METELINO

Enciclopedia Italiana (1934)

METELINO (o Mitilene o Lesbo, Μυτιλήνη; A. T., 82-83, 90)

Giuseppe CARACI
Doro LEVI
Vito Antonio VITALE

Isola maggiore delle Sporadi, e la maggiore delle isole egee dopo Creta e l'Eubea (1750 kmq., 1/5 circa della Corsica). Situata proprio di fronte alle coste anatoliche, ne è separata da due canali (Muslim a N., e Midilli a E.) angusti (11 e 15 km. rispettivamente) e poco profondi (50-100 m.), sì che l'idea di un originario congiungimento con la vicina Misia si era fatta strada fino dalla più lontana antichità. Il congiungimento è fuori dubbio, date le analogie geologiche, strutturali e tettoniche che l'isola presenta da un lato con la Misia settentrionale, dall'altro con la zona di sutura fra Misia e Lidia. Lesbo ha forma all'ingrosso di triangolo, coi vertici nei capi Sykamiá a N., Sígrion a O. e Malea a E.; il perimetro è però profondamente intaccato da golfi: a SE. da quello di Géras (italianamente Oliveri) ben profondo (30 m.), e un po' a occidente da quello di Kallonē, molto più ampio, ma meno profondo (20 m.); ingressioni l'una e l'altra a cul di sacco, che isolano due blocchi geologicamente e tettonicamente ben distinti. Il maggiore, a NE., rappresenta la continuazione del massiccio misico dell'Ida, di cui ripete l'allineamento verso NNE.; il secondo, con direzione a SE., si congiunge sull'altra sponda col Kara Dağ e i rilievi della Lidia settentrionale. L'imbasamento vulcanico (andesiti, trachiti, ma anche tufi; le numerose sorgenti termali che compaiono nell'isola vanno poste in rapporto con fenomeni eruttivi del Terziario e fors'anco di periodi più recenti), sopporta una serie di dossi arrotondati, costituiti in prevalenza di calcari e scisti micacei; la morfologia non ha di regola carattere di asprezza (massima elevazione a S. nello Hágios Helías, a 940 m.) neppure dove il recente sollevamento è stato più deciso, come sul margine O. Dall'opposto lato, cioè di fronte alla costa anatolica, le sponde sono in genere piatte o acclivi (in parte terrazzate) e zone depresse o pianeggianti non mancano poi neppure all'interno, fra l'una e l'altra delle due rughe maggiori, e specialmente in prossimità ai due golfi.

Il manto boschivo originario (conifere) è abbastanza ben conservato nella parte occidentale, più impervia; altrove predominano, con le colture, l'ulivo, il fico, la vite e gli alberi da frutto, sui quali è imperniata sostanzialmente l'economia dell'isola. Mentre infatti i cereali (grano) non bastano al consumo, si esportano largamente vino (5000 ettolitri annui), olio, saponi, pelli (discreto allevamento di montoni) e legname.

La popolazione vive addensata di preferenza nella parte NE. dell'isola. I centri più popolosi (uno solo superiore ai 10 mila abitanti) sono però sulla costa meridionale (Polichnītos, Plōmárion, Agiássos), primo fra tutti Metelino, di fronte alla costa anatolica, su un piccolo aggetto insulare congiunto alla riva; la città è disposta ad anfiteatro, e sormontata da un castello medievale mezzo diruto. Conta all'incirca 30 mila abitanti (27.870 il centro vero e proprio nel 1928).

Il nomós di Metelino comprende, oltre l'isola (137.140 ab. nel 1928 contro 113.368 nel 1920; densità 78 ab. per chilometro quadrato), divisa nelle tre eparchie di Metimna, Metelino e Plōmárion, quelle di Lemno e di Agiostrati (43 kmq.), in totale 2138 kmq. con 161.557 ab. (68 per kmq.). Nel 1920 appartenevano al nomós anche Samotracia (43 kmq.), passata poi a Hevros, e Imbro, restituita alla Turchia.

