MERCATO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

MERCATO

Siro Lombardini
Corrado Conti

(XXII, p. 878; App. III, II, p. 56)

Economia. - Il mercato nella teoria economica. I diversi filoni di analisi. - Negli ultimi anni si sono sviluppati diversi filoni di analisi in tema di mercato.

a) Un primo filone rivaluta il ruolo del m. concorrenziale nell'elaborazione di modelli teorici ritenuti atti a spiegare il funzionamento del sistema economico. Diverse sono le ragioni di questo orientamento, che sembra ignorare tutta una serie di contributi all'analisi delle varie forme di m.: l'esigenza di fondare l'analisi del sistema economico su ipotesi di comportamento razionale (che si ritiene possibile postulare solo in un contesto di concorrenza, necessario ad assicurare la possibile coesistenza delle scelte razionali dei vari agenti); la semplicità dei modelli fondati sull'ipotesi di concorrenza, di cui non interessa stabilire il grado di realismo (una tesi sostenuta da M. Friedman in un suo importante saggio metodologico); la possibilità di ottenere − con i modelli fondati sull'ipotesi di m. competitivi − indicazioni univoche circa gli effetti delle varie, possibili, misure di politica economica.

b) Varie linee di ricerca si sono contrapposte a quella neoclassica che assume per i vari m. le due caratteristiche del m. concorrenziale: 1) sia i richiedenti che gli offerenti non hanno alcuna possibilità d'influire con le loro decisioni singole sui prezzi (sono dei price taker); 2) i prezzi si aggiustano in modo da rendere le quantità domandate uguali alle quantità offerte. Modelli non walrasiani di equilibrio sono stati elaborati nell'ipotesi che i prezzi siano fissi. In altri modelli (di search equilibrium) particolare attenzione è stata data al ruolo dell'informazione − che si può migliorare con, però, dei costi − nella configurazione dei m. e dei meccanismi che portano a situazioni di equilibrio. Modelli più specifici sono stati elaborati per il m. del lavoro.

c) Un terzo filone riguarda la riconsiderazione dei m. non concorrenziali in schemi che permettano di analizzare la possibilità di pervenire a situazioni di equilibrio nel singolo m. e nel sistema nella sua globalità (equilibrio generale), e le loro proprietà. Alcuni dei modelli più significativi sono stati elaborati mediante gli schemi concettuali della teoria dei giochi. La possibilità di definire equilibri generali (e, anche, sentieri di crescita) per un'economia in cui i m. non sono concorrenziali ha suggerito interessanti riconsiderazioni della teoria del commercio internazionale.

d) Un quarto filone si può individuare nello studio di meccanismi − alternativi a quello classico della concorrenza perfetta − in grado di assicurare un efficiente impiego delle risorse (m. contendibili).

e) Il m. è stato riconsiderato anche in relazione ad alcune limitazioni che presenta come meccanismo di allocazione delle rissorse (si parla allora di fallimenti, failure, del m.) e di efficiente sviluppo.

Il mercato nella nuova macroeconomia classica. Il ruolo delle aspettative. − Per i teorici della nuova macroeconomia classica il modello dell'equilibrio di concorrenza consente d'interpretare il funzionamento dell'economia: esso può fornire fondamenti microeconomici ai modelli macro con cui si cerca di determinare gli effetti delle varie politiche economiche (in particolare delle politiche monetaria e fiscale).

Per poter riportare i fenomeni di m. alle scelte degli individui (quali risultano dalla soluzione ottimale dei loro problemi), occorre assumere che il m. sia in grado di equilibrare domanda e offerta in modo continuo, il che comporta che i prezzi fluttuino al variare delle condizioni della domanda e dell'offerta.

Diversi autori (R. E. Lucas in particolare) hanno ritenuto di poter conciliare la concezione di un m. che si porta in tempo reale in equilibrio con la constatazione che il processo economico è caratterizzato da fluttuazioni cicliche, assumendo che si verifichino shock sia per cambiamenti bruschi intervenuti nel valore della moneta, sia per mutamenti imprevisti nella tecnologia. Informazioni incomplete ed eventualmente asimmetriche possono allora generare delle fluttuazioni intorno all'equilibrio.

Altri autori hanno cercato di generalizzare quest'analisi del m. concorrenziale al fine di tener conto dell'incertezza che debbono affrontare i vari agenti quando formulano e risolvono i loro problemi. Si assume che essi abbiano una conoscenza dei possibili ''stati di natura'' e che siano in grado di attribuire a ciascuno di essi una probabilità di verificarsi. Essi prenderanno le loro decisioni in modo da risolvere in modo ottimale i loro problemi, formulati con gli stessi schemi considerati nel caso di certezza: la sola differenza è l'attribuzione alle variabili incerte dei loro valori medi attesi. Si ritiene possibile raggiungere una situazione di equilibrio con caratteristiche formalmente simili a quelle dell'equilibrio walrasiano, se gli agenti sono sufficientemente informati (o, in certi casi, anche se vi sono asimmetrie d'informazione), avendo, eventualmente, migliorato le loro conoscenze attraverso forme di apprendimento, in modo che le loro valutazioni delle prospettive con riferimento alle scelte effettuate e ai valori osservati dalle variabili rilevanti risultino mutualmente compatibili. Tali equilibri sono però strutturalmente instabili. Supponiamo che si sia raggiunta una posizione di equilibrio con aspettative rivelate e assumiamo che gli agenti siano indotti, da modifiche percepite come possibili, a esplorare nuove situazioni e a modificare le loro valutazioni circa i possibili stati del mondo (e le associate probabilità) che, ricordiamolo, nella posizione di equilibrio raggiunta erano compatibili solo con riguardo ai valori osservati e alle stime degli effetti delle scelte effettuate. Sulla base delle nuove conoscenze (delle esperienze fatte) la situazione passata non appare essere una situazione di equilibrio neppure con riguardo ai dati obiettivi di prima dell'esplorazione.

Nel caso di informazioni asimmetriche può non essere possibile una situazione di equilibrio, come ha dimostrato J. Green. In effetti, quando si hanno agenti informati e altri che non lo sono o lo sono in minore misura, può essere conveniente ai primi sfruttare la situazione (per es. per certi speculatori informati può essere opportuno giocare al rialzo in sintonia con il comportamento dei non informati, salvo a ''uscire'' in tempo: in tal modo essi possono ottenere profitti speculativi a danno dei giocatori non informati).

Il problema delle aspettative, che appare sempre più rilevante, divide gli economisti (v. anche aspettative, in questa Appendice). Mentre alcune formulazioni, come quella che ha consentito di definire gli equilibri con aspettative, sono compatibili con la concezione di meccanismi di m. in grado di armonizzare le scelte individuali così da portare a strutture razionali, altre formulazioni comportano particolari difficoltà nella concezione dell'equilibrio del mercato. Infatti per l'equilibrio si richiede sia la compatibilità tra le scelte che gli individui effettuano, sia un preliminare equilibrio delle aspettative (K. Iwai). Questa condizione è praticamente impossibile a realizzarsi, per la particolare natura delle aspettative e per i nessi che si costituiscono tra la loro formazione e certe propensioni psicologiche degli individui, più o meno amanti del rischio e più o meno portati all'ottimismo. Per alcuni autori (H. P. Minsky in particolare) certi m. − segnatamente i m. finanziari − sono intrinsecamente instabili.

La difficoltà a concepire meccanismi di equilibrio dei m. suscettibili di operare in modo efficace ha indotto alcuni economisti a proporre diversi schemi per l'analisi del comportamento degli agenti e quindi del funzionamento dei mercati. H. A. Simon suggerisce di abbandonare gli schemi di razionalità sostanziale- che presuppongono la possibilità che le scelte ottimali siano realizzate contemporaneamente (massimi simultanei di utilità per i consumatori e di profitti per le imprese) − per esplorare schemi di razionalità procedurale, per cui i problemi analiticamente rilevanti diventano quelli del continuo aggiustamento della situazione esistente. Maggiore rilevanza assumono allora i processi di apprendimento (learning by doing).

