Barbi, Michele

Enciclopedia Dantesca (1970)

Barbi, Michele

Francesco Mazzoni

, L'insigne studioso di D. nacque a Taviano (frazione di Sambuca Pistoiese) il 19 febbraio 1867 da Francesco e Caterina Borri, e compì gli studi secondari a Pistoia. Entrato alla Scuola normale superiore di Pisa, si laureò in quella università nel 1889 con Alessandro D'Ancona. Nei ruoli delle scuole medie dal 1 ottobre 1889, si perfezionò presso il fiorentino Istituto di studi superiori, indi, a partire dal 1893, entrò nei ruoli delle Biblioteche (restandovi otto anni) quale sottobibliotecario alla Mediceo-Laurenziana e poi, dal 1894, bibliotecario e conservatore dei manoscritti alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze. Incaricato di Storia della letteratura italiana nell'università di Pisa (1896) fu, dal 1901, professore di letteratura italiana nell'università di Messina e, dal 1912 al 1922, comandato presso l'Accademia della Crusca in Firenze. Dal dicembre 1923 ordinario di letteratura italiana all'Istituto superiore di Magistero di Firenze, fu collocato a riposo il 29 ottobre 1937. Segretario (1894) e poi vice presidente (1936) della Società Dantesca Italiana, direttore (1930) della Edizione nazionale delle opere di D., morì a Firenze il 23 settembre 1941.

Formatosi alla scuola di un maestro del metodo storico e in pieno clima positivista, il giovane B., sia nella tesi di licenza universitaria, Della pretesa incredulità di D., poi pubblicata nel " Giorn. stor. " XIII (1889) 37-69, che nella tesi di laurea, Della fortuna di D. nel secolo XVI, Pisa 1890, mostrò subito di saper trascendere il mero dato erudito per comporlo in un più vasto quadro, al fine di una complessa storicizzazione del pensiero, dell'arte, della stessa fortuna dantesca. E nel medesimo tempo, come documenta il giudizio (nel volume maggiore, p. 117) sulla filologia di Vincenzio Borghini, il B. veniva sin da allora meditando sui problemi d'ordine testuale connessi all'edizione della Commedia, fissando con chiarezza i postulati di una metodologia che il tempo avrebbe solo affinato e scaltrito: " grande perizia della lingua antica... diligenza rarissima nel confronto dei codici... conoscenza delle cause per cui tanto guasto avevano sofferto i testi; bontà e sicurezza di criteri per procedere nella loro correzione ". Caratteristiche della filologia borghiniana, che il critico sottolineava e pregiava come congeniali al proprio spirito e ai propri interessi; e che, con le opportune estensioni e le ulteriori puntualizzazioni metodologiche, potrebbero valere anche oggi a definire un capitale aspetto dell'attività dello stesso B., quello di editore di testi e di studioso dell'antica tradizione.

