MESSICO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

MESSICO (XXII, p. 958; App. I, p. 836; II, 11, p. 288; III, 11, p. 64)

Alberto Mori
Daniela Primicerio
Renato Piccinini
Ruggero Jacobbi
Fernando Sanchez Mayams

Condizioni demografiche. - Il censimento del gennaio 1970 ha rilevato una popolazione di 48.225.238 ab., con una densità media di 25 ab. per km2.

Si calcola che nel 1975 la popolazione abbia superato i 60 milioni di abitanti: il ritmo d'incremento è assai elevato (intorno al 35‰), per la forte natalità (ridotta però dal 43,4‰ del 1970 al 35,7‰ del 1975) e per l'ulteriore freno del tasso di mortalità, specie infantile, sceso al di sotto del 7‰, mentre l'emigrazione ha inciso scarsamente dopo il blocco dell'ingresso dei braccianti messicani disposto nel 1964 dagli Stati Uniti. L'incremento è stato diverso nei vari Stati: infatti nel decennio 1960-70 la popolazione è raddoppiata, e in alcuni casi anche più, nella maggior parte di essi (soprattutto in quelli del Pacifico Nord, del Centro e del Golfo del Messico) ed è quadruplicata nella Bassa California e nel Quintana Roo. Con l'aumento della popolazione quest'ultimo territorio e quello della Bassa California Sud sono stati promossi a Stati nel 1977.

Anche la distribuzione della popolazione è assai variata, con un forte aumento di quella urbana (in centri di oltre 2500 ab.), pari nel 1975 al 62,8% del totale (contro il 44,4% del 1957), con l'aumento del numero delle città con oltre 100.000 ab. (37 nel 1975 contro 17 di 15 anni prima) e con lo spettacolare incremento di alcune di esse e prima di tutto della capitale, Città del Messico, balzata nel 1975 a 8.591.000 ab. (11.339.774 nell'agglomerato urbano, 4° del mondo); due altre città, Guadalajara e Monterrey superano il milione di ab., e due (Ciudad Juárez e León) vanno oltre il mezzo milione.

Economia. - La progressiva, notevole evoluzione della struttura socio-economica del M., che è "il più avanzato dei paesi in via di sviluppo", ha provocato una contrazione della popolazione attiva, scesa al 27% del totale nel 1975 (contro il 32,4% del 1960), e la modificazione della struttura professionale che contava nel 1970 il 45% circa di addetti al settore primario, il 23% alle industrie e il 32% al settore terziario, di contro, rispettivamente, al 54%, 19% e 26,2% del 1960. Infatti il M. ha oggi un'economia diversificata che ha avuto un forte incremento del prod. naz. lordo fino al 1970 (7-8% annuo, il più elevato dell'America latina), la cui espansione però si è dimezzata dal 1971 con la grave crisi seguita al "desarrollo estabilizados". L'agricoltura, sebbene sia l'attività più praticata, fornisce il reddito più basso (solo l'11,5% del prodotto lordo, contro il 54,4% del settore terziario e il 34,1% dell'industria) a causa del calo della produzione conseguente a una crisi strutturale verificatasi dopo il 1965. Cause della crisi sono l'esplosione demografica che ha sterilizzato l'effetto della riforma agraria lasciando 3 milioni di salariati (jornaleros) senza terra; l'eccessiva estensione presa dal minifundio scarsamente redditizio, il rallentamento dell'irrigazione (3,2 mil. di ha), della messa a coltura di nuove terre e dei finanziamenti.

Per ovviare a questi gravi difetti strutturali e con l'affermazione della tesi "agrarista" su quella "produttivista", si è provveduto con legge del 1972 alla "riforma della riforma" basata sul potenziamento degli eijdos collettivi e del cooperativismo, insieme con i provvedimenti per l'incentivazione riguardanti: la diffusione delle tecniche agricole, lo sviluppo della produzione e del consumo dei fertilizzanti, l'aumento del credito agricolo e il miglioramento dell'irrigazione.

