DE JORIO, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)

DE JORIO, Michele

Silvio De Majo

Nacque a Procida il 18 ott. 1738 da Giovanni Antonio e Teresa Assante. Di estrazione borghese, fu avviato, come il fratello maggiore Francesco, allo studio del diritto a Napoli, dov'erano gli zii paterni Andrea, professore di diritto, e Francesco, ecclesiastico. Nel 1761 esordì come scrittore di storia e politica con il Discorso sopra la storia de' Regni di Napoli, e Sicilia. Per delucidare le mutazioni avvenute dal principio della loro fondazione fino a' nostri giorni, e la continuazione della Religione, edito a Napoli, un ampio trattato, molto lodato dai contemporanei, ma che risentiva chiaramente della giovanissima età del suo autore.

Nel ventennio successivo il D. non pubblicò altre opere di tale tipo, ma preferì dedicarsi alla professione di avvocato, limitandosi a dare alle stampe due orazioni celebrative, indirizzate a Pietro Leopoldo di Toscana e al re Ferdinando IV, ed alcune allocuzioni forensi. Alla fine degli anni Settanta iniziò a pubblicare quella che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere una monumentale Storia del commercio e della navigazione dal principio del mondo sino ai giorni nostri (Napoli, I, 1778; II e III, 1782; IV, 1783). L'opera, che rimase incompleta, trattando della navigazione e del commercio nei suoi diversi aspetti, storici, politici, filosofici e giuridici, solo fino ai tempi di Augusto, è da ritenersi - come rilevò L. Bianchini (Della scienza del ben vivere sociale e della economia degli Stati, Palermo 1845, p. 285) - "di mera erudizione, talora inesatta, prolissa e senza principî scientifici". Tuttavia ebbe un ruolo importante nella vita scientifica e professionale del D.: egli iniziò così ad occuparsi di una materia che non avrebbe più abbandonato, sia come magistrato, sia come studioso e scrittore di diritto, storia ed economia. Allo stesso tempo si attirava l'attenzione e la stima del governo napoletano, che gli riconosceva una specifica competenza. L'anno successivo all'uscita del primo volume il D., nominato membro dell'Accademia di scienze e belle lettere, aveva l'incarico di redigere un codice marittimo.

L'incarico non era di poco conto e si inseriva nel progetto di J. Acton e di Ferdinando IV di continuare l'opera riformatrice di Carlo di Borbone, tendente a sistemare e rinnovare sia il diritto commerciale e marittimo, sia l'intero diritto civile. Nel campo della navigazione Carlo aveva promesso un codice già nel 1741, ma negli anni successivi del suo regno era riuscito soltanto ad emanare diverse nuove disposizioni di legge, rimaste spesso lettera morta. Dopo oltre un ventennio, i tentativi riformatori riprendevano quindi con l'incarico al D., che vi attese in tempi brevissimi. Nel 1781 il codice era redatto e ne furono stampati a Napoli venticinque esemplari sotto il titolo di Codice Ferdinando o Codice marittimo compilato per ordine di S. M. Ferdinando IV, perché fosse esaminato dagli organi di governo che avrebbero dovuto promulgarlo dopo eventuali correzioni.

L'opera, assai ponderosa (4 tomi di complessive 2411 pagine), è da ritenersi di rilievo e senza dubbio la principale del D. sia per l'ampio respiro dell'analisi e della ricerca in campo economico e giuridico, sia per la padronanza della letteratura specifica o non a livello europeo, sia per la complessità e la novità della trattazione, anche rispetto a paesi più evoluti. Il difetto principale del Codice sembra essere di contro lo spazio eccessivo dedicato, rispetto alla parte squisitamente normativa, alle argomentazioni teoriche, agli aspetti storici, economici, letterari e filosofici connessi col commercio, con la storia della legislazione marittima.