L'interesse già vivacissimo per gli studi danteschi trasse nuovo impulso dall'incontro coi maestri del perfezionamento fiorentino; durante il quale il B. fu chiamato dalla Società Dantesca Italiana a redigere l'annuale bibliografia del " Bullettino " (del quale fu direttore dal 1893 al 1905) e a stendere un piano organico per l'edizione critica delle opere di D., ricevendo nel contempo l'incarico per l'edizione della Vita Nuova e delle Rime (1891). Di tale anno è l'opuscolo Per il testo della D. C. (Roma 1891), in cui, muovendo dagli studi del Marchesini, del Täuber, del Moore, del Negroni, egli già prendeva posizione autonoma nell'intricato problema, andando oltre l'insegnamento e le opinioni dei suoi maestri; di quegli anni le ricerche sui manoscritti del poema, che portarono alla meditata scelta di 399 punti discriminanti (il cosiddetto ‛ canone ') volti a consentire alla Società, con l'aiuto dei volenterosi, un primo razionale inquadramento e sfoltimento della vastissima tradizione. Ma il segno più incisivo di un'ormai raggiunta maturità di opinioni, in una visione criticamente utile a orientare le prospettive non pur del proprio ma anche dell'altrui lavoro, è certamente nelle pagine su Gli studi danteschi e il loro avvenire in Italia, ad aprire il " Giornale dantesco " (I [1893] 1-19): ove, preso spunto dal risveglio dei buoni studi promosso dalla Società Dantesca, il ventiseienne B. invitava a un comune programma, indicando le iniziative più urgenti: una bibliografia completa e sistematica, ragionata per materie; un codice diplomatico dantesco; la pubblicazione in nuove edizioni critiche degli antichi commenti; una collana di opuscoli inediti e rari; una storia per secoli della varia fortuna di D.; un'edizione critica delle opere; una sobria illustrazione delle medesime, possibilmente in concomitanza all'edizione. Ed è superfluo, in questa sede, rammentare quali fra queste perentorie indicazioni abbiano trovato nel tempo, anche per suo merito, opportuna realizzazione, e quali invece, dopo ottant'anni, attendano il necessario compimento: si veda del resto il bilancio equilibrato dello stesso B., Un cinquantennio di studi danteschi (1866-1936), ora in Problemi fondamentali..., pp. 141-159. Per parte sua, lo studioso si mise prontamente al lavoro iuxta propria principia; e analizzare minutamente i termini della sua operosa e fattiva ricerca significherebbe ripercorrere a maiore il cammino compiuto dal dantismo italiano in più di mezzo secolo, anzi - se si tenga doverosamente conto delle importanti pubblicazioni postume, compiute con la collaborazione di valenti discepoli - fino ai nostri giorni: troppo al di là dei limiti segnati dalla presente occasione. Converrà piuttosto tirar le somme, accennando alla produzione complessiva del critico, tenendo conto delle principali linee d'indagine e di sviluppo (riconducibili in parte alle giovanili proposte) e segnalando il reale avanzamento della problematica.

Sul piano testuale basterà rammentare l'edizione critica della Vita Nuova (Firenze 1907; ripubblicata nel 1932 con lievi modifiche quanto al testo ma con sensibili allargamenti della ‛ recensio '), classica ormai non soltanto per l'ineccepibile sistemazione ecdotica, ma per le feraci implicazioni che una ricerca siffatta ebbe sullo studio e la conoscenza della tradizione della nostra antica lirica (in parallelo con l'esauriente, magistrale trattazione degli Studi sul canzoniere di D. [Firenze 1915], fondamentale anche per i chiarimenti circa la formazione degli antichi canzonieri). Nel centenario del 1921 comparve il testo critico delle Rime, che profondamente innovava quanto alla lezione, all'ordinamento, all'attribuzione dei singoli componimenti; il B. non poté giungere a documentare in tutto il suo lavoro, ma ne affidò la prosecuzione a F. Maggini e V. Pernicone, i quali, rispettivamente nel 1956 e nel 1969, hanno assolto in modo degnissimo all'impegno di fornire un'edizione con largo commento esplicativo, critico e filologico. Anche il problema d'edizione della Commedia, dopo i primi, giovanili approcci e l'elaborazione del ‛ canone ', non rimase in disparte: sia che il B. difendesse, in più occasioni, i criteri stabiliti da G.Vandelli per il testo critico del 1921 (cfr. almeno " Studi d. " XXI [1937] 217-220) o invece esponesse i frutti della sua personale riflessione (cfr. La nuova filologia, pp. 1-34) oppure, negli ultimi anni di sua vita, procedesse oltre con intuizioni che avrebbero trovato conferma, sul piano del metodo, nei lavori di Giorgio Petrocchi (cfr. Il codice di Francoforte e la critica del testo della " Commedia ", in " Studi d. " XXIII [1938] 180-182). Ma la prova strenua delle sue capacità organizzative e della sua tenace volontà di concretezza fu certamente il volume complessivo de Le opere di D., procurato dalla Società Dantesca Italiana nel 1921; se fornì il testo della Vita Nuova e delle Rime, il B. pro virili parte assunse la funzione di appassionato coordinatore e stimolatore, a superare dubbi, incertezze, oggettive difficoltà, e a lui dobbiamo se la filologia italiana poté assolvere, in quell'anno centenario, al compito suo, nell'ambito della tecnica lachmanniana d'edizione che il B. difenderà più tardi (contro le proposte di J.Bédier e di Dom H.Quentin) nella prefazione a La nuova filologia (cfr. pp. VIII-XXIV).

