Medicina

Dizionario di Medicina (2010)

medicina


Scienza che studia la persona umana nella normalità e nelle malattie, delle quali attua prevenzione e cura. La moderna m. è suddivisa in molteplici specializzazioni, campi di ricerca e di lavoro che coinvolgono non solo  medici, ma anche altri professionisti che contribuiscono al suo sviluppo (biologi, farmacologi, ingegneri, ecc.). La prassi medica agli inizi del 21° sec. è il frutto naturale di una lunga evoluzione storica delle conoscenze e delle pratiche mediche (➔ medicina, storia della) che hanno avuto nel secolo scorso uno straordinario sviluppo sia in termini di conoscenze di base (in partic., dei correlati microscopici, in termini molecolari e cellulari, delle conoscenze fisiologiche, genetiche e patologiche già consolidate) che tecnologiche (con lo straordinario sviluppo delle biotecnologie, della strumentazione diagnostica e dei livelli ingegneristici di  miniaturizzazione). In partic. oggi la m. si pone il compito di superare la grande tradizione delle scuole mediche dei grandi clinici, che ha caratterizzato la medicina del secolo precedente e che comunque costituisce la base di quella attuale. I moderni sviluppi dell’arte medica riguardano soprattutto l’affinamento dei metodi analitici (m. analitica) piuttosto che quelli più sintetici del giudizio clinico. La ricerca a scopi clinici, i metodi diagnostici, la terapia  si suddividono da un lato nelle molteplici discipline specialistiche, dall’altro tendono per ciascun settore a uniformarsi secondo standard  mondiali, attraverso stretti scambi scientifici e protocolli comuni. L’approfondimento delle conoscenze in tutti i campi  specialistici ha determinato non solo una sottodivisione sempre più articolata delle tradizionali discipline mediche (ematologia, m. interna, ginecologia, malattie infettive, ecc.), ma ha portato anche alla nascita di nuove discipline, frutto delle intersezioni di metodi, obiettivi e approcci terapeutici di quelle precedenti (per es., citogerontologia, immunoematologia, immunoendocrinologia, neuropsicologia, ecc.). Le tecnologie della comunicazione hanno portato inoltre un grande apporto alla rapidità delle informazioni a livello globale e alla possibilità di raccogliere, analizzare, comparare, archiviare i dati epidemiologici in forme statisticamente affidabili: questo ha portato allo sviluppo e alla affermazione di nuovi approcci basati sulla validazione dell’efficacia dei protocolli di intervento medico (➔ evidence-based medicine).

Aspetti organizzativi dell’intervento medico

La m. generale, detta anche m. di base o di famiglia, è, nel nostro Sistema sanitario nazionale, il centro delle cure primarie, cioè non specialistiche, e si fonda sul rapporto continuativo di fiducia paziente-medico. Il medico di famiglia svolge attività di prevenzione, diagnosi e cura sia in ambulatorio che a domicilio; collabora, come tramite indispensabile per il proprio paziente, con le strutture territoriali e ospedaliere; organizza l’assistenza domiciliare (➔), quando sia necessaria. La m. generale è presente sul territorio in varie forme associative fra medici di famiglia, al fine di garantire maggiore continuità e disponibilità ai pazienti. Per m. di eccellenza si intende, in ciascun settore specialistico, la m. di alto profilo scientifico, che si avvale di una propria attività di ricerca e di alte tecnologie; un reparto di eccellenza può essere istitutivamente presente in un determinato territorio (anche a livello regionale o nazionale) e costituisce il punto di riferimento per determinate patologie. L’intreccio delle conoscenze mediche e lo scambio di informazioni tra soggetti specialistici diversi hanno reso comune la m. di équipe, che rappresenta il concerto delle forze diagnostiche e terapeutiche di medici di diverse branche, più o meno affini, che si rivolgono, collaborando, al paziente affetto da patologie particolarmente complesse; la prassi di équipe può essere istituzionalizzata (ad es., per la m. dei trapianti), oppure occasionale, a seconda delle necessità momentanee del paziente. La complessità dell’intervento medico non è solo derivante dagli aspetti specialistici ma anche dalla organizzazione territoriale delle istituzioni mediche, che in Italia ha per soggetto principale le Regioni (dal punto di vista organizzativo, amministrativo ed economico):  la m. del territorio comprende così la m. di base (medici di famiglia, o di m. generale, guardia medica, o continuità assistenziale), le strutture territoriali di igiene e prevenzione, gli ambulatori specialistici di un determinato distretto, i consultori familiari; entrano a far parte di questo ambito anche organizzazioni delle c.d. cure primarie territoriali (già in atto in alcune regioni, sono in altre in fase di progetto o di sperimentazione), quali gli ospedali di comunità e le case della salute.

Il rapporto medico-paziente nella medicina contemporanea

L’ampliarsi degli orizzonti tecnologici di intervento ha posto il medico di fronte a nuove responsabilità civili ed etiche (➔ bioetica) in rapporto, per es., alle soluzioni da intraprendere sul piano terapeutico, non più limitate dal punto di vista tecnico (➔ accanimento terapeutico) ma sottoposte a essenziali scelte deontologiche. In partic., il tradizionale rapporto medico-paziente si è indubbiamente modificato nel tempo, sia in linea di principio  che di fatto. La necessità di una visione unitaria dello stato di salute o di malattia della persona è  l’aspetto attualmente al centro dei dibattiti per disegnare una m. realmente moderna: punto cardine del nuovo rapporto tra medico e paziente è il fatto che questo non è l’oggetto delle cure mediche ma  un soggetto che interloquisce con lo specialista per decidere il proprio percorso terapeutico, anche tramite il consenso o il rifiuto esplicito alle terapie proposte (➔ consenso informato), e la decisione di accedere a cure in caso di futura sopravvenuta incapacità a decidere (➔ testamento biologico). Le difficoltà oggettive dell’instaurarsi di un diverso rapporto medico-paziente nascono anche dalla sopra descritta frammentazione delle pratiche mediche, in virtù della quale  il rapporto diventa asimmetrico; a ciò tuttavia può far fronte l’instaurarsi di una più strutturata collaborazione tra il paziente e l’intera équipe medica.