MICENE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

Vedi MICENE dell'anno: 1961 - 1973 - 1995

MICENE (Μυκῆναι, Μυκήνη)

H. Wace
Red.
H. Wace

Antica città greca del Peloponneso, nell'Argolide (9 km a N-E di Argo) al disopra della valle dell'Inachos e del punto d'incontro di tutte le strade dirette a S dalla zona di Corinto. La città è situata in una splendida posizione naturale che la favoriva a diventare un centro dominante. Questo luogo di grande bellezza, formante una naturale acropoli di moderata altezza (m 278), al riparo fra i due monti Haghios Elias e Zara, protetto dal grande burrone del Chaos a S, conferì all'antica città dignità e saldezza. Magnifica nelle sue rovine, M. continua ad affascinare e a stimolare l'immaginazione anche al più casuale visitatore e a mantenere la sua incontrastata posizione nel campo della storia, della cultura, dell'epica, del dramma (v. anche minoico, micenea, arte).

Dall'altura sopra al Tesoro di Atreo si ha una superba visione di tutto il paesaggio circostante. A S è la fertile pianura di Argo che si estende fino al golfo di Nauplia con il saliente profilo del Palamidi e il pittoresco isolotto fortificato di Bourdzi nel porto. Tra il golfo e M. si scorge Argo con l'acropoli di Larissa e quella più bassa di Aspìs. La pianura è percorsa da due fiumi, il Kephissos e l'Inachos. Ad E si profila nettamente l'acropoli di M. che domina la pianura argiva e ne controlla gli sbocchi e gli ingressi a E e a N. Una strada gira intorno alle pendici O e N di Haghios Elias, un'altra si dirige verso il centro preistorico di Berbati, situato oltre la fonte Perseia, di così vitale importanza per i Micenei in ogni periodo storico. A N-O nei giorni sereni i picchi montagnosi di Kyllene dominano l'orizzonte.

(H. Wace)

1. Origini, scoperte e scavi. - Omero (Od., iii, v. 263) descrive M. nel recesso dell'Argolide nutrice di cavalli (ἐν μυχῷ ῎Αργεος ἱπποβότοιο) e una spiegazione etimologica del nome della città era appunto quella che lo ricollegava a μυχός, mentre un'altra lo considerava derivato da μύκης ossia dal fungo o puntale del fodero della spada che Perseo aveva perduto nel luogo dove avrebbe fondato M. (Paus., II, 15, 4; II, 16, 3; Hekataios, Schol. Ven., Od., xv, 302; Schol. Nic. Alex., 101; Jacoby, Frag. Hist. Gr., i, p. 324).

Le mura ciclopiche rimasero in gran parte sempre visibili, ma Tucidide (1, 10) dice che M. era stata un piccolo abitato come tutti gli altri di quei tempi, Diodoro (xi, 65) la ricorda disabitata fino al suo tempo, e Strabone (viii, 6, 10) dice che della città non rimaneva neanche l'orma. Pausania, oltre a riportare le leggende sull'origine, sulle antiche popolazioni e sulle dinastie, si sofferma a descrivere le rovine, dicendo che rimane ancora una parte delle mura con la porta principale; ricorda altri edifici, la fonte Perseia, la costruzione sotterranea di Atreo e dei figli, dove, secondo la tradizione, erano conservati i tesori delle loro ricchezze, la tomba di Agamennone e dei compagni uccisi da Egisto al ritorno da Troia durante il banchetto, mentre Clitennestra ed Egisto sarebbero stati seppelliti un po' lontano dalle mura, poiché non sembrò degno che venissero sepolti là dove riposavano Agamennone e quelli uccisi con lui. Le rovine e il cosiddetto Tesoro d'Atreo furono visitati e descritti da varî viaggiatori, fra i quali il Dodwell, il Leake, il Mure ecc., ma i primi scavi sul luogo furono intrapresi da E. Schliemann (v.), che, dopo la scoperta di Troia, si recò a M. nel 1874, e, seguendo il testo di Pausania, andò alla ricerca delle tombe di Agamennone e dei compagni, soffermandosi, sulla sua scorta e contro l'opinione dei dotti, dietro le mura e scoprendo così il circolo interno delle tombe a fossa regali piene di suppellettile aurea, che veniva a confermare l'epiteto omerico di polöchrysos di Micene. La moglie Sophia raccolse con le sue mani gli ori in venticinque giorni di assiduo e appassionato lavoro, nell'atmosfera accesa e vibrante in cui riprendevano vita nella mente dello Schliemann i fantasmi degli Atridi nelle maschere auree, nelle spade, nei pugnali, nelle stele scolpite, e di Nestore nell'aurea coppa con le colombe. Poiché Pausania parlava di cinque tombe, Schliemann, giunto alla V tomba, fermò gli scavi, credendo di averli esauriti, e vedendo nel cerchio di pietre un recinto sacro e in una muratura cilindrica con apertura circolare, trovata a tre metri di profondità, un altare. L'ansia della ricerca portò ad uno scavo affrettato, che sconvolse gli strati senza un'adeguata serie di appunti e di disegni dei trovamenti; spetta al Doerpfeld, durante i suoi soggiorni a M. nel 1885 e nel 1886 il merito di aver indagato la struttura e la ricostruzione delle tombe a fossa con i muretti di contenimento, la copertura a lastre schistose su travicelli lignei, i cui resti erano stati interpretati dallo Schliemann come tracce del rogo. Nel 1877 lo Stamatakis, che il governo greco aveva nominato assistente agli scavi, continuò le ricerche a cura della Società Archeologica Greca e scopri la VI tomba.

