METALLI preziosi

Enciclopedia Italiana (1934)

METALLI preziosi

Marco FANNO
Filippo PESTALOZZA

Sono questi, per indicare soltanto i più importanti, l'oro, l'argento e il platino. Ma nella presente voce, in cui dobbiamo occuparci di essi esclusivamente dal punto di vista economico (si vedano per il resto le voci dedicate ai singoli metalli) considereremo soltanto i due primi, questi soltanto essendo impiegati per usi monetarî, per gli usi cioè che interessano l'economista.

La moneta funge: 1. da misura comune del valore; 2. da strumento dello scambio; 3. da mezzo liberatorio di pagamento, 4. da modulo per i pagamenti differiti; 5. da accumulatore del valore; 6. da base del credito. Per adempiere a queste funzioni i beni impiegati come moneta devono essere: 1. utili, 2. divisibili (in senso economico); 3. indistruttibili; 4. omogenei; 5. trasferibili (pure in senso eeonomico); 6. coniabili; 7. dotati di un valore di scambio relativamente costante nel tempo e uniforme nello spazio. All'ufficio di moneta i diversi popoli destinarono successivamente i beni più varî (conchiglie, sale, pellicce, pecore, buoi, metalli non nobili, ecc.); ma la scelta finì un po' per volta col cadere universalmente sull'argento e sull'oro, perché i soli beni dotati di tutti i requisiti suddetti. Impiegati per usi monetarî in forma di polvere o di frammenti irregolari dapprima, i metalli preziosi lo furono successivamente in forma di verghe e infine di moneta coniata. La loro coniazione (v. zecca) eliminò la necessità della pesatura e dell'assaggio, inevitabili finché essi erano adoperati nelle altre forme, ma creò numerosi problemi tecnici, giuridici ed economici: tecnici, che si riferiscono alla forma, al peso, alla lega, al titolo delle monete; giuridici, che riguardano il potere da assegnarsi alle varie monete come mezzo liberatorio nei pagamenti presenti e futuri; economici, che si riferiscono alla moneta tipo e ai rapporti di questa con le altre monete, cioè all'ordinamento dei sistemi monetarî (per tutte queste questioni, v. moneta). Oltre che per usi monetarî l'oro e l'argento sono impiegati per usi industriali. Questo secondo impiego precedette anzi cronologicamente il primo. Per questo loro duplice impiego e per la loro indistruttibilità essi conservano un valore relativamente costante. Ma questo di avere un valore costante è pure, come si è visto, uno dei requisiti della moneta. Per cui, mentre i metalli preziosi posseggono alcuni di codesti requisiti in dipendenza delle loro proprietà fisiche e chimiche, altri invece essi ne acquistano in conseguenza del loro impiego per usi monetarî. Questo rafforza quindi le loro attitudini a fungere da moneta. Essendo indistruttibili, la quantità disponibile di essi in qualsiasi momento dipende dalla loro massa accumulata attraverso i secoli, più che dal flusso della loro produzione. Il loro valore, anziché determinarsi, come per i beni di rapido consumo, in ragione del costo di produzione, si determina quindi in ragione della quantità complessiva disponibile. E da ciò trae origine la teoria quantitativa che, nonostante le sue manchevolezze, fornisce nel complesso, fra tutte le teorie, la soluzione meno imperfetta del problema del valore della moneta.

