Mi

Enciclopedia Dantesca (1970)

mi (me, m', mee, mel, men)

Riccardo Ambrosini

1. Le forme oblique del pronome di I singol. comprendono quelle toniche, me, usata dopo preposizione tranne in un limitato numero di casi in alcuni dei quali ne è discutibile la tonicità (v. 4.4.-4.6.) e l'unico mee (v. 4.2.), e quelle atone, sia proclitiche, m' (di fronte a forma verbale iniziante con vocale e specialmente di fronte ad ausiliare), mi (di fronte a verbo iniziante con consonante) e me (in poche attestazioni accolte dagli editori, v. 4.5.), sia enclitiche, -mi, -m' (soltanto in due casi; v. 8.1.) e -me (soltanto in 4 casi; v. 8.3.). Nei sintagmi con ‛ stesso ' e ‛ medesimo ' l'accento ritmico colpisce, pur con intensità diversa nei due tipi, anche il pronome personale me (v. 7.), che, invece, è atono nel nesso con ne, come rivela il ritmo delle attestazioni in poesia (If XVI 12 Ancor men duol purch'i' me ne rimembri; XVII 116 rota e discende, ma non me n'accorgo; XXII 31; Pg I 90, XVI 54 dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego; Pd XVI 6 là dove appetito non si torce, / dico nel cielo, io me ne gloriai; cfr. 6.).

2. L'amalgama di me con lo e ne, nelle forme apocopate mel e men, è rarissimo: secondo la distribuzione delle forme pronominali bimembri, anch'esse piuttosto rare, lo precede mi (v. ‛ il ', pronome, alla voce GLI; e oltre, 6.), e, almeno graficamente, me è distaccato da ne (v. 1.). Mel è soltanto in Rime LXXI 4 Deh, s'ella è dessa, più non mel celate; men, in Rime LXVIII 42 Amor ne l'altro [mondo] men darà trebuto; If XVI 12, XIX 128 sì men portò sovr'il colmo de l'arco; Pg XVI 38 men vo suso (cfr. anche Pd XXIII 24 passarmen convien sanza costrutto (ma nella '21 passar men, e passar mi in tradizioni manoscritte ed edizioni).

A maggior ragione, scarsissime sono anche le attestazioni di amalgami pronominali enclitici dopo forme verbali: anche in questi casi, all'unico ditemel (Rime LXX 2) si oppongono, con ordine contrario dei pronomi, nominollami (Vn IX 5) e convienlomi (Cv I III 2; nel Fiore, dirallami, CXXII 11; hallemi, VIII 9), e i sincopati dilmi (Pg XVI 44), dalmi (Pd XXIV 134, in rima), ditelmi (Vn XXII 9 7), falmi (Rime LXVIII 49) e sternilmi (Pd XXVI 43). Le forme sincopate, tranne dalmi, ricorrono in inizio di verso, una delle sedi preferite - insieme con quella in rima - per l'uso in poesia di queste forme enclitiche dal forte accento radicale. Gli altri casi di amalgama enclitico sono costituiti da fammiti (Pg XIII 105, inizio verso), farmisi (If V 26 Or incomincian le dolenti note / a farmisi sentire) e dai rari tipi uscenti in -mene, attestati 4 volte nella Vita Nuova (aveamene, XXXVII 1; venemene XXXI 13 47, inizio verso; venmene, XVI 7 3; escusomene, XXX 2) e una volta in If XXIX 125, in inizio di proposizione diretta: Tra'mene Stricca / che seppe far le temperate spese.

3. I dati seguenti illustrano la distribuzione delle forme oblique del pronome di I singol., nonché la parte di lessico occupata dall'insieme delle forme pronominali di prima persona (v. IO):

Vita NuovaVita Nuova

RimeRime

ConvivioConvivio

CommediaCommedia

MiMi

236236

178178

8585

753753

m(i)m(i)

7676

3131

3131

227227

meme

106106

7878

8282

327327

meemee

--

--

--

11

-me-me

11

22

11

--

(-)m'(-)m'

5151

5151

1616

276276

-mel-mel

--

11

--

--

-mene-mene

44

--

--

11

474474

341341

215215

15851585

‛ io '‛ io '

296296

224224

181181

13521352

770 (4,02%)770 (4,02%)

565 (3,67%)565 (3,67%)

396 (0,56%)396 (0,56%)

2937 (2,93%)2937 (2,93%)

