MENSURALISMO

Enciclopedia Italiana (1934)

MENSURALISMO. (fr. musique proportionnelle; ted. Mensuralmusik; ingl. measured music)

Guido GASPERINI

Con la parola "mensuralismo" si deve intendere il sistema di misura musicale che andò formandosi in Europa e, più specialmente, in Italia, in Francia, in Inghilterra e in alcuni paesi tedeschi, dopo il 1100; e che, sviluppandosi lentamente a traverso i periodi dell'Ars antiqua e dell'Ars nova, cioè attraverso i secoli XII, XIII e XIV, fiorì, poi, con abbondanza di segni diversi e di complicate regole, nei secoli XV e XVI dando vita infine al moderno sistema di misura.

Il lungo spazio di tempo occupato dallo svolgersi del mensuralismo può dividersi in tre periodi distinti, ognuno dei quali comprende un'epoca di grande importanza nella storia della musica moderna. Il primo periodo nel quale appaiono i primi saggi del sistema mensurale va dalla fine del sec. XI sino a tutto il XIII. Il secondo comprende il secolo XIV, cioè il secolo dell'Ars nova. Il terzo vede completarsi lo sviluppo del sistema stesso nei secoli XV e XVI, i secoli della grande composizione polifonica.

I primi inizî del sistema mensurale sono avvolti dall'oscurità. Essi avrebbero dovuto manifestarsi sin da quando, dal sec. VIII al IX, i primi tentativi di sostituzione del canto polifonico al monodico (v. organum) ebbero dato vita ai primi saggi di composizione organale. Ma la semplicità di quella composizione, svolgentesi a nota contro nota e sempre per moto parallelo o per moto obliquo, non rese necessaria, allora, l'invenzione di speciali segni di durata; onde la composizione stessa attraversò i varî periodi del suo sviluppo senza che la scrittura musicale (neumatica, con o senza linee) avesse bisogno di arricchirsi di segni speciali di durata e di misura. Tale necessità cominciò, invece, a prospettarsi, quando, dopo l'epoca guidoniana e fino dagl'inizî del sec. XII, le combinazioni delle varie parti di canto si complicarono in conseguenza della maggior libertà, nella formazione e nella condotta delle parti, concessa ai compositori. Allora, superata l'epoca della primitiva composizione organale e iniziatasi quella della prima forma del contrappunto (il discanto), si sentì sempre più la necessità di dare ai suoni durate fisse. E mentre ai passaggi per moto retto e per moto obliquo succedevano quelli per moto contrario, mentre l'uso contemporaneo di valori di suono diversi si sostituiva all'uso del movimento a nota contro nota e mentre si diffondevano le nuove forme di composizione in contrappunto, quali il Conductus e il Motetus, i primi e fondamentali valori di note venivano definitivamente accolti nella pratica e nella teoria della composizione polifonica, formando un primo quadro mensurale medievale che, pur essendo ristretto ai soli valori della longa (perfecta e imperfecta) e della brevis (recta e altera), alle quali si aggiungevano, poi, quelli della doppia longa e delle semibrevi maggiore e minore, era sufficiente alle modeste esigenze del canto polifonico dei secoli XII e XIII.

Disciplinato da non poche regole sorgeva poi, accanto al quadro delle note isolate, quello delle note legate, che aveva particolare importanza anche dal lato modale comprendendo le più diverse combinazioni di suoni alle quali dava un particolar significato l'essere la legatura ascendente o discendente, con proprietà o senza proprietà o con opposta proprietà. E mentre il quadro delle note plicate (note con appoggiatura o con portamento di voce) acquistava esso pure la sua importanza speciale, s'imponeva su tutto il sistema mensurale medievale la misura ternaria che regolava tutto il movimento mensurale della composizione musicale dei secoli XII e XIII e che, attribuendosi il privilegio dell'assoluta perfezione, relegava tra le cose imperfette ogni misura e valore di carattere binario.

Il quadro degli elementi formanti il sistema mensurale di quell'epoca era dunque formato, nei secoli anzidetti, dai seguenti valori:

A completare il quadro s'aggiunga, poi, che l'uso continuo del movimento ternario rendeva superfluo quello dei segni di misura da porsi in chiave; il che spiega perché i primi segni di misura, cioè il circolo e il semicircolo, siano apparsi soltanto alla fine del sec. XIII e manchino, perciò, nel quadro suesposto. E si noti, infine, come già sin dai secoli XII e XIII durasse l'uso di dare alle figure delle note valori diversi senza che fosse cambiato il loro aspetto, come si osserva, difatti, nel quadro stesso ove la longa, la breve e la semibreve sono, rispettivamente, perfette e imperfette, rectae e alterae, maggiori e minori senza che la loro figura si muti.