Comunque, nel quadriennio 1968-72, la produzione dei cereali, più che raddoppiata nel decennio precedente, ha subìto un ristagno superato poi solo in parte. Tra le colture destinate all'esportazione si sono sviluppate bene quella della canna da zucchero (per il blocco delle importazioni da Cuba attuato dagli Stati Uniti), che ha dato nel 1974 oltre 28 milioni di q di zucchero (contro 8 milioni di q del 1955), del caffè (circa 2,4 milioni di q, per metà esportati) e degli agrumi (oltre 31 milioni di q); in declino, viceversa, il cotone. Discreto incremento hanno avuto l'allevamento del bestiame (specie bovino con 28 milioni di capi nel 1975, e suino) e più ancora la pesca (500.000 t) praticata nel Golfo di California (nuovo porto peschereccio di Guaymas in Sonora) e nello Yucatán (Ciudad del Carmen). L'industria ha fatto progressi importanti per l'aumento degl'investimenti pubblici e dei consumi privati, e per i cospicui investimenti stranieri, per tre quarti statunitensi. L'attività estrattiva ha avuto pur con flessioni congiunturali, notevole incremento. È aumentata l'estrazione dei minerali di ferro (oltre 3 milioni di t di minerale anche per lo sfruttamento dei giacimenti di Las Truchas, nel Michoacán), di carbone (oltre 5 milioni di t, con la lignite, a causa, principalmente, dei progressi della siderurgia), di zolfo e di rame. Progressi importanti si segnalano anche nel settore energetico, con il forte aumento dell'estrazione del petrolio (oltre 37 milioni di t, anche dal nuovo bacino del Chiapas, in parte sottomarino) e del gas naturale (22 miliardi di m3). Aumentata è pure la produzione di energia elettrica (43 miliardi di kWh di cui 17 idrici e in parte geotermici dalla centrale di Cerro Prieto), per la quale sta per entrare in funzione una grande centrale nucleare. Anche più importanti sono stati i progressi delle industrie, favorite da un diffuso protezionismo tariffario; tra quelle di base spiccano le metallurgiche (specie la siderurgia con oltre 3 milioni di t di ghisa e ferroleghe e 5 milioni di t di acciaio, col moderno grande complesso di Las Truchas integrata con il nuovo porto di Lazzaro Cárdenas, alla foce del Balsas), e le petrolchimiche in mano alla PEMEX (Petroleos Mexicanos) la quale ha sviluppato assai anche la produzione di ammoniaca sintetica e di fertilizzanti. Notevole anche l'aumento della produzione del cemento (12,5 milioni di t), quintuplicata negli ultimi 20 anni. Oltre metà della produzione industriale è costituita dalle industrie manifatturiere che si sono assai diversificate e forniscono materiale ferroviario, autoveicoli, elettrodomestici, prodotti chimici, alimentari e tessili. Ma per la maggior parte sono in mano di multinazionali, specie nei settori chimico, alimentare e meccanico. Il forte aumento dell'importazione di beni d'investimento e di materie prime per l'industria nonché di beni di consumo, insieme con la persistente prevalenza all'esportazione di prodotti primari agricoli (zucchero, caffè, fibre, bestiame) e minerari con prezzi soggetti al mercato mondiale, ha reso sempre più grave il disavanzo del commercio estero nel quinquennio 1971-75; da 11,5 a 46,5 miliardi di pesos, con brusca impennata nel 1974, quando le importazioni ascesero a 75,7 miliardi e le esportazioni ammontarono a soli 35,6 miliardi.

Altro fattore di squilibrio è l'eccessiva polarizzazione del commercio, svolgendosi oggi gli scambi per due terzi con gli SUA e poi con i paesi della CECA (specialmente con la Rep. Fed. di Germania) e con quelli dell'ALALC (Associazione Latino-Americana di Libero Scambio). Ma il forte deficit è in gran parte colmato dai movimenti di capitali, dai saldi favorevoli delle transazioni frontaliere e dal turismo: quest'ultimo, in particolare, ha preso grande importanza (3,7 milioni di turisti nel 1974, soprattutto statunitensi) e ha dato vita a grossi centri tra cui ben noti Acapulco, Cuernavaca e Veracruz.

Il turismo e i traffici interni sono favoriti dallo sviluppo della rete stradale (154.520 km nel 1975) e autostradale che ha per asse la Strada panamericana, dal confine con gli SUA, a Ciudad Juárez, a quello col Guatemala, per 10.283 km; notevole sviluppo ha avuto anche la flotta mercantile (575.000 t nel 1975) specialmente per quanto riguarda le petroliere.

Bibl.: J. L. Tamayo, Geografía general de México, Città di Messico, 1962; Distribucion geográfica de la población en la República Mexicana, ivi 1962; Diccionario Porrua de historia, biografía y geografía de Mexico, ivi 1964; C. Bataillon, Régions géographiques au Mexique, Parigi 1967; id., La réforme agraire au Mexique. Les conséquences dans le monde rural, in Problèmes d'Amérique latine de La docum. française, n. 8, 1968; C. Bataillon, E. Elhadad, R. Mouroz, Mexique 1969. La réforme agraire à un tornant, ibid., n. 15, 1969; H. G. Gierloff-Emden, México. Eine Landeskunde, Berlino 1970.

Economia. - L'economia messicana rispecchia la posizione geografica del paese, ponte fra gli Stati Uniti d'America e l'America del Sud. Il settore industriale, infatti, si è sviluppato assai rapidamente grazie soprattutto agl'investimenti statunitensi, mentre quello agricolo conserva ancora, in gran parte, le strutture proprie dei paesi sottosviluppati.