Nella Commedia, alle 350 attestazioni di mi, me e (-)m' del Paradiso si oppongono le 1006 delle altre cantiche (appena più numerose nell'Inferno, con 502 occorrenze, che nel Purgatorio, con 494); le forme enclitiche (complessivamente 225) si ripartiscono tra 78 dell'Inferno, 76 del Purgatorio e 71 del Paradiso. In tutti i casi la percentuale delle attestazioni di m., che nella Commedia descrescono nel Paradiso, è minore in senso assoluto nel Convivio, mentre le punte di frequenza più alte si registrano nella Vita Nuova, ove in un centinaio di luoghi m. ricorre in contesti indicanti ‛ apparizione ' e il sopraggiungere, dall'esterno verso l'interno, di una volontade, di un sentimento, collegato in particolare con l'espressione dell'ispirazione poetica (cfr. XIII 7 mi giunse volontade di scriverne parole rimate; VI 1 sì mi venne una volontade di volere ricordare lo nome di quella gentilissima; XI 1 quando ella apparia da parte alcuna... mi giugnea una fiamma di caritade). Minore che nella Vita Nuova è la frequenza di m. nelle Rime, seguite nell'ordine da Inferno e Purgatorio: questa distribuzione rispecchia ovviamente le caratteristiche tematico-compositive delle singole opere, dal risalto soggettivo - anche se simbolicamente tale - della Vita Nuova, al rarefarsi di questo nel Paradiso e all'oggettività trattatistica del Convivio.

4. L'uso del pronome tonico me coincide per lo più, in poesia, con sedi particolari del verso: nelle Rime, con la sesta sillaba dell'endecasillabo, corrisponde alla tonica del settenario, in 13 occorrenze su 30. Quest'uso, che alterna con quello di me in quarta sede - corrispondente alla tonica del quinario - e che si fa più raro nelle Rime dubbie, mentre è assente nel Guinizzelli, non sembra estraneo allo stilnovismo fiorentino. Del Cavalcanti si ricordino, ad es., gl'incipit dei sonetti Perché non fuoro a me gli occhi dispenti, e A me stesso di me pietate vene, per l'uso in sesta sede; per quello in quarta sede, cfr. Io non pensava 31 " i' trovo me di sì poca salute ". Di Lapo Gianni si ricordi Eo sono Amor 17 " Non si convene a me, gentil segnore ", e 21 " Veniste a me con sì libero core "; Amore, i' non son degno 5 " Eo laudo Amor di me a voi, amanti "; Angelica figura 32 " gran peccato / fa' inver di me, sì tuo servo leale "; Donna, se 'l prego 94 " e prega che di me aggia mercede ". E di Cino da Pistoia, Deh non mi domandar 8 " ed ha lasciato a me pene e martiri "; Ogni allegro penser 11-12 " e si disvia in me per ogni lato. / Ahi doloroso me, chi mi soccorre? "; Amico, s'egualmente 2 " neente già di me sarai allegro ".

4.1. Dalle Rime, per l'uso di me in sesta sede, cfr. L 47 ché 'l sì e 'l no di me in vostra mano / ha posto Amore; ond'io grande mi tegno (vi si osservi il succedersi tonico di me, mano, Amore e quello atono di mi, in una modulazione vocalica dominata dalla continuità dell'elemento consonantico); LXVII 1 E' m'incresce di me sì duramente (con concetto e ritmo assai simili all'incipit del Cavalcanti A me stesso di me pietate vene; cfr. 4.); CIII 51 increscati di me, c'ho sì mal tempo; LXVI 8 qualunque vuoi di me, quel vo' che sia. Nelle Rime dubbie solo 3 casi su 18 (VI 14 così sa' far di me mala scusuzza, XI 4, XII 3 e dice: " Oh lassa me, ch'io non pensai... ", con cui cfr. Cv II Voi che 'ntendendo 31 e dice: " Oh lassa a me, come si fugge / questo piatoso... ") attestano quest'uso.

Per il Convivio, oltre il passo sopra riportato, cfr. II Voi che 'ntendendo 21 e segnoreggia me di tal virtute, / che 'l cor ne trema, e 18 di cui parlava me (" a me ") sì dolcemente, per cui v. 4.3.

4.2. Nella Commedia la distribuzione di me è la seguente:

IV sedeIV sede

VI sedeVI sede

VIII sedeVIII sede

altre sedialtre sedi

InfernoInferno

35 35

47 47

1414

2525

PurgatorioPurgatorio

4444

4949

1414

2727

ParadisoParadiso

1919

1515

1212

1212

9898

111111

4040

6464

Tra gli esempi più notevoli di me in sesta sede, in una cesura dal tono acuto e spesso retoricamente ricercata, si ricordi: If I 65 " Miserere di me ", gridai a lui; XLII 72 ingiusto fece me contra me giusto, e 151 Io fei gibetto a me de le mie case; XXVIII 142 Così s'osserva in me lo contrapasso (i due ultimi esempi chiudono emblematicamente i canti rispettivi); XXXIII 28 Questi pareva a me maestro e donno; Pg V 133 ricorditi di me, che son la Pia; XII 68 non vide mei di me chi vide il vero; XXII 87 fer dispregiare a me tutte altre sette; XXX 126 questi si tolse a me, e diessi altrui; Pd III 112 ciò ch'io dico di me, di sé intende; XVII 107 come sprona / lo tempo verso me, per colpo darmi; XXXI 66 mosse Beatrice me del loco mio, e 78 süa effige / non discendëa a me per mezzo mista. Con cesura precedente, in Pd XXXIII 114 una sola parvenza, / mutandom'io, a me si travagliava.