Sia in campo economico, sia in quello giuridico il D. era un eclettico. In economia era fisiocratico quando parlava dell'agricoltura, mercantilista quando accennava alla bilancia commerciale, fautore di una conciliazione tra liberismo e protezionismo quando si occupava dei traffici; evidenti appaiono i legami con le teorie economiche del Genovesi e del Filangieri. La sua impostazione giuridica è chiaramente basata sul giusnaturalismo e sull'illuminismo del Wolff e del Vattel, che univa strettamente lo stato di natura con quello di diritto. Allo stesso tempo il D. era sensibile alla concezione storico-sociologica del Montesquieu ed era profondamente legato al diritto romano. Ne scaturisce quindi da un lato un certo relativismo della legislazione marittima, in funzione delle condizioni ambientali e storiche dei vari popoli e il presupposto dell'importanza della conoscenza della storia per lo studio del diritto; dall'altro lato il riconoscimento al diritto romano della capacità sistematica, della sua diffusione come diritto comune presso tutti i popoli e soprattutto - illuministicamente - della sua validità teorica assoluta, in quanto "ragione scritta".

Di ispirazione romanistica è chiaramente la parte normativa del Codice, suddivisa in tre sezioni: le persone, le cose e le azioni del mare.

Il Codice del D. non fu mai promulgato e rimase, data la sua limitata tiratura, assolutamente sconosciuto ai più. Il motivo maggiore di celebrità fu l'accusa all'Azuni - come iniziò a dire il napoletano Bartolomeo Pagano nel 1798 - di averlo letteralmente copiato nel suo celebre Sistema universale dei principi del diritto marittimo d'Europa, il cuiprimo volume usciva a Firenze nel 1795. Solo nel 1979 ha visto la luce una sua riedizione integrale curata da C. M. Moschetti (Il codice marittimo del 1781 di M. De Jorio per il Regno di Napoli, Napoli 1979).

Dopo la compilazione del Codice, il D. abbandonò la professione forense ed iniziò a ricoprire vari ed importanti incarichi in magistratura. Nel dicembre 1783 venne nominato giudice del tribunale di Ammiragliato e consolato, un organismo nuovo che si occupava di questioni marittime in sostituzione dei soppressi tribunali Regio Consolato di mare e di terra e Grande Almirante. La carriera proseguì negli anni successivi e portò il D. fino ai massimi vertici: nel giugno 1786 divenne consigliere del Supremo Magistrato di commercio e undici anni dopo caporuota; nel marzo 1798 fu nominato presidente del tribunale dell'Ammiragliato e consolato; dopo la parentesi repubblicana, alla quale il D. fu assolutamente estraneo, incorrendo anzi nell'arresto (aprile 1799) perché sospettato di connivenza con gli Inglesi, fu nominato (agosto) vicepresidente del Sacro Regio Consiglio- massima carica giudiziaria, essendo vacante quella di presidente - e viceprotonotaro del Regno; finalmente nel luglio 1802, dopo che nel novembre 1799 gli era stato conferito il titolo di marchese, divenne presidente del Sacro Regio Consiglio.

Accanto all'attività di magistrato il D. svolse anche, con scrupolo e competenza, altre mansioni amministrative di rilievo. Tra queste è il caso di ricordare le seguenti, ricoperte quasi sempre fino alla morte: delegato del Banco del Salvatore, dal 1788; assessore di economia del Real Fondo della separazione dei lucri, dal 1789; delegato del Pubblico Generale Archivio - istituito solo tre anni prima - dal 1789; membro della giunta per risollevare l'arte della seta, sempre nel 1789; presidente della lotteria istituita nel 1800.

Alla fine degli anni Ottanta si occupò attivamente, in qualità di membro del Supremo Magistrato di commercio, del problema della pesca del corallo di Torre del Greco e della sua regolamentazione. Non codificati, e perciò causa di controversie, risultavano in particolar modo i rapporti tra marinai e padroni di navi, e tra questi e gli armatori; problematica era la vendita del corallo sulla piazza di Livorno, dove i mercanti ebrei spesso imponevano prezzi bassi; le anticipazioni di denaro non erano garantite.