Il reddito nazionale è cresciuto, in termini reali, a un tasso medio del 6,75% nel quindicennio 1960-75, passando da 212,5 a 529,5 milioni di pesos (prezzi 1970). Lo sviluppo del reddito è stato accompagnato, fino alla fine degli anni Sessanta, da una sostanziale stabilità dei prezzi; nel periodo successivo, al contrario, l'inflazione è divenuta un fenomeno preoccupante, che ha raggiunto il suo massimo nel 1974 quando i prezzi al consumo sono aumentati del 22,4%. Dal 1975, quindi, la politica del governo messicano è stata caratterizzata dal tentativo di porre sotto controllo il processo inflazionistico, sia contenendo l'espansione della base monetaria sia restringendo il credito al settore privato. Nello stesso tempo si è cercato di favorire l'afflusso di nuovi capitali dall'estero senza però intaccare il principio della prevalenza del capitale nazionale nei settori strategici dell'economia.

Il commercio estero messicano si svolge principalmente con gli Stati Uniti, verso cui esporta soprattutto prodotti manufatti.

La bilancia commerciale presenta un cronico deficit, il cui ammontare si è ulteriormente accresciuto dal 1970 in poi. Tale deficit è compensato dal notevole afflusso di capitali stranieri, di origine essenzialmente nordamericana. La recente scoperta di vasti giacimenti petroliferi lascia però sperare che il disavanzo della bilancia commerciale possa essere riassorbito entro breve tempo, anche se l'estrazione del greggio è ancora lontana dai livelli attesi.

Storia. - Il presidente López Mateos, coerente col suo riformismo, si batté contro le società straniere nelle cui mani si trovava quasi tutta l'industria dell'energia elettrica, che alla fine del 1961 era totalmente nazionalizzata; non tollerò, tuttavia, l'opposizione, costituita in gran parte da intellettuali, studenti e ferrovieri, contro la quale usò la maniera forte. Anche la riforma agraria, in corso da cinquant'anni, ricevette un nuovo impulso durante il suo mandato sebbene gli ejidos (specie di cooperative agricole) non abbiano raggiunto i risultati che si prefiggevano. I rapporti con gli Stati Uniti, frequentemente turbati da questioni sollevate dai lavoratori agricoli stagionali messicani che varcavano la frontiera e la cui mano d'opera veniva sfruttata dagli agricoltori nordamericani, subirono un deterioramento in seguito all'atteggiamento del M. in seno al'OAS in occasione dell'espulsione di Cuba dall'Organizzazione (1962). La visita del presidente Kennedy (1963) a López Mateos, seguita da un prestito destinato a favorire i piccoli coltivatori, ristabilì però i buoni rapporti fra i due paesi.

A López Mateos succedette Gustavo Díaz Ordaz, candidato dell'onnipotente PRI, eletto (1964) con schiacciante maggioranza. All'opposizione rimase solo l'11% dei voti. Il nuovo presidente non si allontanò dalla linea dei suoi predecessori e poté governare con il sostegno dell'industria, delle banche, dei sindacati, del clero e dei militari, tutte le forze che, inserite nel PRI, lo resero in pratica invincibile. L'esercito, conformemente alla tradizione messicana, si astenne da interventi nella vita politica, a differenza di quanto è avvenuto in altri paesi dell'America latina: anzi le forze armate furono sensibilmente ridotte (nel 1966 esse incidevano per il 10 oó sul bilancio nazionale, mentre nel 1968 per meno del 4%). Il M. poté così, nel corso delle amministrazioni che vanno da Cardenas a Díaz Ordaz, godere di una solida stabilità politica e rafforzare la sua economia mediante lo sviluppo industriale, la diversificazione della produzione e il miglioramento dei sistemi agricoli comprendente la soppressione degli ejidos. Nel frattempo scemava l'intolleranza verso la Chiesa; l'istruzione riceveva dal governo la massima cura (25,5%, del bilancio nel 1965) con lusinghieri risultati specie nel confronto col desolante panorama educativo latino americano. Tuttavia, nonostante un certo progresso e un più diffuso benessere, il M. presentava ancora, attorno al 1968, un forte squilibrio fra le condizioni dei lavoratori delle industrie e delle campagne. La frattura fra operai e contadini arretrati, ai quali si aggiungevano i baraccati che vivevano all'ombra delle città, emarginati dal progresso, chiamava in causa la mancata democratizzazione del potere e l'inerzia del PRI, che da mezzo secolo reggeva il paese. Le manifestazioni studentesche, intensificatesi nei mesi di luglio e agosto 1968, culminarono a Città di M., in occasione dell'inaugurazione delle Olimpiadi (2 ottobre), in violente dimostrazioni di piazza soffocate nel sangue e con l'occupazione dell'università da parte delle truppe.