Storia dei metalli preziosi dalla scoperta dell'America. - Periodo prebellico. - Le scorte e la produzione dell'oro e dell'argento, piccolissime prima della scoperta dell'America, andarono da allora in poi aumentando considerevolmente, con prevalenza però per molto tempo (in valore monetario) della produzione del metallo bianco. Avuto riguardo a questa situazione di fatto, la storia della produzione dei metalli preziosi dalla scoperta dell'America allo scoppio della guerra mondiale può dividersi nei due periodi seguenti: un primo periodo che va dal 1493 al 1800; e un secondo che comprende il secolo XIX e i primi 14 anni del ventesimo. Nel primo periodo la produzione dell'argento conserva la prevalenza, e le proporzioni, per quanto variabili, oscillano entro limiti ristretti: per l'argento, tra il 60 e il 73% della produzione totale e per l'oro, tra il 40 e il 27%. Il rapporto tra il valore dei due metalli, pure variando, subisce mutamenti relativamente poco rilevanti. Esso è di 1 a 10,75 nel 1500; sale a 1 a 14,50 nel 1650; e si mantiene poi fino al 1800, salvo piccole oscillazioni, intorno al rapporto di 1 a 15. Il secondo periodo può suddividersi in quattro sotto-periodi. Nel 1°, che va fino al 1850, la produzione dell'argento conserva una decisa prevalenza, con un rapporto medio del valore di 1 a 15,70. Il 2° periodo va dal 1851 al 1875 ed è caratterizzato dalla prevalenza della produzione dell'oro (circa il 70% in valore del totale) dovuta alla scoperta dei giacimenti auriferi di California e di Australia, con mutamento del rapporto medio del valore sceso a 15,50. Nel 3° periodo (1876-90), esauritisi i nuovi giacimenti d'oro, la produzione dei due metalli diviene pressoché di uguale valore, ma il prezzo dell'argento ribassa e il rapporto tra il valore dei due metalli si modifica sensibilmente, raggiungendo nel 1889 un massimo di 1 a 22,10. Il 4° periodo (1891-1914) è dominato dalla scoperta e dallo sfruttamento dei giacimenti auriferi dell'Africa meridionale, che fornisce quasi la metà della produzione aurea annuale del mondo. Questa torna ad avere la prevalenza (in valore), mentre il prezzo dell'argento subisce nuovi tracolli e il rapporto tra il valore dei due metalli diviene in media di 1 a 34, con qualche punta anche a 39.

A queste vicende della produzione e del valore dei due metalli fanno riscontro analoghe vicende dei sistemi monetarî. Tra il 1493 e il 1800 l'argento occupa una posizione dominante nella circolazione monetaria di quasi tutti i paesi, e l'oro nel complesso una posizione secondaria. Tra il 1801 e il 1890 si svolge la lotta tra i due metalli. Mentre in alcuni paesi come in Inghilterra (nel 1816) e in Germania (nel 1873) s'introduce senz'altro il tipo oro e in altri (India, Cina, Messico, ecc.) si conserva il tipo argento, in altri ancora (Francia nel 1803, Belgio nel 1861, Italia nel 1862, Svizzera nel 1865) s'istituisce il bimetallismo completo, trasformato poi nel 1878 in bimetallismo zoppicante. Ma dopo il 1890 l'oro finisce col trionfare quasi ovunque mediante l'introduzione sia del tipo oro (Russia nel 1897, Stati Uniti nel 1900) sia del tipo a cambio aureo (Austria-Ungheria nel 1892, India nel 1893). E così, eliminato quasi ovunque l'argento, il problema monetario dei metalli preziosi si trasforma nel problema dell'oro. Da solo, nei paesi a tipo aureo, e unitamente all'argento, nei paesi bimetallici, l'oro finisce col circolare quasi ovunque nella forma di moneta legale coniata. Ma esso serve in pari tempo da base del credito e da strumento di saldo internazionale. Onde tre sono le funzioni monetarie fondamentali che alla vigilia della guerra mondiale esso adempiva nei paesi civili. Abbandonato come metallo tipo in Occidente, l'argento conserva però un largo impiego in Oriente come mezzo di accumulazione del risparmio; talché l'India e la Cina costituiscono ancora oggi i grandi serbatoi del metallo bianco. Nonostante però la inesauribile potenza di assorbimento di questi paesi l'argento, perduta la sua posizione monetaria tradizionale, si deprezza e perde quindi quella relativa costanza di valore che aveva conservato per parecchi secoli, fornendo una prima conferma al principio sopra enunciato, secondo cui l'impiego per usi monetari conferisce stabilità al valore dei metalli preziosi.

