BAKUNIN, Michail

Enciclopedia Italiana (1930)

BAKUNIN, Michail

Nello Rosselli

Primogenito di 11 figli, nasce nel 1814 a Priamuchino (governo di Tver) da genitori nobili. Il padre è un ex diplomatico, vissuto a lungo anche in Italia, ritiratosi poi nelle sue terre. Destinato alle armi (1829), B. diventa ufficiale, ma non regge a lungo alla disciplina militare e abbandona quella carriera. Va allora a Mosca e a Pietroburgo a coltivare gli studî: ammira e studia Kant e Fichte, traduce di quest'ultimo nel 1836 (ed è il suo debutto letterario) un corso di lezioni. Nel 1837 gli si rivela Hegel, e al suo pensiero B. dedica le sue prime pagine originali. Hegeliano puro, fermo sul principio della razionalità del reale, B., intorno al 1839, è considerato come una brillante speranza degli studî russi; e probabilmente egli sogna una cattedra universitaria. Ma in quell'anno l'incontro con Herzen e Ogarev, reduci dalla deportazione, i quali rinnegano la triste realtà dell'ambiente russo e vagheggiano un avvenire di libertà, scuote rudemente la sua fiducia nel "sistema". Egli intende la necessità di un più largo orizzonte spirituale; e a 26 anni inizia la sua carriera di emigrato, recandosi a Berlino. 1840 e 1841, lezioni all'università, crisi filosofica che accenna a risolversi. Non che abbandoni la falsariga hegeliana; ma si accosta alle derivazioni radicali e rivoluzionarie che da Hegel vanno svolgendosi con crescente successo in Germania. Grande interesse per il problema nazionale tedesco, numerose amicizie strette nel campo di sinistra. Nel 1842, pubblica con pseudonimo un saggio sulla Reazione in Germania che è il primo frutto maturo della sua nuova posizione ideale, e insieme segna il suo schierarsi tra i nemici dei regimi assoluti. Le possibilità professionali in Russia si dileguano definitivamente.

Nel 1842 è a Dresda, nel 1843 in Svizzera, fraternizzando con i radicali russi, tedeschi e polacchi, studiando il comunismo tedesco. Dal 1844 al 1847 è a Parigi in contatto con gli epigoni delle varie scuole rivoluzionarie e riformiste. Interminabili discussioni con Proudhon e con Herzen, prima conoscenza con Marx, frequenti apparizioni nel circolo europeo e radicale della Sand. Alla fine del 1844, B. è già così "qualificato" che il governo dello zar, dopo avergli inutilmente ordinato di rientrare in patria, gli confisca i beni e gli promette la Siberia; alla fine del 1847, quando la Francia lo espelle per la requisitoria da lui pronunciata, in una riunione di Polacchi, contro i Russi oppressori, B. ha già fisso in capo un coerente programma di pensiero e di azione, che lo designa quale uno dei protagonisti del vasto dramma rivoluzionario che si rappresenterà in tutta Europa l'anno appresso e che già per mille segni s'indovina. Nel febbraio del 1848, a Parigi, prodiga tutto sé stesso perché si stabilizzino e si estendano le conquiste della rivoluzione, perché si addivenga a una pronta intesa tra i democratici di tutte le nazionalità. B. vuole il livellamento delle classi in nome dell'uguaglianza, la comunanza dei beni, il salario unico, l'abolizione degli stati assoluti. Nell'aprile, deluso per la piega che gli avvenimenti prendono in Francia e personalmente in urto con i dirigenti del movimento, passa in Germania, tutta fervida di rinnovamento, in ogni città stabilendo contatti con ì gruppi di estrema. Il giugno lo trova a Praga per il congresso degli Slavi; partecipa poi alla cosiddetta rivoluzione di Pentecoste. Poi di nuovo in Germania, a Lipsia, a Dresda, tra i capi più esposti del movimento insurrezionale e in grande intimità con Riccardo Wagner, allora più radicale, quasi, di B. Con la reazione, è arrestato. Dresda dopo la lunga detenzione lo condanna a morte, mutata nell'ergastolo; Praga lo reclama a sua volta e (1851) gli prodiga ugual trattamento; lo zar ne ottiene l'estradizione e lo caccia in fortezza. Sei anni dopo, per l'intervento di alte protezioni, è trasferito in Siberia, dove vive alla meglio, come un piccolo borghese trafficante, finché nel 1861 con grandissima astuzia organizza quella che fu poi detta la sua fuga dalla Siberia, ma che in realtà non fu che una pacifica partenza.