La politica estera di Díaz Ordaz, oltre a seguire quella dei suoi predecessori, fu caratterizzata da una maggiore apertura verso i paesi dell'America Centrale (Guatemala, Costa Rica, Honduras, El Salvador), zona che in passato era rimasta, per motivi storici e politici, piuttosto estranea nei suoi rapporti economici e culturali con il Messico. L'entrata in vigore (10 maggio 1970) del nuovo codice del lavoro fu salutata dalle centrali sindacali come una grande vittoria; le nuove disposizioni furono considerate atte a "distribuire più equamente la ricchezza nazionale". Le elezioni del 5 luglio 1970 portarono alla presidenza, con il 90% dei voti, il candidato del PRI L. Echeverría Alvárez, il quale, conscio di dover interpretare alcune esigenze giunte a maturazione, avviò una politica ricca di dinamismo, allo scopo di risolvere i problemi dell'economia messicana per tre quarti dipendente dagl'investimenti nordamericani. Gli studenti, sempre all'avanguardia in tema di rivendicazioni, appoggiati da gruppi di destra, promossero nuove dimostrazioni (10 giugno 1971) seguite da sanguinose repressioni, mentre nelle campagne la mai sopita guerriglia riprendeva a mezzo del Partido de los Pobres e dell'Asociación Cívica Revolucionaria.

Echeverría ha assunto, in politica estera, una posizione meno conformista di quella dei suoi predecessori, compiendo numerosi viaggi allo scopo di "diversificare" i rapporti economici del suo paese. Si è recato in Giappone (marzo 1972), nei vari paesi della CEE e in URSS (1973-74), in Italia (febbraio e novembre 1974). Dopo aver stipulato un accordo di reciproca collaborazione con il Gruppo andino (15 dicembre 1972) ha visitato le principali repubbliche dell'America latina (11-31 luglio 1974); in particolare, il comunicato finale del suo incontro con J. Perón, a Buenos Aires, auspicava la riammissione di Cuba in seno all'OAS. Non ha mancato tuttavia d'incontrarsi con il presidente G. Ford alla frontiera fra il M. e gli SUA. La "Carta dei diritti e dei doveri economici degli stati" presentata alla Conferenza dell'UNCTAD di Santiago nel 1972, ha posto Echeverría in autorevole evidenza fra i paesi del Terzo Mondo. Il M. ha firmato a Bruxelles (15 luglio 1975) un importante accordo di cooperazione con la CEE, che rappresenta un altro tentativo di liberarsi dalla pressione economica statunitense. In tal senso va interpretata l'iniziativa, presa dal M. assieme al Venezuela, di promuovere (Città di Panama, 15 settembre) un Sistema Economico Latino-Americano (SELA) con l'esclusione degli SUA. Con le elezioni del 4 luglio 1976 è stato eletto presidente della Repubblica José Lopez Portillo, ex ministro delle Finanze, unico candidato designato dal partito di maggioranza, il PRI (Partido Revolucionario Institucional). Il 28 marzo 1977 sono state ristabilite, dopo 38 anni, le relazioni diplomatiche con la Spagna.

Bibl.: F. Turner, The dynamic of Mexican nationalism, Chapel Hill 1968; J. S. La Cascia, Capital formation and economic development in Mexico, New York 1969; J. W. Wilkie, The Mexican revolution, Berkeley 1970; R.E. Quirk, Mexico, Englewood 1971; R. D. Hansen, The politics of mexican development, Baltimora 1971; M. Gutelman, Réforme et mystification agraires: le cas du Mexique, Parigi 1971.

Letteratura. - La scomparsa di alcune figure esemplari, avvenuta dopo la seconda guerra mondiale, sembra segnare per la letteratura messicana il tramonto di un'epoca. Nel 1945 muore J. J. Tablada, nel 1952 E. González Martínez, cioè gli ultimi grandi rappresentanti della lirica modernista, frutto allo stesso tempo dell'influsso del simbolismo europeo e di uno sforzo di rinnovamento linguistico nazionale. Ancora nel 1952, muoiono due narratori come M. Azuela e J. R. Romero, partecipi del travaglio che aveva condotto dal naturalismo a forme nuove di realismo sociale e psicologico. Con la scomparsa di J. Vasconcelos, nel 1959, è tutto un mondo di esperienza saggistica, politica e narrativa - tipico dell'entre-deux-guerres, che lo ebbe in tutti questi campi come protagonista - ad allontanarsi per sempre.