Del Tesoro di Atreo si vedeva solo una parte, il dròmos era interrato; dopo qualche saggio dello Schliemann nel 1873, lo Stamatakis completò lo scavo nel 1878, raccogliendo resti delle decorazioni architettoniche della facciata, già spogliata in più riprese dai viaggiatori che avevano spezzato i frammenti troppo grandi e portato via pezzi di colonne, capitelli, lastre, a cominciare dall'agente di Lord Elgin, il Lusieri, disperdendo i frammenti, oggi in parte a Londra, a Berlino, a Monaco, a Karlsruhe. Incerte sono le notizie di scavi che tra il 18o8 e il 1810 avrebbe fatto il Governatore di Morea, Veli Pascià nel Tesoro di Atreo e in altra thòlos. Le thòloi furono scavate e illustrate dallo Tsountas in una serie di campagne dal 1887 al 1892. Accanto agli scavi promossi dalla Società Archeologica Greca, si iniziarono nel 1920 quelli della Scuola Archeologica Britannica, che hanno messo in luce tutta una serie di case e di edifici dentro e fuori le mura, varie tombe della necropoli e hanno permesso una sistematica revisione dei monumenti già noti attraverso un riesame accurato e saggi stratigrafici sotto la direzione di A. J. B. Wace, a cui molto deve l'archeologia micenea.

Gli scavi promossi dal governo greco hanno portato ultimamente fra l'altro alla importante scoperta del Circolo B di tombe a fossa fuori dalla Cittadella.

(Red.)

2. Storia. - Ancora scarne e sporadiche sono le tracce dell'occupazione neolitica di M., benché sia largamente attestata da altre località dell'Argolide. Nell'antica Età del Bronzo l'occupazione è documentata in modo assai più certo dai molti trovamenti distribuiti in aree molto più vaste.

La popolazione dell'antica Età del Bronzo (3000-2000 a. C.) sembra fosse non greca e imparentata con quelle delle isole e di Creta, forse anche di parte delle genti dell'Asia Minore. Nella media Età del Bronzo (circa 2000-1600 a. C.) M. cominciò a diventare potente con la venuta di una nuova popolazione, la cui grecità è attestata ora dal deciframento della scrittura micenea detta lineare B.

L'acropoli fu occupata e fortificata, le tombe a fossa del Circolo B (fig. 1312,15) furono usate da principi e da nobili, il Cimitero Preistorico (fig. 1312, 26; fig. 1314, F) dal popolo. Nel periodo di transizione dalla media alla tarda Età del Bronzo le tombe a fossa del Circolo A (fig. 1312,28; fig. 1314, G) scoperte dallo Schliemann e dallo Stamatakis cominciarono ad essere usate. A queste seguirono poi come tombe reali le famose thòloi, ambienti circolari coperti con cupola ogivale a falsa vòlta, il cui sviluppo architettonico sembra che inizî intorno al 1510 a. C. e continui per circa due secoli (fig. 1312, 1-9).

Durante il Tardo Elladico I e II, (per le periodizzazioni v. tabella cronologica p. 11o8) il progresso e lo sviluppo nel campo economico, politico, artistico fu considerevole, come risulta dalla ceramica. E in questo periodo che l'influsso cretese diviene particolarmente evidente, mentre verso la fine si inizia l'influsso dal continente verso Creta. Tuttavia la civiltà micenea raggiunse il suo culmine dopo la caduta di Cnosso (v.), intorno al 1400 a. C. durante le prime due fasi del terzo periodo della tarda Età del Bronzo, note come Tardo Elladico III A e Tardo Elladico III B.

L'espansione commerciale si estese in Egitto, Siria, Palestina, nella costa orientale dell'Egeo e ad occidente fino alla Sicilia. Durante la tarda Età del Bronzo (1400-circa 1100 a. C.) abbiamo ampie testimonianze della potenza di M. come stato fiorente e centro di un vasto dominio, che giustifica la tradizione omerica della sovrauità di Agamennone.

L'acropoli fu allargata e fortificata e fu costruito un palazzo nuovo e più complesso. Si costruirono le più grandi fra le tombe a thòlos (1, 7, 8, 9). Dentro la fortezza sorsero case dall'impianto ben disegnato (fig. 1314, H-L, R), magazzini (fig. 1314, B) e riserve d'acqua in caso d'assedio (fig. 1314, W); si creò una complessa ed elaborata cinta di mura.

Ci sono prove di un benessere e di un gusto per una vita in ambienti spaziosi e decorati. Il Palazzo e le case mostrano tracce di saccheggio seguito da incendio. Le case lungo la via principale sembra che siano state distrutte all'impazzata prima della fine del Tardo Elladico III B e le case della Cittadella alla fine di questo periodo. Ambedue le catastrofi furono dovute probabilmente o a lotte civili, o ad un'ondata di invasori, forse all'avanguardia dei Dori. La distruzione finale, però, che segua il collasso della civiltà micenea, avvenne forse verso la fine del XII sec. a. C.