In rima, me appare una volta, in enclisi dopo Oh, nell'esclamazione di If XXVIII 123 e quel mirava a noi e dicea: " Oh me! " (in rima con come e chiome). In decima sede e tonico è, invece, il latino me di Pg XXXIII 10-12, mentre è in quarta sede in Pg XXXI 98 e in sesta sede in Pd XXV 26; si aggiunga anche Rime dubbie V 18 (ottava sede) e 39 (quinta sede). In decima sede è l'unica attestazione dell'epitetico mee: If XXVI 15 su per le scalee / ... rimontò 'l duca mio e trasse mee.

4.3. Oltre che in Cv II Voi che 'ntendendo 18 (v. 4.1.), in due luoghi della Commedia, me è sintatticamente inatteso per la lingua attuale: If XXIII 91 Poi disser me: " O Tosco... " (varianti recano: Po mi dissono; Poi disse(r) a me) e Pg XVI 143 Vedi l'albor... / già biancheggiare, e me convien partirmi (secondo il Petrocchi [ad l.] " è da interpretarsi come banalizzazione la tarda var. mi, e come perplessità il dileguo di me in Mad ").

La tonicità di me nei due passi è confermata dalla sede, rispettivamente quarta e sesta. Nel primo (affatto diverso ritmicamente da Vn XXXI 9 7 E perché me ricorda ch'io parlai / de la mia donna, ove me è proclitico; v. 4.4.), l'uso di me coincide con una delle cesure più comuni tra quelle in cui il pronome ricorre nell'Inferno: le formule Ed elli a me, E quella a me, E quelli a me, Ond'elli a me vi ritornano, infatti, 31 volte, con una densità che diminuisce dal nono canto, sino al quale, invece, se ne trovano ben 15, e che si riduce alle 16 attestazioni del Purgatorio e all'unica del Paradiso (XXXII 109), per il progressivo variare delle formule che introducono i dialoghi. In contesti affini, me in quarta sede e cesura ritorna altre 4 volte nell'Inferno (XVI 121 El disse a me, XVII 81 E disse a me, XXXI 76 Poi disse a me, e anche XXVI 55 Rispuose a me). L'incipit Poi disser me, con me tonico, si articola in una tecnica compositiva la cui apparente rigidezza si attribuirà non tanto a scarso tirocinio, a mano a mano diversificandosi le formule attraverso le cantiche, quanto a una, in certo modo, cercata ingenuità formale, dal tono epico-didascalico.

Nell'altro caso, l'uso di me coincide, in prosa, con il costrutto di Vn II 7 che me convenia fare tutti li suoi piaceri; IX 1 avvenne cosa per la quale me convenne partire de la sopradetta cittade (ma XVII 1 a me convenne ripigliare matera nuova; diverso è l'uso di me nell'imitazione della frase oggettiva latina di XXVIII 2 converrebbe essere me laudatore di me medesimo) e, in poesia, con la costruzione di Rime LXVII 28 l'anima mia... quasi morto / vede lo core a cui era sposata, / e partir la convene innamorata: oltre alla somiglianza concettuale tra alcuni di questi passi, si osserverà che ‛ convenire ' è costruito anche con accusativo, nón soltanto con dativo, e infinito in costruzioni impersonali sia del francese antico che dell'italiano del '300 (cfr. Barbi, Vita Nuova 117; Contini, ad l.).

4.4. Non è sicura la distinzione tra tonicità e atonia di me in alcuni luoghi, sia in prosa che in poesia. Probabilmente proclitico in Vn XXIII 9 7 e 14 56 e mentre ch'io la chiamo, me conforta, e sicuramente tale in XXXIV 2 secondo che me fu detto poi e in una delle Rime dubbie di difficile attribuzione dantesca (IV 3 perché s'è Petra en così crudel porta / entrata, che d'angoscia el cor me 'npetra, ove, oltre alle grafie el, en, è accolta anche quella aprirme: v. 8.3.), me può essere tonico nel latineggiante (Vn XII 1) partito me da le genti, in solinga parte andai, e, con maggior sicurezza, nei contrasti tra soggetti di XX 1 volontade lo [" alcuno amico "] mosse a pregare me che io li dovesse dire che è Amore; XXX 2 E se alcuno volesse me riprendere di ciò; XXXVIII 2 che pensero è questo, che in così vile modo vuole consolare me e non mi lascia quasi altro pensare?

