METZ

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

METZ

E. Ponzo

(lat. Divodorum, Civitas Mediomatricorum; Mettis, Metis, Mes nei docc. medievali)

Città del Nord della Francia, situata nella regione della Lorena (dip. Moselle), poco a S della confluenza dei fiumi Seille e Mosella.Fin dall'Antichità, M. poté svilupparsi grazie a una posizione geografica particolarmente favorevole, al crocevia di importanti arterie fluviali e stradali.La città romana, che si sviluppò ai piedi del colle oggi detto della Sainte-Croix, nacque intorno all'intersezione del cardo, la via che da Lione conduceva a Treviri (od. rue Serpenoise), e del decumano, la via che da Reims portava a Strasburgo (od. Fournirue); come importante luogo di sosta lungo tali percorsi, M. figura anche sulla Tabula Peutingeriana (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 324). Da un punto di vista strategico, inoltre, la città doveva rivestire un ruolo fondamentale nella regione della Gallia Belgica, poiché rappresentava il baluardo della frontiera imperiale contro le invasioni delle tribù germaniche.Alimentata da un acquedotto proveniente da Gorze, edificato nel sec. 1° d.C. (lunghezza km 22,172), la cui costruzione sopravvive ancora in parte, M. raggiunse la massima prosperità nel sec. 2°, estendendosi soprattutto verso S (suburbio di Sablon), dove venne costruito un anfiteatro di considerevoli dimensioni, dotato di due piani e un attico, riscoperto nel 1735. Solo verso la fine del sec. 3° la città venne dotata di un sistema di fortificazioni, realizzato con materiale di reimpiego e frammenti architettonici di spoglio.Nonostante Valentiniano III (424-455) avesse provveduto a ingrandire e a rinforzare l'antica cittadella, M., dopo essere stata risparmiata dalle prime incursioni del 352 e del 406, venne presa e saccheggiata dagli Unni verso la metà del sec. 5°; Gregorio di Tours (Hist. Fr., II, 6), che riporta la leggendaria notizia secondo la quale si sarebbe salvato dalle fiamme solo l'oratorio di Saint-Etienne, luogo sul quale sorse poi la cattedrale, colloca l'evento alla vigilia di Pasqua del 451. La distruzione di M. è stata confermata dagli scavi archeologici, che hanno rivelato in parecchie zone della città strati con tracce di incendio, pietre rosse, terra calcinata, legno carbonizzato.Dopo la morte di Clodoveo (481-511) M. divenne, con il nome di Mettis, la capitale dell'Austrasia (561) e ne rappresentò, in particolare sotto Teodoberto I (534-548) e Sigeberto I (561-575), il massimo centro culturale. Alla morte di Teodoberto II (596-612) i potenti del regno, fra i quali Pipino I il Vecchio e Arnolfo, vescovo di M. fra il 611 e il 626, si sollevarono contro la regina Brunilde (567-613) e chiamarono al trono il re di Neustria Clotario II (613-629), che riunì quindi le due regioni sotto la sua corona. Durante quest'epoca la città si sviluppò e crebbe fino ad assumere le dimensioni di un centro ricco e potente: una lista stazionale del sec. 8° cita non meno di trentacinque luoghi di culto (Klauser, Bour, 1929).Le origini della cristianizzazione di M. sono in parte oscure a causa della documentazione lacunosa; solo negli atti dello pseudo-concilio di Colonia (346) appare la citazione del nome del primo vescovo della città, mentre il catalogo dei vescovi di M., redatto intorno al 775, inserito nel Sacramentario di Drogone (Parigi, BN, lat. 9428) e il Liber de episcopis Mettensibus di Paolo Diacono (MGH. SS, II, 1829, pp. 260-268) forniscono invece credito a un'antica tradizione leggendaria, nota almeno in tre differenti versioni, secondo la quale sarebbe stato il chierico Clemente, giunto da Roma, a installarsi nei sotterranei dell'anfiteatro romano di M. edificandovi un oratorio con un altare consacrato a s. Pietro. Lo storico longobardo Paolo Diacono identifica il primitivo santuario costruito da Clemente con la chiesa di Saint-Pierre-aux-Arènes, della quale sono sopravvissute esigue tracce, considerata dalla stessa lista stazionale del sec. 8° come la chiesa più antica