METALLI

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

METALLI

Eugenio Mariani

(XXIII, p. 23; App. I, p. 839; II, II, p. 295)

Metalli amorfi e vetri metallici. − I m. e le loro leghe sono materiali tipicamente cristallini; quando si ottengono per raffreddamento dallo stato fuso gli atomi hanno il tempo e il modo di organizzarsi distribuendosi secondo forme geometriche semplici (cubiche, ottaedriche, ecc.), e quest'ordine si ripete a lungo nelle tre direzioni dello spazio. Se queste condizioni vengono a mancare (per es. perché il raffreddamento è troppo rapido) e la massa fusa solidifica senza che gli atomi abbiano il tempo o il modo (innalzamento troppo rapido della viscosità) di organizzarsi nella struttura cristallina, essi si ritroveranno nel solido all'incirca nelle stesse posizioni e con la stessa distribuzione che avevano nello stato fuso, come avviene nei vetri (che infatti si considerano dei liquidi sottoraffreddati). Per questo si parla di vetri metallici o di m. amorfi. Allo stato attuale non si può impedire a un m. puro di non cristallizzare per raffreddamento, non potendosi realizzare abbassamenti di temperatura sufficientemente rapidi (dell'ordine dei 109°C/sec). Si può però operare l'alterazione dello stato cristallino di un m. già solidificato operando su strati sottili con mezzi fisici (bombardamento catodico, ionico, deposizione sotto vuoto per evaporazione termica su substrati raffreddati, ecc.). Si parla perciò di m. amorfi (come sinonimo di non cristallini) se ottenuti, come sopra detto, per alterazione del reticolo cristallino (o amorfizzazione); e di vetri metallici o leghe amorfe, non cristallizzate, se ottenute per raffreddamento del materiale fuso con velocità dell'ordine di 106÷108°C/sec.

Questi m. e leghe non cristallizzate vanno acquistando interesse crescente perché presentano caratteristiche particolari, diverse da quelle dei corrispondenti prodotti cristallizzati.

Per poter ottenere che le leghe assumano uno stato vetroso, esse devono essere raffreddate a partire dallo stato fuso con velocità dell'ordine 106÷108°C/sec; però non tutte le leghe, anche con raffreddamenti di questo tipo, sono in grado di fornire strutture vetrose. Non si hanno criteri per stabilire a priori se una lega assumerà o no la struttura vetrosa; dagli esempi finora raccolti è stato possibile ricavare solo criteri empirici di guida. Le leghe che rispondono a questo scopo sono formate da un m., per lo più di transizione (ferro, cobalto, nichel, rame, argento, palladio), e da un non-m. (o metalloide: silicio, fosforo, carbonio, boro, azoto, ecc.); anziché le leghe binarie, risultano più adatte quelle a tre e più componenti che offrono una più ampia gamma di caratteristiche adatte alle diverse esigenze degli utilizzatori.

Per quanto riguarda la composizione, le leghe più adatte sono quelle aventi un rapporto in atomi fra m. e non-m. intorno a 80/20, per es. Fe80B20, Fe40Ni40P14B6. Gli elementi metallici sono quelli che contribuiscono maggiormente a fornire le caratteristiche principali delle leghe (meccaniche, elettriche, magnetiche, chimiche, ecc.). Sicché, quelle con ferro e cobalto hanno prevalentemente caratteristiche magnetiche; quelle con ferro e nichel hanno elevate caratteristiche meccaniche; l'introduzione di silicio migliora la stabilità termica; boro, carbonio e fosforo contribuiscono a migliorare le caratteristiche di formabilità. Leghe vetrificabili sono ottenibili anche da rame e titanio (60/40), da calcio e alluminio (30/70), da elementi delle terre rare. Le composizioni più adatte sono quelle che si avvicinano all'eutettico, perché presentano una temperatura di fusione più bassa e perché il passaggio dallo stato fuso a quello solido, con le velocità di raffreddamento usate, è tale da non consentire nel fuso la formazione di germi di cristallizzazione.

Il raffreddamento delle leghe fuse è favorito da superfici che siano quanto più sviluppate possibile rispetto al volume del materiale da raffreddare, quindi è opportuno partire da lamine sottili, dell'ordine di 20÷50 μ. Queste lamine sottili si possono ottenere con diversi procedimenti: o schiacciando fortemente e rapidamente sia gocce di lega fusa fra i piatti di una pressa, sia un ''filo'' di lega fusa fra due rulli, ruotanti in senso contrario, con le superfici affacciate; o proiettando la lega fusa su una ruota di rame lucidato; o facendo scendere un sottile velo di massa fusa su di un tamburo ruotante a velocità elevata. Dato che le superfici di contatto (piatti della pressa, superfici dei cilindri, ecc.) sono fortemente raffreddate, si possono così ottenere nastri anche di 1 m di larghezza e dello spessore di 15÷150 μ, o filamenti del diametro di 50÷100 μ.

