Sperimentale, metodo

Dizionario di filosofia (2009)

sperimentale, metodo


Procedimento con cui si perviene all’enunciazione delle leggi scientifiche, mediante conferma (o smentita) sperimentale di ipotesi. A esso è quindi intrinseco il concetto di esperimento, il quale è per molti aspetti coincidente con quello di esperienza (in quanto presuppone la diretta percezione sensibile degli oggetti naturali, intorno a cui verte il problema scientifico) ma se ne distingue in quanto, mentre l’esperienza può risolversi nella semplice constatazione dei fatti e nella loro tesaurizzazione e generalizzazione mnemonica, l’esperimento implica invece un intervento attivo del ricercatore nel processo naturale, diretto a riprodurre artificialmente tale processo in condizioni tali da poterne più propriamente osservare e verificare quell’aspetto, il cui accertamento interessa la ricerca. Un uso fecondo del metodo s. non poteva quindi aver luogo là dove la conoscenza sensibile veniva considerata come di minore valore, o addirittura come erronea e ingannevole, rispetto alla conoscenza ‘razionale’. Così, nel pensiero antico, la tradizione eleatica e platonica, serbatasi sempre forte, non giovò certo a orientare verso l’esperienza sensibile una sagace attività ricercatrice, diretta a determinare le stesse migliori condizioni di osservabilità dei fenomeni. D’altra parte, quegli orientamenti di pensiero che riconoscevano maggior valore alla conoscenza sensibile (e cioè in generale, le gnoseologie postaristoteliche) ed erano attenti soprattutto ai problemi morali, non si fecero promotori di una più attenta ricerca scientifica. Più fertile fra tutte nell’uso dell’indagine empirica fu la scuola aristotelica, per quanto anche in essa prevalesse di gran lunga la semplice osservazione, silloge e generalizzazione dei dati dell’esperienza, a paragone dei primi e saltuari saggi di vero e proprio metodo sperimentale. Dopo il perdurante antiempirismo peculiare (se si prescinde dalla felice eccezione costituita dalla scuola occamistica) della cultura del Medioevo, al diretto e sempre più largo esercizio del metodo s. in età rinascimentale, si accompagnò la sua giustificazione teorica. I principali teorizzatori del nuovo ideale e metodo dell’esperimento sono, da un lato Galileo, e dall’altro Bacone: specialmente nella concezioneempiristico-pragmatica di quest’ultimo, secondo cui la vera scienza è quella che conferisce la capacità di dominare la natura modificando il mondo circostante in conformità delle proprie esigenze pratiche, il procedimento attivo dello sperimentare viene in prima linea. D’allora in poi esso resta dominante in tutta la scienza moderna. E la metodologia sperimentale diventa tema specifico d’indagine nella filosofia positivistica, che, nella seconda metà del 19° sec., sembra volersi ispirare, in tutto il suo complesso, all’ideale di quel metodo. Basti ricordare la logica e la gnoseologia di J. Stuart Mill, il quale, attraverso un’analisi delle diverse forme in cui poteva poi opportunamente svolgersi l’inferenza induttiva delle leggi naturali, e dei collegamenti causali in genere, dai procedimenti sperimentali, mirò appunto a dare una compiuta metodologia sperimentale.

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