Scarse e confuse sono le tracce di un'occupazione per i periodi successivi. L'Età del Bronzo si sviluppò gradatamente nella antica Età del Ferro (Protogeometrico) durante la quale il luogo fu certamente abitato. Il curioso santuario, noto come Agamemnoneion (fig. 1312,29) dalla testimonianza del culto di un eroe posto vicino ad una antica strada, fu scavato nel 1950 e restituì un ricco deposito che abbraccia due secoli e mezzo (dall'viii ai primi del V sec. a. C.). Fu distrutto dagli Argivi e rifatto in età ellenistica. Sembra che sull'alto della Cittadella ci sia stato un tempio del VI sec. a. C. forse dedicato ad Atena, ma le rovine esistenti sono ellenistiche (fig. 1314, Q). Non può essere stato periptero perché non vi sono colonne, rimangono le fondazioni, blocchi della cornice e tegole. Probabilmente dinnanzi alla fronte S del tempio più antico, sorgeva un'ara alla quale avrebbe appartenuto il noto frammento di altorilievo con testa femminile di tipo dedalico. È da notare l'orientamento N-S, invece di quello E-O; può essere dovuto alla continuazione dell'orientamento dell'area sacra più antica (fig. 1314, P, 18). M. nel periodo classico inviò un contingente di uomini a combattere contro gli invasori persiani alle Termopoli (Paus., II, 16, 5) e a Platea (Herod., ix, 28), e il suo nome fu ricordato sul sostegno serpentiforme del tripode di Delfi, nel ruolo di onore delle città greche che combatterono per la libertà. Nella prima metà del V sec. a. C. M. fu distrutta da Argo, secondo Pausania per gelosia. Mancano le prove per sapere se gli Argivi smantellarono il tempio o lasciarono semplicemente che cadesse in rovina. Come dipendente da Argo M. fu ricostruita in età ellenistica (fig. 1312, 18, 19, 20, 21, 29; fig. 1314, E, Q, V).

La ceramica offre una ricca documentazione dell'occupazione di questi periodi storici. Durante i restauri eseguiti nel 1950 alla cosiddetta Tomba di Clitennestra si mise in parte in evidenza il teatro ellenistico (1, 20), che era stato costruito attraverso il dròmos della thòlos, scavando la fila inferiore dei sedili e parte dei muri della scena.

Il cosiddetto Ginnasio ellenistico, dopo le ricognizioni inglesi del 1952, è risultato invece una fontana (fig. 1312, 21) da identificarsi con la Perseia Krène vista da Pausania a Micene. Vi sono due bacini, uno largo e uno stretto, costruiti contro un muro di terrazzamento a blocchi di pòros del tardo periodo classico. Le rovine esistenti sono ellenistiche, ma si sovrappongono a un canale più antico. Più a oriente c e un'altra canalizzazione antica (fig. 1312, 25). In uno dei bacini è inserita un'iscrizione del secondo venticinquennio del V sec. a. C., una pietra di confine da un santuario di Hera.

Dell'occupazione romana di M. restano infine scarse, ma sicure, rovine.

Diamo qui di seguito una tabella cronologica per Micene (2a colonna) e per altre aree di contatto (3a colonna).

Tabella

3. La Cittadella e il Palazzo. - La Cittadella di M. è irregolarmente triangolare nell'impianto. L'ingresso è dal lato N-O attraverso la Porta dei Leoni (fig. 1312, 27; fig. 1314, A) e da N-E attraverso la Postierla (fig. 1314, X). Le mura stesse furono originariamente costruite nello stile conosciuto come ciclopico, a pesanti blocchi, talvolta rozzamente squadrati, di calcare, e rinzeppati con piccole pietre e con l'argilla gialla locale (da Plesia). Le due porte e la torre a S-E vicino alla Casa delle Colonne (fig. 1314, R) sono costruite in un secondo stile preistorico, a blocchi di conglomerato ben lavorati, generalmente in filari più o meno regolari. Un terzo stile poligonale a M. è di età ellenistica e indica restauri fatti nel III sec. a. C. È stato usato anche nella recente ricostruzione in un settore del muro O e S della Porta dei Leoni. Da un accurato studio delle testimonianze archeologiche risulterebbe che il periodo di maggiore attività edilizia a M. fu tra il 1350 e il 1250 a. C. Il vasto progetto di fortificare la cittadella deve aver richiesto un tempo considerevole per essere portato a compimento. Si sono fatti di recente tentativi per stabilire una datazione dei varî settori delle mura, ma l'impianto generale sembra avere quell'unità e quell'equilibrio che risultano da una concezione singola. L'impianto della Porta dei Leoni (fig. 1314, A) illustra un vecchio principio di fortificazione difensiva: l'aggetto cioè del forte bastione dal lato destro degli attaccanti privo della protezione dello scudo, e si ritrova anche nella Postierla.

La Porta dei Leoni si compone di quattro grandi blocchi di conglomerato, la soglia, i due stipiti e il massiccio architrave, che sostiene il famoso rilievo dei leoni, inserito in un triangolo di scarico. La porta pare che sia stata a due battenti e ci sono profondi incavi sugli stipiti per l'inserzione di una trave scorrente di legno, che doveva fermare i battenti. La soglia presenta intaccature per le bestie da soma e sui due lati è un solco per le ruote dei carri e dei carretti.

La generale somiglianza architettonica fra il Tesoro di Atreo e la Porta dei Leoni suggerisce la possibilità che siano stati costruiti dallo stesso dinasta. La Porta dei Leoni era il punto naturale dove faceva capo la strada principale che saliva dalle Tombe di Clitennestra e di Egisto per entrare nella Cittadella e condurre, attraverso la Rampa, al Palazzo.

Il Granaio (fig. 1314, B), forse un magazzino, ebbe due periodi costruttivi. La pianta, adattata ai limitato spazio disponibile, presenta due corridoi paralleli a E e a O, che corrono all'incirca da N a S, i quali nella ricostruzione furono allungati verso S-O da un prolungamento a leggero angolo. Lo stato delle rovine mostra che il Granaio fu distrutto da un incendio. I resti di una stanza superiore sono caduti dentro il pianoterra orientale. Ceramiche dell'ultima fase della tarda Età del Bronzo (Tardo Elladico III, C) era abbastanza comune sui pavimenti dei corridoi e del piano terra; tanto comune da dare il nome di "classe del Granaio" a questo tipo di ceramica.