L'ipotesi di prezzi fissi. L'informazione e la ricerca. I contratti impliciti. − Come già alcuni decenni fa aveva suggerito J. R. Hicks, il funzionamento dei m. può essere studiato assumendo che i prezzi siano flessibili (flexprice model) o che essi siano fissi (fixprice model). M. Morishima ritiene che, mentre per i prodotti agricoli appare giustificata l'ipotesi di prezzi flessibili, per i prodotti industriali è più realistica quella di prezzi fissi (o, quanto meno, variabili in modo discontinuo). Ai modelli walrasiani, fondati sull'ipotesi di prezzi flessibili, si sono contrapposti quelli − di equilibrio non walrasiano- fondati sull'ipotesi di prezzi fissi. Il funzionamento del m., quale risulta dai processi di aggiustamento delle quantità domandate e offerte da parte dei vari agenti, dipende allora anche dai meccanismi con cui gli agenti percepiscono gli squilibri, le differenze cioè tra le domande nozionali che si vorrebbero realizzare per risolvere in modo ottimo i problemi, dati i prezzi esistenti, e le offerte (pure nozionali) che agli stessi prezzi altri agenti desidererebbero effettuare, e dai meccanismi di razionamento, cioè dai metodi con cui viene ripartita l'offerta insufficiente tra i vari richiedenti nei m. in cui vi è eccesso di domanda.

Una struttura del m. suscettibile di essere considerata di equilibrio può risultare dalle attività di ricerca. Soprattutto per il m. del lavoro non appare ragionevole assumere che ogni impresa che fa domanda di lavoro possa conoscere tutti i lavoratori che dispongono delle qualificazioni richieste e i salari a cui essi sono disposti a lavorare. Allungando il tempo della ricerca l'impresa può sperare di trovare lavoratori disposti a lavorare per un salario più basso di quello richiesto dai lavoratori che ha potuto subito contattare; i lavoratori, a loro volta, con le loro attività di ricerca possono sperare di trovare un'impresa disposta a pagare salari più elevati. A un certo punto, soppesando i vantaggi che si spera di ottenere dall'attività di ricerca con i costi della ricerca stessa, si arriverà a un'offerta di lavoro che, se risulta uguale alla domanda che diventa effettiva (in quanto le imprese ritengono opportuno terminare la ricerca di lavoratori), configura una situazione di equilibrio.

Più complesso diventa il m. del lavoro se si considera la diversa propensione al rischio delle imprese e dei lavoratori. Supponiamo che gli stati di natura siano l'espansione e la recessione con diverse probabilità supposte note; i salari nelle fasi di recessione essendo più bassi dei salari nelle fasi di espansione. Se i lavoratori sono avversi al rischio, preferiranno avere un salario fisso (che non varia con il variare della congiuntura) che corrisponda al valore atteso del salario (la somma dei due valori che assume il salario, nelle due fasi, moltiplicati per le rispettive probabilità). Le imprese possono, se non sono avverse al rischio, trovare conveniente pagare un tale salario (o, quanto meno, essere indifferenti). Così esse offrono ai lavoratori un'''assicurazione'' contro il rischio di variazione dei salari. Si parla allora di contratti impliciti.

Le situazioni non concorrenziali. L'equilibrio generale per un'economia con mercati non concorrenziali. − Diversi economisti hanno riconsiderato il funzionamento dei m. non concorrenziali, sia di quelli oligopolistici, per i quali rilevanti sono le interdipendenze tra le scelte delle varie imprese, sia di quelli di concorrenza monopolistica, che si caratterizzano per il potere che, in virtù delle caratteristiche specifiche del prodotto (differenziazione dei prodotti), le singole imprese hanno di stabilire il prezzo; nella concorrenza monopolistica ciascuna impresa risente delle azioni di tutte le altre, ma non di quelle di alcune imprese specifiche, per cui la competizione tra le imprese (condotta con politiche di prezzi e anche di scelta del prodotto e delle modalità con cui promuovere le vendite) presenta alcune delle caratteristiche della concorrenza perfetta. Le interdipendenze nel caso di m. oligopolistici possono manifestarsi attraverso varie forme di competizione o di cooperazione (v. oligopolio, in questa Appendice).

I diversi modelli che sono stati proposti per l'analisi delle interdipendenze oligopolistiche possono essere interpretati come giochi: si devono allora definire i giocatori, le strategie e i risultati (payoff). Il modello di Cournot è interpretato come modello di gioco non cooperativo uniperiodale. I teoremi della teoria dei giochi ci possono fornire la prova dell'esistenza di soluzioni. Diventa possibile considerare una maggiore varietà di strategie possibili. Per es., mentre nel modello Stackelberg l'attenzione è concentrata sulle due strategie dell'impresa leader e dell'impresa che segue, con la teoria dei giochi si possono considerare molte altre funzioni di reazione.

Le possibili situazioni di un m. oligopolistico aumentano notevolmente se si considerano le possibilità di coalizione e le varie forme di cooperazione. Quando il gioco può essere ripetuto in un numero indefinito di volte (si parla allora di supergame), è possibile che si determini una certa armonizzazione delle strategie che può produrre risultati simili a quelli ottenibili con forme di collusione (v. anche oligopolio, in questa Appendice).

T. Negishi nel 1961 ha studiato l'equilibrio di un'economia in cui un certo numero di m. si caratterizza per il regime di concorrenza monopolistica. Ciascuna impresa decide sulla base delle sue congetture circa le reazioni dei richiedenti ai vari prezzi che essa può stabilire. Se le congetture delle varie imprese sono esatte per i prezzi effettivamente praticati, e se le scelte effettuate in corrispondenza a questi prezzi dagli offerenti e dai richiedenti sono tra loro compatibili, allora si può avere una situazione di equilibrio generale. Vale però l'osservazione già fatta per gli equilibri basati sulle aspettative relative alle variabili incerte. Si tratta di un equilibrio strutturalmente instabile: l'esplorazione di situazioni, prima solo congetturate, può indurre le imprese a modificare la loro valutazione delle possibili reazioni degli acquirenti.

Quando i m. sono di concorrenza monopolistica, un aumento della domanda può provocare l'entrata di nuove imprese che offrono nuovi prodotti. Se la disponibilità di una maggiore varietà di prodotti consente ai consumatori di raggiungere più elevati livelli di utilità e se, date certe ipotesi circa le modifiche che si verificano nella funzione di domanda, in seguito alla sua crescita, le imprese hanno convenienza a espandere la produzione e quindi a utilizzare di più gli impianti, per cui si ha una riduzione di costi, si possono creare le condizioni per una crescita endogena. L'espansione della domanda crea allora condizioni che rendono possibile una crescita ulteriore. Situazioni di questo genere si possono presentare quando si hanno rendimenti crescenti (una situazione che era in genere esclusa nella configurazione dell'equilibrio generale) o quando si verificano innovazioni tecniche che provocano un aumento nella produttività dei vari fattori produttivi oppure migliorano quelle conoscenze che concorrono a determinare la produttività dell'impresa. Queste innovazioni debbono realizzarsi in modo tale da mantenere alcune caratteristiche strutturali dell'economia, quelle che si richiedono perché si possa interpretare l'economia con un modello.