della città. Sebbene l'intitolazione a s. Pietro debba essere ritenuta successiva, gli scavi del 1902-1903 e i successivi ritrovamenti sul luogo - tessere di mosaico in pasta vitrea, laterizi con bolli riferibili al sec. 4°, iscrizioni paleocristiane (Gauthier, 1975, nrr. 251-253) - sembrano confermare all'interno dell'anfiteatro la precoce presenza di un edificio colonnato.Nel sec. 7°, mentre a seguito di incessanti lotte e contrasti si definiva la supremazia della dinastia carolingia, all'interno della città i vescovi acquisirono gradualmente maggiori poteri.In epoca carolingia fu la figura di s. Crodegango, appartenente all'aristocrazia franca, a dominare il vivo ambiente culturale di M.; vescovo della città nel 742, legato pontificio per il regno franco e onorato del pallium nel 754 dal pontefice Stefano II, Crodegango con la sua opera riformatrice trasformò M. in uno dei maggiori centri di diffusione culturale e spirituale dell'impero. Al suo ritorno da Roma introdusse la liturgia e il canto della Chiesa romana nella sua diocesi, fondando una schola cantorum, il cui antifonario divenne presto un modello, secondo le prescrizioni del capitolare di Carlo Magno del dicembre dell'805.Nell'843, con il trattato di Verdun, M. entrò a far parte dei possedimenti di Lotario I (840-855), divenendo in seguito capitale della Lotaringia. Attribuita dal trattato di Meerssen (870) a Ludovico II il Germanico (833-876), M. finì, dopo innumerevoli scontri e alterne sorti, per far parte integrante dell'impero germanico.Nel 1120, alla morte dell'ultimo conte ereditario nella linea di successione, Tebaldo, le componenti della nascente borghesia della città si impadronirono del governo: un atto del 1180 sancì la nascita dell'universitas civium Mettensium (Histoire de Metz, 1986, p. 148). Nel frattempo iniziarono a fare la loro apparizione le paraiges, confederazioni locali, permanenti ed ereditarie, seguite dalla creazione delle corporazioni di mestiere. L'organizzazione amministrativa della città prevedeva magistrati municipali e un capo scabino, eletto ogni anno, che governava con l'aiuto e sotto il controllo di numerosi consiglieri. Questo apparato di natura oligarchica conferì di fatto tutti i principali poteri ai membri delle famiglie patrizie delle confederazioni municipali.Lo sviluppo del commercio e della finanza raggiunse l'apice intorno al 1350, quando iniziò una lunga fase di crisi, che si protrasse fino al sec. 16°, originata da fenomeni di carattere europeo, quali la diffusione della peste, i conflitti bellici, il calo demografico.La struttura della città medievale risentì in modo determinante dei criteri d'impostazione dell'urbanizzazione antica. Il caratteristico schema ortogonale, all'interno del quale si inseriscono piazze, chiese e luoghi di mercato, trova infatti le sue origini nella trama di tipo quadrilineare, orientata in senso S-O - N-E, già tracciata nel sec. 1° dopo Cristo.Le diverse fortificazioni che si succedettero nei secoli, sovrapponendosi generalmente alla cinta bassoimperiale, modificarono solo in modo molto parziale l'antico profilo romano. Alcuni restauri, dei quali non resta traccia, furono probabilmente effettuati già durante il periodo merovingio; particolare attenzione alla cura del circuito murario ebbe il vescovo Roberto (883-917), il quale eseguì lavori reimpiegando il materiale primitivo e conservando per buona parte il percorso delle mura romane e le sue sette porte; l'unica alterazione al circuito antico fu dovuta, intorno al 926, alla volontà di includere nell'area fortificata il quartiere commerciale, situato sulla riva della Mosella nella zona orientale della città. Qui si trovava la chiesa di Saint-Victor, già esistente nella seconda metà del sec. 8°, la cui intitolazione è in rapporto con Marsiglia e con il commercio che da lì, attraverso la piana del Rodano e della Saona, giungeva a M. e in seguito conduceva alla Mosa e al Reno. La fortificazione di M. venne così a rappresentare, insieme a quelle di Magonza e di Worms, uno dei