La nuova poesia, iniziata da R. López Velarde (1888-1921) e articolatasi nell'esperienza del gruppo dei Contemporáneos, o in quella più limitata ma particolarmente rivoluzionaria degli estridentistas, ha continuato il suo cammino sulle tre direttrici principali dell'analogismo surrealista, della liricità classicamente indirizzata alla natura e alla memoria, e dell'impegno politico di stampo marxista. C. Pellicer (1889-1976) ha riunito in Material poético (1956) tutte le sue raccolte precedenti, e nel 1965 vi ha aggiunto Teotihuacán y 13 de agosto, dove il suo tipico colorismo, l'esaltazione solare (che ama rifarsi ai miti eliocentrici precolombiani) e l'eloquenza commossa cedono spesso il passo a una malinconia inquieta e al presagio della morte, come già si avvertiva nei sonetti religiosi di Práctica de vuelo, scritti nel 1956 e inseriti alla fine del corpus sopra citato. A sua volta, J. Gorostiza (nato nel 1901) ha aggiunto ben poco alla sua opera precedente, sempre sulla linea di una lirica pura di ascendenza mallarmeana. Anche l'opera del grande X. Villaurrutía (1903-1950) si ferma praticamente al 1948, anche se nel riassuntivo volume postumo Poesia y teatro de Villaurrutía (1966) non mancano numerosi inediti, a ribadire la sua vocazione di metafisico pessimista e di stilista impeccabile. Sempre del gruppo dei Contemporáneos, J. Torres Bodet (1902-1974) ha accentuato la sua parentela col surrealismo francese sia nei versi di Fronteras (1954), Sin tregua (1957), Trébol de cuatro hojas (1958), sia nelle prose allucinate di Tiempo de arena (1955). Sono i suoi ultimi testi importanti e segnano anche un recupero della tradizione gongoresca, pur nell'ostinata ricerca di uno scavo nell'inconscio.

Scomparso nel 1949, a cinquant'anni, B. Ortiz de Montellano, che era stato il direttore della rivista Contemporáneos e l'animatore del gruppo, questo rimane in vita con l'opera sempre più spenta, e letterariamente raffinata, di S. Novo, nato nel 1904. Ma sarà un autore più giovane di dieci anni, O. Paz, a riprendere in tutt'altra dimensione le esigenze e le proposte di questi rinnovatori, con uno spessore culturale ben diverso e con una vera genialità di creazione poetica. Paz, nato nel 1914, è oggi la figura centrale della letteratura messicana. Il suo lavoro di poeta, di filosofo e di critico ha varcato da molto tempo gli orizzonti nazionali e ha avuto numerose traduzioni anche in Italia. Ricordiamo, tra i testi principali, almeno El arco y la lira (1956), Libertad bajo palabra (1960), El laberinto de la soledad (1963), Los signos en rotación (1965), Corriente alterna (1966), Salamandra (1966), Ladera este (1969), Renga (1971); è una poesia di straordinaria intensità che alterna verso e prosa in un drammatico slancio di affermazione della parola come significato assoluto, al di là di tutte le determinazioni semantiche correnti. Lo stesso Paz ha scritto: "Le vere idee di un poema non sono quelle che nascono nel poeta prima di scrivere, ma quelle che, dopo, attraverso la sua volontà, o no, dal poema si distaccano spontaneamente. Il contenuto nasce dalla forma, e non il contrario". La riflessione critica, del resto, è momento essenziale di tutta l'opera di Paz, anche nei libri citati, e assume riflessi di ironia e di polemica in saggi come Claude LéviStrauss o el nuovo festín de Esopo (1967), Marcel Duchamp o el castillo de la pureza (1968), o in Le singe grammairien, apparso in francese nel 1972. Tutto il lavoro di Paz si svolge nel senso di una scoperta del mondo mitico e occulto, onnipresente nella vita onirica e passionale dell'uomo, i cui simboli vanno decifrati con un lavoro tecnico, non inteso quale fine a sé stesso, bensì come chiave di una rivelazione, esercizio quotidiano della verità.

Altri poeti notevoli, apparsi nell'ultimo ventennio, sono A. Chumacero, del 1918, G. Amor, del 1920, M. A. Montes de Oca, del 1932, J.E. Pacheco, del 1939, H. Aridijs, del 1940, G. Zaid, del 1934. E vorremmo segnalare a parte T. Segovia, nato nel 1927, per la sua poesia discreta ed essenziale, ricordando inoltre che Montes de Oca è il più noto rappresentante dell'impegno politico, specie con i suoi Cantos al sol que no se alcanza (1961), con evidenti riflessi di Neruda e di Maiakovskij.