Dopo le cure testuali, le questioni biografiche e attributive. Pochi studiosi hanno contribuito quanto il B. a comporre una organica biografia dantesca, accertando o rettificando dati di fatto, saviamente interpretandoli: basti rammentare gli elementi raccolti in Una nuova opera sintetica su D. (recensione, di quelle che rifanno un libro, al Dante dello Zingarelli, in Problemi I 29-86) e, fra i molti, gli articoli: L'ordinamento della repubblica fiorentina e la vita politica di D. (I 141-157; bilancio che muove dalle Consulte del Gherardi e valuta al giusto la vita civile di D., senza accrescerne l'importanza ma senza deprimerla); La condizione economica di D. e della sua famiglia (ibid. 157-188; prova come fosse tutt'altro che florida e indaga sui termini reali della confisca patrimoniale); La dimora di D. a Forlì (ibid. 189-196; la si riporta al 1303); Per un passo dell'Epistola all'Amico fiorentino e per la parentela di D. (Problemi II 305-328; si identifica in Niccolò Donati il nipote nominato nella lettera); Un altro figlio di D.? (ibid. 347-370; ritiene probabile che Giovanni sia figlio del poeta); Guido Cavalcanti e D. di fronte al governo popolare (ibid. 371-378; chiarisce come fra i due non dovettero esservi contrasti d'ordine politico); D. e l'Arte dei Medici e degli Speziali (ibid. 379-384; produce la matricola dell'iscrizione); L'ufficio di D. per i lavori di via S.Procolo (ibid. 385-414; ne determina esattamente l'importanza). Un sintetico, equilibratissimo compendio biografico-critico è poi quello offerto nel volume Dante. Vita opere e fortuna, nato come voce dell'Enciclopedia Italiana e più volte ristampato dal 1933.

Problemi di attribuzione il B. affrontò e risolse a proposito de La tenzone di D. con Forese (Problemi II 87-214), confermandone l'autenticità, e negando invece l'appartenenza a D. delle Cinque canzoni del Vat. 3793 (ibid. 277-304); e trattò da maestro problemi relativi a singole opere, o a questioni più generali: siano qui rammentati i saggi su La data della Vita Nuova e i primi germi della Commedia (Problemi 99-112; ribadisce, contro il Federzoni, il 1292-1293 e tiene distinta la finale ‛ mirabile visione ' dal fatale andare pei regni ultramondani); su La questione di Beatrice (ibid. 113-140; ne riafferma la realtà storica); su La questione di Lisetta (Problemi II 215-252; discute l'epoca di Per quella via, portandola agli ultimi anni della vita di D., e le varie ipotesi circa Lisetta, anche in rapporto alla corrispondenza tra D. e Giovanni Quirini); sulla data di composizione di E'm'incresce di me (ibid. 253-266; composta per Beatrice nel periodo dell'amore doloroso); Sulla fededegna persona che rivelò al Boccaccio la Beatrice dantesca (ibid. 415-420; Lippa dei Mardoli, madre della matrigna del B. e sua biscugina); su Pier Damiano e Pietro peccatore (Con D., pp. 255-299; crede che D. non abbia voluto distinguere da Pier Damiano l'altro pio ravennate).