Periodo bellico e postbellico. - La guerra mondiale porta una rivoluzione anche in questo campo. I paesi belligeranti e molti paesi neutrali, costretti a emettere masse enormi di carta moneta, abbandonano temporaneamente l'uso dell'oro; e questo destinano a pagare all'estero forniture di guerra. Alla precedente sua distribuzione geografica, corrispondente nel complesso ai bisogni monetarî dei varî paesi, si sostituisce il suo concentramento in pochi paesi e principalmente negli Stati Uniti, in Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera, Giappone, come si può rilevare dai dati seguenti:

Ristrettosi il suo campo d'impiego monetario e divenuto quindi esuberante, l'oro si deprezzò rapidamente, offrendo così, con l'improvvisa instabilità del suo potere d'acquisto, una nuova prova dell'efficacia degli usi monetarî a stabilizzare il valore dei metalli preziosi. Tre furono quindi, in conclusione, le conseguenze monetarie principali della guerra mondiale, e cioè: 1. diminuzione del potere d'acquisto dell'oro; 2. scomparsa dell'oro dalla circolazione in quasi tutti i paesi del mondo, eccettuati gli Stati Uniti; 3. concentramento dell'oro mondiale in pochi paesi. Costituiranno queste le condizioni di fatto, di cui dovrà tenere conto e da cui dovrà muovere la politica monetaria postbellica. Per risanare la circolazione i varî paesi non potevano che seguire, secondo i casi, l'una o l'altra delle seguenti vie: i paesi con moneta fortemente deprezzata non potevano che annullare questa per sostituirla con un nuovo sistema monetario a base aurea; i paesi con carta inconvertibile, ma non fortemente deprezzata, non avevano che a conservare questa in circolazione, ripristinandone la convertibilità in oro, sia al valore attuale (devalutazione), sia previa rivalutazione parziale o totale. Ma in entrambi i casi codesti provvedimenti, per essere efficaci, dovevano essere preceduti dalla ricostituzione delle riserve metalliche; ricostituzione però che i paesi interessati non potevano effettuare che a spese delle riserve degli altri paesi. E così il risanamento monetario mondiale imponeva, come provvedimento preliminare, un mutamento della distribuzione geografica dell'oro. Ora questo non poteva compiersi senza pericoli e difficoltà: non senza difficoltà, perché, date le disastrose condizioni economiche dei paesi interessati, questi non avrebbero potuto ricostituire le proprie riserve che a mezzo di prestiti, non sempre conseguibili nell'ammontare necessario: non senza pericoli, perché il richiamo simultaneo di oro da parte di molti paesi, sia pure a mezzo di prestiti, avrebbe potuto facilmente determinare una brusca rivalutazione di questo, con conseguenze economiche incalcolabili, se si pensa che i varî paesi erano gravati da debiti enormi e che l'economia mondiale, per quanto faticosamente, andava assestandosi sulla base di prezzi molto elevati. Dominata da questa preoccupazione, la Conferenza economica internazionale, convocata all'uopo a Genova nel 1922, concluse i proprî lavori raccomandando ai varî paesi il ritorno all'oro, ma non già col tipo oro prebellico, bensì col tipo a cambio aureo (gold exchange standard), cioè con un tipo oro senza questo in circolazione e basato su riserve bancarie, costituite in parte di metallo e in parte di divise estere pagabili in moneta aurea. Accogliendo questi voti i varî paesi introdussero via via, a partire dal 1924, per quanto con modalità differenti, il tipo monetario indicato. Col che si risolveva il problema monetario mondiale senza un mutamento, almeno sensibile, nella distribuzione mondiale effettiva dell'oro, e si realizzava inoltre, in misura rilevantissima, l'invocata economia di questo, perché (a prescindere dal risparmio del suo impiego nella circolazione interna), lo stesso metallo veniva fatto servire da base del credito due volte: in forma di divise estere, nei paesi detentori di queste, e in forma di metallo, nei paesi in cui queste erano pagabili. Ma si creava però in pari tempo, e appunto perciò, uno stato d'inflazione mondiale del credito, da cui doveva derivare una situazione monetaria estremamente delicata e instabile. Per costituire infatti la parte non metallica delle loro riserve