METABOLISMO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

METABOLISMO

Franca Ascoli

(XXIII, p. 17; App. II, II, p. 293; III, II, p. 68; IV, II, p. 437)

Nel corso degli ultimi anni, particolare attenzione è stata rivolta all'approfondimento delle conoscenze sui cicli metabolici, cosiddetti di difesa, coinvolti nell'eliminazione di cataboliti tossici generati, in condizioni fisiologiche, come sottoprodotti del normale m. cellulare e, in condizioni patologiche, a seguito di sbilanciamenti e modificazioni del m. energetico cellulare e/o di sostanze estranee al normale m. umano (xenobiotici).

Sistemi di difesa contro i cataboliti tossici dell'ossigeno. − I cataboliti tossici sono rappresentati principalmente dalle specie radicaliche dell'ossigeno che, a causa della loro elevatissima reattività, sono in grado di scatenare processi ossido-riduttivi spesso irreversibili, a carico delle macromolecole biologiche (proteine, acidi nucleici, fosfolipidi) che subiscono una modificazione se non addirittura una perdita della loro funzionalità. Le ricerche volte a chiarire la potenziale tossicità dei radicali dell'ossigeno cominciò parecchi anni dopo che due ricercatori statunitensi, I. Fridovich e J. M. McCord, isolarono nel 1969 un enzima da un emolisato di sangue di bue che aveva la capacità di catalizzare la dismutazione del radicale superossido secondo il seguente schema:

.Il significato biologico dell'enzima, denominato superossidodismutasi (SOD), rimase sconosciuto finché non venne individuata una serie di reazioni enzimatiche le quali, in tutto o in parte, potevano dar luogo in condizioni fisiologiche alla produzione di ioni superossido. Tra queste vanno ricordate le reazioni catalizzate dalle diamminoossidasi, dal sistema della citocromo P-450 reduttasi e dalla citocromo-c ossidasi. Questa scoperta chiarì il motivo perché la SOD è presente non solo in tutti i tessuti di uno stesso organismo ma in tutti gli organismi viventi, virus esclusi. La SOD non è il solo enzima di difesa contro la tossicità delle specie radicaliche dell'ossigeno: infatti, poiché nella reazione catalizzata dalla SOD si genera H2O2, che a seconda della molecola con cui reagisce può funzionare da potente ossidante o da potente riducente, è necessario che questa molecola sia rapidamente trasformata.

Questo compito è svolto da due enzimi, la catalasi e la glutationeperossidasi (GSH-px), che catalizzano la seguente reazione: 2H2O2→2H2O+O2.

Di particolare interesse è la GSH-px che esiste in due forme distinte, una cosiddetta selenio-dipendente, l'altra cosiddetta selenio-indipendente. Oltre a differire per la necessità o meno di possedere selenio per l'attività catalitica, i due enzimi differiscono tra loro anche per la specificità del substrato da metabolizzare: infatti, gli unici substrati della GSH-px Se-indipendente sono i perossidi organici. L'importanza della GSH-px Se-indipendente risiede nel fatto che i perossidi organici si originano principalmente sulle catene alifatiche dei fosfolipidi, in conseguenza di stress ossidativi, e sono in grado d'innescare reazioni a catena che portano alla perdita della funzionalità di queste fondamentali molecole biologiche.

Caratteristica comune dei due enzimi sopra citati è quella di aver bisogno del glutatione ridotto (GSH) quale cofattore nelle reazioni catalizzate dalla GSH-px. In queste reazioni, due molecole di GSH vengono ossidate a glutatione ossidato (GSSG) attraverso la formazione di un ponte di solfuro tra i due gruppi SH del glutatione. Per ridurre il GSSG formatosi e mantenere una concentrazione relativamente costante di GSH è necessario l'intervento di un altro enzima, la glutationereduttasi, che catalizza la seguente reazione: GSSG+NADPH→2GSH+NADP.