La Grande Rampa (fig. 1314, D) è una massiccia costruzione in relazione alla via dalla Porta dei Leoni verso il Palazzo. La strada è fiancheggiata da bassi muri laterali a E e ad O, ciascuno terminante inferiormente in un massiccio blocco di conglomerato, che serve da anta. Il parapetto E è rozzamente allineato con il muro di sostegno della terrazza (fig. 1314, C) all'interno della Porta dei Leoni. Il parapetto O può aver risalito la pendice a gradini. Dall'alto della Grande Rampa il moderno sentiero che sale le pendici O della Cittadella si divide in tre rami. Il primo a destra, a S-E, conduce lungo la linea di una antica via a un punto proprio sotto la Grande Scalinata (fig. 1314, P, 9), che costituiva un ingresso per i visitatori ufficiali. Un po' più avanti un altro ramo conduce a sinistra, verso N-E, e procede fino alla Postierla (fig. 1314, X). Il terzo ramo al centro, va verso l'angolo N-O del Palazzo (fig. 1314, P, i) dove era probabilmente l'ingresso di uso generale.

È possibile che i gradini (fig. 1314, N), trovati di recente durante il corso dei restauri nell'area della Postierla, debbano riconnettersi con questo utile ingresso per mezzo di un doppio pianerottolo, offrendo una conveniente forma di accesso da E.

Nella media Età del Bronzo la sommità della Cittadella fu per la prima volta cinta da mura di fortificazione (fig. 1314, M), e forse allora vi fu eretta la residenza del principe.

Qui probabilmente hanno abitato i due principi sepolti nella vi tomba a fossa, la più antica delle sei. Dell'attività edilizia di questo periodo poco rimane oltre a un pezzo delle mura di difesa sull'orlo della roccia a N e alcuni muri sconnessi in strati sottostanti a molte parti del Palazzo. La ceramica di questo periodo Medio Elladico è però cosi abbondante su tutta l'area del Palazzo da far dedurre che M. doveva essere allora molto popolata.

La prima fase della tarda Età del Bronzo (Tardo Elladico I) è il periodo della dinastia associata alle cinque tombe a fossa. Le tracce di costruzioni posteriori al Medio Elladico e più antiche del Palazzo esistente sono presumibilmente da assegnare a questi re e a quelli sepolti nelle più antiche thòloi. Il Palazzo più antico sembra che sorgesse sulle terrazze naturali del colle e che sia stato adattato al luogo.

La nostra mancanza di elementi di questo Palazzo è dovuta in gran parte al drastico livellamento fatto per la ricostruzione e reso necessario per l'ardito disegno del Palazzo esistente del periodo Tardo Elladico III B. Per quest'ultimo e più ambizioso Palazzo il luogo fu adattato alla pianta armonica e ben disegnata. La disposizione è semplice e impiantata organicamente sulla terrazza occidentale (fig. 1314, P, I-4) con i corridoi N e S (fig. 1314, P, 5 e 6), con un quartiere ufficiale aulico aggruppato intorno alla grande corte sul lato meridionale del corridoio s, che originariamente si estendeva più ad E; con un quartiere domestico unito al corridoio N, e una serie di appartamenti residenziali per la famiglia reale nel settore immediatamente a N del Mègaron (fig. 1314, P, 5-17). Lo schema generale prese forma molto presto in questo periodo ma molte delle ovvie alterazioni furon fatte gradualmente per soddisfare i gusti individuali dei dinasti stessi e furono intraprese per necessità di restauri. C'era probabilmente una corte nel periodo più antico, ma a un livello più alto. Il disegno del Mègaron, esistente (fig. 1314, P, 14) e della Grande Corte (8) con la Sala del Trono (10) fu chiaramente concepito come un'unità e lo schema fu eseguito dopo il completamento delle Mura Ciclopiche. Con l'abbassamento della grande corte gli strati intermedî furono spazzati via in modo che lo strato medio-elladico esiste quasi immediatamente al di sotto del pavimento di cemento della grande corte. La Grande Scalinata (9) e il prolungamento N-E della Cittadella appartengono a una fase ancora più tarda. Il completamento del muro di terrazzamento O con il pròpylon e le stanze della guardia e le grandi basi di colonne pare che appartengano a una fase intermedia. Il gruppo di ambienti del Mègaron, portico, vestibolo e Mègaron stesso (12-14) è impressionante nell'impianto e nella disposizione, nobilmente concepito e costruito e riccamente decorato. I pavimenti erano di gesso e stucco vivacemente dipinti. Il Mègaron aveva quattro colonne nel centro intorno a un focolare circolare di stucco dipinto. Pitture decoravano le pareti delle tre stanze. Tale era il palazzo di Agamennone che nella fase finale fu saccheggiato e ciecamente distrutto.

Nelle rovine sono molte tracce del disastroso incendio che pose fine al periodo di potere e di gloria, ma l'atmosfera di grandezza seguita ancora ad eccitare l'immaginazione dei visitatori.

Negli ultimi anni il Servizio Greco delle Antichità ha proceduto a molti restauri e ricostruzioni, e le parti più pericolanti delle rovine sono state rafforzate e parzialmente restaurate. Questo è particolarmente evidente nel Palazzo in specie nel complesso del Mègaron, dove il perimetro è stato ricostruito, il grande blocco della soglia, che era caduto a un livello più basso, è stato riportato a quello originario, e la grande scalinata è stata isolata.

