MORTELLARI, Michele

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MORTELLARI, Michele

Lorenzo Mattei

– Nacque a Palermo intorno al 1747.

La data di nascita si deduce dagli annunci mortuari di due riviste inglesi  (The European magazine and London review, vol. 51, 1807, p. 318, e The gentleman’s magazine, vol. 77, 1807, p. 385) che, nel dare notizia del decesso, attribuirono a Mortellari l’età di sessant’anni.

La sua formazione musicale si svolse a Palermo, dove fu uno ‘spersu’ (un allievo del Conservatorio de’ figliuoli dispersi, detto anche del Buon Pastore). Il completamento del tirocinio formativo si svolse nel conservatorio di S. Onofrio di Napoli sotto la guida di Niccolò Piccinni, presumibilmente tra il 1767 e il 1770. Al pari del quasi coetaneo Giuseppe Giordani e di molti altri compositori usciti dai conservatori partenopei, l’affermazione di Mortellari avvenne fuori di Napoli, città per la quale scrisse soltanto una cantata celebrativa, Partenope nel cielo, testo di Francesco Cerlone, eseguita al teatro Nuovo nel 1774. Debuttò come operista al teatro della Pergola di Firenze il 20 settembre 1772 con una Didone abbandonata, testo di Metastasio, ma soltanto nel 1775 poté affermarsi nel circuito teatrale veneto, nel genere serio con l’Arsace (libretto di Giovanni De Gamerra, Padova, teatro Nuovo, 13 giugno, poi replicato l’anno successivo a Verona) e in quello comico con Le astuzie amorose (libretto di Cerlone riadattato per il teatro S. Samuele a Venezia).

Dopo una puntata modenese (l’Armida al teatro Ducale nel carnevale 1776), consolidò la sua carriera in Laguna con Antigona (libretto di Gaetano Roccaforte, Venezia, teatro S. Benedetto, 11 maggio, poi ripresa a Verona nel carnevale 1777), Don Salterio Civetta (Venezia, teatro S. Samuele, carnevale 1776), Il barone di Lago Nero (ibid., teatro S. Cassiano, autunno 1776). Nel carnevale 1777 ottenne commissioni dal teatro Valle di Roma (l’intermezzo in due atti La governante) e dal Ducale di Milano (il metastasiano Ezio), dove riscosse un primo rilevante successo (cfr. Gazzetta universale, n. 10, martedì 4 febbraio 1777, p. 79: «Sabato sera fu posto in scena in questo interinal teatro il dramma l’Ezio, che per l’abilità de’ professori ed eccellente musica del sig. maestro Michele Mortellari napolitano riportò un incontro strepitoso»). Può darsi che l’ottima accoglienza riservata a questo titolo, replicato sempre nel 1777 al S. Agostino di Genova, abbia stimolato gli impresari della nuovissima Scala a scritturare Mortellari per la seconda opera della stagione inaugurale (Troia distrutta, su testo di Mattia Verazi, 1° settembre 1778). Sempre nel 1778 Mortellari diede altri due «drammi per musica» di Metastasio al Ducale di Modena (Antigono, carnevale, insieme alla ripresa dell’Ezio) e al S. Benedetto di Venezia (Alessandro nell’Indie, primavera, poi riallestito all’Accademia degl’Intronati di Siena il 22 luglio 1778 e a Lucca nell’autunno 1783). Di De Gamerra intonò per il Regio di Torino il Lucio Silla (carnevale 1779 ) e per il Filarmonico di Verona il Medonte (estate 1780). A Venezia, confermando il favore tributatogli da quella piazza, diede Il finto pazzo per amore (S. Giovanni Grisostomo, carnevale 1779), I rivali ridicoli (libretto di Giovanni Bertati, S. Moisè, autunno 1780), La muta per amore (testo di Giuseppe Manolessi, S. Samuele, carnevale 1781), La fata benefica (S. Moisè, carnevale 1783, poi ripresa in autunno a Varese e a Nizza nell’autunno 1784). Sempre a Venezia confezionò una cantata (Telemaco nell’isola di Ogigia) su libretto di Carlo Lanfranchi Rossi nel 1782.