Altri economisti che si rifanno alle concezioni schumpeteriane hanno studiato le condizioni nelle quali si può manifestare una crescita della produttività attraverso l'applicazione di nuove tecniche. In condizioni particolari si può immaginare un sentiero di equilibrio con imprese che producono in regime di rendimenti crescenti (l'espansione della produzione comporta una riduzione del costo medio). Anche in questo caso sussistono le condizioni per una crescita endogena che ha luogo anche in assenza di fattori esterni di crescita (classico il fattore demografico); crescono i redditi delle famiglie, cresce la domanda, cresce la produttività in seguito alla crescita della produzione (diminuiscono i costi) e quindi aumentano ulteriormente i redditi. L'esistenza di imprese che operano in regimi di rendimenti crescenti può però portare alla concentrazione della produzione: grazie al potere di m. che vengono così ad acquisire, le imprese possono operare in modo da impedire un impiego efficiente delle risorse disponibili. A questa valutazione delle forme non concorrenziali si contrappone quella schumpeteriana. La competizione che si manifesta attraverso le innovazioni con le quali le imprese modificano le tecniche produttive e collocano sul m. nuovi prodotti presuppone sempre un certo potere di m.: è concorrenza oligopolistica e non la concorrenza neoclassica tra imprese che sono price takers.

Il ruolo dei mercati finanziari. I mercati contendibili. − Per gli economisti classici la concorrenza è assicurata non tanto dalla dimensione sufficientemente piccola dell'impresa che deve pertanto operare come un price taker, quanto piuttosto dalla tendenza − non ostacolata − dei capitali a spostarsi dal settore profitti più bassi a quelli in cui si ottengono profitti più elevati. In effetti alcuni ostacoli possono impedire l'entrata di imprese. Uno degli ostacoli di maggior rilievo è l'insufficiente disponibilità di mezzi finanziari per cui, anche se in grado di realizzare più efficienti combinazioni produttive, l'impresa non può, in concreto, muovere concorrenza alle altre imprese già operanti che, per i loro legami con il sistema creditizio e per la fiducia che ad esse accorda il m. finanziario, dispongono di finanza in abbondanza e a condizioni favorevoli. Un'impresa (o meglio un grande gruppo) può, al contrario, entrare facilmente in nuovi mercati. In questo caso si possono stabilire dei meccanismi che portano a risultati simili a quelli della concorrenza classica, pur in presenza di forme di m. strutturalmente non concorrenziali.

Il m. finanziario può operare come un surrogato dei meccanismi concorrenziali, sia nella loro funzione di stimolo dell'efficienza, sia in quella di annullamento dei profitti che riflettono l'uso di potere di m., quando questi meccanismi non possono stabilirsi nei m. dei beni. Ciò può avvenire nei due seguenti generi di situazioni:

a) quando l'impresa è inefficiente. In tal caso le azioni della società sono quotate in borsa a un livello più basso di quello che potrebbero raggiungere se l'impresa fosse validamente gestita. Eventuali operatori esterni che si ritengono in grado di gestire meglio l'impresa saranno allora invogliati a realizzare un'operazione di take over (Offerta Pubblica d'Acquisto, OPA). Ottenuto il controllo della società, sono in grado di migliorarne la profittabilità e quindi di portare le quotazioni delle azioni a livelli più elevati, realizzando così guadagni capitali;

b) quando l'impresa esercita il suo potere monopolistico ed è quindi in grado di realizzare profitti più elevati di quelli realizzati in altri settori. Anche in questo caso può essere conveniente ad alcuni operatori attuare una OPA e investire capitali nel m. in cui le condizioni strutturali consentono di realizzare profitti monopolistici.

Recentemente sono state proposte alcune teorie per spiegare − invero in condizioni alquanto ideali − la possibilità che si ottengano i risultati della concorrenza in m. in cui operano imprese che non sono dei price takers. Si tratta delle teorie di m. contendibili. Esse si fondano sull'assunzione che non vi sono asimmetrie tra le possibilità di operare delle imprese già esistenti e di quelle potenziali e che ogni qualvolta in un m. si realizzano profitti superiori a quelli normali, nuove imprese sono indotte a entrare sul mercato. Se le imprese possono operare tutte nelle stesse condizioni, la concorrenza tra imprese in atto e imprese potenziali porta alla produzione, da parte di ciascuna impresa, della quantità che rende minimo il costo e allo stabilirsi, sul m., di un prezzo uguale al costo, comprensivo di un profitto normale.

Queste teorie non tengono conto che le condizioni operative di un'impresa non sono sempre facilmente realizzabili da altre imprese. Assai più realistica appare la teoria marshalliana che tiene conto delle necessariamente diverse caratteristiche delle imprese. Soprattutto per i m. locali può essere che la dimensione minima che si deve raggiungere per sfruttare appieno tali economie rappresenti un ostacolo all'entrata, superabile solo se la domanda cresce a ritmi opportuni rispetto a quelli ai quali può crescere anche in seguito alla strategia dell'impresa di dimensione ottimale. Le tecnologie possono essere tali da rendere, quando vi sono economie di scala, possibile la coesistenza di piccole e di medie imprese a lato di grandi imprese oligopolistiche.

I limiti del mercato. − Il m. non è solo un meccanismo del sistema economico − oggetto di studio dell'economia − capace di assicurare un efficiente impiego delle risorse ed efficaci manifestazioni delle attività imprenditoriali, è anche un elemento del sistema socioculturale. Perché il m. possa instaurarsi − non come fatto marginale, come sono i m. periferici in alcune economie primitive, ma come sistema normale di organizzazione delle attività produttive e di ripartizione dei beni prodotti tra le varie famiglie − occorre che si sia affermato un sistema socioculturale appropriato. Tali sono risultati essere, sia pure con caratteristiche diverse, quelli che si sono sviluppati nei paesi industrializzati. Il problema del sistema socioculturale appropriato sta assumendo un rilievo particolare nella realtà attuale, in relazione agli ostacoli che sta incontrando nei paesi ex comunisti il passaggio dall'economia collettivista all'economia di mercato.

Perché un'economia possa funzionare come economia di m. occorre che i vari individui siano motivati a perseguire i redditi più elevati possibili date le loro capacità e le risorse di cui dispongono. È questa una condizione necessaria ma non sufficiente: occorre anche che essi s'identifichino, in una certa misura, con il sistema sociale. A. Smith direbbe: siano guidati, oltre che dal sentimento dell'egoismo, anche da quello della simpatia. Nell'economia di m. tutte le scelte che riguardano la produzione e il consumo di beni (se si escludono i servizi pubblici che i classici suggeriscono di limitare al minimo essenziale) si esprimono mediante domanda e offerta di merci sui singoli mercati. Se aumenta il valore di certi beni (del petrolio, per es.) i vari agenti saranno indotti a sostituire, dov'è possibile, altre merci a quella rincarata, modificando, se del caso, le tecniche di produzione o cambiando la struttura dei consumi. In un m. concorrenziale tutti gli agenti prendono le loro decisioni e le aggiustano sulla base dei soli messaggi che vengono dal m. e che sono rappresentati dai prezzi. Con questi messaggi, il m. induce azioni e reazioni in grado di portare al più efficiente impiego delle risorse. Il m. è, però, anche un meccanismo che induce un'efficiente attività imprenditoriale necessaria sia a promuovere il progresso tecnico, sia ad acquisire e a valorizzare al meglio le informazioni. Il problema dell'informazione si propone come un problema centrale nell'analisi del funzionamento del sistema economico.

Le scelte che si manifestano sul m. concorrenziale portano a una situazione razionale (indicata con il termine di ottimo paretiano) nella quale non è possibile migliorare la posizione di un individuo (il suo grado di utilità) senza peggiorare la posizione di almeno un altro individuo. Di situazioni del genere ve ne sono infinite; data l'utilità di tutti gli individui meno uno, la situazione di ottimo paretiano è quella che rende massima l'utilità per il restante individuo.