Saggi sul portico del Mègaron hanno rivelato quello che sembra un altare e il possibile alloggiamento del trono.

Le Mura Ciclopiche sono state ricostruite con i materiali originari, in molti punti, particolarmente nell'area fuori del Circolo A e nel settore settentrionale a E e ad O della Postierla.

4. Case. - Scavi recenti hanno dato abbondanti conferme alla teoria che le abitazioni fuori della Cittadella erano frequenti a Micene. Ciascun gruppo o suburbio, in luogo scelto forse originariamente in relazione all'approvvigionamento idrico, pare che abbia costituito un centro sviluppato con molte case ben costruite, con adeguata canalizzazione, e talvolta con ambienti che sembrano commerciali. Sebbene le strutture mostrino generalmente una certa uniformità nella tecnica costruttiva e nei principi architettonici, non ne risulta una monotona somiglianza nell'impianto. Nelle vicinanze di ciascun abitato si sono trovate tombe che dalla suppellettile risultano parte integrante dell'area a cui appartengono. Così ogni comunità dà l'imptessione di previdenza e di organizzazione, particolarmente quelle della tarda Età del Bronzo. Uno dei risultati più impressionanti degli scavi dell'ultimo decennio è stato l'incremento delle nostre conoscenze sulla vita domestica del popolo di M. nel periodo del suo massimo sviluppo, la tarda Età del Bronzo. Si sono conosciuti molti particolari architettonici e del corredo della vita quotidiana. L'ingegnosità dell'architetto miceneo risulta evidente nel costruire case private come nei più grandi problemi del Palazzo, sia per quel che concerne l'adattamento della pianta al luogo o viceversa. La natura collinosa del terreno è sfruttata e integrata da terrazzamenti artificiali per semplificare e al tempo stesso per rafforzare le fondamenta, come nella Casa del Piombo, nelle Case degli Scudi, del Mercante d'olio, delle Sfingi, nella Casa Ovest, lungo la via principale moderna, e nella costruzione della Terrazza ciclopica (fig. 1312, 10-14, 16). Si creano ingegnosamente piani interrati, anche parziali, con originalità e individualità, utilizzando una differenza di livello per ricavare magazzini che costituiscono un importante complemento per una vita confortevole. Buoni esempi di case con utili magazzini terreni sono quelle del Mercante d'olio, delle Sfingi (fig. 1312, 12, 13), della Rampa, del Vaso dei Guerrieri, la Casa Sud, la Casa della Cittadella, la Casa Tsountas, la Casa delle Colonne (fig. 1314, H-L, R). I passi omerici riferentisi a magazzini per cibi, vesti, armi sono bene illustrati dalle molte case private di Micene. La nostra conoscenza dei piani superiori di queste case dipende in gran parte da un'accurata analisi dei resti caduti dall'alto, spesso ricchi di elementi artistici, come legno intagliato, avorî, faïence, vasi di pietra, affreschi, ceramica. Le scale sembra che non abbiano rappresentato un problema per l'architetto, ma non sono rari esempi di ambienti inferiori privi di mezzi di accesso. Molte case mostrano il posto per scale e gli esempi migliori esistenti di scalini sono forse quelli nella via accanto alla Casa Tsountas, come pure quelli di recente scoperti dentro la casa stessa, e il bell'impianto della Grande Scalinata del Palazzo (fig. 1314, 9). Ci sono molti passaggi, rampe, accessi, spesso un po' stretti, soprattutto naturalmente nella Cittadella, ma è da notare che il Granaio sembra esser l'unico esempio di struttura costruita direttamente contro le Mura Ciclopiche. Per ovvie ragioni di comunicazione e di difesa era uso lasciare libero un passaggio all'interno delle mura. Esistevano logge (probabilmente nella Casa della Rampa e nel Palazzo) come dimostrano le pitture, ma manca una adeguata testimonianza architettonica della disposizione degli ambienti nei piani superiori. Una notevole varietà individuale appare negli ambienti del pianterreno, anche tra quelli che sembrano aver l'impianto a mègaron (v.). Ci sono molti esempi di tecnica a travi lignee, sia verticali che orizzontali (Case degli Scudi, del Mercante d'olio, delle Sfingi, Casa Ovest, Casa Petsas, Casa Sud, Casa Tsountas, Casa delle Colonne (fig. 1312, 11-14, 17; fig. 1314, J, L, R). I muri delle case sono in genere costruiti di rozze pietre tenute insieme con argilla giallastra. Sono ricoperti di intonaco di fango, di argilla e di stucco a seconda delle circostanze. Talvolta agli angoli sono usati grandi blocchi e i muri sono più spessi. Le soglie di pietra dura spesso hanno fori scavati per inserirvi le porte.

I pavimenti, generalmente d'argilla chiara battuta duramente, mostrano accuratezza e frequenti rinnovamenti, con una tecnica ancora in uso in Grecia. Sia il tetto piano (Od., X, 552 ss.), sia quello a spioventi (Il., xxiii, 712) pare che siano noti in Omero, ma le testimonianze in M. sembrerebbero indicare una preferenza per il tetto piano. L'illuminazione sembra che dipendesse principalmente dal cortile aperto.