Storia. - Lesbo (ἡ Λέσβος, Lesbus) è il nome antico, di origine non ellenica, dell'isola. Secondo le tradizioni leggendarie, i più antichi abitatori dell'isola sarebbero stati i Pelasgi, cui sarebbero succedute diverse colonizzazioni sotto la guida di varî eroi. Alcune di queste sarebbero state di Argivi - la cui sfera di colonizzazione però non è mai arrivata così a nord sulle coste dell'Asia Minore -, altre condotte da Ioni, come Macareo che avrebbe conquistato l'isola un paio di generazioni prima della guerra troiana, e infine altre di Tessali e di Beoti; l'età della migrazione ultima, quella eolica, è definita a 130 anni dopo la guerra troiana. In realtà, dai dati archeologici e linguistici, risulta che Lesbo fu colonizzata probabilmente poco prima del 3000 a. C. dal popolo medesimo che in tale data invadeva l'Anatolia e fondava Troia, e che seguì le vicende della vicina civiltà asiatica, con caratteri del tutto simili a quelli di Troia, ma con più strette influenze della civiltà delle Cicladi; l'invasione ellenica avvenne dalla costa precisamente opposta (appunto come dall'Attica e dall'Argolide avvenne per la parte centrale e la parte meridionale dell'Asia Minore), cioè dalla Tessaglia, verosimilmente anche con partecipazione di Beoti, verso l'ultimo terzo del II millennio a. C.

Il dialetto lesbio in origine era essenzialmente quello tessalico, con infiltrazioni beotiche; il ricorrere di certi nomi, come Larissa, ha fatto sorgere la leggenda della presenza dei Pelasgi, mentre quella delle colonizzazioni ioniche può essere stata suggerita da certi elementi ionici del dialetto, introdotti più tardi per l'influenza delle isole vicine. Molti nomi proprî dell'isola (Órdymnos, Lepétymnos, Eressós, Méthymna, Mytilēnē) sono residui del ceppo pre-ellenico, che però del resto scomparve senza lasciare alcuna traccia di zone linguistiche allogene, come avvenne al contrario a Creta e a Carpato. I fenomeni principali del dialetto di Lesbo sono la baritonesi (il ritiro dell'accento quanto più possibile verso il principio della parola) e la psilosi (sostituzione dello spirito dolce allo spirito aspro).

Della costituzione dei Lesbî poco sappiamo, benché ne avessero trattato varî scrittori antichi, di cui ci son pervenuti alcuni frammenti, come Ellanico di Mitilene nei suoi Λεσβιακά e Aristotele nelle sue Costituzioni di Mitilene e Antissa.

Sembra aver perdurato nell'isola per un periodo assai lungo uno spirito oligarchico e aristocratico, tanto che ancora nel sec. III d. C. la maggior parte dei suoi abitanti ci appaiono come servi della gleba, almeno nelle descrizioni del romanzo idillico di Longo. Dopo il periodo regio anche a Lesbo vi furono come in tutta la Grecia le lotte fra aristocratici e democratici, in cui ebbe gran parte la famiglia dei Pentelidi discendenti dal mitico Penthilos, figlio di Oreste. Della sua floridezza e della densità della sua popolazione ci dà notizia già Omero; fra il 700 e il 500 a. C. Lesbo, più che ogni altro luogo di Grecia, ha contribuito in ogni campo al fiorire della letteratura e del pensiero ellenico; rappresentanti del ceto aristocratico dominante sono verosimilmente quasi tutti i suoi più celebri figli, fra cui vanno ricordati Lesche, il poeta ciclico, Terpandro, il politico Pittaco, Alceo, Saffo e lo storico Ellanico. Rinomati erano i suoi bardi (Λέσβιος ἀοιδός), e prediletta nell'isola la musica; d'altro canto la raffinatezza pare non fosse disgiunta da mollezza e corruzione (amori lesbici); erano già in voga nell'isola le gare di bellezza fra donne (καλλιστεῖα).