Nella prosa narrativa i fondamenti della nuova stagione messicana si ritrovano in A. Yáñez, nato nel 1904, che ne La creación (1959) riprese i personaggi e la materia de Al filo del agua di dodici anni prima, mostrando un crescente interesse per la sperimentazione di strutture romanzesche inconsuete, e giunse alla piena maturità espressiva con La tierra pródiga (1960) e Las tierras flacas (1965), opere percorse da un alito di epicità, nel complesso moto dell'animo che rivive la storia nazionale come se fosse un'autobiografia, una "linea del destino" anche personale; e in J. Revueltas, nato nel 1914, che con En algún valle de lágrimas (1956) e Los horrores (1964) risolve in scrittura lirica e densa il faulknerismo che lo aveva caratterizzato fin dagl'inizi, nel famoso El luto humano del 1943, dove l'ambiente contadino gli si era configurato come particolarmente congeniale. Ma - senza dimenticare R. Pozas, nato nel 1912 - resta il fatto che i due narratori più "nuovi" e di maggior prestigio rimangono oramai J. Rulfo, del 1918, e C. Fuentes, del 1928. Rulfo si rivelò con i racconti di El llano en llamas (1953) e subito contrappose all'enfasi barocca di molti suoi contemporanei una scrittura secca, priva di ornamenti. La sua narrativa è tutta materiata di fatti, i gesti degli uomini risultano più decisivi della trama tortuosa dei pensieri: ma non si tratta di realismo nel senso ottocentesco, anzi Rulfo sembra privilegiare i destini straordinari, i casi che sfuggono alla norma. Il romanzo Pedro Páramo (1955) è ormai un classico, ed è servito a molti studiosi per la comprensione delle rivoluzioni messicane, da P. Diaz a Obregón, più di molti libri di storia. È la vicenda di un uomo che va in cerca del proprio padre, e approda a un villaggio deserto, dove non si odono che le voci dei morti. Tutto il passato ritorna, per frammenti, per squarci potenti, e con esso la fine di una classe, quella dei proprietari terrieri, travolti dalla furia implacabile della Storia. Era gente solitaria, silenziosa, chiusa nella propria incomunicabilità, e che ora sembra chiedere ai discendenti, ai posteri, il tributo di una pietà difficile e austera.

Anche C. Fuentes debuttò con un libro di racconti, Los dias enmascarados (1953), cui cinque anni dopo seguì il romanzo La región más transparente, dove è visibile la formazione cosmopolita dell'autore, figlio di un diplomatico. Il romanzo è un pellegrinaggio attraverso la grande città, dalle baracche degli oppressi ai palazzi dei potenti, con forte accentuazione degli elementi sessuali e della crudezza rappresentativa, non senza echi di Joyce. Sul filo della memoria, in forme più pacate, si snoda invece il successivo Las buenas consciencias (1959), sul tema dell'adolescenza. La fama mondiale è venuta a Fuentes da La muerte de Artémio Cruz (1962), biografia di un uomo del popolo che sale sino ai fastigi del potere capitalistico grazie alla sua capacità di tenersi a galla nelle successive convulsioni politiche. Ma così facendo egli annulla la propria personalità, e questa "morte", questa uccisione, è anche il simbolo dell'autodistruzione operata su sé medesima da quella che fu al principio del secolo la borghesia radicale e rivoluzionaria. Nelle pagine finali, in delirio, A. Cruz recupera lo squallido bene, la povera innocenza, della sua vita di bambino abbandonato da tutti. Nel romanzo successivo, Cambio de piel (1967), Fuentes effettua un clamoroso esperimento di antiromanzo o metaromanzo, allineandosi con le ricerche dell'avanguardia. Elementi onirici e ricordì culturali, osservazioni sociologiche e squarci di pura liricità si alternano e si mescolano, in una sorta di caleidoscopio che allude agli stati più tumultuosi e oscuri della coscienza. Le altre opere di Fuentes - Zona sagrada, Cantar de ciegos, ecc. - sono decisamente minori.

Altri narratori degni di attenzione sono R. Garibay, del 1923, S. Galindo, del 1926, S. Elizondo, del 1932, V. Lesnero, del 1933, e J. Agustín, del 1944, la più giovane rivelazione di questa letteratura spesso incerta fra uno slancio di realismo critico applicato alla realtà nazionale e la suggestione esercitata dal nouveau roman e da altre poetiche d'oltremare. Né va dimenticato il compianto R. Castellanos (1925-1974), dotato di sottile intuizione psicologica. E, infine, al novero dei narratori va aggiunto quello dei drammaturghi: dove, ai nomi già consacrati di R. Usigli, C. Gorostiza, J. Bustillo Oro, ecc., si sovrappongono ormai quelli dei più giovani: E. Carballido, del 1925, L. G. Basurto, del 1921, S. Magaña, del 1924, Luisa J. Hernández, del 1928, H. Mendoza, del 1932, J. Ibargüengoitia, del 1928, F.S. Mayans del 1924, M. Villalta, del 1924, W. Canton, del 1921; tutti un poco limitati da una situazione teatrale dove, se nel campo dello spettacolo si assiste a una continua fioritura d'iniziative, il luogo dello scrittore non risulta quasi mai ben definito, stretto com'è tra la prepotenza dei registi e la massiccia importazione di opere straniere. Ugualmente lungo sarebbe l'elenco dei saggisti; ma pensiamo di poterlo riassumere nel nome di L. Zea, nato nel 1912, che si è rivelato il più acuto e filosoficamente compiuto fra gli analisti della cultura latino-americana e della sua storia, e un degno continuatore di A. Reyes.