Quest'ultima reazione, che è accoppiata alle reazioni catalizzate dalla GSH-px e completa il ciclo del GSH, garantisce il mantenimento di un elevato rapporto GSH/GSSG che è un'espressione delle capacità riducenti della cellula. In caso di stress ossidativi il valore di questo rapporto diminuisce rapidamente ed è generalmente accompagnato dal manifestarsi di danni irreversibili nelle strutture vitali della cellula (membrane) e nelle macromolecole biologiche (fosfolipidi, proteine, acidi nucleici). Appare perciò chiaro che la funzione principale del ciclo dei pentoso-fosfati (v. App. IV, ii, p. 445) è quella di ridurre il NADP a NADPH mantenendo così una concentrazione sufficiente di questo coenzima ridotto per il funzionamento di tutti gli enzimi NADPH-dipendenti (tra i quali appunto la GSH-px).

Il glutatione è un tripeptide (γ−glutammil-L-cisteinilglicina) che viene sintetizzato a partire da acido glutammico e cisteina in una reazione catalizzata dalla γ−glutammilcisteinasintetasi, secondo lo schema: acido glutammico+cisteina+ATP→γ−glutammilcisteina+ADP+Pi. Successivamente, la glutatione sintetasi catalizza la formazione di un legame peptidico tra la γ−glutammilcisteina e la glicina, secondo lo schema:

γ−glutammilcisteina+glicina+ATP→GSH+ADP+Pi

La formula di struttura del GSH è:

Caratteristica di questo tripeptide è quella di avere l'acido glutammico legato con un legame peptidico tra il suo gruppo γ−carbossilico (anziché α−carbossilico come avviene solitamente) e il gruppo amminico della cisteina che, altra caratteristica del GSH, possiede il suo gruppo sulfidrilico libero ridotto.

Oltre alla funzione precedentemente descritta, il GSH svolge il ruolo metabolico d'intervento nei processi di detossificazione per gli xenobiotici, essendo cofattore anche della glutatione transferasi. Questo enzima, particolarmente abbondante nelle cellule epatiche nelle quali è presente in almeno sette differenti isoforme, catalizza la prima delle quattro reazioni che portano alla formazione dei derivati N-acetilcistenici (o coniugati dell'acido mercapturico) di diversi gruppi di sostanze estranee al normale m. cellulare contenenti nella loro molecola almeno un atomo di carbonio elettrofilo. Come esempio, si riporta la reazione tra il GSH e il dinitroclorobenzene:

In questa reazione la glutationetransferasi catalizza la formazione di un legame tioetere tra le due molecole; successivamente, una glutationasi e una peptidasi staccano in sequenza l'acido glutammico e la glicina dal coniugato GS-dinitroclobenzene. Rimane pertanto il cisteina-derivato che, grazie all'azione di una acetil-CoA-N-acetilasi, viene trasformato, in ultimo, in coniugato dell'acido mercapturico secondo la reazione:

Il composto così ottenuto risulta meno tossico della ''molecola madre'', essendo molto più facilmente eliminabile per via urinaria.

Di particolare interesse è l'interrelazione esistente tra GSH, NADPH, ciclo dei pentoso fosfati ed emoglobina nei globuli rossi. L'emoglobina, per poter svolgere la sua funzione di trasportatore di ossigeno, necessita che i 4 atomi di ferro presenti all'interno della sua molecola siano allo stato ridotto (Fe2+). In condizioni fisiologiche, circa l'1÷3% dell'emoglobina possiede gli atomi di ferro allo stato ossidato (Fe3+). Questo tipo di emoglobina, nota come metemoglobina (MetHb), deve pertanto essere mantenuta entro concentrazioni molto basse per poter garantire che le proprietà ossiforetiche degli eritrociti rimangano inalterate. Questo compito viene svolto da due enzimi, una MetHb-reduttasi NADH-dipendente e una MetHb-reduttasi NADPH-dipendente. Questo secondo enzima, nonostante sia presente in concentrazione inferiore al primo, è estremamente importante poiché la sua affinità per la MetHb è 5÷10 volte maggiore rispetto all'enzima NADH-dipendente. Quindi, siccome il NADPH è il coenzima indispensabile anche per la GSH-reduttasi, che è responsabile del mantenimento del glutatione allo stato ridotto, ne consegue che il ciclo dei pentosi assume un ruolo chiave nell'impedire l'insorgenza di processi ossidativi a carico di queste molecole fondamentali (emoglobina e GSH). La prova indiretta di queste strette interrelazioni è data dal fatto che, in condizioni di stress ossidativi a carico degli eritrociti, diminuzione di GSH e aumento di MetHb risultano fra loro accoppiati.