Lo scavo delle case lungo la via moderna principale ha dato a M. il posto che le era dovuto anche nel campo della documentazione scritta, fra i centri della Grecia preclassica. Nel 1950, l'anno in cui si iniziò lo scavo delle prime tre case, la prima tavoletta nella scrittura lineare B micenea fu trovata sulle pendici vicino alla Casa Petsas (fig. 1312, 17). Questa fu seguita dalla scoperta nella Casa del Mercante d'olio di 38 tavolette (nella stanza i, il magazzino dell'olio, e nella stanza 2). Nel 1953 una tavoletta si rinvenne nella Casa degli Scudi (stanza occidentale), e nella Casa delle Sfingi si trovarono sette impronte di sigilli iscritti nella soglia della stanza i, la quale conteneva una grande quantità di ceramica, chiaramente classificabile, e con ceneri di legno, attestanti armadi e suppellettili. Nella stanza 6 (la terza da N verso il lato O) della stessa Casa delle Sfingi, si trovarono altre 9 tavolette, fra le quali quelle contenenti le liste dei "condimenti". Nella Casa Ovest nel 1957-58 gli scavatori greci hanno trovato due tavolette intere, una più grande dell'altra, e un certo numero di frammenti. Nel 1959 un sigillo iscritto fu trovato dagli scavatori inglesi nella Casa della Cittadella, una scoperta significativa poiché costituisce la prima chiara indicazione nell'area stessa dell'acropoli dell'uso, oltre che su vasi, della scrittura lineare B. È presumibile che nel Palazzo ci sia stata una stanza di archivio come a Pylos (v.), ma, se esisteva, o è stata distrutta nelle ricostruzioni maggiori, o nella rovina finale del Palazzo in tempi antichi, o forse non è stata riconosciuta dai primi scavatori.

Già il deciframento delle tavolette nel 1952 ha portato molta nuova luce nell'interpretazione della vita micenea e il lavoro di decifrazione sulle tavolette esistenti e provenienti da varî luoghi continua con intenso interesse (v. minoico-micenea, arte: Le scritture).

5. Tombe. - A M. ci sono molti esempi di ciascuno dei cinque tipi di tombe, a pozzo, a cista, a fossa, a camera, a thòlos. Per semplici privati si usarono generalmente i primi due tipi, e la tomba a cista si sviluppò in quella a fossa, che divenne il tipo delle tombe reali più antiche, usato in ambedue i circoli (fig. 1312, 15, 28; fig. 1314, G). La tomba a camera pare che sia diventata il tipo corrente di tomba di famiglia, e continuò per questo uso particolare, così come la thòlos fu usata quale tipo di tomba regale. La tomba a camera è tagliata nella tenera roccia delle pendici del colle, come un vano artificiale. Il termine di tomba a thòlos dovrebbe essere applicato strettamente a una grande tomba circolare di un diametro di base generalmente uguale all'altezza. Dovrebbe inoltre essere costruita con un grande scavo rotondo praticato nella pendice di un colle e accessibile per mezzo di un corridoio d'ingresso scoperto (fig. 1312, 1-9). A M. stessa sembra che si sia usato lasciare visibile all'esterno il tumulo sopra al culmine della thòlos finita. Nelle nove thòloi di M. gli elementi fondamentali descritti si riscontrano concretamente. Nel continente greco ci sono più di cinquanta esempi di questo tipo preciso in varî stadî di sviluppo. Ma il termine talvolta è dato liberamente ad altre tombe circolari che risultano in genere mancanti di qualcuno di questi elementi essenziali che caratterizzano la vera tomba a thòlos micenea. Con la ripresa degli scavi nel 1950 sono stati fatti altri studi sui problemi delle thòloi. Lo scavo della thòlos di Epano Phourno (fig. 1312,2) è stato completato e si è confermata la sua posizione nel primo gruppo. Altra indagine sulla thòlos di Egisto (fig. 1312, 3) e nella thòlos di Clitennestra (fig. 1312,9) hanno rivelato importanti dettagli tecnici riguardo ai muri di sostegno, come pure riguardo al rivestimento di argilla generalmente posto sul tumulo di terra sopra alla cupola. Sebbene struttivamente il tipo della tomba a thòlos sembri derivato da uno sviluppo della tomba a camera, praticamente esso rimpiazza la tomba a fossa come tomba reale e conferisce maggiore distinzione al sepolcro del re. È da rimpiangere che nessuna di queste nove thòloi di M. sia rimasta non saccheggiata. L'importanza della thòlos di Dendra, per quest'area generale, è perciò accresciuta dalla documentazione che offre riguardo al metodo di seppellimento in questo tipo di tomba a thòlos.

La scoperta del 1951 del più antico Circolo B e il successivo scavo hanno dato la possibilità di fare maggior luce sui problemi riguardanti la disposizione delle tombe a fossa. Il Circolo B è notevolmente a occidente dell'area del Cimitero Preistorico e pare che sia un recinto indipendente, sebbene fosse in uso contemporaneamente a molte delle tombe del Cimitero Preistorico.

Gli scavatori del Circolo B pensano che il recinto di pietra sia stato costruito per ricevere le tombe e non eretto in un secondo tempo, come pare invece sia il caso del recinto del Circolo A, sorto per onorare un gruppo di tombe reali. Il peso della documentazione riguardante il Circolo A è in favore di una data più tarda per il circolo stesso, piuttosto che per le tombe a fossa che racchiude.

