spiriti demoniaci o all'ira di numi offesi. In speciali casi il mal d'occhi è spiegato come una punizione di S. Lucia; il travaglio del parto come un castigo di S. Anna. Effetto dell'invasione demoniaca si considerano la paralisi istantanea, l'erisipela, il gozzo, la distorsione, le tumefazioni articolari, l'eclampsia dei bambini, l'istero-epilessia, conosciuta coi nomi di brutto male, male sacro, ballo di S. Vito, ecc. A impedire o scongiurare quest'ultima infermità si fanno portare addosso ai sofferenti reliquie di santi e amuleti; qualche volta gli ammalati vengono segnati a fuoco sulla cervice, in onore di S. Domenico di Cocullo.

I rimedî sono adeguati alle cause supposte; perciò tendono all'espulsione dello spirito malefico mediante carmi, segnature con croci e medaglie, scottature con ceri benedetti; somministrazione di cibi e bevande devozionali (panini rituali, acque di fonti sacre, ecc.), percosse (ritenute un mezzo efficacissimo) e così via. Servono anche allo scopo le suffumigazioni con erbe aromatiche, foglie e piante benedette. Alle controfatture si ricorre quando si ha il sospetto che la malattia sia di origine stregonica (v. fattura). Comunissimo è l'uso del trapiantamento magico, mediante il quale si fa passare l'infermità dal corpo del sofferente in quello di un animale o in una pianta. La malaria si crede passi nel cane, che abbia mangiato una focaccia preparata con l'urina del malarico; la meningite nella rana, che sia stata applicata alle piante dei piedi dell'inferno; l'itterizia in una pianta di marrubio, purché l'itterico abbia avuto la cura d'inaffiarla con la propria urina avanti il sorgere del sole; la febbre ostinata, in un albero, mediante la legatura con un filo che sia stato portato al polso del sofferente. Tipico esempio di cura magica è quello usato dal volgo di quasi tutta l'Europa per curare i fanciulli erniosi: si spacca in due, nel senso della lunghezza, il fusto d'un alberello (olmo, frassino, ciliegio, querciolo, ecc.), e, dopo avervi fatto passare il fanciullo, si ricongiungono le parti del fusto.

Generalmente le conoscenze e le pratiche in uso nella medicina popolare formano il segreto di speciali personaggi (stregoni, mediconi, cerusichi, conciaossi, erbaioli, ecc.), che se le tramandano di generazione in generazione. Virtù naturali congenite e atte a guarire speciali indisposizioni posseggono i "settimini" (settimi figli venuti al mondo senza interruzione di femmine); i nati di venerdì o nella notte della conversione di S. Paolo (ciraoli); i nati che, venendo alla luce, ebbero calzature di pelle di lupo; e quanti ebbero la ventura di valicare lo Stretto di Messina per due volte il venerdì santo. Specialissime capacità di rimettere a posto le ossa delle mani slogate si attribuiscono ad alcuni falegnami. Non di rado si ritiene che la virtù prodigiosa di alcuni individui si perpetui attraverso i loro discendenti, o successori: di qui l'idea che i Potenzano in Palermo, possano guarire le ferite gravi e i Grasselli di Marsala, le empetigini; che i Vulcano di Sorrento, i Gennari di Napoli, i Cancelli delle Marche possano, per il solo fatto di toccare o curare gli infermi di determinate malattie, liberarli dal male e restituirli sani alla vita; e che i re di Francia o d'Inghilterra possano anch'essi guarire, toccandoli, gli scrofolosi.

Bibl.: G. Pitrè, Medicina popolare siciliana, Palermo 1896; id., Mirabili facoltà di alcune famiglie di guarire certe malattie, Palermo 1889; Z. Zanetti, La medicina delle nostre donne, Città di Castello 1892; R. Corso, Das Geschlecthleben des italienischen Volkes, in Anthropophyteia, VII (1913); id., Reviviscenze, Catania 1927; J. Leite de Vasconcellos, A figa, Porto 1925; O. von Hovorka e A. Kronfeld, Vergleichende Volksmedizin, Stoccardea 1908-1909, voll. 2.