ARDITI, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 4 (1962)

ARDITI, Michele

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Nato a Presicce (Lecce) il 12 sett. 1746, da Gaspare e da Francesca Villani, fu mandato dal padre a Napoli, ove ebbe a insegnante A. Genovesi. Si dedicò allo studio del diritto e quindi all'attività forense, segnalandosi presto con una dotta dissertazione latina pubblicata a Napoli nel 1767 (De obligatione pupilli. sine tutoris auctoritate contrahentis), ristampata nel 1772. La sua attività nel campo giuridico si svolse secondo le linee tradizionali, trattando argomenti di diritto nobiliare e feudale e controversie locali (Degli abusi dei parrochi e dei vescovi, Napoli 1773), con la tendenza a trasferire sul filone della dottrina l'esperienza del foro.

Su questo piano di più generali interessi culturali, che anche gli ambienti meno sensibili finivano per mutuare dalle correnti del riformismo napoletano, si innesta l'interesse archeologico dell'A., destato dagli iniziati scavi di Ercolano e di Pompei e ispirato anche dall'amicizia di G. Martorelli, e quello più genericamente erudito, che lo vede ben presto impegnato da un lato nella ricerca accurata e, dall'altro, inserito nella cerchia dei dotti del Regno e d'oltre confine. Salvo una parentesi nella terra natale in occasione della malattia e della morte del padre (1780) e un breve soggiorno romano (1786), durante il quale strinse amicizie negli ambienti eruditi di quella città, l'A. restò a Napoli, donde tuttavia fu in costante contatto epistolare con il mondo erudito italiano, come è attestato dalla nutrita corrispondenza conservata nell'archivio di famiglia.

Nominato il 15 apr. 1787 membro della Accademia Ercolanense, l'A. iniziò un periodo di intenso lavoro, dividendo i propri interessi fra l'illustrazione dei reperti di Ercolano e lo studio di alcuni aspetti dei costumi romani e affiancandovi ricerche sull'ambiente umanistico napoletano, spesso iniziate e non terminate (quali quelle sulla vita e le opere di A. Galateo e di I. Sannazzaro). L'ottavo volume delle Antichità di Ercolano (Delle lucerne e candelabri antichi), benché edito nel 1792 sotto il nome degli Accademici Ercolanensi, è per la massima parte (salvo la prefazione di F. La Vega e le prime XVI tavole illustrate da P. Carcani) frutto del lavoro dell'Arditi.

Non tardavano a giungergli riconoscimenti ufficiali: nel giugno 1790, nomina a membro dell'Accademia di scienze e belle arti, e nel luglio, elezione a membro della Giunta di antichità. Tuttavia, l'A. cercava una sistemazione che gli permettesse di continuare nel classico otium il lavoro erudito (è del 1795 una supplica al re per avere in concessione la soprintendenza all'archivio della Regia Zecca), non tanto per necessità economiche quanto piuttosto per trovare e creare un ambiente adatto ai suoi studi. Nel 1797 l'A. acquistava il feudo di Castelvetere e, avendo intanto il fratello Donato rinunziato in suo favore al titolo di marchese, con privilegio reale del 5 luglio 1797 Otteneva di potersene intitolare.

Le vicende del Regno nel 1799 e negli anni seguenti lo videro appartato; durante la rivoluzione partenopea si ritirò a Presicce, ove rimase sino al luglio 1801, fedele al Borbone. Tornato a Napoli, poté tranquillamente lavorare durante il periodo francese e murattiano; con decreto del 18 marzo 1807 era stato nominato da Giuseppe Bonaparte direttore generale del Museo di Napoli e sopraintendente degli scavi di antichità, cariche nelle quali fu poi confermato da Ferdinando il 2 apr. 1817. Nella stessa data fu nominato direttore generale di tutti i depositi letterari, antiquari e di belle arti, mentre dall'agosto dell'anno precedente aveva retto interinalmente la prefettura della R. Biblioteca. Per oltre vent'anni, sino alla morte, l'A. alternò, all'ordinamento e alla conservazione dei materiali archeologici, numismatici e letterari, lo studio degli stessi, l'organizzazione di scavi, la preparazione degli elementi per una storia letteraria e politica del periodo aragonese, e specialmente l'illustrazione dell'Accademia Pontaffiana e dei suoi più notevoli rappresentanti.