più precoci esempi di apparati difensivi per luoghi di commercio.Durante il sec. 12°, grazie alla crescita urbana e all'espansione economica, un nuovo prolungamento del circuito murario fu costruito sull'isola della Mosella; questa seconda cinta, terminata nel sec. 13°, consisteva in un'alta muraglia di m 10 ca. intervallata da sessantotto torri, alcune delle quali designate con i nomi delle corporazioni municipali. Particolarmente ben conservata è la Porte des Allemands; costruita in più tappe, essa era inizialmente costituita da due torrioni circolari, rivolti verso la città, probabilmente coevi all'ampliamento delle mura (1230 ca.), collegati da un'arcata che creava un semplice passaggio voltato. Parzialmente distrutta nel 1444, durante l'assedio di Carlo VII, la struttura venne potenziata negli anni immediatamente successivi, con l'edificazione di altre due torri cilindriche, disposte sul lato esterno della cinta, coronate da un muro merlato.Nella parte nord della città, non lontano dalla zona della cattedrale, si trovava probabilmente la sede del palazzo reale altomedievale, notizia confermata da Venanzio Fortunato (Weidemann, 1970, p. 167); Gregorio di Tours (Hist. Fr., II, 8) fornisce alcune preziose informazioni sul suo aspetto: un edificio a più piani, accanto al quale doveva sorgere una piccola arena, forse impiegata per lotte di animali. L'intera zona assunse, in seguito, il toponimo di aula Romanorum, in quanto i principi merovingi avrebbero utilizzato come loro residenza una costruzione tardoromana, purtroppo non identificabile con certezza.Per quanto riguarda i monumenti del potere civile, per l'età successiva, grazie a un'incisione del sec. 17°, opera di Chastillon (Histoire de Metz, 1986, p. 187), è noto l'aspetto del Treize jurés, il palazzo comunale costruito tra il 1315 e il 1317 e demolito nel 1765. L'edificio, di stile gotico flamboyant, si caratterizzava per la presenza di torrette cilindriche aggettanti disposte agli angoli, collegate da un cammino di ronda a coronamento del piano alto, protetto da un muro merlato.La cattedrale di M., il maggiore fra i pochi monumenti medievali conservati, è una delle più belle chiese gotiche della Francia. I primi vescovi della città stabilirono inizialmente la sede episcopale in una zona periferica, nei pressi dell'anfiteatro localizzato nel suburbio di Sablon, significativamente nota con il toponimo di ad basilicas, nella quale erano con certezza collocate la chiesa di Saint-Jean-l'Evangéliste (più tardi divenuta abbazia di Saint-Arnould) e quella citata di Saint-Pierre-aux-Arènes, con ogni probabilità la cattedrale primitiva; il trasferimento del seggio episcopale intra muros viene connesso da un'antica tradizione a un periodo successivo alle devastazioni provocate dagli Unni nel 451, quando ogni edificio di culto sarebbe stato saccheggiato, fatta eccezione per l'oratorio di Saint-Etienne, ritenuto da quel momento dotato di particolare favore, all'interno del quale sarebbero quindi state trasferite le reliquie e la sede vescovile. Le origini di questo secondo complesso episcopale devono dunque essere identificate nel piccolo oratorio di Saint-Etienne, del quale sono state individuate tracce durante gli scavi effettuati nel 1888 e successivamente nel 1914-1915; nel 1970, in particolare, è stata identificata una nicchia semicircolare, senza dubbio un'abside, impostata su alcuni tratti di murature romane in rovina.All'interno del primitivo santuario, s. Crodegango effettuò probabilmente alcuni lavori di restauro, riguardanti in particolare gli apparati decorativi (mosaici) e la struttura del coro; a lui si deve inoltre la donazione di un altare sormontato dal ciborio e di una recinzione. Accanto alla chiesa di Saint-Etienne, la Regula canonicorum di s. Crodegango documenta l'esistenza, già dal sec. 8°, di un battistero - del quale si ignora la precisa localizzazione -, della domus episcopale, di un monastero (dotato di chiostro, sala capitolare, refettorio, dormitorio) e di due altre chiese, Saint-Pierre