Dopo la distruzione dell'antica città di Arisba, avvenuta prima dei tempi di Erodoto per il terremoto e per la gelosia della vicina Metimna, Lesbo ebbe oltre a Mitilene quattro città principali, onde viene chiamata spesso una pentapoli: Antissa ("Αντισσα, nell'odierna località di Iscifùt Kalessì), distrutta dai Romani nel 168 a. C. per aver parteggiato per Perseo nelle guerre macedoniche; Ereso (oggi Eressós presso Sígrion), e Pirra (Πύρρα, Πύρραια, sulla costa sud-orientale della baia sopra citata), cittadine di secondaria importanza e che hanno seguito quasi sempre le vicende della città maggiore Mitilene, e Metimna, sulla costa settentrionale, invece rivale a essa, benché di assai minore potenza e importanza, e per lo più associata ai nemici di quella. Le vicende politiche dell'isola sono determinate quindi essenzialmente dalle vicende della città di Mitilene.

La favorevole posizione geografica di questa città, posta sulla costa orientale, a 70 stadî a N. del Capo Malea di fronte alla costa asiatica, e la sua potente flotta hanno contribuito agli attivi commerci e alla rapida floridezza dell'isola, e hanno permesso fin da antichissimi tempi la sua partecipazione alle colonizzazioni elleniche, verso le coste dell'Asia Minore, a Eno sulla costa tracica come a Naucrati nella seconda metà del sec. VII a. C. Fin da principio la città fu la più potente dell'isola, allargando la sua espansione mediante la fondazione di colonie sull'opposta sponda asiatica, quali Sigeo e Achilleo, e con l'occupazione di altre cittadine della Misia quali Asso, Arisba, Antandro e via dicendo. Probabilmente pure fu Mitilene in origine sotto costituzione monarchica, cui seguì quella oligarchica; anche più tardi abbiamo spesso notizie di contese tra le varie sue famiglie nobili, come quella su Alceo avversato dalla famiglia dei Pentilidi, abbattuta da un Megacle; un tiranno Melancro fu ucciso, si dice, per opera di Pittaco e dei fratelli di Alceo, quest'ultimo poco dopo egli stesso esiliato; lo stato di disordine per le lotte fra Mirsilo, i Cleanactidi e altri, termina agl'inizî del sec. VI a. C. con la nomina di Pittaco a esimneta. Poco dopo cominciarono, per il possesso di Sigeo, le sfortunate lotte che la città per tutta la sua storia sostenne contro la rivalità di Atene; Sigeo, perduta e riconquistata, fu assicurata infine al possesso di Atene dai Pisistratidi. Mitilene, soggiogata in seguito, con il resto della Ionia, dai Persiani, rimase sotto questi, con l'interruzione del periodo della rivolta ionica, fino alla spedizione di Serse contro la Grecia, alla quale essa dovette partecipare con un suo contingente, insieme alle altre città ioniche.