Per l'equivalenza tra a me e ‛ mio ', cfr. Vn XXXII 1 uno, lo quale... è amico a me immediatamente dopo lo primo.

4.5. Alcuni passi della Vita Nuova recano un uso di me con il verbo ‛ parere ', là dove in passi corrispondenti è attestato anche mi: III 1 mi salutoe molto virtuosamente, tanto che me parve allora vedere tutti li termini de la beatitudine, e 3 che me parea vedere ne la mia camera una nebula di colore di fuoco; XII 3 Avvenne... che me parve vedere ne la mia camera... sedere uno giovane; ma III 4 Ne le sue braccia mi parea vedere una persona dormire nuda; XIV 4 E nel fine del mio proponimento mi parve sentire uno mirabile tremore; e ancora XVII 1, XVIII 5, 7 e 8, ecc.

In Cv II II 5 v[a]ri[e]tade ne la quale parea me avere manco di fortezza, la funzione accusativale di me è esplicitata dalla posizione: il passo non è sintatticamente analogo a quelli della Vita Nuova sopra citati, dei quali due ricorrono in uno stesso capitolo e due sono anche semanticamente eguali. L'uso di me in questi passi concorda con quello sopra osservato (v. 4.3.) e, in genere, con gli usi non riflessivi di me, di chiara tradizione letteraria e anche stilnovistica, oltre che, com'è stato spesso ripetuto, di origine umbro-aretina. Cfr. Guinizzelli Lo vostro bel saluto 5 " per mezzo lo cor me lanciò un dardo "; Vedut'ho la lucente stella 4 " sovr'ogn'altra me par che dea splendore "; Cavalcanti O donna mia 10-11 " i qua' me saettò nel cor sì forte, / ch'i' mi partì' sbigotito fugendo ".

4.6. Nel Convivio, l'uso di me non preceduto da preposizione o è chiaro latinismo (ad es., nel tono stilisticamente sostenuto dell'inizio del secondo trattato: II I 1 Poi che proemialmente ragionando, me ministro, è lo mio pane ne lo precedente trattato con sufficienza preparato) o si deve alla ricerca di rilievi e contrasti espressivi (I XII 8 la bontade fece me a lei amico; II VII 10 questo pensiero... è poderoso in prender me e in vincere l'anima tutta; III I 9 considerando me minore che questa donna, e veggendo me beneficiato da lei, e 11 udendo me essere dal primo amore mutato), formalmente sollecitati ancora dalla sintassi latina. Onde, se è traduzione vera e propria " Io amo coloro che amano me " (III XI 12), è opportuno constatare, invece, che l'uso di me è costante in alcuni costrutti, nei quali non è facile invocare il risalto espressivo collegato a me in quanto forma usata per lo più in contesti tonici e pertanto diversa da mi: II II 5 por iscusare me de la v[a]ri[e]tade; III VIII 14 e XV 6 escuso me di ciò; III IV 13 manifesto me veramente scusare; I 12 si può... me non giudicare lieve e non stabile, ma IV VIII 5 me nobile e non villano deggio mostrare; e ancora prima mostrerò me non presummere [contr'a l'autorità del Filosofo; poi mostrerò me non presummere] contra la maiestade imperiale (ma il passo è, in parte, integrato), e 11 mostrare me non essere inreverente a la maiestade de lo Imperio.

5. L'uso di mi (m' in posizione antevocalica) proclitico comprende le funzioni di complemento di termine, di complemento oggetto e di particella riflessiva. La distribuzione di queste funzioni non varia in modo significativo tra le singole opere: mentre nella Vita Nuova il complemento di termine (cfr. III 5 ne l'una de le mani mi parea che questi tenesse una cosa la quale ardesse tutta, e pareami che mi dicesse queste parole) occupa circa il 50% dei casi, quello oggetto poco più del 25% (cfr. IX 5 A me parve che Amore mi chiamasse, e dicessemi queste parole; XII 12 18 Madonna, quelli che mi manda a vui) e poco meno la funzione riflessiva (cfr. XIII 9 10-11 e vorrei dire, e non so ch'io mi dica: / così mi trovo in amorosa erranza!) e altrettanto avviene nel Convivio (cfr. I XIII 3 la propria loquela m'è stata cagione e de l'una e de l'altra; IV Le dolci rime 7 li atti disdegnosi e feri / ... m'han chiusa la via / de l'usato parlare; XXIX 1 O voi che udito m'avete; I I 10 quelli che dietro m'ho lasciati); nelle Rime circa l'80% del totale è diviso egualmente tra le due prime funzioni (LX 7 e già mi par gioioso il ritornare; LVI 2 Per una ghirlandetta / ch'io vidi, mi farà / sospirare ogni fiore; LVIII 11 Deh non guardare perché a lei mi fidi, / ma drizza li occhi al gran disio che m'arde; LXXXVII 1 I' mi son pargoletta bella e nova), e nella Commedia il primo tipo occupa circa il 41 % delle attestazioni (cfr. If I 44-45 ma non sì che paura non mi desse / la vista che m'apparve d'un leone), il secondo il 36% (cfr. If I 58-60 tal mi fece la bestia sanza pace, / che, venendomi 'ncontro, a poco a poco / mi ripigneva là dove 'l sol tace) e il terzo il 23% (If I 2 mi ritrovai per una selva oscura; VI 5 novi tormenti e novi tormentati / mi veggio intorno, come ch'io mi mova / e ch'io mi volga).