infra domum e Sainte-Marie infra domum. Sul lato sud della cattedrale si trovava il chiostro, demolito nel sec. 18°, utilizzato fino al 1315 dai magistrati della città come luogo per amministrare la giustizia.Fin dal sec. 8° è documentata accanto alla cattedrale l'esistenza di una chiesa dedicata alla Vergine, poi chiamata Notre-Dame-la-Ronde, fondata secondo la tradizione da Dagoberto (623-639) e riedificata probabilmente su pianta circolare verso la fine del sec. 12° (nel 1207 è infatti designata Beata Maria Rotunda). La ricostruzione della cattedrale, progettata dal Capitolo intorno al 1220, minacciava di inglobare Notre-Dame-la-Ronde; questa circostanza generò un conflitto che si concluse con un compromesso, in base al quale i due Capitoli avrebbero acconsentito a ricostruire ognuno la propria chiesa su un progetto comune, che prevedeva gli assi dei due edifici disposti in modo perpendicolare. La piccola chiesa dedicata alla Vergine occupò le tre campate in prossimità della facciata, che restò pertanto cieca, e fu provvista di un coro e di un'abside che crearono un forte aggetto sul lato est della cappella di Notre-Dame. Le due chiese furono mantenute separate fino al 1380 (l'accesso alla cattedrale avveniva dai portali delle torri laterali).I lavori del cantiere si protrassero per tre secoli: una prima campagna di lavori si svolse intorno al 1220, ma fu solo nel 1250 che la navata di Saint-Etienne fu iniziata e venne elevata per successive addizioni orizzontali. Essa è fiancheggiata simmetricamente da due torri, la più alta delle quali (m 88) costituisce la torre campanaria municipale. La navata centrale spicca per l'eccezionale altezza (m 42), che la costituisce come una delle più alte di Francia, dopo quelle di Beauvais e Amiens. Al di sopra delle arcate si dispone il cleristorio, sormontato da un fregio scolpito a fogliami, imitazione di quello della cattedrale di Reims, e al di sopra ancora il piano delle grandi finestre, realizzato insieme alle volte di copertura fra il 1360 e il 1380; le navate laterali, relativamente basse e strette, prive di cappelle (salvo le due grandi cappelle a S), esaltano l'ampiezza della navata centrale. Nel muro di controfacciata si apre lo splendido rosone, opera di Hermann di Münster (m. nel 1392). Il transetto presenta un considerevole sviluppo ed è arricchito da una serie di vetrate disposte su tre livelli, capolavoro di Valentin Bousch, nato a Strasburgo e morto a M. nel 1541. Il coro fu ricostruito in dimensioni triple rispetto al precedente verso la fine del sec. 15° e in quest'occasione venne rialzato sulla base della cripta del sec. 13°, vera e propria chiesa sotterranea riproducente la pianta della chiesa superiore, dotata di abside a cinque lati e deambulatorio radiale sul quale si aprono tre cappelle.L'apparato scultoreo della cattedrale ha subìto numerosissimi restauri, soprattutto durante il sec. 19°, che ne hanno radicalmente modificato l'aspetto originario.Nel portale di Notre-Dame-la-Ronde è la restituzione di un insieme scultoreo, purtroppo scomparso, databile probabilmente agli anni immediatamente successivi alla ripresa della costruzione dell'edificio, intorno al 1257. I soggetti sono analoghi a quelli della cattedrale di Reims (Giudizio universale, Incoronazione della Vergine, Crocifissione).Il tesoro del duomo, che fu estremamente ricco, è stato oggetto di successive spoliazioni, specialmente durante la Rivoluzione francese. Attualmente conserva: un tessuto bizantino del sec. 11° in seta rossa ricamato in filo d'oro, il c.d. mantello di Carlo Magno; un altare del sec. 12°; alcuni pastorali in avorio dei secc. 12° e 13°; un reliquiario smaltato del 13° secolo.Di grande rilievo è la chiesa di Saint-Pierre-aux-Nonnains, da alcuni ritenuta la più antica di Francia. L'abbazia sarebbe stata fondata da Eleuterio, duca franco, all'epoca dei re di Austrasia Teodoberto II e Teodorico II (596-613). Monastero molto fiorente durante il sec. 9°, l'edificio era stato concepito per accogliere ca. trecento