Un altro filone di ricerca, volto a indagare e definire la genuina fisionomia di D. pensatore, uomo politico, poeta, e a caratterizzare più da vicino la Commedia (anche affrontando questioni teoriche più generali) è rappresentato dai saggi Razionalismo e misticismo in D. (Problemi II 1-86; scritto in serrata polemica con Luigi Pietrobono); Per l'interpretazione della canzone ‛ Tre donne ' (ibid. 267-276, di cui è ben colta l'ispirazione fondamentale); Poesia e struttura nella Divina Commedia (Problemi fondamentali, pp. 7-20); Per la genesi e l'ispirazione centrale della D.C. (ibid. 21-48); L'ideale politico-religioso di D. (ibid. 49-68); L'Italia nell'ideale politico di D. (ibid. 69-90); Impero e Chiesa (ibid. 91-114); Allegoria e lettera nella D.C. (ibid. 115-140): pagine tutte che segnano un allargarsi della problematica verso prospettive più ampie, dietro l'influsso (legato alla polemica) del Pietrobono, e l'incontro con Bruno Nardi e gli studi di Étienne Gilson.

Non meno fertile di risultati, e tesa a preparare un commento lungamente desiderato e meditato e mai compiuto, la chiosa puntuale: fiorita in genere a raddrizzare errori o inesattezze altrui, e sempre volta a ritrovare la genuina dimensione della parola dantesca, il suo preciso significato in rapporto all'uso del tempo: si vedano le pagine Per una più precisa interpretazione della D.C. (Problemi I 197-304; recensione a Torraca, Scartazzini-Vandelli, Passerini, Toynbee); Per un nuovo commento della D.C. (Con D., pp. 1-52; recensione a Steiner, Scarano, Flamini, Pietrobono, Grabher); Ancora per un nnovo commento della D.C. (ibid. 53-116; sul commento del Pietrobono); ‛ Burella ' e ‛ cammino ascoso ' (ibid. 241-254; chiarisce l'esatto valore del termine) e, in fine, le numerose Chiose varie, ottimo avvio al commento puntuale (ibid. 299-356). E sempre dal dato linguistico, nella convinzione che " la lingua di Dante, per quanto possa parere altrimenti, non è la lingua d'oggi " e che " soltanto la conoscenza precisa dei sentimenti, degli usi, degl'istituti, delle credenze, dei pregiudizi d'allora, e persino del valore convenzionale assunto da certe espressioni nell'uso comune, può metterci in grado di risentire e rivedere quello che Dante ha voluto esprimere e raffigurare ", il B. muoveva a riformare interpretazioni vulgate di episodi celebrati, talora lasciando a bocca un po' amara i lettori di poesia: si pensi ai due saggi su Francesca da Rimini e sul Canto di Farinata, da ultimo pubblicati in Con D., pp. 117-152; 153-212.

E, in fine, la cosidetta ‛ fortuna ', il terreno su cui aveva fatto le prime prove il giovane allievo pisano: studiata sempre in rapporto a interrogativi concreti, che davano il più delle volte avvio a ricerche di fondo sulla tradizione testuale, e conducevano a rivedere ab imis opinioni correnti; si veda lo studio Di un commento al poema mal attribuito a Jacopo Alighieri (Problemi I 359-394), o l'altro Qual è la seconda redazione della ‛ Vita di D. ' del Boccaccio? (ibid. 395-428), o ancora le pagine intitolate Benvenuto da Imola e non Stefano Talice da Ricaldone (ibid. 429-454); mentre un vasto saggio si presentava quale recensione a un libro altrui: La fama di D. nel Settecento (ibid. 455-472).