6. Rarissimi sono anche i nessi pronominali atoni (per quelli enclitici, v. 2.1.): nella Vita Nuova 4 me ne, 2 la m(i) (XII 12 20 sed elli ha scusa, che la m'intendiate; XIX 22 a me non dispiace se la mi lascia stare), un lo mi (XXII 8 sì come lo mi avessero detto), 2 (')l mi (XXII 9 7 che 'l mi dice 'l core; 10 11 e qual che sia di lei, nol mi celate), 2 mi si; nelle Rime, 2 me ne, 3 mi si (1 nelle Rime dubbie, XVI 19 sol mi s'è posata / entro a la mente), un mi t(i), un la mi (C 50 Amor di cor non la mi tragge), un li mi (C 39 ma donna li mi dà c'ha picciol tempo); nel Convivio, un me ne, 2 lo mi (II Voi che 'ntendendo 9 però vi priego che lo m'intendiate, ripreso in VI 5); nella Commedia, me ne è 3 volte nell'Inferno (XVI 12, XVII 116, XXII 31), 2 nel Purgatorio (I 90 e XVI 54) e una nel Paradiso (XVI 6); mi si, 5 nell'Inferno (I 34 e 62, VIII 32, XIX 125, XXXIV 19), 4 nel Purgatorio (V 63, IX 129, XXVII 46 e XXXI 87) e 10 nel Paradiso (V 136 [e cfr. XV 40], VII 9, IX 68, XIV 80, XX 44, XXII 148, XXIV 87, XXX 94, XXXI 2; il tipo più frequente è mi si fece); mi ti, 3 nel Purgatorio (VII 19, XVI 52 e XXIII 112, nella stessa posizione del verso, di fronte a verbo bisillabico finale) e 4 nel Paradiso (I 22, di fronte a verbo bisillabo finale; III 48 non mi ti celerà l'esser più bella, VIII 52 mi tien celato, XXI 57); lo mi, soltanto in Pd XXV 89 pongon lo segno, ed esso lo mi addita.

7. Di fronte a ‛ stesso ', me compare 2 volte nella Vita Nuova (XIV 9 e XIX 16); di fronte a ‛ medesimo ', 12 volte nella Vita Nuova (III 9, XVIII 8, XXXV 3, XXXVII 3 e 4, XXXVIII 2 e 4, XL 2, 3, 4 e 5) e una volta nel Convivio (IV XXI 6). Nella Commedia, me è di fronte a ‛ stesso ' 3 volte nell'Inferno (IV 120 e X 61, di fronte a trisillabo finale di verso; XIII 51), 2 nel Purgatorio (XVII 74 fra me stesso dicea, ché mi sentiva / la possa de le gambe posta in triegue; XXIII 28 lo dicea fra me stesso pensando: " Ecco / la gente che perdé Ierusalemme... ") e una nel Paradiso (XXXIII 51). Di fronte a ‛ medesmo ', una volta nell'Inferno (XVI 116 dicea fra me medesmo) e 2 nel Paradiso (IX 34 ma lietamente a me medesma indulgo, XXX 27 la mente mia da me medesmo scema, nella stessa sede del verso).

8. L'enclisi del pronome è di norma con il gerundio, l'infinito e il participio, specialmente nell'uso assoluto, e con l'imperativo.

8.1. I gerundi con enclisi di -mi (2 con -m', di fronte a io, in Pd XXII 152 volgendom'io con li etterni Gemelli, e XXXIII 114 una sola parvenza, / mutandom'io, a me si travagliava, semanticamente affini ed egualmente in inizio di verso) sono una dozzina nella Commedia, e una metà coincide con la prima o la seconda sede del verso (cfr. fidandomi, If II 113, XXXIII 17; chinandomi, Pd XXX 86; dalla Vita Nuova, XIV 3 credendomi), e generalmente con l'inizio di una pro-posizione dipendente.