L'isola riebbe tutta la libertà dopo Platea e Micale, e fu membro della confederazione delio-attica nel 477; nel 429-28 a. C. tutta l'isola, tranne Metimna, si ribellò al giogo ateniese e fu accolta nella Lega peloponnesiaca. Nel 427, dopo un asprissimo assedio, Mitilene dovette arrendersi ad Atene: Tucidide ci racconta il drammatico episodio della crudele risoluzione dell'assemblea ateniese riguardo ai vinti, che dovevano essere tutti passati a fil di spada; ma la cui esecuzione fu impedita dall'arrivo appena tempestivo di una seconda ambasceria, che portava un ulteriore più mite verdetto. Nondimeno tutto il territorio dell'isola, tranne quello di Metimna, fu diviso in 3000 lotti distribuiti a cleruchi ateniesi; questi li lasciarono in affitto a Lesbî, ottenendone un compenso annuo di 200 dramme per lotto. Tali condizioni infelici durarono fino al 412 a. C. Il porto di Mitilene fu teatro d'una grande battaglia fra Callicratida e Conone verso la fine della guerra del Peloponneso: gli Spartani cioè allora assediarono Mitilene, che fu liberata dalla vittoria degli Ateniesi alle Arginuse; ma dopo la battaglia di Egospotamo (405) Mitilene si diede subito, con quasi tutto quello che rimaneva dell'impero ateniese, agli Spartani. Tornò agli Ateniesi dopo la battaglia di Cnido (394) a opera di Conone. Nel 389 a. C. vi sbarcò Trasibulo. Sebbene riconosciuta indipendente con la pace d'Antalcida (386), tornò presto in lega con Atene e insieme con Metimna partecipò alla nuova lega marittima ateniese (377), dalla quale poi si separò non molto dopo la cosiddetta guerra sociale degli Ateniesi. Fu poi ancora una volta riguadagnata da Atene, ma per poco. Più tardi, strettasi in alleanza con Alessandro nel 334 a. C., venne invano assediata da Memnone, che tentava di ristabilirvi il dominio persiano. Nell'età dei Diadochi, dopo varie vicende, verso la metà del sec. III a. C. l'isola passò sotto il predominio dei Tolomei. Caduto il dominio tolemaico nel mare Egeo, fu di nuovo libera nel 196. Dal tempo della guerra di Siria venuta sotto il predominio romano, Mitilene ebbe il diritto d'esilio e ospitò, dopo la sua ingiusta condanna (92), P. Rutilio Rufo. Si ribellò all'inizio della guerra mitridatica nell'88, e non fu sottomessa che dieci anni più tardi nel 79 dopo fiera resistenza, e fu allora duramente punita e incorporata nella provincia d'Asia. Non molto dopo per altro (62) riebbe nominalmente la sua libertà, grazie ai buoni uffici d'un suo cittadino, lo storico Teofane, presso Pompeo Magno. Anche sotto i Romani l'isola mantenne la sua divisione nei singoli piccoli staterelli. Le prosperose condizioni economiche perdurarono anche nei primi secoli dell'era volgare, com'è dimostrato dal romanzo di Longo; da esso apprendiamo che, alla metà del sec. III d. C., il cristianesimo non era ancora penetrato nell'interno dell'isola. Dalle lettere dell'apostolo Paolo appare invece che già ai suoi tempi vi erano delle ricche colonie giudaiche (10 erano le sinagoghe al tempo di Beniamino da Tudela, cioè nel 1161 della nostra era). L'isola ebbe vescovi dal principio del sec. V, e arcivescovi a Mitilene e Metimna dalla metà del medesimo secolo.