Sembra indubbio che un livellamento dell'area del Circolo A precedette la costruzione del circolo stesso, causando la distruzione di ogni eventuale stratificazione preesistente. Gli elementi che si hanno a disposizione indicano che le più antiche tombe del Circolo B devono datarsi prima delle più antiche del Circolo A e che le più recenti del Circolo B possono essere contemporanee ad alcune di quelle del Circolo A. La datazione della costruzione del Circolo A è strettamente legata con quella parte delle Mura Ciclopiche che lo circonda così nettamente. Si è tentati di associare al Circolo B la tradizione riportata da Pausania riguardo al seppellimento di Egisto e di Clitennestra, fuori delle mura ma c'è il ragionevole dubbio se il Circolo B fosse visibile o conosciuto al tempo di Pausania, e se la leggenda possa essere sorta da una generale tradizione dell'esistenza di una o più antiche necropoli fuori dalle mura.

6. Cimitero Preistorico. - Questo nome è stato dato ad un'area rettangolare irregolare che si estende a S della linea del muro E-O, forse il muro N del tèmenos, e include la Casa Sud nel lato meridionale. Quest'area fu tagliata dalla porzione N-O delle Mura Ciclopiche. Fuori delle mura c'è un addensamento di varî periodi, ma sono state trovate più di quaranta tombe, comprese le sedici trovate nel 1950 sotto la Casa del Vaso dei Guerrieri, spesso in gruppi, attraverso l'area. I lavori di ricostruzione hanno aggiunto due tombe fuori delle mura, una trovata nell'angolo N-O del bastione occidentale della Porta dei Leoni un'altra sulla linea delle mura un po' più a S. La natura piuttosto tenera della roccia è stata senza dubbio un fattore determinante nella scelta di quest'area come necropoli, e molte delle tombe più antiche sono state ricavate nella roccia. La roccia dura dell'acropoli termina sulla linea del Muro Ciclopico a N-E della Porta dei Leoni.

Nessuna traccia di case medio-elladiche è stata trovata in quest'area, ma ci sono prove che il Cimitero era in uso a partire all'incirca dal 2000-1400 a. C. C'era un'ovvia tendenza a disporre le tombe a gruppi e il gruppo di gran lunga più importante era quello delle sei tombe a fossa reali, noto come Circolo A, cinque trovate dallo Schliemann e la sesta più antica dallo Stamatakis. Sono nella sezione esterna occidentale e variano in dimensioni e in profondità. Vi furono sepolti i resti di diciannove persone. La tradizione dell'onore attribuito a queste tombe reali persistette e non si fece alcun'altra costruzione in quest'area. Pausania ricordò la leggenda locale che queste fossero le tombe di Agamennone, di Cassandra e dei loro compagni uccisi. Nessun carattere sacro sembra che sia attribuito alle altre tombe nel Cimitero Preistorico. Il Granaio e case private furono infatti costruiti sopra di esse, e fuori dalla Porta dei Leoni il terreno fu terrazzato (fig. 1312, 24) e usato per umili case, osterie, baracche e botteghe.

Bibl.: Tutta la bibliografia in A. J. B. Wace, Mycenae, Princeton 1949. Si aggiunga: E. L. Bennett, Mycenae Tablets II, in Trans. of Am. Philosophical Soc., 1958, 48, Parte I; J. Chadwick, The Decipherment of Linear B, Cambridge 1959; B. E. Moon, Mycenaean Civilization, Publications since 1935, Inst. of Class. Studies, Univ. of London, Bull. Supp., n. 3, 1957; G. Mylonas, Ancient Mycenae, Princeton 1957; M. Ventris-J. Chadwick, Documents in Myceneaen Greek, Cambridge 1956; T. B. L. Webster, From Mycenae to Homer, Londra 1958. Inoltre: Annual Brit. School Ath.,XLVI, 1951, Paper Presented to Professor Alan Wace, passim; H. Thomas, The Acropolis Treasure from Mycenae, in Annual Brit. Sch. Ath., XXXIX, 1942, pp. 65-87; A. J. B. Wace, Notes on the Homeric House, in Journ. Hell. St., LXXI, 1951, pp. 203-211; id., The Last Days of Mycenae, in The Aegean and the Near East. Studies Presented to H. Goldman, Locust Valley, New York 1956; G. E. Mylonas, ῾Η ἀκρόπολις τῶν Μυκηνῶν, in ᾿Αρχ. ᾿Εϕημ., 1958, p. 153 ss.; H. Wace, Mycenae, Guide, Meriden 1960.

Per i singoli scavi: Bull. Corr. Hell., LXIII, LXXV-LXXXIII, Chronique des fouilles, passim; Archaeology, passim e specialmente XIII, i. Scavi 1950: A. J. B. Wace, Mycenae 1950, in Journ. Hell. Studies, LXXI, 1951, pp. 254-257 (Cimitero Preistorico, Mura medio-elladiche, Casa Tsountas, Thòlos Epano Phourno, Terrazza ciclopica, Casa del Mercante d'olio); J. M. Cook, Arch. in Greece, 1949-50; ibid., p. 239 ss. (Casa Petsas); A. J. B. Wace, in Ill. London News, 23 dicembre 1950; J. Papadimitriou-Ph. Petsas, ᾿Ανασκαϕαὶ ἐν Μυκήναις, in Πρακτικά, 1951 (1950), pp. 203-233 (Casa Petsas); J. Papadimitriou, ᾿Αναστηλωτικαὶ ᾿Εργασίαι ἐν Μυκήναις, in ᾿Αρχ. ᾿Εϕημ., 1948-49 (1950), pp. 43-48 (Thòlos di Clitennestra, Porta dei Leoni).

Scavi 1951: J. M. Cook, Arch. in Greece 1951, in Journ. Hell. Studies, LXXII, 1952, p. 97 ss. (Terrazza ciclopica, Casa Petsas, Thòlos di Clitennestra, Circolo B); J. Papadimitriou-Ph. Petsas, in Πρακτικά, 1952 (1951), pp. 192-196 (Casa Petsas, Circolo B); J. Papadimiotriou, ibid., pp. 197-203 (Circolo B).