i varî paesi scelsero di preferenza le divise estere di quei paesi le cui monete erano ritenute incrollabili, cioè, in pratica, le divise inglesi e nord-americane. E così il risanamento monetario mondiale venne effettuato mediante provvedimenti, la cui efficacia era subordinata alla fiducia nelle monete inglesi e americane, ma che, fornendo alle banche centrali dei varî paesi una massa enorme di crediti in dollari e sterline, suscettibili di essere convertiti alle rispettive scadenze nel loro equivalente metallico, mediante ritiri di oro da Londra e New York, intaccavano fin dall'inizio la solidità di queste monete e quindi di tutto il sistema. Gravi inconvenienti non si sarebbero tuttavia verificati se la situazione economica del mondo fosse stata sana e normale. Prima della guerra i paesi che avevano una bilancia del dare e dell'avere internazionale sistematicamente favorevole solevano pareggiarla mediante l'importazione di titoli esteri, i quali fungevano quindi anzitutto da strumento d'investimento estero dei capitali. Ma essi erano impiegati altresì e largamente come mezzo occasionale di saldo internazionale, mentre l'oro non fungeva che da mezzo di saldo puramente sussidiario. Questa situazione si è profondamente modificata nel dopoguerra. A causa della sfiducia generale i titoli esteri furono abbandonati anzitutto come strumento sistematico d'investimento dei capitali; e i paesi che, come la Francia, avevano una bilancia internazionale favorevole, non potendo altrimenti pareggiarla che mediante l'importazione di oro, videro questo affluire a essi copioso, a spese naturalmente delle riserve degli altri paesi. Ma abbandonati come strumento internazionale d'investimento, i titoli esteri lo furono altresì come strumento di saldo internazionale. E da ciò dovevano derivare gravi ripercussioni. A causa sempre della sfiducia dominante, che tratteneva il pubblico da investimenti di lunga durata, capitali enormi erano tenuti nei varî paesi nella forma di depositi bancarî. E questi, sia per sfuggire alla pressione tributaria del proprio paese, sia per evitare i rischi del deprezzamento della moneta del paese in cui si trovavano, deprezzamento che minacciava ogni tanto qualche moneta, si trasferivano continuamente da un paese all'altro, perturbando senza posa la bilancia del dare e dell'avere dei vari paesi e creando in essa d'improvviso differenze passive enormi, che, in mancanza di titoli, dovevano essere saldate in buona parte con divise estere o con oro, e quindi sempre a spese delle riserve dei paesi interessati. L'oro da strumento sussidiario divenne strumento principale di trasferimento internazionale dei capitali e di saldo internazionale. E i movimenti continui da paese a paese, a cui per il cumulo di queste circostanze sfavorevoli esso era soggetto, dovevano intaccare la solidità, oltre che delle monete già deboli, di quelle ritenute forti, eccettuate soltanto le monete di quei paesi che, per le ragioni indicate, erano diventati importatori sistematici di oro. Per questa organica debolezza delle monete ritenute forti le banche centrali dei vari paesi, avvertito il pericolo di tenere una parte troppo rilevante delle loro riserve in divise estere, procurarono di trasformarle, appena fosse possibile, in oro. Ma non tutte furono in grado di farlo, molte di esse lottando strenuamente, a causa della bilancia sfavorevole del loro paese, per conservare le loro riserve. L'oro mutò così sede, ma non per ridistribuirsi uniformemente tra i varî paesi, bensì per continuare a concentrarsi in pochi, e principalmente negli Stati Uniti d'America e in Francia. Derivarono da ciò nuove e crescenti difficoltà, per gli altri paesi, di conservare il tipo oro; difficoltà delle quali l'abbandono di questo, da parte dell'Inghilterra nel settembre 1931 e successivamente di altri paesi, sono la prova. Così l'edificio, costruito per sanare senza scosse la situazione monetaria mondiale, andò via via sgretolandosi in conseguenza della sua organica fragilità; e il tentativo di evitare col suo mezzo la rivalutazione dell'oro può dirsi fallito di fronte al crollo che, sia pure per il concorso di altri fattori, i prezzi mondiali subirono tra il 1929 e il 1932.

