LUPOLI, Michele Arcangelo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUPOLI, Michele Arcangelo

Francesco Montanaro
Franco Palladino

Nacque a Frattamaggiore, presso Napoli, il 22 sett. 1765 da Lorenzo e Anna De Rosa. Da questa unione nacquero undici figli, tra i quali Raffaele, anch'egli personalità di rilievo, divenuto poi vescovo.

Sembra che i Lupoli, bachicoltori e forse commercianti di vini, provenissero da un'antica famiglia napoletana, distintasi al tempo del regno di Giovanna II, ed erano annoverati fin dal XVI secolo tra le famiglie più in vista di Frattamaggiore, uno dei casali del territorio di Napoli. Nella prima metà del XVIII secolo assunsero un ruolo importante nell'economia locale e nella seconda metà intervennero anche nella vita politico-amministrativa e religiosa; in particolare, Lorenzo e uno zio speziale, Silvestro, favorirono la carriera ecclesiastica di alcuni dei loro figli. Nel corso del Settecento e dell'Ottocento, la famiglia, per il ruolo assunto, ebbe rapporti con la corte di Napoli e con le curie vescovili di Napoli e Aversa, alla cui diocesi apparteneva Frattamaggiore.

A segnare in modo significativo la formazione del L. fu Vincenzo (figlio di Silvestro e fratello di Sossio), il primo della famiglia a raggiungere posizioni di prestigio. Nato a Frattamaggiore il 7 nov. 1737, per volontà del vescovo di Aversa N. Spinelli della Scalea che era stato colpito dalla sua precoce inclinazione per le lettere, fu inviato a studiare nell'importante seminario di Aversa, dove fu seguito dal rettore, l'arcidiacono M.A. Padricelli, concittadino e congiunto. In seguito vi insegnò per alcuni anni, prima e dopo l'ordinazione a sacerdote. Alla morte dello Spinelli, Vincenzo passò a Napoli (1764), dove il concittadino O. Biancardi, professore nell'ateneo e protomedico del Regno, e D. Spena, parroco di Chiaia e suo parente, lo introdussero in importanti circoli letterari e accademici, in cui si fece apprezzare. In relazione con A.S. Mazzocchi, G. Martorelli, F. Serao, padre Ignazio della Croce e G.P. Cirillo, fu seguace di Alfonso M. de Liguori e discepolo di A. Genovesi. A Napoli, Vincenzo insegnò privatamente greco e retorica, aprì un'apprezzata scuola privata di giurisprudenza (1773) e istituì un'accademia di legge, frequentata anche da molti esperti, dove i discepoli potevano esercitarsi. Dopo aver partecipato, con esito non favorevole, a concorsi universitari (20 ag. 1772 per la cattedra delle decretali; 16 luglio 1779 per la cattedra del decreto), sostituì per qualche tempo sulla cattedra di diritto civile il titolare B. D'Ambrosio. Per le competenze professionali e culturali, nel 1784 i cavalieri della città di Napoli lo elessero teologo della città, e il cappellano maggiore del Regno lo nominò esaminatore del clero regio (1787).