Ormai le sue convinzioni sono formate. La guerra alla vecchia società è dichiarata: e non è solo guerra ai governi che per lui sono solo bersaglio. La liberazione da compiere è assai più profonda: è la liberazione dell'uomo dai privilegi degli uomini. Il principio di nazionalità deve trionfare, ma non come fine a sé stesso, sibbene come premessa indispensabile alla conquista di tutte le libertà, individuali e collettive. Sul cadere del 1861, B., nel pieno della sua rigogliosa maturità (egli era fisicamente un colosso), ripara a Londra dove ritrova i compagni delle fortunose vicende del passato, Marx, Mazzini, Herzen, i proscritti del secondo impero, Kossuth e Garibaldi. Pieno l'animo di rancore contro il regime russo, di pietà per le condizioni del proletariato agricolo russo, di illusioni sulla capacità e maturità dei contadini alla rivoluzione sociale, B. studia la possibilità di un vasto movimento antizarista imperniato sulla promessa dell'espropriazione della terra. A questo progetto campato in aria, viene a dare sapore di realtà, a imprimere altra direzione e a richiamare certa simpatia nel mondo, l'insurrezione polacca. Gli emigrati polacchi e i rivoluzionarî russi sono gli uomini del giorno in Inghilterra. I Polacchi vogliono semplicemente la libertà della loro patria: B. li aiuta, perché spera che l'incendio una volta appiccato si dilati in Russia e provochi una più vasta insurrezione. Ma l'Europa non sa dare che lacrime e sospiri alla Polonia; e il sogno di B. crolla senza che sia dato vederne un principio almeno di attuazione. Altro fallimento poî in Svezia, dove egli spera invano di determinare una crociata antirussa, alla quale si affianchi la ribellione della Polonia e della Finlandia. Tuttavia, B. non si abbatte: se il problema slavo è immaturo alla sua soluzione, il problema della libertà non conosce per lui confini di nazioni. Sui primi del 1864, il paese che più si dimostra pronto a un rivolgimento integrale è l'Italia; che ha pur ora risolti i più urgenti problemi della sua formazione politica, ma in seno alla quale fermentano germi tali d'inquietudine (scontento e delusione generale, brigantaggio) che l'unità ad uno straniero non può sembrare se non un punto di partenza per altri e più profondi movimenti. Per cinquanta anni i liberali d'Europa hanno agitato il principio di nazionalità come la chiave per la libertà e la felicità dei popoli; ora ecco un paese che lo ha visto trionfare, che ha ottenuto libertà politica ed eguaglianza giuridica, ma che non ha trovato la sua pace. Che vogliono dunque i popoli? Vogliono la libertà vera, l'eguaglianza effettiva, pensa Bakunin.

B. passa dunque in Italia con un vago programma di agitazione per trasformare i malcontenti in ribelli disposti all'azione. Questo programma, al contatto con la realtà sociale italiana, si precisa e si formula negli anni tra il 1864 e il 1867: il triennio di più intensa elaborazione spirituale per B., ormai deciso a promuovere un movimento rivoluzionario con nette finalità in tutta Europa. In Italia si fa un po' di confusione in un primo tempo tra i programmi di B. e quelli dell'Internazionale fondata nel 1864; ma la fondamentale e intransigente aspirazione alla libertà, la decisa repugnanza per ogni forma di dittatura, il proposito di agire non sulle élites operaie ma in mezzo alle grandi masse agricole, che animano la propaganda di B., valgono, nonostante ripetuti accordi ed equivoci, a distinguerla da quella dell'Internazionale. La lotta contro i dirigenti assorbe anzi, dal 1867 in poi, gran parte dell'attività di B., il quale per altro non cessa di far parte di quell'associazione nella speranza di piegarla ai suoi fini. Scarsi, s'intende, i risultati della predicazione bakuninista in Italia; essa non giunse nemmeno a toccare le masse agricole, cui soprattutto mirava, ma toccò solo alcuni superstiti delle campagne per l'indipendenza, garibaldini i più, tutti repubblicani atei e materialisti, e perciò antimazziniani. Da questo gruppo, accresciutosi di reclute giovanissime negli anni posteriori al 1870, si sviluppò, con l'andare del tempo, la correme anarchico-collettivista.