Il secondo periodo della storia del mensuralismo si svolge in pieno Trecento. L'epoca dell'Ars antiqua è già ormai sorpassata e sorpassati sono i suoi limitati concetti sull'uso dei diversi ritmi e le sue ristrette regole sul movimento delle singole parti di canto. In Italia e in Francia splende sul campo dell'arte musicale il sole dell'Ars nova che apre nuovi orizzonti all'arte del comporre, e reca in Italia e in Francia nuovi elementi che dànno alla composizione musicale trecentesca scioltezza, eleganza e varietà di movimenti.

Nell'Ars nova italiana questi elementi, sorti in seguito al riconoscimento ufficiale dell'esistenza della misura binaria di fronte alla ternaria e come conseguenza della suddivisione della semibreve in note di più piccolo valore, sono, da un lato, le nuove misure che accogliendo, indipendentemente l'uno dall'altro, i movimenti binarî e ternarî, dànno al pensiero musicale la possibilità di svolgersi con sempre maggiore libertà di atteggiamenti; dall'altro lato, i nuovi valori della minima e della semiminima, che, dapprima timidamente, poi sempre più nettamente, appaiono nella composizione musicale trecentesca, alla quale dànno una scioltezza di movimenti non conosciuta sino allora. Si affermano, in quel tempo, nel sistema mensurale italiano, le misure a due e a tre tempi, le quaternarie, le senarie, le ottonarie, le novenarie e le duodenarie che dànno luogo a un'originale e chiara segnalazione delle varie misure mediante l'uso delle lettere dell'alfabeto (la lettera T indica la misura ternaria, la B indica la binaria, la P la perfetta, la I l'imperfetta) e prendono durevole consistenza le minime e le semiminime e, talvolta, le crome le quali assumono forme diverse allo scopo di esprimere, con le loro figure, sempre più esattamente il loro valore. Il sistema mensurale italiano, nell'epoca dell'Ars nova, si arricchisce, quindi, di segni variati e precisi che rendono sufficientemente chiara e facile la lettura della musica, mentre rispondono a tutte le esigenze della composizione musicale di quel tempo. Accanto alle note di lungo valore, che obbediscono ancora alle regole dell'Ars antiqua, fioriscono le note di piccola durata che spesso si svolgono, elegantemente, a terzina. Nella loro fluidità e varietà, esse dànno, talvolta, alla composizione un senso quasi di modernità; staccando nettamente, per la loro mobilità, il canto dell'Ars nova da quello dell'epoca precedente.

Un breve quadro di note usate in Italia, nel Trecento, darà un'idea dell'abbondanza di segni di durata nell'Ars nova italiana:

Con non minore ricchezza si svolge, nello stesso tempo, il sistema mensurale francese che riceve l'ispirazione da Filippo di Vitry. Mentre, però, l'Ars italiana forma i quadri dei suoi segni di misura e procede alla suddivisione della semibreve con semplicità e chiarezza, l'Ars francese si sviluppa con assai maggiore complessità di vedute. Sono in essa, infatti, oggetto di speciale considerazione i rapporti tra le note di maggior durata per i quali sorgono le misure e i termini di modo (relazioni fra le longhe e le brevi) di tempo (relazioni fra le brevi e le semibrevi) e di prolazione (relazioni tra le semibrevi e le minime), ognuno dei quali forma una categoria a parte nel quadro generale del sistema mensurale. E sorgono, nello stesso tempo, i corrispondenti segni di misura: così, mentre a indicare il valore del modo si colloca, in chiave, come segno di misura, un quadretto contenente tre o due linee (longa perfetta o imperfetta), a segnalare il valore del tempo si pone, in chiave, un circolo o un semicircolo (breve perfetta o imperfetta) e a segnalare il valore della prolazione si collocano nel circolo o nel semicircolo tre o due punti (semibreve e ternaria o binaria):

Così, mentre nell'Ars italiana i segni di misura consistono, in generale, in lettere dell'alfabeto indicanti le misure prescelte e mentre tutto il sistema italiano tende alla chiarezza, nell'Ars francese i segni stessi hanno carattere simbolico e sono assai più complicati di quelli italiani. Ad essi, infine, si aggiunge il color, cioè l'usti dell'inchiostro rosso col quale erano segnalate le figure di note che, in battuta ternaria, dovevano avere valore binario, dovevano, cioè, dar luogo al movimento sincopato. Tale uso, che era, però, già noto anche prima dei tempi di Filippo di Vitry, durò sino verso il sec. XV quando, per ragioni di comodità, le note rosse vennero sostituite dalle note albae o dealbatae o cavatae, cioè bianche.