Il risultato del m. concorrenziale (date certe proprietà delle funzioni di produzione per le imprese e delle funzioni di utilità per gli individui) è una situazione di ottimo paretiano a una condizione: che tutti gli svantaggi che comporta la produzione (o il consumo) di un bene si traducano in costi per l'individuo che decide la produzione (o il consumo) e che i vantaggi si traducano in ricavi (o in utilità) per lo stesso individuo. Vi sono però attività di produzione e di consumo che comportano svantaggi per altri, cui non corrispondono costi per l'agente che le pone in atto: per es., l'inquinamento delle acque in cui un'impresa scarica prodotti di rifiuto. Come vi possono essere vantaggi per altri cui non sono associati ricavi per l'agente che li provoca: per es., il miglioramento delle prospettive di localizzazione di industrie di una regione che l'insediamento in essa di certe attività (di certi servizi) può determinare. Per indicare tali vantaggi e svantaggi viene adoperato il termine di economie e diseconomie esterne, o anche quello di esternalità.

Il m. non è in grado di garantire l'efficace impiego delle risorse, né quando si hanno esternalità, né quando si tratta di beni pubblici, di beni, cioè, il cui uso da parte di alcuni non può escludere quello di altri. Il termine ''bene'' è qui usato per indicare tutto ciò che può essere desiderato da qualcuno e che comporta l'interazione con almeno un altro individuo. La difesa di un paese − che il governo deve garantire − è quindi un bene, più precisamente un bene pubblico.

In presenza di esternalità, si ritiene che un sistema appropriato di imposte e di sussidi possa indurre gli agenti a tener conto anche degli svantaggi e dei vantaggi che non si traducono, rispettivamente, in costi e ricavi: l'imposta dev'essere uguale allo svantaggio prodotto e il sussidio al vantaggio. Si pensa che, stabilito un appropriato sistema di imposte e di sussidi, si possa lasciare al m. di decidere il livello anche di quelle attività che comportano economie e diseconomie esterne. Nel caso di beni pubblici il problema che si pone è quello di stabilire il livello cui debbono essere prodotti. La scelta può essere impostata con riferimento a esigenze che si assume avvertite in qualche modo dalla collettività e che sono da questa comparate con quelle che si manifestano attraverso la domanda di merci sul mercato. Alcuni ritengono che, anche per i beni pubblici, la scelta dev'essere in qualche modo riferita agli individui: il problema che allora si pone è di determinare la loro disponibilità a pagare per i servizi che vengono loro offerti con il bene pubblico. L'analisi di questo problema porta a individuare un limite del m., insuperabile: gli agenti non hanno interesse a far conoscere le loro vere preferenze; possono trarre vantaggi dal comportarsi come free riders. La produzione dei beni pubblici e anche quella di beni privati, quando le condizioni della produzione sono modificate da imposte e sussidi, può essere caratterizzata da rendimenti di scala che possono rendere inoperante il meccanismo della concorrenza.

Un altro limite del m. appare quando si considera il coordinamento delle decisioni nel tempo. Un'impresa potrebbe trovare conveniente creare un nuovo stabilimento nel Sud se ha motivo di ritenere che, grazie anche alla localizzazione di altre imprese, si avrà un congruo aumento della domanda di certi prodotti. Un consumatore può decidere di acquistare una casa se ha motivo per attendersi un aumento nel futuro della domanda di alloggi. Diversi economisti hanno suggerito che le scelte dei singoli agenti possono essere coordinate anche con riguardo alle interdipendenze intertemporali se esistono, in numero sufficiente, m. a termine, se cioè chi pensa di aver bisogno di affittare case nel futuro può già fare domanda di un alloggio da usare a partire da una certa data. A parte la difficoltà di avere un numero così elevato di m. a termine (oggi m. del genere esistono solo per le valute e per certe merci, quali il grano nei grandi m. organizzati come, per es., quello di Chicago), non è detto che le decisioni che oggi gli agenti possono prendere circa le merci da domandare e da offrire su questi m. riflettano programmi di attività future consapevolmente impostati sulla base di informazioni adeguate. In effetti le attività svolte sui m. a termine sono in larga misura attività speculative. Proprio per questi limiti dei m. a termine, alcuni autori (in particolare J. E. Meade) hanno proposto una programmazione indicativa.

Bibl.: M. Shubik, Strategy and market structure: competition, oligopoly and the theory of games, New York 1959; T. Negishi, Monopolistic competition and general equilibrium theory, in Review of Economic Studies, 28 (1961); R. Radner, Competitive equilibrium under uncertainty, in Econometrica, 36 (1968); J. E. Meade, The theory of indicative planning, Manchester 1970; F. Scherer, Industrial market structure and economic performance, Chicago 1970; A. Singh, Take-overs, their relevance to the stock market and the theory of the firm, Cambridge 1971; J. W. Friedman, Cournot, Bowley, Stackelberg and Fellner, and the evolution of the reaction function, in AA.VV., Economic progress, private values and public policy: essays in honor of William Fellner, Amsterdam 1976; S. Lombardini, Concorrenza, monopolio e sviluppo economico, Milano 1976; J. W. Friedman, Oligopoly and the theory of games, Amsterdam 1977; J. Green, The non existence of informational equilibria, in Review of Economic Studies, 44 (1977); J. M. Grandmont, The logic of the fix price method, in Topics in disequilibrium economics, a cura di S. Strom e L. Werin, Londra 1978; D. Needham, The economics of industrial structure conduct and performance, ivi 1978; C. Beretta, Il monopolio nella teoria dell'equilibrio economico generale, Milano 1979; H. A. Simon, From substantive to procedural rationality, in Philosophy and economic theory, a cura di F. Hahn e M. Hollis, Oxford 1979; F. Braudel, I giochi dello scambio, trad. it., Torino 1981; B. Goss, B. Yamey, Economia dei mercati a termine, trad. it., Milano 1981; K. Iwai, Disequilibrium dynamics, New Haven-Londra 1981; W. Sharkey, The theory of natural monopoly, Cambridge 1982; W. Baumol, J. Panzar, R. Willig, Contestable markets and the theory of industry structure, New York 1982; M. Morishima, The economics of industrial society, Cambridge 1984; H. P. Minsky, Potrebbe ripetersi? Instabilità e finanza dopo la crisi del '29, trad. it., Torino 1984, capp. 3-6; Economic organizations as games, a cura di K. Binmore e P. Dasgupta, Oxford 1986; R. Cornes, T. Sandler, The theory of externalities, public goods, and club goods, Cambridge 1986; R. E. Lucas, Studi sulla teoria del ciclo economico, trad. it., Milano 1986; J. Williams, The economic function of future markets, Cambridge 1986; K. J. Arrow, L'impresa nella teoria dell'equilibrio generale, in Equilibrio, incertezza e scelta sociale, a cura di A. Gay e A. Petretto, Bologna 1987; M. Dardi, Il mercato nell'analisi economica contemporanea, in Il pensiero economico, a cura di G. Becattini, Torino 1989; S. Lombardini, Market and institutions, in Economic institutions in a dynamic society, a cura di T. Shiraishi e S. Tsuru, Londra 1989; Economic analysis of markets and games: essays in honor of Frank Hahn, a cura di P. Dasgupta, Cambridge (Mass.) 1992.