L'esistenza di questi sistemi di difesa non è però sufficiente a impedire completamente l'insorgenza di danni molecolari (per lo più irreversibili) in quelle situazioni patologiche nelle quali si verifica una produzione molto elevata di specie radicaliche dell'ossigeno, come per es. accade nella riperfusione a seguito di fenomeni ischemici. Tutti i tessuti del nostro organismo necessitano di ossigeno per poter soddisfare i fabbisogni energetici cellulari attraverso i cicli metabolici ossidativi mitocondriali che sono responsabili in massima parte della produzione di ATP. L'assenza di ossigeno, che si verifica durante l'ischemia, provoca l'arresto della funzionalità mitocondriale con conseguente rapida e drastica deplezione del contenuto cellulare di ATP. Questa molecola viene quindi sequenzialmente degradata in ADP, AMP, adenosina, inosina, ipoxantina, xantina e infine in acido urico. In condizioni fisiologiche, la trasformazione di xantina in acido urico è catalizzata dall'enzima xantinadeidrogenasi che utilizza il NAD come accettore di elettroni. Durante l'ischemia, la perdita della funzionalità mitocondriale e la drastica diminuzione del contenuto di ATP (che ha il compito, tra gli altri, di chelare il calcio libero citoplasmatico e di fornire l'energia alle ATPasi preposte alla estrusione del calcio dal citoplasma) provocano un aumento del Ca2+ libero citoplasmatico che attiva alcune proteasi calcio-dipendenti. L'attivazione di questi enzimi proteolitici provoca la trasformazione irreversibile della xantinadeidrogenasi in xantinaossidasi la quale, pur mantenendo inalterata la specificità per il substrato, utilizza l'ossigeno molecolare come accettore di elettroni.

In questa reazione, l'ossigeno subisce una riduzione mono-elettronica e si trasforma in ione superossido. Quindi, al momento della riperfusione, la xantinaossidasi (grazie anche all'accumulo di xantina) è in grado di produrre un flusso di radicali O2− che, in presenza di metalli di transizione quali Fe2+ e Cu+, dà luogo a specie radicaliche ancor più reattive quali il radicale OH· e l'ossigeno singoletto. In particolare, l'interazione di queste molecole con i fosfolipidi che compongono le membrane biologiche (cellulari, mitocondriali, nucleari, lisosomiali, perossisomiali) induce processi perossidativi a catena che portano alla perdita della struttura e della funzione delle membrane stesse e in ultimo alla morte cellulare. Si può pertanto comprendere l'importanza dello studio del m. energetico in particolari situazioni, tra l'altro di grande rilevanza clinica, e di tutti i sistemi cellulari di difesa coinvolti nella trasformazione delle molecole tossiche prodotte a causa dello sbilanciamento del m. energetico stesso.

Sistemi di detossificazione per gli xenobiotici. - Un altro campo d'indagine di grande attualità è quello rivolto allo studio dei sistemi enzimatici e dei cicli metabolici coinvolti nei processi di detossificazione per gli xenobiotici. Questo tipo di ricerche ha acquistato un'importanza sempre crescente a causa del numero sempre maggiore di sostanze estranee al normale m. umano e animale che entrano in questi organismi per ingestione, inalazione o per assorbimento cutaneo. Si pensi, per es., ai conservanti e coloranti presenti in molti cibi, ai diserbanti, pesticidi e fitofarmaci che molto spesso si ritrovano in quantità consistenti nell'acqua ''potabile'', e infine ai farmaci. I sistemi preposti alla detossificazione degli xenobiotici, presenti nell'uomo in quasi tutti gli organi e tessuti ma principalmente nel fegato, hanno lo scopo di trasformare le ''molecole madri'' in molecole dotate di una minore tossicità e una maggiore escreibilità.