Ma il problema dell'oro preoccupa, oltre che per il presente, per l'avvenire. Secondo l'opinione di alcuni competenti la sua produzione sarebbe destinata a rimanere costante fino al 1934 e a diminuire a partire da questa data, col conseguente pericolo di nuovi e successivi ribassi dei prezzi. E fra mezzo a queste catastrofiche previsioni, di cui si è fatta eco perfino la Società delle nazioni, affiorano proposte più o meno concrete da un lato di riabilitazione mondiale dell'argento e restaurazione del bimetallismo, e dall'altro lato di abbandono dei tipi a base metallica e della loro sostituzione con tipi a moneta manovrata. Quale sia la sorte riservata a queste varie proposte è difficile prevedere. Ma, attenendoci al problema dell'oro, non può dirsi con sicurezza che la situazione futura di questo sia così disperata come viene descritta da taluno. Non tutti i competenti sono infatti concordi nel valutare nel modo anzidetto il probabile andamento della sua produzione avvenire e le probabili conseguenze. Cosicché, se un problema dell'oro esiste, questo è problema presente più che futuro, quindi di distribuzione più che di produzione. Fallito infatti il tentativo d'instaurare universalmente il tipo a cambio aureo sulle fragili basi di riserve costituite prevalentemente di divise estere, il risanamento monetario mondiale, ove non venga tentato per vie completamente nuove, non potrà altrimenti realizzarsi che con un tipo oro poggiato su riserve di oro effettivo; riserve la cui costituzione da parte dei varî paesi importa un mutamento della distribuzione geografica dell'oro. Quindi il problema fondamentale è e rimane ancora questo: problema senza dubbio sempre formidabile e di cui è difficile prevedere la possibile soluzione, ma che dovrebbe preoccupare meno che nel 1922, ora che il crollo dei prezzi, che allora si temeva e si voleva evitare, è un fatto compiuto. Qualunque possa essere in ogni modo la sua soluzione, questo va tenuto presente: che per risanare stabilmente la circolazione monetaria mondiale non basta mutare la distribuzione geografica dell'oro. Bisogna che la nuova distribuzione di questo, una volta attuata, abbia modo di conservarsi. E perché questo avvenga, è necessario che al risanamento monetario si accompagni il risanamento economico mondiale. La stabilità monetaria di un paese e di tutti i paesi insieme è infatti principalmente questione di fiducia: di fiducia del pubblico nella stabilità economica. Al non avere tenuto conto dell'inscindibilità dei due problemi e all'avere curato principalmente la soluzione del primo, nel presupposto che quella del secondo sarebbe venuta di conseguenza, si deve imputare in buona parte l'insuccesso del tipo a cambio aureo. Se non si vuole pertanto costruire una seconda volta sull'arena è necessario che i due problemi siano risolti parallelamente. Risanate insieme la circolazione e l'economia mondiale, la stabilità monetaria verrà da sé. Tornerà un po' per volta nel pubblico la fiducia negl'investimenti di lunga durata e nelle monete dei varî paesi. Potrà cessare allora l'anomalia di depositi bancarî pletorici vaganti disordinatamente da un paese all'altro. I titoli pubblici potranno riprendere il loro posto internazionale d'investimento dei capitali e di strumento principale di saldo internazionale; e l'oro, restituito alla sua modesta funzione di saldo sussidiario, potrà costituire nuovamente una base solida dei sistemi monetarî mondiali.