Mercato mobiliare. - Con l'emanazione, nel 1991, delle leggi sulle Società di Intermediazione Mobiliare (l. 2 gennaio 1991 n. 1) e sull'insider trading (l. 17 maggio 1991 n. 157) e, nel 1992, della legge sulle Offerte Pubbliche di Acquisto e di vendita di valori mobiliari (l. 12 febbraio 1992 n. 149), nonché dei D.L. nn. 83, 84, 85, 86, 89 e 90 del gennaio 1992, è stato portato a compimento il processo di regolamentazione del m. mobiliare, processo che aveva avuto inizio nel 1974 con l'istituzione della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa - CONSOB (l. 7 giugno 1974 n. 216) ed era proseguito, negli anni Ottanta, con la legge sui fondi comuni d'investimento (l. 23 marzo 1983 n. 77) e con quella di riforma della CONSOB stessa (l. 4 giugno 1985 n. 281): su questi argomenti, v. borsa; fondi comuni di investimento; intermediazione mobiliare, Società di, in questa Appendice. Può dirsi, anzi, che con l'emanazione dei provvedimenti legislativi in questione, per un verso si è definitivamente compiuto il passaggio dal ''m. di borsa'' al ''m. mobiliare'' propriamente inteso, per altro verso si è realizzata una disciplina organica di tale ultimo m., di cui era stata da più parti lamentata la lacunosità a livello di regolamentazione della relativa organizzazione e degli intermediari su di esso operanti.

Con l'espressione ''m. mobiliare'' s'intende fare riferimento a tutti gli elementi che lo compongono e contraddistinguono: intermediari, operazioni, organizzazione (nel senso di ''luoghi'' deputati all'effettuazione delle operazioni, vale a dire la borsa, il m. ristretto, gli altri m. anche locali) nonché prodotti (i valori mobiliari: azioni, obbligazioni, titoli di Stato, e tutti gli altri strumenti finanziari di recente creazione: futures, options, ecc.) che vi si scambiano. Ciò posto, l'analisi che seguirà sarà condotta sotto un triplice ordine di profili: si prenderà in considerazione cioè la disciplina organizzativa del m.; la disciplina dei soggetti che su detto m. sono chiamati a operare; e l'articolazione della vigilanza pubblica sul m. e sugli intermediari.

Disciplina organizzativa del mercato.- La disciplina organizzativa del m. è contenuta principalmente nella legge sulle Società di Intermediazione Mobiliare (cosiddetta legge sulle SIM), benché, come si vedrà, ne contengano principi anche le leggi sull'insider trading e sulle offerte pubbliche di valori mobiliari.

La legge sulle SIM introduce in primo luogo un principio di assoluta novità nell'ordinamento del m. mobiliare, e cioè quello della concentrazione obbligatoria delle negoziazioni nei m. regolamentati (fino a oggi, in concreto, la borsa valori e il m. ristretto). Al riguardo va preliminarmente evidenziato come la possibilità riconosciuta agli intermediari, sino all'emanazione della legge sulle SIM, di eseguire le negoziazioni (tanto per conto proprio quanto per conto della clientela) al di fuori degli appositi m., abbia rappresentato una delle principali cause del mancato sviluppo dei m. stessi. Da qui l'opzione del legislatore per la ''concentrazione'' degli scambi, al fine di perseguire non soltanto una maggiore efficienza del m. mediante l'accrescimento del relativo spessore (cioè della quantità delle transazioni), ma anche la tutela del cliente-contraente debole sulla base della presunzione che nei m. regolamentati si realizzano le migliori condizioni di prezzo per l'investitore. La concentrazione è obbligatoria, salvo la deroga per le operazioni aventi a oggetto ''blocchi'' di titoli, come per quelle che siano specificatamente richieste o autorizzate dalla clientela. Ciò implica l'esecuzione sul m. non soltanto degli ordini della clientela, ma anche di quelli provenienti da investitori istituzionali, nonché delle operazioni eseguite per proprio conto dagli intermediari.

La legge sulle SIM ridefinisce, in secondo luogo, il complessivo assetto organizzativo del mercato. Alla CONSOB è conferita infatti ampia potestà in ordine all'organizzazione degli scambi e alla determinazione delle modalità di negoziazione dei titoli quotati in borsa o al ristretto, in relazione anche ai necessari supporti telematici e informatici. Il modulo organizzativo è improntato a grande elasticità. È infatti riconosciuto alla stessa CONSOB il potere di determinare, in relazione alla natura dei titoli stessi, che taluni o classi di essi vengano negoziati con il tradizionale sistema dell'asta cosiddetta ''a chiamata'', o ancora con quello più moderno dell'asta cosiddetta ''continua'', o ancora con quello dell'offerta pubblica competitiva di intermediari in proprio (m. di dealers). Di tale potere la CONSOB si è già avvalsa, avendo proceduto all'istituzione di un circuito per la negoziazione ad asta continua su base telematica, primo passo verso la creazione di un m. unico nazionale. Tale circuito infatti, sebbene attualmente sia operativo soltanto per un numero limitato di titoli quotati, è destinato nel breve termine a sostituire il meccanismo di negoziazione dell'asta ''a chiamata'' per tutti i titoli.

Il dato più significativo che emerge dalle prime sedute del nuovo sistema di contrattazione in continua, è quello relativo ai volumi scambiati. La quota sul controvalore complessivo trattato, fatta registrare dal primo insieme di titoli successivamente all'avvio della contrattazione telematica, è sostanzialmente superiore a quella fatta registrare in precedenza dagli stessi titoli contrattati con il sistema dell'asta ''a chiamata''. Fra il 1° ottobre e il 22 novembre 1991 il controvalore giornaliero totale dei titoli negoziati nel mercato ad asta ''a chiamata'' è stato di 5,314 miliardi di lire; il controvalore giornaliero totale dei titoli negoziati con il sistema telematico fra il 25 novembre e il 31 dicembre dello stesso anno ha raggiunto il valore di 10,585 miliardi di lire. L'incremento dei volumi sui titoli negoziati in continua è attribuibile, essenzialmente, al fatto che il circuito telematico, per le sue caratteristiche strutturali, consente di realizzare compiutamente il principio della ''concentrazione'' degli scambi in borsa.

Un ulteriore significativo passo avanti nella modernizzazione e nel potenziamento della struttura organizzativa del m. mobiliare è stato altresì compiuto con l'emanazione da parte del ministro del Tesoro del decreto 8 febbraio 1988, con il quale è stato istituito il m. secondario dei titoli di stato (MTS). In particolare, si tratta di un m. telematico all'ingrosso dei titoli di stato o garantiti dallo stato, quotati o non quotati in borsa, sul quale opera un limitato numero di soggetti (primary dealers e dealers), che siano in possesso di particolari requisiti patrimoniali e professionali.

Lo schema organizzativo di tale m. si caratterizza − tenendo anche conto delle più evolute esperienze estere − per l'attivazione di un circuito in grado di collegare tutti gli intermediari operanti in proprio sul m., circuito attraverso il quale si realizza la diffusione delle proposte negoziali. Queste ultime sono formulate in modo tale da garantire, attraverso la costante competizione degli operatori, una maggiore trasparenza ed efficienza del mercato. Va altresì segnalato che il nuovo m. secondario presenta alcune caratteristiche tipiche dei m. autogestiti dagli operatori; è infatti istituito un apposito organo, il Comitato di gestione, al quale sono affidate, oltre che compiti di autodisciplina e di controllo del m. e dell'attività degli operatori, anche funzioni di coordinamento con le competenti autorità di vigilanza.

Altra novità introdotta dalla legge sulle SIM è costituita dall'istituzione di un m. di contratti uniformi a termine su strumenti finanziari. La tipologia dei contratti attualmente negoziati in tale m. è quella dei cosiddetti futures sui titoli di stato. L'opzione del legislatore di attivare inizialmente un m. telematico per la negoziazione di futures sui titoli di stato sembra riconducibile alla circostanza che per questi ultimi, come abbiamo visto, già esiste un m. a pronti organizzato su base telematica.