Nel 1777 Vincenzo pubblicò a Napoli in quattro volumi le Iuris ecclesiastici praelectiones (2a ed. Bassano 1787, con dedica al patriarca di Venezia). Secondo De Maio (pp. 259 s.), nel testo non si tengono in debito conto le novità portate, nel diritto canonico, dai mutamenti nella legislazione ecclesiastica e civile del Regno, dovuti agli scritti giannoniani e, insieme, alle iniziative regalistiche. Vincenzo fu anche un notevole latinista ed epigrafista. Nel gennaio del 1789 pubblicò in soli 150 esemplari, presso M. Migliaccio, la Origo coloniae Sancti Leucii eiusque ad praesentem diem progressus cum legibus quae rectam ipsius spectant procurationem (rist. 1981, s.l., a cura del Centro della cultura e delle tradizioni leuciane), versione latina degli atti costitutivi della colonia di San Leucio (Caserta), creata da Ferdinando IV, tra il 1773 e il 1787, per impiantarvi manifatture e soprattutto l'industria della seta; il testo latino fu edito in contemporanea con la stampa ufficiale degli originali, nota comunemente come Codice di San Leucio e tradotta anche in greco, tedesco e francese (L'origine della popolazione di San Leucio e dei suoi abitanti fino al giorno d'oggi colle leggi corrispondenti al buon governo di essa, Napoli 1789, comprendente anche i Doveri verso Dio, verso sé, verso gli altri, verso il re, verso lo Stato, per uso delle scuole normali di San Leucio e un orario per il tempo della preghiera, messa ed esposizione del Santissimo per gli individui della popolazione di San Leucio). La versione latina (in una lingua molto curata) era corredata di sue note, pure in latino, concernenti le fonti di natura giuridica e filosofica. Latine furono anche la dedica (dallo spirito accentuatamente cortigiano, tipico del tempo) a Ferdinando IV e un'iscrizione, posta poi alla base della statua del re eretta nel 1824 nel belvedere di San Leucio. La traduzione fu favorevolmente recensita e diffusa in Europa. Nel 1804, postume, furono pubblicate a Napoli le sue Iuris naturae et gentium praelectiones. Importanti furono anche le raccolte di lezioni su varie parti del diritto: Iuris Neapolitani praelectiones (Napoli 1781, in due volumi); Iuris Imperialis praelectiones (Napoli 1786, in due tomi). Un De praestantia iuris Romani, del 1773, fu stampato nel primo volume - l'unico edito - delle Accademie legali (raccolta di composizioni di suoi studenti, Napoli 1782).

Nel 1791 Vincenzo fu nominato vescovo di Cerreto Sannita e Telese, nel Beneventano; chiamò nel seminario locale, da lui abbellito e ampliato, valenti professori, ed egli stesso vi insegnò diritto canonico e civile. Inoltre fece trasferire nella cattedrale di Cerreto (5 nov. 1796) le statue e le reliquie di s. Palerio e di s. Equizio. Membro di diverse accademie, nel Regno e fuori, morì a Cerreto il 1 genn. 1800.

L'inserimento nel mondo ecclesiastico del L. e di Raffaele fu favorito da un congiunto, il sacerdote Sossio, figlio del citato Silvestro, redentorista e seguace di Alfonso Maria de Liguori; i due giovani occuparono posti di rilievo crescente in varie province del Regno, particolarmente in Campania, Basilicata e Molise, estendendo le loro relazioni fino alla Curia romana.

Il L. visse la giovinezza a Frattamaggiore, nel vivace clima religioso e culturale che caratterizzava la sua famiglia. Nei primi studi lo seguì un parente sacerdote, G. Lupoli, cultore di lettere classiche e teologia. Nel maggio 1777 entrò nel seminario di Aversa, dove studiò lettere, latino, greco, retorica e filosofia. Nel 1783, per motivi di salute, si trasferì a Napoli, dove proseguì gli studi, applicandosi soprattutto al diritto canonico, civile e municipale, sotto la guida di Vincenzo; studiò anche l'ebraico con N. Ignarra, professore di Sacra Scrittura nell'Università. Le sue doti si manifestarono già nel 1783, quando alla morte di Serao, protomedico del Regno, filosofo e letterato, pubblicò a Napoli un Commentariolus de vita, et scriptis Francisci Serai, poi ristampato da A. Fabroni nel XIV tomo delle Vitae Italorum doctrinae excellentium (Pisis 1789, pp. 382-417).