Come si è già detto, a differenza delle leghe i m. allo stato amorfo non si possono ottenere per raffreddamento del prodotto fuso, forse perché necessitano di velocità di raffreddamento più elevate, non facilmente raggiungibili. Per ovviare a ciò si può ricorrere a sistemi di raffreddamento rapido dei m. allo stato di vapore per sputtering o evaporazione termica sotto vuoto (v. strati sottili, App. IV, iii, p. 500). Questi metodi sono però lenti, richiedono attrezzature costose, i vapori vanno depositati su superfici fortemente raffreddate (spesso con elio o azoto liquidi) e non si prestano per preparazioni su scala. Trovano tuttavia applicazione in elettronica o per formare strati sottili difficilmente ottenibili con altri sistemi, più semplici.

Ricorrendo a metodi di alterazione del reticolo cristallino presentato dal m. allo stato solido (amorfizzazione) sono possibili diversi metodi: impiantazione ionica, bombardamento con elettroni o ioni di elevata energia, diffusione, reazioni allo stato solido.

L'impiantazione ionica (che consiste nel bombardare la superficie di un m. con ioni di elevata energia) consente d'introdurre elementi diversi, ma la profondità della penetrazione è limitata anche se può essere sufficiente per modificare le caratteristiche del m. di base (per es. creazione di strati sottili resistenti all'usura, alla corrosione, ecc.). La penetrazione di uno ione di elevata energia in una struttura cristallina provoca lo spostamento di un numero ragguardevole di atomi, cioè la formazione di molti difetti (il numero dipende dall'energia dello ione, dalle sue dimensioni, dalla temperatura del bersaglio). Molti di questi difetti tendono a ricombinarsi, cioè ad annullarsi in tempi brevi; ma il numero di quelli residui cresce all'aumentare del numero degli ioni introdotti. Il sistema ha il vantaggio di poter introdurre atomi di tipo diverso, senza sistemi di raffreddamento particolari poiché il calore sviluppato si elimina istantaneamente. L'interdiffusione fra le superfici di due m. policristallini può portare alla formazione di leghe amorfe: depositando strati sottili successivi di oro e di lantanio e riscaldandoli a temperature di 100÷200°C si constata infatti la formazione di una fase mista.

Un importante esempio di preparazione di un materiale amorfo a mezzo di plasma è quello presentato dal silicio. Dato che per rapido raffreddamento dallo stato fuso non è possibile ottenere il prodotto amorfo, questo invece lo si può produrre, per es., per decomposizione di un composto (SiH4) in un plasma; il silicio che si libera e si deposita incorpora parte dell'idrogeno, che va a saturare valenze libere del silicio riducendo così il numero dei difetti strutturali che altrimenti il film presenterebbe. In questo modo il silicio può contenere fino al 10% d'idrogeno e perciò viene anche considerato come una lega, amorfa, di silicio-idrogeno, dotata di particolari caratteristiche (elettriche, fotoelettriche). Composti cristallini possono essere amorfizzati anche per trattamento con idrogeno; sono più adatti composti binari formati da un elemento con tendenza a formare idruri. Esempi comprendono Zr3Al, R3Al, R3In, R3Ga, RF2, ecc. (R=metallo delle terre rare).

Il silicio è il primo materiale che allo stato amorfo presenti, come semiconduttore, una vasta gamma di caratteristiche, tanto da trovare diversi impieghi, per es. nella preparazione di celle fotovoltaiche (v. fotovoltaica, cella, in questa Appendice). Il silicio amorfo ottenuto per evaporazione contiene un numero talmente elevato di difetti strutturali da impedire, anche se il materiale viene drogato, l'impiego fotovoltaico, poiché le valenze libere presenti possono catturare i trasportatori di cariche (elettroni, difetti) impedendo lo stabilirsi di una corrente fotovoltaica per esposizione alla luce. Nel silicio amorfo ottenuto per decomposizione di SiH4 in un plasma, in scarica a bagliore, i difetti risultano enormemente ridotti dall'azione dell'idrogeno presente che, saturando gran parte delle valenze libere, consente un più facile passaggio delle cariche. Questo tipo di silicio amorfo può anche essere drogato aggiungendo all'SiH4, prima della decomposizione, quantità controllate di fosfina (PH3) o di diborano (B2H6) per aumentarne la conduttività. Il silicio amorfo idrogenato è particolarmente adatto all'impiego nelle celle fotovoltaiche per le sue proprietà ottiche (la luce solare viene quasi interamente assorbita da film di spessore di 1 μ, mentre col silicio cristallino occorrono spessori di 0,1 mm); inoltre è possibile sovrapporre strati di silicio con massimi di assorbimento in zone diverse dello spettro solare, aumentando così l'efficienza dell'assorbimento. Il silicio amorfo s'impiega con vantaggio perché più facile da preparare (non richiede la costosa preparazione e lavorazione dei monocristalli); s'impiega in quantità (in peso) minori, sotto forma di strati sottili depositabili su materiali diversi (plastica, ferro, vetro); la stabilità nel tempo è elevata. L'efficienza di trasformazione delle celle fotovoltaiche è attualmente ancora minore di quella realizzabile col silicio cristallino, ma le varie ricerche in corso consentono di prevederne un miglioramento. In Giappone e in USA esso è utilizzato, oltre che per le celle fotovoltaiche, anche per altri impieghi.