religiose; abbandonato e in rovina nel sec. 10°, fu restaurato dal vescovo Adalberone II (984-1005), che vi affiancò, intorno al 995, un secondo monastero destinato ad accogliere le religiose in soprannumero; fu parzialmente distrutto durante l'assedio di Carlo V a M. (1552).I muri esterni del monumento sono riferibili all'epoca romana, probabilmente all'inizio del sec. 4°, poiché numerosi laterizi recano impresso lo stesso bollo di quelli della celebre basilica di Treviri, eretta da Costantino verso il 305. L'edificio romano, un'aula unica (m 36,8018,50) orientata in modo approssimativo, dotata di un'abside poligonale, di un portale monumentale e di numerose finestre collocate nella parte alta, avrebbe ospitato, a partire da una data non precisabile, il culto cristiano; la prima menzione riguarda la conferma da parte di Teodorico II di una donazione del 612 (Heitz, 1973, p. 16). L'aspetto del monumento dovette allora subire alcune importanti modifiche: la grande aula romana fu suddivisa in tre settori, con una navata centrale fiancheggiata da due navatelle più basse, mentre un nartece, scomparso nel sec. 12°, fu inserito nel lato ovest.Durante l'epoca merovingia la chiesa sembra essere stata priva di abside, essendo crollata quella romana. Alle vestigia di quest'epoca altomedievale appartiene la recinzione con larghe parti ancora integre: ventotto pannelli (m 1,030,60 ca.; La Cour d'Or, Mus. de Metz) sono ornati di motivi tipici dell'epoca (fine del sec. 8°), come splendidi intrecci, che rendono ancora visibile l'origine figurativa (i serpenti) della soluzione geometrica; il tema dell'albero della vita, fogliami e altri elementi di origine paleocristiana sono trattati con un rilievo piuttosto piatto e incisivo, che potrebbe trovare un valido raffronto negli stilemi dell'altare di Ratchis a Cividale (Heitz, 1973, p. 20).Numerose furono le trasformazioni interne, realizzate soprattutto intorno all'anno Mille: pilastri e arcate a tutto sesto tra le navate, il coro, un imponente arco trionfale; durante l'epoca gotica eleganti volte ogivali, ancora in parte conservate, impressero nuovo slancio alla copertura della chiesa. L'aspetto ottoniano delle navate fu infine radicalmente alterato dalla trasformazione dell'edificio in magazzino militare, avvenuta durante il 16° secolo.Poco distante dall'antica basilica di Saint-Pierre-aux-Nonnains si trova la cappella dei Templari, documentati a M. a partire dagli ultimi due decenni del 12° secolo. Il piccolo oratorio, elegante costruzione gotica in pietra calcarea locale (calcare di Jaumont), è orientato verso E, con una leggera deviazione dell'asse ed è dotato di un coro quadrato prolungato da un'abside semicircolare. All'interno della chiesa, impostata su pianta circolare, le proporzioni volumetriche sono scandite da un ottagono (diametro m 8,30), ciascun lato del quale è caratterizzato da un'ampia nicchia, realizzata in spessore di muro, destinata ad ampliare lo spazio interno; esili colonne sostengono le slanciate volte ogivali sulle quali è impostata la copertura a cupola. La datazione dell'edificio va collocata intorno al 1200.Tracce dell'originaria decorazione a fresco dell'interno - fregi vegetali, rappresentazioni della Vergine e forse del Martirio di s. Caterina - sono state attribuite all'inizio del 12° e al 14° secolo.Tra i numerosi altri edifici di culto della città molti risultano di fondazione altomedievale e si dispongono all'interno di aree cimiteriali, collocate al di fuori delle mura, che mostrano una continuità d'uso dall'età tardoromana al pieno Medioevo. Date le ristrutturazioni di vaste zone dovute all'espansione tardomedievale della città e a causa degli interventi di distruzione globale attuati dal duca di Guisa su incarico del re di Francia, destinati a non lasciare traccia dell'imperatore Carlo V, per la maggior parte delle antiche chiese, particolarmente per quelle situate nella parte meridionale della città, è possibile oggi fornire solo la probabile ubicazione. Tra di esse si ricordano la chiesa di