In materia di organizzazione e funzionamento del m. mobiliare vanno ricordati altresì, da un lato il potere della CONSOB di istituire m., anche locali, per la negoziazione di titoli non quotati in borsa o al ristretto, dall'altro il potere di disciplinare i sistemi di liquidazione delle negoziazioni nonché quello, da esercitarsi unitamente alla Banca d'Italia, di istituire e disciplinare una cassa di compensazione e garanzia avente il compito di garantire il buon fine e la compensazione delle negoziazioni stesse.

Quella delineata dalla legge sulle SIM è, in realtà, una vera e propria riforma dei modi e degli strumenti di liquidazione delle negoziazioni, articolantesi in due fasi. Nella prima fase è stato previsto che tutte le operazioni di negoziazione effettuate dagli intermediari autorizzati (v. oltre) vengano obbligatoriamente liquidate a mezzo delle Stanze di compensazione, cioè delle apposite strutture pubbliche gestite dalla Banca d'Italia, con l'intervento della Monte Titoli s.p.a. Nella seconda, a garanzia della liquidazione mensile, è stata istituita una Cassa di compensazione e garanzia che assicura il buon fine e la compensazione dei contratti stipulati tra gli intermediari aderenti alle Stanze. Nell'adempimento di questa funzione la Cassa non risponde in proprio per le inadempienze degli intermediari, ma gestisce un fondo alimentato dal versamento di appositi ''margini'' da parte degli intermediari stessi.

Costituiscono parte integrante della disciplina organizzativa del m. anche le già citate leggi sulle offerte pubbliche (di vendita, di acquisto e/o di scambio) di valori mobiliari e sull'insider trading.

La prima legge, in specie nella parte che regolamenta la particolare figura dell'Offerta Pubblica di Acquisto (OPA), riveste certamente notevole rilievo per il m., posto che tiene conto di tutti gli interessi ivi presenti (l'interesse generale all'integrità e al corretto funzionamento del m.; gli interessi specifici dei gruppi di controllo delle società quotate e degli investitori-risparmiatori).

L'OPA costituisce del resto, come l'esperienza straniera conferma, uno strumento frequente per modificare posizioni di controllo nell'ambito di società per azioni o per incrementare partecipazioni di rilievo, anche se minoritarie, attingendo al mercato. La sua effettuazione, poi, può essere addirittura imposta dalla legge. In tale ipotesi essa si configura quale strumento per disciplinare tutta una serie di fenomeni, che l'esperienza quotidiana delle vicende del m. segnalano come fonte di potenziale turbativa dello stesso e di conseguente disaffezione nei suoi confronti da parte del pubblico degli investitori; in particolare ci si riferisce alle cosiddette ''cessioni fuori m.'' dei pacchetti di controllo di società quotate e alle cosiddette ''scalate occulte'', vale a dire fenomeni di rastrellamento di titoli − in assenza d'informativa nei confronti del m. − mediante acquisti effettuati, di norma, tramite diversi intermediari.

La legge sulle offerte pubbliche introduce, in primo luogo, una serie di regole essenziali per assicurarne l'ordinato svolgimento, quali quelle attinenti alla durata dell'offerta, alla tutela della parità di trattamento dei destinatari, alle cosiddette ''offerte concorrenti'', al controllo infine sulla qualità dell'informazione che l'offerente è tenuto a fornire al m. in special modo riguardo agli obiettivi perseguiti. La medesima legge individua e disciplina, in secondo luogo, i casi in cui l'offerta pubblica d'acquisto è obbligatoria. I suddetti casi sono, in via preventiva, quando s'intende acquisire una partecipazione di controllo ovvero s'intende incrementare una partecipazione di rilievo; in via successiva, quando si è già acquisita fuori dal m. una partecipazione di controllo ovvero quando viene a essere ridotta al di sotto di una determinata soglia la diffusione dei titoli tra il pubblico.

Anche la legge sull'insider trading è volta sostanzialmente alla tutela del corretto e ordinato funzionamento del m. mobiliare. L'effettuazione di operazioni su valori mobiliari negoziati in m. regolamentati qualora si sia in possesso di informazioni riservate attinenti ai medesimi valori, ovvero la manipolazione dei prezzi di tali valori attraverso la divulgazione di notizie non vere o lo svolgimento di operazioni artificiose, pregiudicano infatti la fiducia del pubblico nel m. e, conseguentemente, il suo buon funzionamento.

Le sanzioni penali previste dalla legge sono poste a presidio di un'efficace prevenzione dei suddetti fenomeni illeciti. Prevenzione che peraltro è dalla legge stessa affidata a ulteriori previsioni volte ad assicurare una sufficiente informazione del m. e, quindi, in definitiva, a garantire l'efficienza e l'integrità dello stesso mercato.

Alla CONSOB è stato attribuito il potere di disciplinare, con proprio regolamento, la registrazione elettronica delle operazioni su titoli negoziati nei m. regolamentati, nonché la comunicazione, da parte degli intermediari, delle operazioni effettuate fuori borsa sui medesimi titoli. Società ed enti sono inoltre obbligati, sulla base di regolamenti adottati dalla stessa CONSOB, a informare immediatamente il pubblico in merito a fatti o decisioni idonei − in ragione della loro incidenza sulla situazione patrimoniale e finanziaria ovvero sugli assetti organizzativi o sull'andamento degli affari − a influire sensibilmente sul prezzo dei titoli emessi da detti soggetti. È questa la prospettiva di una cultura diffusa della trasparenza, nella quale al modello ''classico'' dell'informazione societaria a suo tempo delineato dagli artt. 3 e 4 della l. n. 216 del 7 giugno 1974 − che prevede un flusso di informazioni dalle società e dagli enti verso la CONSOB e l'individuazione da parte di quest'ultima, in contraddittorio con la società o l'ente, delle informazioni da fornire al m. − si contrappone, o meglio si giustappone, in un'ottica di complementarietà, quello dell'informazione spontanea e immediata al m., nei confronti della quale alla CONSOB spetta un compito di verifica soltanto a posteriori.

Disciplina degli intermediari. − Per comprendere il significato innovativo della disciplina degli intermediari operanti sul m. mobiliare introdotta dalla legge sulle SIM, si devono considerare le caratteristiche dell'intermediazione mobiliare (e della connessa regolamentazione) precedenti l'emanazione della legge.

In primo luogo, risultava una vasta ed eterogenea gamma di operatori − agenti di cambio, commissionarie, aziende e istituti di credito, società di gestione di fondi comuni d'investimento, società fiduciarie, società di vendita ''porta a porta'' di prodotti finanziari, società finanziarie − organizzati talora in forma societaria, talaltra in forma d'impresa individuale e attivi (chi nell'ottica della specializzazione, chi in quella della polifunzionalità) nella negoziazione, nella consulenza, nella gestione di patrimoni, nella sollecitazione del pubblico risparmio. In secondo luogo per la gran parte di detti operatori, quando non risultava del tutto mancante una disciplina (è il caso delle commissionarie in titoli e delle società finanziarie), la medesima atteneva solo ad alcuni aspetti (è il caso delle società di gestione di fondi delle quali erano regolati i profili di stabilità e non quelli attinenti alla correttezza dei comportamenti; degli agenti di cambio, riguardo ai quali, accanto alla regolamentazione concernente la correttezza dei comportamenti, non risultava quella concernente l'affidabilità patrimoniale).