8.2. Per un esempio di participio passato con enclisi, cfr. Vn XIV 9 E partitomi da lui, mi ritornai ne la camera de le lagrime (per l'uso di me in un contesto affine, v. 4.3.); in Rime LXXXIX 9 Destinata mi fu questa finita la mancanza, forse non solo grafica, dell'enclisi è attribuibile all'uso proclitico di mi di fronte ad ausiliare,

8.3. Per l'enclisi di -mi ad infiniti, in una cinquantina di casi nella Commedia e per lo più in rima, cfr. Pg XXVII 50 e 52, rinfrescarmi e confortarmi; If XXVIII 53 e 57, riguardarmi e seguitarmi; Pd VI 23 e 27, spirarmi e posarmi; XXXIV 17 e 19, mostrarmi e restarmi; in questi casi è frequente la rima ulteriore con armi, analogamente a ciò che avviene in Rime CIII 13 per la rima (probabilmente siciliana, secondo Contini) tra arme e atarme (con enclisi di -me, come in Rime dubbie IV 8 aprirme e in Cv II XII 5 consolarme; il quarto esempio di -me enclitico, in Vn XXXVIII 3 poi si rilevava un altro pensero, e diceame). E cfr. ancora Pg XVI 143 e 145, partirmi e udirmi; Pd IX 14 'l suo voler piacermi (di cui si ricorderà l'imitazione fattane da G. Gozzano), in rima con l'equivoco fermi, " fermi " e " mi fecero ". Discutibile è la grafia di Rime L 41 e che far mi potete maggior dono, e 46 Dar mi potete ciò ch'altri non osa, mentre non sembra dubbia quella darmi (Pd XV 8 e XVII 107), farmi (Pg XXIII 127, XXVII 102 e Pd XX 140), in passi nei quali gl'infiniti sono introdotti da preposizione.

9. I casi di enclisi di -mi a forme verbali o inizianti il periodo o la proposizione reggente o precedute da e, ma (contemplati nella cosiddetta legge Tobler-Mussafia), costituiscono, in poesia, il nucleo maggiore delle coincidenze tra queste forme e l'inizio di verso.

Cfr. Vn XXXI 13 43 Dannomi angoscia li sospiri forte, e 47 pensando a la morte, / venemene un disio tanto soave (ma, nel corso della proposizione, 13 45 quando 'l pensero ne la mente grave / mi reca quella che m'ha 'l cor diviso; 15 58 Pianger di doglia e sospirar d'angoscia / mi strugge 'l core); 14 50 E quando 'l maginar mi ven ben fiso, / giugnemi tanta pena; 8 6 s'i' voglio sfogar lo dolore / ... convenemi parlar traendo guai; Rime XC 16 Feremi ne lo cor sempre tua luce; XCVI 3 Perch'io non trovo chi meco ragioni / del signor... / conviemmi sodisfare al gran disio; XCI 52 Quand'io penso un gentil disio... / parmi esser di merzede oltrapagato (ma XCI 54 e anche più ch' a torto / mi par di servidor nome tenere); LXVIII 49 se per altrui ella fosse ricolta, / falmi sentire, e trarra'mi d'errore; If IV 1 Ruppemi l'alto sonno ne la testa; X 41 guardommi un poco, e poi... / mi dimandò (con enclisi a inizio della proposizione reggente, ma proclisi nel corso della proposizione); Pd XXIII 22 Pariemi che 'l suo viso ardesse tutto; I 79 parvemi tanto... del cielo acceso / de la fiamma del sol; If XXXI 39 appressando ver' la sponda, / fuggiemi errore e crescémi paura; Pg XI 76 un di lor... / e videmi e conobbemi. Nel solo ambito dello Stil nuovo, si ricordi Cavalcanti A me stesso di me pietate vene 10 " Quand'io guardo ver lei, / rizzami gli occhi de lo su' disdegno "; Guinizzelli Lamentomi di mia disaventura, incipit e 5 " e dicemi Isperanza: ‛ Sta ' a la dura "; Cino Tutto ciò ch'altrui aggrada a me disgrada 2 " ed èmi a noia e spiace tutto 'l mondo ", 5 " e piacerci veder colpi di spada ", e 7 " e piacerebbemi un Neron secondo "; Deh, non mi domandar 5 " Parmi sentir ch'oma' la morte tiri / a fine... la mia greve vita ". L'ordine inverso, con mi, ricorre soltanto in Pd IX 2 (per cui v. Schiaffini, Testi 278; e oltre, 9.2.), con cui cfr. Lapo Gianni Amor, nova ed antica vanitate 10 " vegnendo teco, mi mirava intorno ".