Nel terzo periodo della storia del mensuralismo, che dalla fine del sec. XIV giunge sino a tutto il XVI, la complicazione del sistema mensurale cresce rapidamente insieme allo sviluppo della composizione polifonica vocale. Come questa acquista, progressivamente, nuovi e complessi movimenti di parti e nuove combinazioni di valori che trovano alimento, in specie, nella teoria delle proporzioni, così l'accrescersi e il variarsi dei segni di misura e l'uso sempre più frequente di note di piccolo valore (combinato con l'applicazione costante delle regole già ammesse nelle epoche precedenti e riguardanti solo le note di maggior valore) dànno al sistema mensurale un'ampiezza veramente considerevole. Le varie fasi del suo sviluppo, sino verso la fine del sec. XVl, non possono pertanto essere qui accennate se non sommariamente. In esse, la questione più importante e più complessa, che interessa teorici e pratici e dà luogo a sempre maggiori complicazioni del sistema mensurale, è quella delle proporzioni, che si riallaccia a tutte le questioni che agitavano, allora, il campo degli studî mensurali. Per quella questione, che ha per fine l'esatta combinazione simultanea dei più diversi valori di nota che, perciò, ha stretti rapporti e con la teoria dei segni di misura e con lo sviluppo della notazione musicale, sorgono i rapporti della dupla, della tripla, della quadrupla e della sesquialtera, della sesquitrina e della sequiquarta, ecc., ognuno dei quali, ponendo a confronto, nella stessa battuta, valori diversi, rappresentati da note di forma uguale, crea casi speciali che occorre risolvere con mezzi speciali, cioè con nuovi segni di misura combinati con i vecchi segni simbolici (circolo e semicircolo) e con alterazioni, sempre più audaci, del valore delle note.

Accadono, allora, nel campo del mensuralismo, tra la fine del sec. XIV e il principio del XVI, modificȧzioni e trasformazioni di valori, di figure e di segni oltremodo singolari, per le quali l'applicazione della teoria delle proporzioni diviene sempre più complicata. Di quelle modificazioni e trasformazioni, però, che tendono a indicare al cantore i varî movimenti, più o meno veloci, più o meno ritardati, delle varie parti contrapposte l'una all'altra in una stessa battuta e che con le duple, le triple, le sesquialtere, le emiolie ed ogni altro genere di proporzione cercano di risolvere i problemi della misura e della notazione, è impossibile trattare qui a lungo.

Ci limitiamo quindi a notare che il lungo travaglio della formazione del sistema mensurale medievale giunse a compimento nel sec. XVI, aggiungendo che l'evoluzione avvenuta nel campo della musica polifonica verso la fine di quel secolo e l'introduzione del canto monodico insieme alla graduale scomparsa delle note di lungo valore e ad altri elementi di semplificazione (come l'invenzione della stampa musicale) poterono condurre, da allora in poi, gradatamente, la misura musicale a forme più semplici, preparatrici del sistema attuale. Chiudiamo questa esposizione elencando i momenti più salienti di quelle modificazioni e trasformazioni che condussero il sistema mensurale medievale all'alto grado di complessità raggiunto nel corso del sec. XVI:

1. Cambiamento, intorno al 1400, del colore delle note che da nere e rosse divengono bianche e nere, e conseguente suddivisione di esse in variabili e invariabili; comprendendosi nelle prime le note di lungo valore (soggette alla perfezione e alla imperfezione e alle regole del modo, del tempo e della prolazione), e, nelle seconde, le note di piccolo valore, che sono sempre binarie e non sono, quindi, soggette a perfezione.

2. Aumento progressivo delle note di minor valore mediante la di visione e suddivisione della semibreve e istituzione della triplex longa o maxima e del segno relativo.

3. Accrescimento del numero dei segni di misura con l'aggiunta di nuovi segni caratteristici, nonché delle cifre 1 e 2 dei rapporti numerici

ecc., e il loro rovescio a indicare l'introduzione o la cesssazione delle proporzioni dupla, tripla, sesquialtera, ecc.

4. Diminuzione accidentale del valore delle note variabili mediante il totale o parziale oscuramento delle note stesse (proporzione emiolia).

5. Sviluppo del sistema delle note legate che possono essere, esse pure, bianche o nere o mezze nere, puntate o non puntatg, ecc.

6. Riunione di misure di diversa specie, in uno stesso pezzo e alterazione conseguente del valore delle note mediante l'uso simultaneo di note di valore integro e di note accidentalmente aumentate o diminuite, nonché di misure pari e dispari, ecc., alterazioni dovute specialmente all'introduzione della divisione ternaria della prolazione.

Ecco il quadro di alcune misure usate nei secoli XV e XVI:

Bibl.: Oltre che nelle oepre di varî autori medievali pubblicate nell'antologia del Gerbert poi parzialmente riedita in E. de Coussemaker, Scriptorum de musica, ecc, Parigi 1867-76, nuova ed., Graz 1908, l'argomento è largamente trattato anche in: H. Bellermann, Die Mensuralnoten und Taktzeichen, ecc., 2ª ed., Berlino 1906; G. Jacobstahl, Die Mensuralnotensch. des XII und XIII Jahrh., Berlino 1871; H. Riemann, Gesch. der Musiktheorie, Lipsia 1898; J. Wolf, Gesch. der Mensuralnotation von 1250-1460, ivi 1904 segg.