MELAMPO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

MELAMPO (Μελάμπους, Melampus)

S. de Marinis

Figlio di Amithaon, è figura assai complessa della mitologia greca dove appare nella doppia qualità di taumaturgo, o meglio di sacerdote, capace di purificare i malati rendendo così loro la salute, e di veggente, il primo mortale a cui gli dèi avessero concesso il dono della divinazione: nella sua infanzia due serpenti, per ricompensarlo dei funerali che aveva tributato alla loro madre, gli lambirono gli orecchi mettendolo in grado di intendere il linguaggio degli uccelli e di tutti gli animali in genere.

Nella Megaride, ad Aigosthena, a M., quale profeta divinizzato era consacrato un tempio, il Melampodeion (Paus., i, 44, 8) e in suo onore venivano celebrati sacrifici e una festa annuale. È probabile che di questo culto sia conservato un ricordo su alcune monete di Aigosthena di epoca imperiale.

In molte località del Peloponneso (Argo, Sicione ecc.) e anche in Arcadia, M. è considerato l'introduttore della religione dionisiaca di cui personifica la stabilizzazione. Erodoto stesso (ii, 49) dice che M. recò ai Greci il nome del dio e i riti del suo culto. Nella personalità di M. si possono ritrovare infatti (almeno per quanto riguarda una parte delle leggende legate alla sua figura) tutti gli elementi, anzi il prototipo stesso delle arti purificatrici e salutari che erano connesse con il culto mistico dionisiaco.

È questo il caso del mito delle Pretidi; le tre figlie di Proitos, re di Tirinto erano state colpite da furiosa pazzia collettiva per avere disprezzato il culto di Dioniso (secondo la tradizione bacchilidea, dove però la figura di M. è completamente assente, la divinità offesa sarebbe invece Hera). M., a cui il re si era rivolto per aiuto, riuscì a trascinare le fanciulle che andavano errando per le montagne e i boschi del Peloponneso, fino ad un santuario che le tradizioni diversamente localizzano a Lousoi, Tirinto o Sicione; qui, dove però due sole giunsero, perché la meno giovane cadde lungo la strada, uccisa dalla fatica della lunga corsa e dalla follia, M. compie con riti magici la loro purificazione.

L'episodio finale del mito fu più di una volta rappresentato figurativamente. Inquadrata all'interno di un tempio appare la scena di un vaso italiota al Museo Nazionale di Napoli: al centro sta un altare su cui poggia la statua arcaica della dea col pòlos in testa; subito a destra si innalza una colonna ionica sormontata da un tripode. Tabelle votive fittili sono appese al muro. M. barbato, vestito per metà da un himàtion, regge un lungo scettro o bastone nella sinistra e con il gesto dell'altra mano accompagna le parole che pronuncia dinnanzi alle due supplici fanciulle: queste, scarmigliate, discinte e scalze siedono sull'ara: l'una a sinistra si stringe all'idolo abbracciandolo e tiene un lungo ramo fiorito; l'altra figura (che qualche volta è stata erroneamente interpretata come Lyssa, la personificazione della follia) appare in secondo piano, con la testa appoggiata alle mani, seminascosta dalla colonna ionica e dalla terza figura femminile seduta sull'ara, il cui aspetto curato (è calzata e perfettamente vestita e acconciata) contrasta nettamente con quello delle altre due: è assai difficile perciò vedere in essa una delle sorelle; si è avanzata l'ipotesi che possa rappresentare una sacerdotessa del tempio. Lo stesso Dioniso, in nome del quale la cerimonia si compie, manifesta la sua presenza, garantendo la validità dell'opera di Melampo. Su un cammeo, ora alla Bibliothèque Nationale, con rara sapienza compositiva e prospettica, l'incisore è riuscito a presentare nel ristrettissimo spazio, un gruppo assai complesso; tutte e tre le Pretidi sono riunite sopra un'ara coperta da un panneggio: due sedute, una delle quali ancora invasata, rovescia indietro la testa e agita le braccia; la terza appare sul fondo, evidentemente morta o morente, riversa sull'ara con la testa e le braccia penzolanti. In mezzo a loro si erge la figura di M.; con folta barba e le chiome cinte da una corona di alloro, sta compiendo uno dei riti necessarî alla purificazione: mentre con la sinistra tiene un ramoscello lustrale, con la destra solleva un porcellino scannato, facendone colare il sangue sul capo di quella delle Pretidi che appare già calma. Da destra avanza un ministro del culto con una ciotola; a sinistra è una figura femminile velata detta ora ninfa ora sacerdotessa.

A questo episodio è possibile che si riferisca, secondo l'ipotesi del Savignoni, la scena rappresentata su un bassorilievo frammentario di terracotta proveniente da Rosarno (Medma). Caratteristiche di notevole interesse presenterebbero in questo caso i particolari della versione mitica e soprattutto la figura di M., il personaggio interpretato come tale compare all'estrema destra impostato frontalmente; è un solenne vecchio con foltissima barba e ricca capigliatura: indossa un lungo chitone stretto in vita da un'alta cintura metallica con ganci e decorazione a palmette e porta due baltei a tracolla fissati da una borchia in mezzo al petto: un ampio mantello sale a coprire anche il capo da cui lo scosta con una mano, mentre con l'altra ne regge le falde inferiori: nel suo atteggiamento può vedersi l'accenno ad un passo di danza che dovrà considerarsi bacchica, spiegandola analogamente all'inconsueto abbigliamento (che sembra in realtà quasi di tipo teatrale) in rapporto con il rito particolare che M. sta compiendo.

L'altro episodio del mito di M. che interessa l'arte figurativa è quello della avventurosa conquista della mandria di Filaco e Ificlo per il fratello Biante a cui era necessaria per ottenere in moglie la figlia di Neleo. La scena di un cratere a colonnette corinzio arcaico (Louvre, E 633), che mostra, a destra un gruppo di buoi, a sinistra un uomo con pètasos in testa che, con le mani legate dietro, viene spinto avanti da un altro. Più frequentemente riferita al mito di Ercole, è stata talvolta interpretata come rappresentante Ificlo che coglie in flagrante M. mentre tenta di appropriarsi delle sue mandrie.

Bibl.: J. De Witte, Mélampos et les Proïtides, in Gaz. Arch., V, 1879, pp. 121-31, tavv. XIX, 2; Drexler-O. Höfer, in Roscher, II, 2, 1894-97, c. 2567, s. v.; F. Dürbbach, in Dict. Ant., III, p. 1706, s. v. Melampodeia; L. Savignoni, La purificazione delle Pretidi, in Ausonia, VIII, 1912, p. 145 ss. Per altre assai incerte rappresentazioni di M. cfr.: S. Reinach, Rép. Peint., 28, 3; L. Séchan, Études sur le tragédie grecque dans ses rapports avec la céramique, Parigi 1927, p. 189 (= kölix a figure rosse in Reinach, Rép. Vas. Peint., I, 226); Pley, in Pauly-Wissowa, XV, 1931, c. 392 e ss., s. v., n. i.

(S. De Marinis)