Nel 1785 presso Corfinio nei Peligni fu scoperta un'antica iscrizione su marmo, priva dei primi versi. Il L. ricostruì la parte mancante nello In mutilam veterem Corfiniensem inscriptionem commentarius, pubblicato con successo in quell'anno a Napoli (rist. Napoli 1786). Nel 1788 divenne socio dell'Accademia Etrusca di Cortona. Nel 1789 fu ordinato sacerdote e sempre in quell'anno, su richiesta del duca di Gravina, Filippo Orsini, scrisse e pubblicò a Napoli una Istituzione del principe dedicata all'altezza reale, ad uso del principe d. Francesco di Borbone. Nel 1790, quando a Napoli fu scoperto un sepolcro della Fratria degli Eunosti, fuori Porta S. Gennaro ne fece una dotta descrizione che gli valse l'associazione all'Accademia Reale delle scienze e belle lettere, istituita qualche anno prima da Ferdinando IV. Nello stesso anno si recò a Venosa per analizzare alcune iscrizioni in antichi monumenti, e il frutto del suo lavoro fu pubblicato nell'Iter Venusinum vetustis monumentis illustratum. Accedunt varii argumenti dissertationes (Napoli 1793; trad. it., a cura di N. Di Pasquale - N. Gallo, Un viaggio a Venosa, Venosa 1992).

L'opera, finalizzata a ricostruire l'ultimo tratto del viaggio oraziano lungo l'Appia, utilizzò largamente testimonianze letterarie ed epigrafiche, svolgendo un ruolo significativo negli studi antiquari e archeologici sull'Italia meridionale interna, e destò risonanza in Italia e all'estero. In seguito, però, Th. Mommsen dimostrò che, accanto a iscrizioni genuine, il L. ne aveva incluso alcune con interpolazioni, e altre del tutto false (Corpus inscriptionum Latinarum, IX, Inscriptiones Calabriae Apuliae Samnii Sabinorum Piceni, Berolini 1883: le iscrizioni contestate sono comprese tra le 767 Falsae vel alienae, descritte nella parte iniziale del volume). Per controllare i testi del L., Mommsen si recò personalmente a Venosa nel 1845 e nel 1873 (la seconda volta con U. von Wilamowitz-Moellendorff). Le falsificazioni del L. sono da ritenere certe, ma la loro dinamica e le reali motivazioni attendono ancora un'analisi di dettaglio.

Nel 1792 il L. fu eletto accademico Ercolanese. Su invito del cardinale G. Capece Zurlo, arcivescovo di Napoli, pubblicò qundi le Theologiae dogmaticae lectiones (I-V, Neapoli 1793-1804; 2a ed. ibid. 1830). Nel 1797 diede alle stampe, ancora a Napoli, un Apparatus theologicus. Il 7 settembre, a soli 32 anni, fu nominato vescovo di Montepeloso (oggi Irsina) in Lucania, dove trovò un ambiente difficile. Il suo atteggiamento umanitario verso la misera popolazione e rigoroso verso il clero locale (spesso corrotto) gli attirò minacce da parte dei potenti e degli ecclesiastici del luogo e perfino attentati.

Dopo la caduta della Repubblica Napoletana, a causa di false accuse di simpatie giacobine, dovette fuggire da Montepeloso. Giunto a Napoli (marzo 1800), venne incarcerato in Castelnuovo prima di essere autorizzato a imbarcarsi per Palermo, dove spiegò la propria condotta al re. Il 30 maggio 1801 ottenne la libertà condizionata e il 21 genn. 1802 Ferdinando IV lo prosciolse completamente; fece così ritorno nella propria sede.

Nel 1807 il L. recuperò i resti del patrono di Frattamaggiore, Sosio (o Sossio), e di s. Severino (patrono dell'Austria), conservati a Napoli nella chiesa loro dedicata. La ragione addotta fu di evitare il rischio di trafugamento e dispersione (le reliquie sono ancora conservate nella chiesa madre frattese, dedicata a S. Sossio). Sulla traslazione il L. pubblicò gli Acta inventionis sanctorum corporum Sosii diaconi ac martyris Misenatis, et Severini Noricorum apostoli (Napoli 1807). Nello stesso anno divenne socio dell'Accademia romana di religione cattolica.