Lamine sottili di vetri metallici a base di ferro trovano impiego nella preparazione di nuclei per trasformatori. Rispetto ai normali lamierini di ferro-silicio a grani orientati attualmente usati, quelli delle leghe vetrose, amorfi, anisotropi (per l'irregolarità delle strutture atomiche), hanno il vantaggio di una facile magnetizzazione e demagnetizzazione. La minore area del ciclo d'isteresi e la maggiore resistività di tali leghe (che riduce le perdite per correnti parassite) consentono un'efficienza notevolmente superiore. Inoltre le proprietà di questi materiali possono essere facilmente variate modificandone la composizione. Sono già entrate nell'uso leghe Fe81B13,5Si3,5C2 (dell'Allied Co., denominata Metglas) e Fe78B13Si9O; leghe del tipo Co60Fe4Mo2Si16B12, le quali presentano una bassa magnetoscrizione che le rende utili nel campo dei sensori, dei trasduttori. Altri impieghi interessanti si hanno nella preparazione di schermi magnetici nei quali si sfruttano le qualità meccaniche, unitamente a quelle magnetiche. Un trasformatore da 10 kW costruito con questi materiali pesa circa un terzo del corrispondente con lamierini in ferro-silicio. Dal punto di vista delle caratteristiche meccaniche questi materiali amorfi accoppiano a un'elevata resistenza alla trazione una marcata tenacità; per le fibre dotate di tali caratteristiche sono previsti impieghi nel campo dei compositi, nella costruzione di pneumatici, nel rivestimento superficiale di manufatti di acciaio per accrescerne la resistenza all'usura.

Leghe metalliche vengono usate sotto forma di sottili lamine nella saldatura per brasatura (in sostituzione dei prodotti in polvere o in pasta tradizionali) e vengono usate diverse composizioni (Cu-P, Co-Si, Ni-Si (B, P), Cu-Ti-Ni, ecc.). Queste lamine amorfe, per la loro duttilità, si prestano ad assumere facilmente la forma dei pezzi da saldare; nella fusione danno origine a saldature omogenee di caratteristiche migliori dei prodotti tradizionali, con una percentuale molto minore di pezzi difettosi.

Allo scopo si possono usare leghe con temperature di fusione diversa, in modo tale che, dovendo operare saldature successive su di uno stesso pezzo, si possono scegliere prodotti a punto di fusione decrescente per non danneggiare le saldature precedentemente effettuate. Ciò risulta particolarmente vantaggioso in elettronica, dove spesso si richiedono saldature ''pulite'' di piccoli pezzi, a struttura omogenea. In elettronica queste sottili lamine di vetri metallici trovano impiego anche come ''strati barriera'' nella preparazione di strutture a più strati per circuiti integrati, destinati a temperature piuttosto alte.

Le leghe metalliche amorfe presentano una particolare resistenza alla corrosione dovuta alla loro struttura omogenea. Essa infatti è priva delle zone di separazione fra i vari cristalliti, tipiche dei materiali metallici e che rappresentano i punti di più facile attacco dei processi di corrosione. Di qui il loro impiego in ambienti fortemente corrosivi. Leghe che contengono piccole percentuali di elementi come cromo, molibdeno, fosforo, vengono facilmente passivate; la dissoluzione di piccole quantità di lega dà origine alla formazione sulle superfici corrose di film passivi, ricchi di cromo, ecc. Anche se, naturalmente, non si possono fare oggetti di grandi dimensioni in lega metallica amorfa, si è però riusciti a produrre manufatti (di acciaio, ecc.) con rivestimenti vetrosi, amorfizzando la superficie a mezzo di un trattamento con laser; le caratteristiche che si possono realizzare in questo modo sono sostanzialmente paragonabili a quelle ottenibili dalla stessa lega mediante brusco raffreddamento della massa fusa. Si può anche ricorrere a una deposizione superficiale mediante sputtering.

Leghe amorfe si sono dimostrate adatte come catalizzatori: particolarmente valido è l'impiego come elettrodi elettrocataliticamente attivi, cioè adatti a particolari reazioni elettrochimiche che si svolgono in ambienti corrosivi, per es. lo sviluppo di cloro in celle d'elettrolisi di cloruro di sodio.

Per le cosiddette leghe con memoria, vedi leghe, in questa Appendice.

Bibl.: W. J. Rosenfelder, Industrial development of amorphous metal, in Chemistry and Industry, agosto 1983, p. 639; H. Fritzsche, Non crystalline semiconductors, in Physics today, ottobre 1984; R. W. Cahn, Amorphization reactions, solid state, in Encyclopedia of material science and engineering, Suppl. i, Oxford 1988; W. L. Johnson, Metallic glasses, in Metals handbook, Materials Park, Ohio 19903; G. J. Shiflet, Y. Leng, J. W. Hawk, Metallic glasses, in Ullman's Encyclopedia of industrial chemistry, 16, Weinheim 1990; R. W. Cahn, Metallic glasses, in Material science and technology, 9 (1990).

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