In tale quadro, l'individuazione operata della legge sulle SIM di un nuovo soggetto (appunto, la Società di Intermediazione Mobiliare) − cui è demandato in via esclusiva l'esercizio di ogni attività d'intermediazione mobiliare, organizzato in forma societaria, dotato di un patrimonio adeguato alle diverse tipologie di attività svolte, obbligato al rispetto di specifiche regole di condotta e sottoposto a un sistema di controllo non episodico bensì continuativo − costituisce l'indice della volontà di realizzare una radicale trasformazione del m. mobiliare. La nuova disciplina dell'intermediazione mobiliare, poi, se da un lato sostituisce le singole discipline settoriali delle diverse figure di operatori conosciute nella legislazione anteriore, dall'altro lato assorbe anche la disciplina dettata in via legislativa e amministrativa sulle principali attività di sollecitazione del pubblico risparmio (su tale disciplina, v. borsa e intermediazione mobiliare, Società di, in questa Appendice). E infatti l'attenzione del legislatore si è ormai spostata dalla singola operazione di sollecitazione all'attività di raccolta del risparmio (non bancario) nel suo complesso, dalla trasparenza dell'operazione alla trasparenza correttezza e stabilità dell'intermediario.

I ''nuovi'' intermediari sono concepiti dalla legge in linea di principio quali intermediari polifunzionali, nulla ostando peraltro alla loro specializzazione. La gamma di attività esercitabili è variegata e sostanzialmente comprensiva di tutte le forme (anche futuribili) d'intermediazione mobiliare: si va infatti dalla più tradizionale attività di negoziazione (per conto proprio o per conto terzi, ovvero sia per conto proprio che per conto terzi) al cosiddetto underwriting (nelle varie forme in cui può essere esercitato: cioè con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero con assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente), dalla gestione di patrimoni mobiliari alla raccolta di ordini di acquisto o vendita di valori mobiliari, dalla consulenza in materia sempre di valori mobiliari alla sollecitazione del pubblico risparmio ''porta a porta''.

La disciplina introdotta dalla citata legge sulle SIM si presenta preordinata a garantire due obiettivi fondamentali: la correttezza di comportamento degli intermediari e la loro solvibilità.

La prima finalità è perseguita mediante la fissazione di una serie di regole di condotta, rese precettive da apposite disposizioni regolamentari emanate dalla CONSOB, regole alle quali gli intermediari debbono attenersi nello svolgimento delle attività autorizzate (per le singole regole di comportamento introdotte con l'art. 6, v. intermediazione mobiliare, Società di, in questa Appendice).

Allo scopo di assicurare la solvibilità del singolo intermediario e, conseguentemente, la stabilità dell'intero sistema, è conferita alla Banca d'Italia la potestà di determinare, con propri regolamenti, i coefficienti minimi di patrimonio e di liquidità con riferimento alle singole attività per le quali gli intermediari sono autorizzati e con riferimento alla limitazione della concentrazione dei rischi in proprio dei medesimi intermediari. Va ricordato, infine, che a tutela dei crediti vantati dai clienti nei confronti degli intermediari la legge ha istituito un fondo nazionale di garanzia cui tutti gli intermediari devono aderire. Le modalità di organizzazione e funzionamento di tale fondo sono determinate dal ministro del Tesoro, su proposta della CONSOB formulata d'intesa con la Banca d'Italia.

Disciplina dei controlli. − Nel nuovo assetto istituzionale del m. mobiliare un ruolo centrale è svolto dalla vigilanza pubblica. La scelta del legislatore è stata quella di ripartire il controllo sugli intermediari tra CONSOB e Banca d'Italia sulla base del criterio delle finalità perseguite istituzionalmente da tali autorità nell'esercizio dell'attività di vigilanza. In tale ottica, alla CONSOB spetta l'esercizio della vigilanza sulla trasparenza informativa e sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari nonché sulla regolarità delle negoziazioni; laddove alla Banca d'Italia è attribuita la competenza in materia di stabilità patrimoniale. Per evitare il rischio che, applicando il criterio della ripartizione del controllo per finalità piuttosto che per soggetti, si possano verificare, nella concreta applicazione, duplicazioni di attività, il legislatore ha previsto che, di norma, i controlli di stabilità sulle SIM siano effettuati dalla CONSOB su richiesta della Banca d'Italia, mentre i controlli di trasparenza e correttezza sugli enti creditizi siano svolti dalla Banca d'Italia su richiesta della CONSOB. Le competenze proprie della CONSOB e della Banca d'Italia rimangono tuttavia ferme in tutti i casi nei quali le due autorità intendano esercitare direttamente la vigilanza di rispettiva pertinenza. Tale vigilanza è esercitata mediante l'attivazione di una serie di poteri che vanno da quello di richiesta di comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e di trasmissione di atti e documenti a quello di audizione personale dei rappresentanti degli intermediari ovvero di svolgimento di accertamenti ispettivi di carattere sia periodico sia straordinario.

La nuova disciplina della sollecitazione del pubblico risparmio e della pubblicità dei prodotti finanziari. - Un significativo apporto alla compiuta sistemazione della regolamentazione del m. mobiliare è stato recato dal D.L. 25 gennaio 1992 n. 85 (emanato in attuazione della direttiva CEE n. 89/298) nonché dai D.L. nn. 83 e 84 del 25 gennaio 1992 (emanati in attuazione delle direttive CEE nn. 85/611 e 88/220).

Benché la disciplina contenuta nel D.L. 85 sia coerente con i principi in materia di sollecitazione del pubblico risparmio già delineati dalla l. n. 216 del 7 giugno 1974 e, successivamente, dalle l. n. 77 del 23 marzo 1983 e n. 281 del 4 giugno 1985 (obbligo per chi intenda fare ricorso al risparmio diffuso di effettuare apposita comunicazione alla CONSOB e di redigere un prospetto informativo), tuttavia essa presenta alcuni aspetti di novità che meritano di essere sottolineati. È infatti richiesto che venga certificato, da parte di una società di revisione iscritta nell'apposito albo tenuto dalla CONSOB, l'ultimo bilancio approvato del soggetto emittente i valori mobiliari oggetto di offerta pubblica di vendita, sottoscrizione e scambio. La disposizione sopra richiamata, tendente ad assicurare una più incisiva tutela dei risparmiatori-investitori coinvolti in operazioni di sollecitazione del pubblico risparmio attraverso la garanzia dell'attendibilità del bilancio certificato, viene a colmare una lacuna − più volte segnalata in passato − con una previsione che ricalca quella dettata dall'art. 8 del d.P.R. 31 marzo 1975 n. 138 per le società che intendono richiedere l'ammissione alla quotazione di borsa.

Viene prevista inoltre la redazione di un supplemento al prospetto informativo qualora tra la data di pubblicazione di quest'ultimo e la data di chiusura dell'operazione di sollecitazione del pubblico risparmio si verifichi un importante fatto nuovo o si riscontri un'inesattezza del prospetto, tale da influenzare la valutazione dei valori mobiliari da parte dei risparmiatori-investitori.

Il detto decreto interviene inoltre a disciplinare il fenomeno della ''pubblicità'' dei prodotti finanziari, fenomeno al cui notevole proliferare si è assistito a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta.

In primo luogo è vietato qualsiasi annuncio pubblicitario prima della pubblicazione del prospetto informativo. Allo scopo di assicurare la trasparenza e la correttezza dell'informazione contenuta negli annunci nonché la conformità della stessa al contenuto del prospetto informativo, è poi conferito alla CONSOB sia il potere di determinare i criteri di massima che devono essere osservati per realizzare gli annunci pubblicitari stessi, sia quello di controllarne il contenuto. Alla CONSOB viene conferito il potere di vietare l'ulteriore divulgazione degli annunci pubblicitari diffusi in violazione delle disposizioni di legge e amministrative in materia.