In questi anni Mortellari si distinse come autore di melodie da camera; ne danno testimonianza Jean-Benjamin de La Borde, che lo disse autore di «musica piacevole e facile; di lui si conoscono molte piccole chansons che per la loro semplicità, sono molto in voga» (1780, p. 206), nonché il conte d’Albon, che nell’elencare gli autori napoletani attivi in Italia affermò: «nulla piace di più delle chansons di Mortellari» (1781, p. 140).

Dopo il 1782 Mortellari non ebbe altre scritture teatrali, almeno fino al 1785, che segnò l’ultimo anno di attività in Italia prima del definitivo trasferimento a Londra: all’importante commissione scaligera del carnevale (Semiramide, da Voltaire, testo di Ferdinando Moretti) seguirono L’infanta supposta (Modena, teatro Ducale) e in autunno Armida abbandonata (Firenze, teatro della Pergola). L’iter italiano di Mortellari operista si consumò dunque nell’arco di un dodicennio, e a poco valse la rentrée padovana con l’Angelica (libretto di Gaetano Sertor, teatro Nuovo, 13 giugno 1796) promossa da Alvise Pisani – ambasciatore veneziano a Parigi ma rifugiato a Londra dopo il regicidio del 1793 – che patrocinò l’attività di Mortellari.

A tal proposito giova riportare la poco lusinghiera testimonianza di Giacomo Gotifredo Ferrari: «Giunti a Padova, il buon cavaliere [Pisani] fece scritturare il suo protetto per iscrivervi un’opera e un ballo. La compagnia era certamente cattiva, ma il Mortellari era anche un di que’ vecchi intestati che non vogliono adattarsi al buon gusto del giorno; oltreché la sua musica era debole e nuda d’armonia; fé dunque un fiasco, un fiascone e fu servito con questo complimento: cantanti senza voce, ballerini senza gambe, musica del Mortellari» (1830, p. 27).

Stabilitosi a Londra, Mortellari lavorò per il King’s Theatre componendo arie per farcire vari ‘pasticci’ operistici; il 25 maggio 1786 l’impresario Giovanni Andrea Battista Gallini gli concesse di riallestire, sempre a mo’ di pasticcio, la sua Armida (ma la diva Gertrud Elisabeth Mara contestò la musica di Mortellari e pretese per sé arie sostitutive): Charles Burney vi ravvisò una scrittura vocale «of the most refined and exquisite sort» (1789, p. 526). Le poche righe di Burney sullo stile di Mortellari («elegant, gracefull, pleasing»; ibid.) vennero riprese, più o meno modificate, nei successivi dizionari biografici di musicisti. L’8 maggio 1787 negli Hanover Square Rooms fu data la cantata Venere e Adone su testo di Joseph Giannini, mentre la metastasiana Passione di Gesù Cristo fu eseguita in un salotto londinese intorno al 1794. Nel decennio britannico, 1788-98, Mortellari si distinse come apprezzato insegnante di canto – tra le sue allieve la celebre Elisabeth Billington – e come autore di musica vocale da camera e sacra (non disdegnando la pratica del contrafactum, come testimonia il Tantum ergo sacramentum derivato dal Son cessate le mie pene della Troia distrutta). Non stupisce che Filippo Pananti, nel poema romanzesco Il poeta di teatro, menzioni Mortellari tra i maggiori maestri dell’arte canora: «Bianchi, Sapio, Asioli, Mortellari, / del più bel canto i precettor più dotti» (1809, canto III, XVIII, p. 295).

Verso la metà del 1798 partì per la Russia, dove soggiornò fino al giugno 1799 nel tentativo di ottenere commissioni e incarichi alla corte di Paolo I; ma l’unico impegno di rilievo fu la cantata epitalamica Il ritorno felice alle sponde del Baltico, libretto del barone Carlo Brentano de Grianty (futuro promotore del conservatorio di Milano), per le nozze della contessa Skavronskij col conte Giulio Renato Litta (Pietroburgo 1798). Per qualche mese Mortellari fu al servizio del conte Nikolaj Šeremetev, poi fece ritorno a Londra.