Questa, per sommi capi, l'attività più strettamente dantesca di quella che fu e rimane, per altezza d'ingegno, acutezza d'indagine, prospettica ampiezza d'interessi, capacità di promuovere e dirigere ardue imprese, la mente più problematica che abbia sinora avuto la filologia italiana medievale e moderna. A taluno il B. poté sembrare (escluso il settore testuale) prigioniero del rilievo minuto e privo di una visione d'insieme (sordo, tutto sommato, alle ragioni della poesia); ma egli volle darsi consapevolmente precisi confini, per una deliberata scelta metodologica, in rapporto ai bisogni concreti della disciplina. Tra la brillante sintesi d'insieme, la storicizzazione a larghe campiture, e l'analisi minuta dei fatti - testuali, linguistici, storico-culturali - il B. optò per quest'ultima, preferendo in molti casi soffermarsi a rivedere e migliorare l'altrui lavoro, o a correggere le storture filologico-critiche dei guastamestieri (come li definiva), convinto che il maggior pericolo per la moderna critica dantesca fosse il procedere " senza direttive certe e senza vera preparazione scientifica ". Da questo punto di vista, anche prescindendo dalla quantità e qualità dei suoi contributi, la lezione del B. va intesa soprattutto come un esempio di metodo: quel metodo sinteticamente, paradigmaticamente esposto, nel 1920, in apertura del I volume degli " Studi danteschi " da lui fondati e diretti fino alla morte, e al quale ben conviene che l'odierna filologia dantesca continui a ispirarsi anche nel futuro, pur con i temperamenti e gli approfondimenti suggeriti dalla quotidiana esperienza e dall'avanzare dei buoni studi.

Scritti. - D. Alighieri, La Vita Nuova, a c. di M.B., Firenze 1907; ID., La Vita Nuova... Edizione critica, a c. di M.B., ibid. 1932 (" Edizione nazionale delle opere di D. ", I); ID., Rime, a c. di M.B., in Le opere di D. Testo critico della Società Dantesca Italiana, ibid. 1921 (19602); ID., Rime della Vita Nuova e della giovinezza, a c. di M.B. e F. Maggini, ibid. 1956; ID., Rime della maturità e dell'esilio, a c. di M.B. e V. Pernicone, ibid. 1969. - L'esistenza di una bibliografia fino al 1941 (vedi più sotto), aggiornata dall'a. della presente voce fino al 1964, ci dispensa le minute indicazioni bibliografiche. Ci limiteremo pertanto alle opere fondamentali, in parte rammentate nel testo: Della fortuna di D. nel secolo XVI, Firenze 1890; Studi sul canzoniere di D. con nuove indagini sulle raccolte manoscritte e a stampa di antiche rime italiane, ibid. 1915 (rist. fototipica, ibid. 1965); Dante. Vita opere e fortuna con due saggi su Francesca e Farinata, ibid. 1933; Problemi di critica dantesca. Prima serie (1893-1918), ibid. 1934 (rist. fototipica, ibid. 1965); Problemi di critica dantesca. Seconda serie (1920-1937), ibid. 1941 (rist. fototipica, ibid. 1965); La nuova filologia e l'edizione dei nostri scrittori da D. al Manzoni, ibid. 1938; Con D. e coi suoi interpreti. Saggi per un nuovo commento della D.C., ibid. 1941 (citato Con D.); Problemi fondamentali per un nuovo commento della D.C., ibid. 1956.

Bibl. - Commem. di M.B., a c. della Scuola normale sup. di Pisa, Firenze 1943 (con parole di G. Gentile, discorso di L. Russo e bibliografia degli scritti a c. di S.A. Barbi); A. Vallone, La scuola italiana di filologia testuale ed il B., in La critica dantesca contemporanea, Pisa 19572, 143-155; F. Mazzoni, M.B., in Dizion. biogr. degli Ital. VI (1964) 190-193 (art. ristampato, con aggiornamento bibliografico, nel vol. Contributi di filologia dantesca. Prima serie, Firenze 1966, 255-266, cui qui si rimanda anche per la bibliografia implicita, ivi citata, relativa a scritti recenti sul B. dantista e filologo).

TAG

Storia della letteratura italiana

Scuola normale superiore di pisa

Società dantesca italiana

Accademia della crusca

Alessandro d'ancona