Bibl.: L. Zea, The Latin American mind, Oklahoma 1963; F. Alegria, Historia de la novela hispanoamericana, México 1966; C. Gonzalez Peña, Historia de la literatura mexicana, ivi 1966; M. del Carmen Millan, Panorama de la literatura mexicana, in A. Ocampo de Gomez, A. M. Prado Velázquez, Dicionario de escritores mexicanos, ivi 1967; L. Leal, Panorama de la literatura mexicana actual, Washington 1968; G. Bellini, La letteratura ispanoamericana, Milano-Firenze 1970; A. Magaña-Esquivel, Teatro mexicano del siglo XX, Città di Messico 1970; J. Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, Milano 1972.

Arti figurative. - R. Tamayo è considerato, con D. Rivera, D. A. Siqueiros e J. O. Orozco, il più significativo pittore messicano di questo secolo. Con la sua opera che è stata presentata a Firenze nel 1975 in un'ampia esposizione prende avvio una nuova epoca della pittura messicana, che culmina con le attuali espressioni di pittura astratta. Nelle diverse correnti pittoriche che attualmente operano in M. compaiono tutti i temi, tutte le tendenze, tutti gli stili. Persiste tuttavia in numerosi giovani l'istanza figurativa dovuta all'influenza di Rivera e di Siqueiros. Oltre alla particolare considerazione dovuta a C. Orozco Romero (nato nel 1898) e J. Castellanos (1905-1947), tra i pittori che meritano di essere citati, sono J. O'Gorman (nato nel 1905) anche architetto, che si è espresso particolarmente con murales e che si caratterizza con un suo nitido tratto di elevata finezza; J. Gonzáles Camarena (1908); R. Anguiano (1915), dalle straordinarie capacità di ritrattista e dal raffìnato tratto che attinge a una notevole spiritualità; F. Cantù (1908); J. Chávez Morado (1909), uno dei primi artisti messicani ad aver adottato il mosaico; X. Guerrero (1896); O. Costa (1913), la cui opera è stata esposta a Parigi e Londra; F. Castro Pacheco (1918), ottimo disegnatore e incisore; P. O'Higgins, collaboratore di Rivera nei murales di Chapingo e della segreteria della Pubblica Istruzione a Città di Messico; F. Moreno Capdevilla (1926), che ha partecipato a importanti esposizioni all'estero (Biennali di Tokio, San Paolo, ecc.); C. Urueta, una autodidatta che ha tenuto esposizioni in vari paesi; J. Soriano (1920), che ha vissuto alcuni anni in Italia e che ha esposto a New York, Londra, Stoccolma, Tokio, Parigi e Roma. Nell'ambito delle correnti non figurative oltre alla notevole personalità di G. Gezzo (1915), la cui prima opera astratta risale al 1942, si distinguono nelle generazioni più giovani M. Felguerez Barra (1928), A. Vicente Rojo (1932), F. García Ponce (1933), influenzato dall'espressionismo astratto al pari di Vlady (nato a Leningrado nel 1920) e A. Coen (1940), A. Pelaez (1921), spagnolo residente in M. che ha risentito dell'influenza di A. Tàpies, L. Carrillo, che ha partecipato alla prima Biennale dei Giovani a Parigi e, nel 1961, alla Biennale di Tokio.

E ancora tra i pittori delle ultime generazioni si dovranno segnalare P. Coronel (1922), nei cui quadri e nelle cui sculture è possibile cogliere reminiscenze delle culture precolombiane; R. Coronel (1931), fratello del precedente, che colse un grandissimo successo alla Biennale di Cordova quale miglior pittore sudamericano; R. Doniz (1934), la cui opera è ben conosciuta in URSS, Polonia, Cecoslovacchia e in altri paesi orientali; F. Bejar (1924); J. Hernández Delgadillo (1927), presente alla seconda Biennale di Parigi; J. L. Cuevas (1934), pittore di notevole prestigio internazionale; F. Peña (1915), J. Reyes Meza (1924), L. Nishizawa (1920); B. Messeguer, autore di un mural alla facoltà di economia dell'università di Città di Messico. Meritano inoltre una citazione la prima pittrice messicana che espose negli Stati Uniti, M. Izquierdo (1906-1956); la giovane I. Becerril (1940), che ha studiato molti anni a Roma; e altri giovani, come F. Icaza jr. (1930), E. Echeverria (1923), Nefero (1920) e M. Balunzarán (1946).

Nel panorama della pittura messicana, la linea netta, l'immagine realistica, il paesaggio osservato con grandissima attenzione convivono a volte con forme d'ispirazione impressionista o con concezioni surrealiste, come nelle splendide opere realizzate da L. Carrington (1917) e da R. Varo (1913-1963) nate ambedue all'estero ma inseritesi nel movimento artistico messicano sin dagli anni Quaranta. È una pittura di contenuti e di ricerca che continua la già importante tradizione pittorica messicana. Tra gli artisti stranieri stabilitisi in M. è ancora da ricordare il particolare contributo dato al movimento surrealista da W. R. Paalen, nato a Vienna nel 1905, emigrato in M. nel 1939 (ha organizzato con A. Breton e C. Moro l'esposizione internazionale del surrealismo alla Galleria de Arte mexicano) e morto suicida nel 1959. Della sua opera il Museo de Arte Moderno ha organizzato nel 1967 un'importante retrospettiva.