Le reazioni cui vanno incontro gli xenobiotici vengono suddivise generalmente in due gruppi: reazioni di fase i, comprendenti l'ossidazione, la riduzione o l'idrolisi del substrato; reazioni di fase ii, comprendenti la coniugazione o la sintesi di composti complessi a partire da molecole fisiologicamente presenti nell'organismo e gli xenobiotici. Gli enzimi coinvolti nelle reazioni di fase i sono: la monoossigenasi contenente citocromo P-450, l'amminoossidasi, l'epossido idratasi, l'esterasi e ammidasi aspecifiche, l'alcool deidrogenasi e l'aldeide deidrogenasi. Quelli coinvolti nelle reazioni di fase ii sono: la glucuroniltransferasi, la GSH-transferasi, la solfotransferasi, l'amminoacidoconiugasi, la metiltransferasi e la N-acetiltransferasi.

Tra gli enzimi coinvolti nelle reazioni di fase i il più importante e abbondante è la monoossigenasi contenente citocromo P-450. Questo enzima è presente prevalentemente nel fegato in numerose isoforme ed è in realtà un sistema multienzimatico, costituito da una NADPH-citocromo-c reduttasi e da un enzima contenente citocromo P-450, che catalizza reazioni di ossidazione a carico di xenobiotici ossidabili e la cui sequenza metabolica è riportata in figura.

Il substrato RH si combina con la forma ossidata del citocromo P-450-(Fe3+), formando un complesso substrato-citocromo P-450. Due elettroni sono quindi trasferiti dal complesso al NADPH che viene ossidato a NADP. Il complesso substrato-citocromo P-450-(Fe2+) così ridotto si combina con l'ossigeno molecolare e, attraverso un riarrangiamento elettronico interno al complesso, viene eliminata prima una molecola d'acqua e poi il substrato ossigenato e il citocromo P-450 nella sua forma ossidata. La sua capacità di utilizzare un numero molto elevato di substrati, il cui unico denominatore comune è quello di poter accettare un atomo di ossigeno, e la sua presenza in tutti gli organi fanno sì che il ciclo metabolico imperniato su questo complesso enzimatico sia fondamentale per la capacità metabolica complessiva di un organismo per gli xenobiotici.

Tra gli enzimi coinvolti nelle reazioni di fase ii, oltre alla già citata GSH-transferasi, bisogna ricordare il ruolo svolto dalla glucuroniltransferasi che catalizza le reazioni di glucuronicoconiugazione a carico di composti contenenti gruppi alcoolici, carbossilici, sulfidrilici, amminici primari e secondari. Caratteristica di questo enzima è quella di utilizzare l'acido uridindifosfoglucuronico come cofattore sul quale far avvenire la reazione di coniugazione. Questa prevede la trasformazione del substrato nel rispettivo glucuronicoconiugato e dell'acido uridindifosfoglucuronico in acido uridindifosforico. Complessivamente, si può certamente affermare che gli studi di tipo metabolico siano attualmente rivolti alla valutazione delle conseguenze degli sbilanciamenti del m. in particolari condizioni patologiche, ai sistemi fisiologici di difesa da sostanze endogene dotate di elevata tossicità (specie radicaliche dell'ossigeno) e ai sistemi di detossificazione per gli xenobiotici.

Bibl.: J. M. Mc Cord, Oxygen-derived free radicals in postischemic tissue injury, in New Engl. J. Med., 312 (1985), pp. 159-63; D. J. Hearse, A. S. Manning, J. M. Downey, D. M. Yellon, Xanthine oxidase: a critical mediator of myocardial injury during ischemia and reperfusion?, in Acta Physiol. Scand., Suppl. 548 (1986), pp. 65-78; J. D. Rawn, Biochimica, trad. it., Milano 1990.

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Gruppo γ−carbossilico

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Ciclo metabolico