Saint-Symphorien, la cui fondazione è generalmente attribuita al vescovo Papulo (m. nel 613-614), ma esistente già in precedenza, per quanto nota sotto altra intitolazione; l'abbazia di Saint-Martin, costruita dal re Sigeberto III, il quale vi fu sepolto nel 656, distrutta nel 1552; l'abbazia femminile di Sainte-Glossinde, fondata intorno al 604; le chiese di Saint-Aper, costruita in ricordo del vescovo di Toul (m. nel 507), e di Saint-Amand, dedicata al vescovo di Maastricht (m. nel 679), nessuna delle quali è sopravvissuta. Inoltre erano già esistenti nella seconda metà del sec. 8° le chiese di Saint-George, di Saint-Marcel e di Saint-Médard, tutte di fondazione merovingia, e quella di Saint-Vincent. Quest'ultima, capolavoro dell'arte gotica (lunghezza m 67, larghezza m 23, altezza m 22,30), nonostante i numerosi rifacimenti del sec. 18°, mantiene l'originaria impressione di forte verticalità con le due torri, i leggeri contrafforti, le alte finestre e le slanciate volte ogivali; fondata all'epoca del vescovo Teodorico I (965-984), che donò alla chiesa una grande quantità di reliquie riportate dall'Italia dopo un viaggio effettuato con Ottone III, venne ricostruita a partire dal 1248 in calcare di Jaumont, secondo una tipologia planimetrica e decorativa riconducibile alla formula della cattedrale di Toul.L'architettura civile ha conservato alcune preziose testimonianze, soprattutto per quanto riguarda l'età del pieno e del Tardo Medioevo. Una delle caratteristiche più tipiche delle case di quest'epoca è costituita da una merlatura disposta a coronamento della facciata principale, forse ricordo del precedente modello di edificio urbano fortificato, destinata a mascherare la retrostante copertura a tetto. Il mur-écran assicura, in tal modo, insieme alla zona porticata del piano terreno, destinata generalmente alle attività commerciali, la stretta contiguità degli edifici. Accanto alle finestre, spesso riunite a gruppi di due o tre e arricchite da eleganti modanature (timpani, archi trilobi), si aggiungono elementi decorativi scolpiti o, nelle case più modeste, bacini in ceramica, caratterizzati da raffigurazioni di diverso tipo (Antico o Nuovo Testamento, Vizi e Virtù, Santo patrono). Le decorazioni dell'interno, pur se scarsamente documentate, sono costituite da accurate false cortine e motivi geometrici; di particolare interesse sono le pitture dei soffitti, la più antica delle quali può essere attribuita al primo quarto del sec. 13°; piuttosto singolari i soggetti delle rappresentazioni, costituiti da figurazioni simboliche relative allo Zodiaco, esseri ibridi composti da testa umana e corpo animale o da associazioni di differenti animali.L'architettura civile medievale della città è testimoniata anche da un gruppo di costruzioni merlate, concepite inizialmente come arsenali e trasformate, durante il sec. 15°, in granai. Il più antico di essi (Grange de la Commanderie de Saint-Antoine) risale al sec. 14°; particolare interesse desta il coronamento merlato, che non si presenta uniforme, ma dominato da un punto di osservazione, determinato da un rialzamento della merlatura che protegge l'angolo sud-ovest. La struttura interna di questi edifici a più piani, dato il ruolo prevalente della carpenteria, non ha lasciato tracce evidenti; sul sistema di arcate in pietra del piano terreno si impostava ai piani superiori probabilmente una serie di colonne e di travi destinate a sorreggere i grandi carichi dovuti alle riserve dei cereali. Gli altri due granai conservati, la Grange du Saint-Esprit e il Grenier de Chèvremont, sono attualmente incorporati nel complesso architettonico che ospita i musei di Metz.La produzione miniaturistica e manoscritta vide, in età carolingia, M. come centro di primaria importanza, accanto a Reims e Tours. Il rinnovamento liturgico promosso da s. Crodegango e la contemporanea diffusione della minuscola carolina stimolarono infatti a M., tra i secc. 9° e 10°, la nascita di alcuni scriptoria per la copiatura di libri destinati in particolare