L'incisione e la litografia di carattere storico, che fu nel 19° secolo un efficace mezzo di espressione, ha recentemente conosciuto in M. un rinnovato impulso. Antecedente fondamentale ne è l'opera dell'eccezionale incisore J. Guadalupe Posada (I852-1913), che rivela attraverso l'arte un M. prima sconosciuto e lascia allo stesso tempo la propria impronta nei murales di Rivera, Orozco e Siqueiros. Tra gl'incisori di più spiccata personalità sono C. Alvarado Lang (1905-1961), I. Aguirre (1900), L. Méndez (1902-1919), A. Lugo (1921).

La scultura messicana offre testimonianze di alta qualità estetica: non a caso l'antica arte messicana si è espressa soprattutto mediante la scultura, creando numerosi capolavori. Se per i secoli successivi alla "conquista" non si può certo parlare di opere di rilievo, negli ultimi anni la scultura ha senza dubbio raggiunto un notevole livello con artisti che hanno recuperato il valore espressivo e comunicativo di quest'arte. Nella schiera degli scultori più conosciuti si annoverano I. Asunsolo, C. Bracho, G. Cueto, che aveva introdotto negli anni Trenta in M. l'arte astratta, J. Olagibel, L. Ortiz Monasterio, F. Canessi, G. Toussaint. Le "torri" della Città satellite già famose a livello internazionale, realizzate da M. Goeritz, un artista che dal 1949 ha avuto un grosso peso nella cultura artistica messicana, "le vele" di A. Gurría poste a lato della Strada dell'Indipendenza (una grandiosa realizzazione ideata da Goeritz in occasione delle Olimpiadi di Città del Messico, con la collaborazione di numerosi scultori messicani e stranieri), le sculture di J. Dubon e di H. Escobedo rispondono a un'espressione plastica lanciata verso nuove mete, nell'intento di assimilare gli stili propri del nostro tempo.

Tra gli scultori più giovani meritano segnalazione R. Arenas Betancourt, G. Cabrera, I. L. Diaz, F. Gonzáles Gortázar, autore di una scultura monumentale chiamata "La spiga", A. Escobedo, Sjolander, M. Lagunes, A. Ortega e molti altri, senza dimenticare F. Marín, F. Zuñiga e O. Martínez. vedi tav. f. t.

Architettura. - Gl'ideali nazionalistici della rivoluzione generarono reazioni contro l'imitazione di stili stranieri, dando origine alla rinascita di stili del periodo chiamato "coloniale" o l'assunzione non sempre razionale, di alcune forme architettoniche precolombiane, quali la piramide o il talud.

A questi inerti anacronismi, architetti come M. Villagran García che insegnando dal 1926 all'università di Città di Messico ha avuto un forte peso nella formazione della nuova generazione di architetti, J. O'Gorman, E. del Moral, E. Yañez e altri, opposero un'architettura del tutto nuova, rivoluzionaria nelle forme e nei contenuti, atta a soddisfare le impellenti necessità di un popolo al quale la rivoluzione aveva aperto nuovi orizzonti: furono costruite scuole, ospedali, miniappartamenti per operai. Contemporaneamente la nuova architettura cominciò a elaborare con fantasia le esperienze straniere, fino a raggiungere l'importanza che oggi detiene nell'ambito internazionale. Testimonianze di questo rinnovamento sono l'Aeroporto centrale di Città di Messico, di A. Alvarez; sempre nella capitale, il Palazzo dello Sport di F. Candela, l'Edificio della Compañia de Seguros Monterrey, di E. de le Mora e F. Gonzalez Pozo, e la realizzazione più valida di questa architettura contemporanea, la Città universitaria, opera di vari architetti con il coordinamento di C. Lazo. Noti anche all'estero sono inoltre il Museo di antropologia, opera di P. Ramirez Vazquez, la Porta internazionale di Tijuana, realizzazione di G. Rossell, e l'albergo "Camino Real" di L. Barragán. Altri architetti che contribuiscono ad attuare queste nuove istanze sono tra gli altri J. Benliur, T. Gonzáles de León, A. Zabludowsky, H. Mestre, e C. Obregón Santacilia. Vedi tav. f. t.

Bibl.: I. Katzman, Arquitectura contemporanea mexicana, Città di Messico 1963; Arte messicana contemporanea, catalogo della mostra Ente Premi Roma, Roma 1966; J. Fernández, Arte mexicano, Città di Messico 1968; A. Rodríguez, México 1976. Artes plásticas, ivi 1976; México a vuelo de pájaro, ivi 1976.

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