Scavi 1952: A. J. B. Wace e altri, Mycenae 1939-1952, in Pap. Brit. Sch. Ath., XLVIII, pp. 3-93 (rapporto preliminare, Fontana Perseia, Agamemnoneion, Thòlos Epano Phourno); A. J. B. Wace, Mycenae 1952, in Journ. Hell. Studies, LXXIII, 1953, p. 131 ss. (Fontana Perseia, Cimitero Preistorico, Casa del Mercante d'olio, Casa del Mercante di vino); J. M. Cook, Arch. in Greece, 1952, ibid., p. 114 ss. (Circolo B); A. J. B. Wace, in Ill. London News, 25 ottobre-i° novembre 1952; J. Papadimitriou, ibid., 27 settembre 1952; id., in Πρακτικά, 1954 (1952), pp. 427-472 (Circolo B).

Scavi 1953: A. J. B. Wace e altri, Mycenae 1939-1953, in Pap. Brit. Sch. Ath., XLIX, 1953, pp. 231-298 (rapporto preliminare, Circolo A, Mura medio-elladiche, Galleria, Quattro tombe, Terrazza ciclopica, Tesoro Bronzeo, forma per ascia ad alette); id., Mycenae 1953, in Journ. Hell. Studies, LXXIV, 1954, pp. 170-172 (Cimitero Preistorico, Muro in pòros, Casa degli Scudi, Casa delle Sfingi); Cook-Boardmann, Arch. in Greece, 1953, ibid., p. 151 ss. (Circolo B); A. J. B. Wace, in Ill. London News, 14 novembre e 21 novembre 1953; J. Papadimitriou, ibid., 27 febbraio e 6 marzo 1854; id., in Πρακτικά, 1956 (1953), pp. 205-237 (Circolo B).

Scavi 1954: A. J. B. Wace e altri, Mycenae 1939-1954, in Pap. Brit. Sch. Ath., L, 1954, pp. 175-250 (rapporto preliminare, tombe del Cimitero Preistorico sotto la Casa del Vaso dei Guerrieri, Thòlos di Clitennestra, area della fontana Perseia, iscrizioni ellenistiche, tre tombe geometriche, note chimiche sugli avorî); id., British Excav.-Mycenae, 1954, in Journ. Hell. Studies, LXXV, 1955. Suppl., pp. 29-27 (Cimitero Preistorico, Casa della Cittadella, Casa del Mercante d'olio, Casa delle Sfingi, Casa degli Scudi, Tomba dei Leoni, Thòlos di Egisto, Terrazza ciclopica, Casa delle Colonne); M. S. F. Hood, Arch. in Greece, 1954, ibid., p. 7 ss. (Circolo B); id., Ill. London News, 21 maggio-28 maggio 1955; J. Papadimitriou, in ῎Εργον, 1955 (1954), pp. 34-38 (Circolo B).

Scavi 1955: A. J. B. Wace e altri, Mycenae 1939-1955, in Pap. Brit. Sch. Ath., LI, 1955, pp. 103-131 (rapporto preliminare, ceramista efirea, due tombe, anfora egizia); id., Mycenae 1955, in Journ. Hell. Studies, LXXVI, 1956, Supp., p. 39 s. (Palazzo. Cimitero Preistorico, Casa degli Scudi, Casa delle Sfingi, Tesoro di Atreo, Casa del Piombo); Hood-Boardman, Arch. in Greece, 1955, ibid., p. 11 ss. (Circolo B, Are della Thòlos di Egisto, Palazzo); A. J. B. Wace, in Ill. London News, 2 febbraio 1957; J. Papadimitriou, in ῎Εργον, 1956 (1955), pp. 69-74 (Circolo B, Thòlos di Egisto, Palazzo).

Scavi 1957: Archaeological Reports 1957, in Journ. Hell. Studies, 1958; M. S. F. Hood, Arch. in Greece, 1957, in Pap. Brit. Sch. Ath., 1958 (Circolo A, tomba medio-elladica, Casa ovest); J. Papadimitriou, in ῎Εργον, 1958 (1957), pp. 63-66 (tomba sotto le mura del Circolo A).

Scavi 1958: Arch. Reports for 1958, in Journ. Hell. Studies, 1959; in Pap. Brit. Sch. Ath., 1959 (Mura Ciclopiche, Porte, Thòlos di Egisto, Casa Ovest); G. Mylonas, in ῎Εργον, 1959 (1958), pp. 119-134 (Mura e porte); J. Papadimitriou, ibid. (Thòlos di Egisto); N. M. Verdelis, ibid., (Casa Ovest); Sp. Marinatos, in Πρακτικά, XXXIII, 1958, pp. 161-173 (tavolette, ecc.).

Scavi 1959: Annual Report 1958-59, in Pap. Brit. Sch. Ath., 1959, p. 10 (Casa della Cittadella, Casa Tsountas, Casa delle Sfingi), scavi sotto la direzione congiunta di J. Papadimitriou e di Lord William Taylour; G. Mylonas, in ῎Εργον, 1960 (1959), pp. 93-106 (mura e porte); N. M. Verdelis, ibid. (Casa Ovest). In generale: A. B. Wace, Pausanias and Mycanae, in Mene Beiträge zur klassisch Altertumswissenschaft, Festschrift zum 60. Geburtstag von B. Schweitzer, Stoccarda 1954.

(H. Wace)