alla liturgia e allo studio. Dell'ampia collezione dei preziosi manoscritti, realizzati soprattutto per merito di una ricchissima committenza, le testimonianze superstiti sono attualmente conservate per la maggior parte nella Bibiothèque Nationale di Parigi.Vero e proprio monumento della civiltà carolingia è il Sacramentario di Drogone, arcivescovo nel secondo quarto del sec. 9° (Parigi, BN, lat. 9428). Le miniature comprendono soggetti relativi alle funzioni liturgiche, come per es. la Consacrazione eucaristica (Leclercq, 1932, col. 865, fig. 8021), oppure narrazioni bibliche ispirate ai vangeli apocrifi, come la Natività (c. 86r), la Pentecoste (c. 78r), il Martirio di s. Pietro (c. 98v), S. Paolo e S. Andrea (c. 27r). Alcune brillanti e vivaci composizioni sono infine destinate alla glorificazione di Metz. Il Maestro di M., al quale si deve l'opera, si caratterizza per l'originalità e la sua capacità di elaborare nella decorazione miniata, sotto forma quasi esclusivamente di iniziali ornamentali, un notevole bagaglio di immagini, attinte in prevalenza dall'arte tardoantica e paleocristiana. La struttura delle iniziali, con tralci e fogliame spesso crisografati, ospita anche scene narrative, divenendo palcoscenico dell'azione. Per un lungo periodo la nuova concezione del rapporto tra scrittura, immagine e ornamento inaugurata dal Maestro di M. destò poco interesse, ma fu su questi modelli che si fondò la successiva fortuna dell'iniziale istoriata.Il capolavoro degli avori realizzati in età carolingia, che videro in M. uno dei centri più vivaci e attivi, è costituito dalla coperta dello stesso sacramentario. Essa è composta da due placche in avorio intagliato, ciascuna delle quali suddivisa in nove piccoli riquadri (mm 6050). Nonostante un restauro del sec. 18° abbia alterato l'originaria successione delle scene, l'opera deve essere considerata contemporanea al codice che racchiude; l'artista volle infatti rappresentare le cerimonie liturgiche descritte nel volume, creando una correlazione tra ognuna di esse e le differenti fasi della vita di Cristo; il rigido parallelismo venne però presto abbandonato per lasciare spazio a una composizione narrativa più libera. Dal punto di vista iconografico, questa serie di rilievi è la più antica e completa rappresentazione dell'ordine della messa e, grazie alla presenza dell'arcivescovo che indossa il pallium, può essere datata fra l'844, anno in cui Drogone ricevette il pallium, e l'855, anno della sua morte. Nonostante la durezza di esecuzione, derivata in parte dai caratteri della superficie stessa di intaglio, i personaggi sono realizzati in uno stile chiaro che si accompagna a una certa morbidezza di linguaggio. Il fondo traforato delle raffigurazioni lascerebbe ipotizzare un'originaria decorazione a foglia d'oro destinata a creare un effetto di luminosa inconsistenza.Notevole rilievo, infine, assume la c.d. scuola tarda di M., la cui produzione è solitamente datata al tardo sec. 9°, epoca durante la quale M. divenne parte integrante dell'impero germanico. Il gruppo più omogeneo di opere è rappresentato da una serie di crocifissioni che dovevano costituire la coperta di alcuni codici (il retro generalmente accoglieva scene del Nuovo Testamento). La caratteristica più evidente di questa scuola è l'arricchimento della tecnica: cornici a foglia d'oro con inserimento di pietre, perle e smalti; la tendenza all'impreziosimento della superficie è accompagnata da quella di isolare le figure, che, parallelamente, incrementano il proprio volume e la propria solidità, anticipando gli stilemi del 10° secolo. La coperta in avorio di un codice conservato a Parigi (BN, lat. 9383), dotata di eleganti smalti cloisonnés di colore chiaro e di delicati disegni fiorati, trova il più valido raffronto nei rilievi dell'altare di S. Ambrogio a Milano. I prototipi degli avori di M. potrebbero dunque essere giunti al Nord, dopo aver filtrato un contatto con l'Italia settentrionale.

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