Nel 1787 il D. emise un giudizio sfavorevole ad un padrone torrese che aveva rotto un cartello di corallari tendente a determinare un prezzo minimo di vendita; l'anno successivo redasse una consulta sulla pesca dei Torresi nelle acque tunisine - che aveva provocato le proteste da parte dei Francesi che la ritennero lesiva dei loro interessi - giudicandola lecita, ad eccezione delle acque territoriali; infine egli si occupò della stesura di un codice e progettò la formazione di una compagnia di corallari.

Il Codice corallino o Regolamento economico-legale per la pesca de' coralli che si fa dai marinai della Torre del Greco, pubbl. a Napoli nel 1790, che reca la firma di tutto il Supremo Magistrato di commercio, ma è attribuito al D., prevedeva il controllo amministrativo di consoli su tutta l'attività, "definiva la figura e i compiti delle persone che avevan parte nella pesca del corallo" (Tescione), ripartiva il profitto tra di essi, prescriveva la determinazione del prezzo alla voce. Contemporaneo era il tentativo di istituire una società per azioni che si occupasse delle fasi successive alla pesca. Nel 1788 il D. pubblicava a Napoli, anonima, una Memoria per la nuova Compagnia del corallo che si vorrebbe stabilire in Napoli per potersi qui vendere, e lavorare una sì ricca produzione del mare, in cui si invitava il pubblico a sottoscrivere le azioni presso di lui. Due anni dopo, avuto l'assenso reale, usciva sempre a Napoli una memoria, firmata da tutti i giudici del Supremo Magistrato di commercio, ma attribuita al D., sulla Real Compagnia del corallo stabilita da S. M. per lo commercio di sì ricca mercanzia. Nonostante l'impegno del D. e del governo l'iniziativa però non ebbe seguito.

Dal 1798 il D. iniziò ad abbinare alle sue molteplici attività anche quella di docente universitario alla cattedra di commercio. L'insegnamento creato col Genovesi aveva avuto per oggetto fino ad allora l'economia politica; il D., invece lo indirizzò verso il diritto commerciale. Nel 1799 pubblicò a Napoli il testo delle lezioni tenute nel primo anno di corso: La giurisprudenza del commercio, un grosso manuale in 4 volumi in cui passava in rassegna tutte le questioni economiche e giuridiche relative al commercio terrestre. Qualche anno dopo uscì la sua ultima opera, anch'essa effetto delle lezioni universitarie: Istruzioni del commercio e suo stato antico, e moderno, Napoli 1804, una raccolta sistematica e didascalica in 6 volumi su tutto ciò che attiene al commercio. Dopo aver considerato in generale e con argomentazioni teoriche le istituzioni politiche, le varie forme di traffici, i rapporti e le strutture economiche e finanziarie, le leggi, il D. passava in rassegna il commercio mondiale paese per paese, dal punto di vista storico economico e giuridico. In appendice a quest'opera il D. ristampò una breve orazione sull'economia politica, già comparsa a Napoli in quello stesso anno: Idea generale del commercio e della sua scienza.

Il D. morì a Procida il 13 febbr. 1806.