Nel maggio 1815 scoppiarono tumulti a Montepeloso, nel corso dei quali i borbonici spararono colpi di fucile contro il palazzo vescovile. Nella notte del 23 maggio il L. lasciò la sua sede e si rifugiò a Frattamaggiore. Nel 1818 fu nominato vescovo di Conza e di Campagna. Nel 1823 raccolse gli scritti giovanili in un volume edito a Napoli (Opuscola primae aetatis, quae extant. Accedunt paucula post inde vulgata). Per la città natale ottenne il riconoscimento regio (decreto 9 febbr. 1825) del ritiro delle Donzelle povere, voluto dal fratello Sossio (parroco della chiesa madre); coadiuvato da Raffaele, l'altro fratello, vescovo, fece costruire l'annessa chiesa, inaugurata nel 1826, dove al centro del pavimento un'iscrizione latina indica il "Sepolcro della famiglia Lupoli discendente da Lorenzo. Anno 1826".

Nel 1827 il L. tenne il sinodo della sua diocesi e stampò gli atti in Napoli (Synodus Compsana, et Campaniensis). A Conza rimase durante 13 anni difficili politicamente e socialmente, per la rivoluzione prima e la reazione dopo. Infine nel 1831 divenne arcivescovo di Salerno. Governò la diocesi per soli trentadue mesi, durante i quali restaurò la cattedrale e impreziosì l'altare maggiore con un suo dono, un paliotto d'argento, tuttora conservato.

Il L. morì a Napoli il 28 luglio 1834. Gli fu eretta nel duomo di Salerno, su iniziativa del nipote G. Lupoli, una tomba-mausoleo.

Il L. lasciò in testamento alla città di Salerno la sua preziosa biblioteca, oggi dispersa, e ai poveri della città 600 ducati (100 andarono a quelli di Montepeloso e altrettanti a quelli di Conza).

Raffaele nacque a Frattamaggiore il 31 ott. 1767 e studiò, dal 1779, nel seminario di Aversa. Nel 1781 fu convinto da Sossio a entrare tra i redentoristi e venne ordinato sacerdote nel 1790. Scrisse opere ascetiche, tra le quali Il conoscimento di Gesù Cristo (Napoli 1813, in tre volumi); Pratiche di pietà in onore di s. Sosio diacono e martire e di s. Giuliana vergine e martire, patroni di Frattamaggiore (Napoli 1814); Il conoscimento di Maria Santissima (Napoli 1816), dedicato a Michele Arcangelo. Nel 1817 divenne consultore generale della sua Congregazione; nel 1818 Pio VII lo nominò vescovo di Larino dove, nel 1826, celebrò un sinodo che pose le basi per una riforma della diocesi. Realizzò in Larino due collegi per fanciulle povere. Poi il suo stato di salute, già malfermo, si aggravò; nel novembre del 1827, consapevole di essere prossimo alla fine, donò i suoi averi ai poveri. Raffaele morì il 12 dic. 1827 e fu tumulato nella cattedrale di Larino.

Fonti e Bibl.: Frattamaggiore, Arch. privato della famiglia Lupoli (conservato presso l'avv. Andrea Lupoli); L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, Napoli 1787-88, II, pp. 196-200 (per Vincenzo); C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, sub voce; A. Giordano, Memorie istoriche di Fratta Maggiore, Napoli 1854, ad nomen; M. Janora, Il vescovato di Montepeloso, Potenza 1904, ad nomen; A. Cestaro, Le diocesi di Conza e di Campagna nell'età della Restaurazione, Roma 1971, ad ind.; G. Chiusano, L'Iter Venusinum di M.A. L., in Economia irpina, XIV (1973), 1, pp. 31-56; N. Di Pasquale, Mille anni di memorie storiche della diocesi di Montepeloso (ora Irsina), Matera 1990, ad nomen; S. Capasso, Frattamaggiore, Frattamaggiore 1992, passim; R. De Maio, Religiosità a Napoli (1656-1799), Napoli 1997, ad ind.; G. Crisci, Il cammino della Chiesa salernitana nell'opera dei suoi vescovi, II, Napoli-Roma 1977, pp. 563-658.

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