Nel lungo periodo in cui appartenne all'impero d'oriente subì numerose incursioni e saccheggi da parte di Sciti (376), Schiavoni (762), Saraceni (tra 821 e 1035) e Russi (864 e 1027) e fu anche più volte luogo di deportazione e d'esilio per gl'imperatori spodestati, come la celebre Irene che vi morì nell'803 e Costantino Monomaco che riuscì poi a tornare sul trono di Costantinopoli nel 1042. La prima comparsa dei Turchi vi avvenne per opera dell'emiro Tzakas suocero di Solimano, che, alla testa d'una flotta corsara, sulla fine del sec. XI s'impadronì dell'isola, rioccupata poi con le altre, egualmente poco prima perdute da Alessio Comneno. Scoppiata una grave contesa tra l'impero e Venezia per ragioni commerciali, una flotta veneziana nel 1125 saccheggiò Mitilene e le isole vicine, costringendo l'imperatore Giovanni alla pace. Passata nel 1204 a far parte dell'impero latino di Costantinopoli, fu presto riconquistata dall'imperatore di Nicea Giovanni III Vatatze (1224) e per il trattato di Ninfeo (1261) i Genovesi vi ebbero larghe concessioni commerciali con giurisdizione consolare. Tentò di trasformare questo predominio economico, rivolto specialmente allo sfruttamento dell'allume, in effettiva signoria, Domenico Cattaneo, governatore per l'impero e quasi signore di Focea; ma Andronico II riuscì dopo quattro anni a riprendere l'importante possesso (1336). Per più di un secolo invece Mitilene fu in dominio di un'altra famiglia genovese, dacché Francesco Gattilusio (v.) l'ebbe in premio dell'aver aiutato l'imperatore Giovanni V Paleologo, che gli divenne anche cognato, a riprendere Costantinopoli occupata da Giovanni Cantacuzeno. Sotto il governo dei cinque principi succedutisi dal 1355 al 1462, l'isola godette di un'eccezionale prosperità i Gattilusio estesero ad altre isole e alle coste della Tracia i loro possessi, ebbero un'effettiva autonomia, coniando anche proprie monete e si destreggiarono dinnanzi alla minacciosa avanzata dei Turchi, per conservare il proprio dominio e i commerci fruttuosi. La caduta di Costantinopoli segnò anche la loro rovina. Maometto II accusando Domenico Gattilusio di aver dato ricetto a corsari catalani mosse su Mitilene ma non poté prenderla; rinnovò il tentativo contro Nicolò, che frattanto aveva fatto assassinare il fratello, lo prese e lo condusse prigioniero a Costantinopoli, ove lo fece strangolare (19 settembre 1462). Mitilene fu terribilmente devastata, la parte più ricca della popolazione fatta prigioniera e deportata, molti ridotti schiavi; gli umili soltanto pare non fossero molestati. Invano i Veneziani vi tentarono un colpo di mano nel 1464; e un altro i Genovesi al tempo di Luigi XII di Francia al principio del sec. XVI; da allora l'isola, patria del famoso pirata Barbarossa rimase costantemente in dominio dei Turchi, ai quali non valsero a ritorgliela i rinnovati tentativi veneziani alla fine del secolo XVII, né, durante la guerra d'indipendenza, lo sbarco dei Greci, che nel 1823 ne occuparono temporaneamente la parte settentrionale. I Turchi ne fecero anzi una base navale.

Bibl.: Per la città antica: A. Konze, Reise auf der Insel Lesbos, Hannover 1865; Táxis, Συνοπτική ‛Ιστορία τής Λεσβου, Costantinopoli 1874; K. Cichorius, Rom und Mytilene, Lipsia 1888; R. Koldewey, Die antiken Baureste d. Insel Lesbos, Berlino 1890; Rouse, Lesbos, in Ann. Brit. School Athens, II (1895-96), p. 145 segg.; H. Pistorius, Beiträge zur Geschichte von L. im 4. Jhdt. vor Chr., in Jenaer hist. Arbeiten, V (1913); L. Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XII, coll. 2107 segg.; sul dialetto, cfr. recentemente Fr. Bechtel, Die gr. Dialekte, I: Der Aeolische Dialekt, Berlino 1921, p. 1 segg. Sui recenti scavi preistorici di Thermi v. W. Lamb, in Ann. Brit. School Athens, XXX (1928-30), p. 1 segg. - Per la città medievale e moderna: G. Hertzberg, Storia dei bizantini e dell'Impero ottomano, trad. ital., Milano 1894; C. Manfroni, Storia della marina italiana, I e II, Livorno 1897 segg.; e id., Le relazioni fra Genova, l'Impero Bizantino e i Turchi, in Atti Soc. Lig., XXVIII, p. 755; G. Heyd, Storia del commercio del Levante nel Medioevo, trad. in Biblioteca dell'Economista, X, Torino 1913; Documenti riguardanti alcuni dinasti dell'Arcipelago, in Giornale Ligustico, I-III; Ch. Hopf, Chroniques gréco-romanes, Berlino 1873, p. 359 segg.