Tra le opere minori del D. (orazioni e allocuzioni forensi) ricordiamo: A S. A. R. Pietro Leopoldo arciduca d'Austria e G. Duca di Toscana. Orazione ... Discorso sopra la Storia de' Regni di Napoli, e di Sicilia, s. l. n. d. [ma Napoli 1763]; Alla Maestà di Ferdinando IV Re delle Due Sicilie per le sue faustissime nozze con Maria Carolina..., Napoli 1768; Nuove lagnanze degli Scillitani esposte alla Suprema Giunta di Scilla, ibid. 1777; Stato delle controversie tra D. Michele, suoi fratelli... de Jorio e D. Gennaro, e suoi fratelli de Jorio, ibid. 1778; Ristretto delle controversie, e delle ragioni, che competono a D. Michele... de Jorio contro a D. Gennaro... de Jorio, ibid. 1778; Nullità dell'istrumento di transazione stipulato agli undici di marzo 1775 tra gli Amministratori del Monte Gerbasio cogl'individui dell'istesso nome, ibid. 1779; Antiche e nuove ragioni del vescovo di Capaccio contro all'abate di S. Egidio d'Altavilla innanzi a monsignor Cappellan maggiore per poterle rappresentare a S. M. col suo parere, ibid. 1782; Regolamento dell'annona di Reggio da farsi piuttosto per partito e non per un monte frumentario, ibid. 1782.

Attribuita al D., ma anonima: Nuova forma data dal Re al Supremo Magistrato di Commercio e relazione del possesso preso dal suo presidente illustre Signor Marchese D. Ippolito Porcinari, ibid. 1797.

Il fratello Francesco nacque a Procida il 3 ott. 1725. Avvocato negli anni Cinquanta, dal 1760 fu giudice e governatore degli stati allodiali in diverse province del Regno di Napoli. Nel 1777 pubblicò a Napoli un'importante raccolta della legislazione del Regno, sintetizzata e preceduta da notizie sulla legislazione romana: Introduzione allo studio delle prammatiche del Regno di Napoli secondo la collezione del 1772. Col suo diritto comune corrispondente. In appendice al terzo volume di quest'opera egli pubblicò una breve memoria che, in linea con l'illuminismo napoletano ed in particolare col Filangieri, difendeva la riforma tanucciana del 1774 sulla motivazione delle sentenze: Riforma de' tribunali, e giudici della Città di Napoli, circa il modo di profferire le decisioni fatte con cognizione di causa, e contestazione giudiziaria, e suoi vantaggi. Nel 1780 lasciò il suo lavoro per motivi di salute. Morì a Procida il 24 ott. 1781.

Bibl.: Un'ampia e documentata biogr. del D. è quella di G. M. Fusco, Della vita e delle opere del marchese M. D. presidente del Sacro Regio Consiglio, Napoli 1848. Brevi cenni biogr. sono in Nuovo Digesto Italiano, e nel Novissimo Digesto Italiano, V, sub voce. Notizie biogr., giudizi e commenti sulle sue prime opere sono in alcuni scritti di suoi contemporanei: F. A. Soria, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, I, Napoli 1781, pp. 334 s.; L. Giustiniani, Memorie istor. degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 160 s. (per Francesco, pp. 159 s.); G. M. Galanti, Testamento forense, Venezia 1806, I, p. 32; II, pp. 251, 299 s.; Id., Memorie storiche del mio tempo, a cura di D. Demarco, Napoli 1970, ad Indicem. Una sintesi delle cariche dal D. ricoperte in magistratura è nel Notiziario ragionato del S. R. Consiglio e della R. Camera di S. Chiara, Napoli 1802, p. 67. Notizie sulla sua vita a partire dal 1799 sono in C. De Nicola, Diario napol. dal 1798 al 1825, Napoli 1906, I e II, ad Indicem. Sulla compilazione della sua principale opera si soffermano C. Perfetto, Il primo codice marittimo e l'insegnamento del diritto commerciale a Napoli, Napoli 1919, passim e C. M. Moschetti, in Il codice marittimo..., cit., 1979. A questi due libri è possibile ricorrere anche per la restante bibliografia su quest'opera del D., costituita soprattutto di manuali e altri trattati di diritto commerciale, e sulla polemica per il preteso plagio dell'Azuni . Sul suo operato a favore della pesca del corallo si sofferma G. Tescione, Italiani alla pesca del corallo ed egemonie marittime nel Mediterraneo, Napoli 1940, pp. 122, 136-40, 145 s., 153, 156, che pubblica in appendice il Codice corallino e il progetto societario del 1790.

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