Bibl.: A. Soetbeer, Edelmetallproduction seit der Entdeckung Amerika's bis zum Gegenwart, Gotha 1879; A. Ferraris, La produzione dell'oro e dell'argento, in Saggi di economia, statistica e scienza dell'amministrazione, Roma 1880, pp. 181-208; A. Messedaglia, La storia e la statistica dei metalli preziosi, in Opere scelte di economia, II, Verona 1921, pp. 29-112; R. A. Lehfeldt, Gold prices and the Witwatersrand, Londra 1919; Société des Nations, Rapport provisoire de la Délégation de l'or du Comité financier; id., Document sélectionnés soumis à la Délégation de l'or du Comité Financier; id., Législation sur l'or; id., Deuxième rapport provisoire de la Délégation de l'or du Comité Financier; id., Rapport de la Délégation de l'or du Comité Financier; P. Einzig, International Gold movements, Londra 1929; G. Mortara, Effetti delle variazioni del potere d'acquisto dell'oro, in Giornale degli economisti, febbraio 1931.

Marchio dei metalli preziosi.

Fra i marchi pubblici di garanzia (v. marchio) merita particolare menzione quello dei metalli preziosi (oro e argento; ora anche platino). In natura l'oro e l'argento non si trovano mai puri, ma sempre commisti ad altri metalli di minor prezzo; di qui la possibilità di facili frodi al pubblico, e la necessità sentita da tempo (si risale al sec. XV) da quasi tutti gli stati d'intervenire con un saggio o marchio ufficiale atto a garantire il titolo, e cioè l'esatta quantità d'oro e d'argento contenuta nella lega. Si delinearono però due sistemi: in taluni stati, infatti, s'impose il marchio obbligatorio (es., Francia, Austria, Svizzera per le calotte da orologio, Inghilterra per i lavori a titoli alti), in altri lo si lasciò facoltativo (es., Germania, Belgio, Spagna). In talune legislazioni (es., Germania) s'impose inoltre obbligatoriamente il marchio del fabbricante con l'indicazione del titolo, comminando gravi sanzioni per le indicazioni ingannevoli. In Italia, prima dell'unificazione, la sola Toscana ammetteva il marchio facoltativo, in tutti gli altri stati italiani il marchio era obbligatorio. Costituito il regno d'Italia, si pensò a unificare le norme sulla fabbricazione e il commercio degli oggetti d'oro e d'argento di qualunque titolo con legge 2 maggio 1872, n. 806, ma fu accolto il sistema del marchio facoltativo (art. 2), con conseguenti gravi inconvenienti (facili frodi, danno della concorrenza straniera, imitazioni e surrogati), sempre lamentati e mai rimossi. Numerosi progetti si susseguirono, per tentare di disciplinare con maggiore serietà il commercio dei metalli preziosi, ma senza che mai nulla si avesse a concludere. Finalmente il 6 gennaio 1934 è stato approvato dal Consiglio dei ministri un disegno di legge, secondo il quale sono autorizzati soltanto i seguenti titoli legali, da garantirsi a completa fusione: per il platino, 950 millesimi; per l'oro di qualsiasi colore, 730, 585, 500, 333 millesimi; per l'argento 925, 800 millesimi. Qualsiasi oggetto contenente platino, oro e argento, non potrà essere posto in vendita al pubblico se non porterà impresso in modo visibile il marchio del produttore seguito dall'indicazione del titolo in millesimi, e a richiesta dell'interessato anche il marchio dell'ufficio di saggio dei metalli preziosi. Sono pure disposte ispezioni del personale del servizio statale del saggio dei metalli preziosi e delle organizzazioni sindacali, con sanzioni civili, penali e di confisca.