9.1. Tra le forme di imperativo con enclisi di -mi, dimmi ritorna 29 volte nella Commedia (13 nell'Inferno, altrettante nel Purgatorio e 3 nel Paradiso), nella prima o seconda sede del verso, tranne in If VI 62 e Pg XVI 44 ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco, e IV 124. L'ordine inverso, mi di', è attestato in If XIX 90, Pg XIX 95 e XXIII 58; e con altri verbi, in If VII 37 Maestro mio, or mi dimostra, e Pg XXII 19 Ma dimmi, e come amico mi perdona. Oltre che con l'imperativo, per cui cfr. anche If I 89 aiutami da lei, famoso saggio, l'enclisi si osserva con il congiuntivo esortativo: If I 83 vagliami 'l lungo studio e 'l grande amore. Al plurale, ditemi inizia 6 versi, ed è preceduto da Ma in Pd II 49.

9.2. I numerosi casi di mi iniziale di verso non coincidono mai con inizio di proposizione. Dell'Inferno si ricordi I 2 Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura, e 60; III 21, IV 119 Colà diritto... / mi fuor mostrati li spiriti magni; V 104 Amor... / mi prese del costui piacer sì forte; VI 5 e 59 il tuo affanno / mi pesa; IX 59 ed elli stessi / mi volse; X 38 l'animose man... / mi pinser, e 42; XIII 18 E 'l buon maestro... / mi cominciò a dire; XIV 2 la carità del natio loco / mi strinse; XX 101 i tuoi ragionamenti / mi son sì certi; XXI 24 lo duca mio... / mi trasse a sé; XXIII 86 con l'occhio bieco / mi rimiraron; XXV 45 per ch'io... / mi puosi 'l dito su dal mento al naso; XXVI 91 Quando / mi diparti' da Circe; XXXIII 12 fiorentino / mi sembri veramente, e 36. In questi casi l'uso proclitico di mi indica, oltre che un eventuale enjambement, la continuità della proposizione, diversamente da X 118 i' pregai lo spirto... / che mi dicesse chi con lu'istava. / Dissemi...; Pg XXXIII 23 Sì com'io fui... seco, / dissemi; in Pd XVI 34 con voce più dolce e soave / ... dissemi; il codice Mad reca, giustamente, la variante mi disse, forse sostituita con dissemi sulla scorta dei due ditemi iniziali dei vv. 22 e 25. La lezione mi disse è inaccettabile in Pd IX 4, sebbene sia tramandata da codici autorevoli: si preferisce leggere ma disse (se non " Ma " disse, cfr. Petrocchi, ad l.; né si escluderà l'ipotesi che le due prime terzine del canto siano tutt'una frase, emendando il v. 2: Da poi che Carlo tuo... / m'ebbe chiarito 〈 e > mi narrò l'inganni / che ricever dovea la sua semenza, / Ma " disse, " taci e lascia muover li anni ").

9.3. In prosa, l'applicazione della legge Tobler-Mussafia non è costante come in poesia, specialmente nell'inizio di proposizione principale posposta a una secondaria. Tracce ne appaiono in Vn XII 2 E poi che alquanto mi fue sollenato questo lagrimare, misimi ne la mia camera, 3 quando m'avea guardato alquanto, pareami che sospirando mi chiamasse, e diceami queste parole, e 4 e riguardandolo, parvemi che piangesse pietosamente. Ma l'ordine inverso - secondo lo Schiaffini (Testi 281) sintomo di una nuova abitudine destinata a prevalere e a sconvolgere la norma antica - è documentato, nello stesso capitolo: § 5 Allora, pensando a le sue parole, mi parea che m'avesse parlato, e 3 pensando molto quanto a la vista sua, mi riguardava là ov'io giacea. L'enclisi è, invece, costante dopo e, ma: cfr. XXIII 12 elle si trassero verso me... e diceanmi.