Ma contemporaneamente alla propaganda in Italia, B. andava sviluppandone una più vasta in tutti i paesi d'Europa. Il resultato concreto di questo suo lavoro è la formazione di una specie di stato maggiore rivoluzionario internazionale. Nell'ottobre 1867, B. si stabilisce in Svizzera. Scrive, scrive. Ma, nel campo dell'azione, gli insuccessi si seguono clamorosi. 1870: Sédan, fiammate rivoluzionarie in Francia. B. che sogna l'insurrezione popolare contro la guerra, corre a Lione, dove per un giorno - un giorno - è padrone della situazione (28 settembre). Nella comune di Parigi - che pure rappresenta l'unico serio tentativo rivoluzionario di quegli anni - non ripone alcuna fiducia e perciò non ne segue le vicende che come lontano e scettico spettatore. Nel 1873-1874, spera successivamente nella Spagna e nell'Italia come iniziatrici del moto redentore; ma in Spagna non succede nulla, in Italia tutto si riuce al grottesco tentativo insurrezionale dell'agosto 1874, a Bologna.

Bakunin è deluso, si sente vecchio, si grida tradito dagli amici, è costretto a riconoscere che nelle masse non sussiste quella passione rivoluzionaria che egli da trent'anni ha prestato loro e sulla quale ha basato tutta la sua azione. Si propone di studiare oggettivamente, scientificamente, le cause del trionfo della reazione. La morte, che lo coglie nel luglio 1876, lo solleva da questa fatica.

Innumerevoli sono gli scritti di B.; ma nessuno ha la forma, le proporzionì e la riposata organicità di un libro. Notevole la forza logica che li distingue tutti; superficiale, ma vasta la sua cultura. Egli ragiona per via di successive deduzioni pur non dipartendosi dall'osservazione (quasi sempre acuta) del reale: l'illimitato sgranarsi di queste deduzioni astratte lo conduce sovente tra le nuvole della più assurda irrealtà.

La libertà integrale, da conquistare contro il dogma che asservisce lo spirito e contro lo stato che crea le disuguaglianze, è il cardine e la meta della sua dottrina. Nella società post-rivoluzionaria non sarebbero più classi, ma uomini tutti uguali, ossia fruenti della identica possibilità di sfruttare a pieno le proprie capacità, tutti lavoratori, tutti spontaneamente adunati in libere collettività, tutti riceventi da queste l'uso dei beni necessarî alla vita. La spontanea riunione di un certo numero di tali collettività, fuse da interessi, da tradizioni, dalla comunanza di lingua, formerebbe le nazioni; che, indifferenti a ormai superate questioni di preminenza, si unirebbero fraternamente tra loro procurando così l'avvento di un'umanità migliore, unicamente tesa al sempre più razionale sfruttamento delle possibilità materiali della vita e alla sempre più profonda espressione delle facoltà morali dell'uomo. Questi pensieri, esposti con grande chiarezza, propagati col calore derivante da una sincera convinzione, esercitarono senza dubbio qualche influenza sullo sviluppo del movimento sociale europeo negli ultimi trent. anni del sec. XIX (a B. si richiama e in lui si riconosce la corrente anarchico-collettivista), influenza dovuta appunto a quelle doti di chiarezza e di fervore, nonché ai suoi eccezionali talenti di propagandista e alla sua fantastica attività. Che di vera originalità sarebbe, s'intende, fuor di luogo parlare.

Bibl.: Nettlau, M. B., eine Biographie, voll. 3, 1896-1900 (tirato a poligrafo). È l'opera fondamentale. Dello stesso: M. B., uno schizzo biografico, con prefazione di E. Réclus, trad. di S. Merlino, Messina 1904; e ancora: B. und die Internationale in Italien, in Archiv für die Gesch. des Soz. und der Arbeiterbew., II, III; Guillaume, L'Internationale, documents et souvenirs, voll. 3, Parigi 1905; Zoccoli, l'Anarchia, Torino 1907; De Preaudeau, M. B., Le collect. dans l'Intern., Parigi 1911; Dragomanov, Corresp. de B. Lettres à Herzen et Ogareff, Parigi 1898 (diffusa prefazione biografica); N. Rosselli, Mazzini e B., Torino 1927; R. Huch, M. Bakunin und die Anarchie, 1923. Suggestivo il romanzo di R. Bacchelli, Il diavolo al Pontelungo, Milano 1927.

Le opere di B. sono state raccolte dal Guillaume in 6 volumi presso Stock, Parigi 1907-1913 (con ottime introduzioni). Innumerevoli edizioni in tutte le lingue dei singoli scritti.

TAG

Principio di nazionalità

Stati assoluti

Estradizione

Inghilterra

Pentecoste