Il decreto in parola regolamenta altresì la materia del cosiddetto ''mutuo riconoscimento'' dei prospetti informativi relativi a operazioni di sollecitazione del pubblico risparmio. È infatti previsto che il prospetto informativo predisposto per un'offerta al pubblico di valori mobiliari e sottoposto al controllo preventivo dell'autorità competente di un altro stato membro della CEE − ovvero di un paese terzo che abbia concluso un accordo con le Comunità europee per il riconoscimento dei prospetti di offerta pubblica − sia riconosciuto dalla CONSOB quale prospetto per una sollecitazione del pubblico risparmio; ciò comunque a condizione che quest'ultimo venga tradotto in lingua italiana e l'offerta in Italia sia effettuata simultaneamente o a una data ravvicinata all'offerta realizzata nello stato ove ha sede l'autorità che ha preventivamente controllato il prospetto. In tale contesto la CONSOB è tenuta a prestare alle autorità competenti degli stati membri della CEE la necessaria cooperazione, a tal fine comunicando e ricevendo le informazioni richieste, anche in deroga al segreto d'ufficio al quale è ordinariamente vincolata.

Con i D.L. 83 e 84 del 25 gennaio 1992 è stata, infine, completata la disciplina degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari attraverso l'introduzione nel nostro paese dei fondi comuni aperti d'investimento mobiliare − con alcune modifiche e integrazioni alla l. 77 del 1983 riguardanti anche la commercializzazione in Italia delle quote di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari situati in altri paesi della CEE − e delle SICAV (Società d'Investimento a Capitale Variabile).

Prospettive e questioni aperte. − L'internazionalizzazione dei m. e la connessa globalizzazione degli stessi − frutto dei mutamenti tecnologici nelle transazioni aventi a oggetto valori mobiliari e della progressiva liberalizzazione dei movimenti di capitali − richiedono l'adozione di regole internazionali espressamente finalizzate a uno sviluppo ordinato dei m., regole cioè idonee ad assicurare un'adeguata informazione del pubblico da parte degli emittenti, la rapida diffusione dei dati di m.; la stabilità patrimoniale degli intermediari; il controllo dei comportamenti degli intermediari stessi.

In attesa che il processo di armonizzazione delle regolamentazioni dei diversi m. nazionali − intrapreso quanto meno in ambito comunitario − consegua gli effetti sperati, un primo concreto risultato appare tuttavia raggiungibile sul piano dell'esercizio della vigilanza a opera delle singole autorità nazionali. L'internazionalizzazione dei m. rende infatti necessario il coordinamento del lavoro di vigilanza delle diverse autorità nazionali e in particolare richiede la possibilità di raccogliere, anche in altri paesi, informazioni e prove sulla violazione delle regole proprie di un determinato ordinamento. Un tempestivo scambio di informazioni tra le autorità dei diversi paesi è d'altro canto assolutamente essenziale per il funzionamento del principio della vigilanza del paese di origine in tutti i casi in cui esso viene invocato.

In tale ottica, si segnalano le disposizioni di cui all'art. 9 della legge sull'insider trading del 17 maggio 1991, all'art. 7 bis della legge sui fondi comuni d'investimento mobiliare (nel testo integrato e modificato dal D.L. 83 del 25 gennaio 1992), nonché agli artt. 5 sexies e 18 sexies della l. 7 giugno 1974 n. 216 (introdotti rispettivamente dal D.L. 90 del 27 gennaio 1992 e dal D.L. 85 del 25 gennaio 1992), che individuano in capo alla CONSOB un obbligo di collaborazione nello scambio di informazioni con le autorità competenti degli stati membri della CEE nonché − nel caso di ipotesi di insider trading e qualora ciò sia previsto da specifici accordi su base di reciprocità − con le autorità competenti di stati extra-comunitari.

Come visto, la legge sulle SIM ribadisce, in tema d'istituzione e organizzazione dei m., la tradizionale impostazione di stampo pubblicistico propria dell'esperienza italiana e in genere dei paesi dell'Europa continentale. Si discute, peraltro, sull'opportunità di un approccio ''privatistico'' al problema, sulla scorta dell'esempio recente della Francia, della Spagna e del Belgio nonché della tradizione anglo-americana (dove, per es., i m. dei futures e delle options sono nati da spontanee iniziative degli intermediari riconosciute dalle autorità pubbliche). Un approccio di tale ultimo tipo, che alcuni auspicano, consentirebbe l'assunzione diretta di responsabilità da parte degli intermediari sia nel momento istitutivo sia in quello organizzativo dei m., mentre l'intervento delle pubbliche autorità di settore potrebbe limitarsi alla verifica della conformità ai principi generali dell'ordinamento delle iniziative assunte, nonché al controllo del comportamento degli intermediari.

Bibl.: U. Mezzacapo, Il mercato secondario organizzato dei titoli emessi o garantiti dallo Stato, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza legale della Banca d'Italia, 18 (1988); C. Motti, Il mercato come organizzazione, in Documenti e informazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, Quale amministrazione per l'Europa, 2 (1991), p. 108 s.; Le Sim e la riforma del mercato finanziario, a cura di D. Velo e P. Berlanda, Milano 1991; R. Ambrosini, Le Sim: le ragioni di una scelta legislativa, in Società, 1991, pp. 581 ss.; Assogestioni, La legge 2 gennaio 1991 n. 1, "Quaderni di documenti di ricerca" n. 7 e n. 8, Roma 1991; P. Casella, La legge sulla repressione dell'insider trading, in Giur. comm., 1 (1991), pp. 858 ss.; C. Coltro Campi, La nuova disciplina dell'intermediazione e dei mercati mobiliari, Torino 1991; C. Conti, La legge sulle SIM. Aspetti di disciplina degli intermediari e di regole del mercato, in Riv. soc., 1991, pp. 1422 ss.; D. Corapi, L'organizzazione dei mercati mobiliari, in Corriere giuridico, 1991, pp. 602 ss.; G. Di Chio, Regole di comportamento del nuovo intermediario polifunzionale, in Società, 1991, pp. 583 ss.; F. Capriglione, Note introduttive alla disciplina delle Sim e dell'organizzazione dei mercati finanziari, in Quaderni di ricerca giuridica della Consulenza legale della Banca d'Italia, 25 (1991); G. M. Flick, Insider trading: una tappa significativa - anche se controversa - della lunga marcia verso la trasparenza, in Riv. Soc., 1991, pp. 975 ss.; M. Lobuono, Le regole di comportamento degli intermediari tra istanze professionali e disciplina del mercato, in Riv. dir. civ., 1991, pp. 132 ss.; A. Mignoli, Nuove leggi e nuova Consob, in Riv. soc.. 1991, pp. 953 ss.; G. Minervini, Sim e riorganizzazione del mercato mobiliare. Alcuni aspetti di una legge difficile, in Corriere Giur., 1991, pp. 129 ss.; F. Annunziata, La disciplina delle offerte pubbliche di acquisto e scambio in titoli, in Società, 1992, pp. 589 ss.; F. Carbonetti, I contratti di intermediazione mobiliare, Milano 1992; D. Corapi, Sim al via: il "punto" sulle disposizioni di attuazione, in Società, 1992, pp. 299 ss.; R. Costi, Prime note esegetiche in tema di società di intermediazione mobiliare, in Dir. banca merc. fin., 1992, pp. 149 ss.; A. Antonucci, Note introduttive alla legge n. 1 del 2 gennaio 1991 sull'intermediazione mobiliare, ibid., 1992, pp. 51 ss.; G. Santorsola, Le Sim nell'evoluzione del mercato finanziario, Milano 1992; AA.VV. La riforma degli intermediari mobiliari e l'organizzazione dei mercati finanziari, a cura di A. Giurazza, Napoli 1992.

TAG

Commissione nazionale per le società e la borsa

Società di intermediazione mobiliare

Cassa di compensazione e garanzia

Offerta pubblica di acquisto

Nuova macroeconomia classica