9.4. In poesia, però, in condizioni anche non contemplate dalla norma suddetta, l'enclisi di -mi ricorre dopo forme verbali ossitone e monosillabiche, specialmente usate in rima. Delle 8 forme uscenti in (-)emmi, 5 sono in rima tra loro: Pd XV 88 e 90, compiacemmi e femmi; Pg XXXI 89, 91 e 93, femmi, rendemmi e tiemmi (con assimilazione tra tien e mi, come in If XIX 93 Viemmi retro); èmmi, " mi è " (Pd XXV 86) è richiesto dalla congiunzione e, e soltanto prosodica sembra la causa di femmi, all'interno di Pd XXIV 56. Delle 26 forme in -ommi, rimano tra loro mandommi e riguardommi (Pd XXXI 92 e 96), incominciommi e fommi (Pd XX 32 e 34), riguardommi e dimostrommi (Pg XXI 110 e 114), riguardommi e vommi (If XV 98 e 100). Rima interna si nota in If V 68 e più di mille / ombre mostrommi, e nominommi a dito. Invece, nelle 3 attestazioni di guardommi (If VI 92 guardommi un poco e poi chinò la testa; X 41 guardommi un poco, e poi... / mi dimandò: in questi due passi, alcune tradizioni recano guatommi [si trascura la var. guardome del codice Mad]; XXVIII 29 guardommi e con le man s'aperse il petto) l'inizio della proposizione principale coincide con quello del secondo verso della terzina, che contiene un secondo verbo, coordinato col primo. Queste coincidenze, assai difficilmente casuali, hanno le caratteristiche di una lingua poetica, individuale e formulare insieme. Anche due dei tre luoghi in cui appare fummi si riferiscono a un contesto semantico affine: Pg XXI 98 l'Eneïda... mamma / fummi, e fummi nutrice, poetando; Pd X 98 (con una curiosa coincidenza nel numero del verso, oltre che nella sede della terzina) Questi... / frate e maestro fummi, ed esso Alberto / è di Cologna. Il rafforzamento fonosintattico, sicuramente evitato in Pg XIV 76 lo spirto che parlòmi / ricominciò, in rima con nomi e vuo'mi, " mi vuoi ", manca in tutti i casi di riduzione del dittongo finale, in fe'mi (Pg X 53), pente'mi (in rima, XXII 44), die'mi (in rima, XXX 51), rife'mi (in rima, XII 7), dirizza'mi (XV 43), drizza'mi (Pd III 35), entra'mi (in rima, Pd X 41), guarda'mi (Pg XIII 47, in inizio di verso), torna'mi (in inizio di verso, If XVII 78), leva'mi (in rima, Pg XXVII 113), tra'mi (in inizio di verso, Rime LX 2), trarra'mi (LXVIII 49, dopo e), fuggi'mi (in inizio di verso, Pd III 104), senti'mi (in inizio di verso, Pg XVII 67), fu'mi (in rima, XXII 90 e Pd XXVI 123). Anche questi ultimi esempi sono sintomi dell'eccezionale continuità e consapevolezza stilistica di D.: le si possono evidenziare attraverso la constatazione della coerenza formale dei rapporti tra scelte morfologiche e contesti ritmico-prosodici.

10. Nel Fiore, delle circa 325 attestazioni di forme non enclitiche di m., una cinquantina sono costituite da me tonico, sempre preceduto da preposizione: quasi la metà dei casi si trova nella sesta sede dell'endecasillabo (cfr. IV 10 la pena che per me avra' a soffrire; IX 5 vidi Ragion... / venir verso di me, e per la mano / mi prese; XXI 3 contar né dir per me non si poria; XXXV 5 Allor tornò a me, che lungi m'era, / Ragion la bella; LXVIII 11 sì che neuno in me già mai si fidi; CLXIV 5 Di leggerne, da me congìo tu n'hai; CCIII 5 Lo Schifo sopra me forte correa; CCV 5 Po' corser sopra me quella brigata); soltanto 5 casi in quarta sede (v. 4., 4.1. e 4.2.).

In CXLV 3 Or me convien me pianger e languire, ‛ convenire ' è costruito con l'accusativo (v. 4.3.), espresso da me due volte nel verso; invece, in XI 2 e me fu ricordato ch'i'avea / un grande amico, è l'unica attestazione di me proclitico nel Fiore (v. 4.4.).

I nessi pronominali sono costituiti da 16 me n(e), 2 mi n(e) (CLIII 5 e CLIV 7), un 'l mi (III 13), 2 mi v(i) (CXXI 11 e CXXII 4); l'unica forma amalgamata è men, CXLV 10. Me è seguito da ‛ medesmo ', in XXXIII 5 fra me medesmo comincia' a pensare (cfr. 7., e v. If VIII 63).

Le forme con enclisi di -mi sono una trentina; con doppia enclisi, diràllami, CXXII 11; hàllemi, VIII 9; tòrrelmi, LXXXII 12. Rimano tra loro gl'infiniti della prima classe con enclisi di -mi: ascoltarmi e biasimarmi, XLV 1 e 5; invecchiarmi, atarmi e abbandonarmi, CXLVI 10, 12 e 14; salutarmi, merziarmi e guiderdonarmi, CCI 10, 12 e 14 (v. 8.3.). Sincope di -i-, soltanto in torna'mi (a inizio di XII 2), e tra'mi, in rima, LIV 5 (v. 9.3.); con caduta di -o-, eranmi, in inizio di CXLIX 11. Con rafforzamento fonosintattico, affideròmmi, a inizio di CXXVII 5. La legge Tobler-Mussafia è violata in LXXXI 6 s'i' ti ritegno del consiglio mio, / mi potrò io in te punto fidare? (v. 9.1.). Con -me enclitico, atarme (CC 14), secondo la lezione del Debenedetti (ma il Parodi: in tram', seguito dal Petronio in cui vedi, ad l., tutta la discussione del passo; e cfr. 8.3.).

Del Detto, ove sono scarse le attestazioni di m., si ricordi la forma con enclisi del v. 203 ed èmmene sí preso, e la rideterminazione del complemento di termine nel v. 166 sí come a me mi membra.

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