Accademico, nel senso settecentesco del termine, l'A. era rimasto, con quel suo accomunare ricerche di carattere più vario, unite però tutte in uno stesso interesse: dalla moneta romana al brano plautino, dal vaso di Locri al diploma degli Svevi, tutto concorreva a soddisfare quel particolare tipo di umanesimo che nelle accademie settecentesche si esplicava nel culto di un sapere non articolato in precise specializzazioni ma inteso come generale modo di procedere della ragione. L'attività archeologica dell'A., per quanto non abbia segnato nella storia degli scavi rilevante iinpronta, ha contribuito, tuttavia, al primo avvio dei loro rinnovamento, specie mediante il ricorso al lavoro all'aria aperta e non più per cunicoli, e soprattutto grazie al riconoscimento della cinta muraria della città sepolta e dei principali monumenti.

In questa dimensione culturale dell'A. rientra la sua stessa munificenza nel donare pezzi rari di ogni genere alle istituzioni cui era preposto, come anche la sua sensibilità musicale. Già nella giovinezza, riecheggiando la moda del Piccinni e del Paisiello, aveva scritto una sinfonia Gioas re di Giuda, musicando il testo metastasiano (1767), e poi, seguendo gli insegnamenti di N. Jommelli, aveva musicato il XII salmo di Davide (1769) e composto una Sinfonia di intermezzo (1770); ancora nella tarda età musicava brevi componimenti sacri e profani.

Fra i numerosi corrispondenti dell'A., il cui carteggio è conservato presso gli eredi in Presicce, si possono ricordare Gaetano Marini, il cardinale Stefano Borgia, Cr. Capecelatro, il vescovo di Pozzuoli Carlo M. Rosini, i gesuiti F. A. Zaccaria e G. Andrès, Fr. Caiicellieri, G. G. Ceva Grimaldi, G. B. Vermiglioli, E. Q. Visconti, M. Delfico, G. B. Zannoni, il marchese C. De Marco, Donato Tommasi, il conte G. Zurlo, il marchese Marzio Mastrilli di Gallo.

Morì a Napoli il 23 apr. 1838 e fu sepolto nella chiesa di S. Ferdinando; il Canova ne scolpì la tomba.

Fonti e Bibl.: Un elenco degli scritti editi ed inediti trovasi in G. Gabrieli, M. A. da Presicce moderno umanista salentino, in Rinascenza salentina, VI(1938), pp. 285-312; ivi anche una sommaria rassegna dei mss. dell'archivio di famiglia in Presicce e un sommario del carteggio con l'indicazione dei corrispondenti. Non esiste uno studio specifico sull'A.; notizie in L. Giustiniani, Memorie storiche degli scrittori legali del Regno di Napoli, III, Napoli 1788, pp. 291 ss.; Appendix aux ouvrages de Plusieurs savants, dediés à M.r le Marquis Arditi, Par M. C. J. J., in Ch. Banucci, Pompei, Naples 1830; G. A. De Rosa marchese di Villarosa, Memorie dei compositori di musica del Regno di Napoli, Napoli 1840, p. 6; Leopoldo Cicognara al Museo borbonico di Napoli, in Napoli nobilissima, n. s., 11 (1921), p. 30; Lettere inedite dei Canova a M. A., ibid., n. s., 111 (1923), p. 119; G. Arditi, Memorie delle famiglie Conti e Arditi, Napoli 1933, pp. 39-47 (con bibl. a pp. 46 s. nota 10); T. Pellegrino, Nel primo centenario della morte di M. A., Lecce 1939.

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