L’occasione per un’estrema scrittura veneziana venne con l’invito a musicare la cantata Adria risorta di Caterino Mazzolà (teatro La Fenice, 6 febbraio 1806) per la visita a Venezia del viceré d’Italia Eugenio di Beauharnais con la consorte Augusta Amalia di Baviera.

A Londra Mortellari aveva cercato di introdurre nell’organico del King’s Theatre i figli Michele C. (prima come suonatore di tromba e corno alla Pantheon Opera, 1790-92, poi come maestro al cembalo, 1804-07), Antonio (arrangiatore di brani d’opera e autore di fantasie pianistiche), Marietta Augusta (cantante comprimaria, poi sposata al colonnello Joseph Allen Woolrych) e una seconda figlia di cui è ignoto il nome. Michele C., attivo come compositore di liriche da camera e musiche per balletti (Anacréon, La fille sauvage, Rosalie et Donzival), fu anche maestro al cembalo nel teatro di Dublino (dal 1808); a lui si riferisce Fétis nel nominare un concerto tenuto negli Hanover Square Rooms nel 1791 scritto per il «corno doppio cromatico» inventato da Charles Clagget (1838, p. 152). Michele C. dal 1810 tentò di affermarsi nel commercio librario musicale, senza gran fortuna: lo European magazine and London review  incluse la sua azienda nella lista delle bancarotte: «il 7 aprile 1812 è fallito Mortellari M.C., Charles Street, Grosvenor Square, negoziante di musica» (vol. 61, 1812, p. 517).

Morì il 27 marzo 1807 a Londra, nella sua casa in Oxford Street.

Relegata nella schiera dei tanti operisti minori che costellarono il Settecento exeunte, la figura di Mortellari è stata di recente riconsiderata grazie agli studi sul delicato passaggio dal melodramma metastasiano a quello romantico (1780-1800). Va tuttavia sottolineato che Mortellari si eclissò letteralmente dal circuito teatrale italiano (salvo la già menzionata Angelica padovana del 1796) proprio negli anni di maggior fermento per gli sviluppi formali dell’opera seria. Peraltro molte novità riscontrabili nelle sue opere – sinfonie a programma, ampi inserti corali e coreutici, finali d’atto elaborati, arie con ‘pertichini’ – andranno ascritte all’inventiva di librettisti come De Gamerra, Moretti, Sertor, Verazi, più di altri attenti a captare le nuove tendenze del melodramma; Mortellari si limitò a rivestire quegli innovativi istituti formali con abiti musicali comunque modellati sulle istanze performative degli interpreti. Dall’esame delle partiture superstiti emerge infatti un atteggiamento stilistico poco incline sia all’interazione tra voce e orchestra (il pregio della scrittura di Niccolò Piccinni) sia a una gestualità musicale che esalti il contenuto poetico (la cifra distintiva di Giovanni Paisiello). Mortellari si attardò su un formulario retorico più vicino a Pasquale Cafaro che al più aggiornato Pasquale Anfossi; a mancare fu proprio quella verve ritmico-gestuale, precipua degli autori napoletani, la cui assenza era già lamentata da Burney (che infatti proponeva di definire Mortellari più «siciliano» che «napoletano»; 1789, p. 526). La struttura delle arie, che non ingloba inserti in stile recitativo alla maniera di Jommelli, resta ancorata allo schema tripartito col ‘da capo’ e si articola in relazione ai passaggi di bravura, assai frequenti. Notevole invece l’invenzione melodica, basata su un fraseggio brevilineo e allineata a una nuova sensiblerie che predilige il languore ottenuto con brevi fiorettature e appoggiature semitonali. Degna di nota è anche la confezione dei pezzi d’assieme (su di essi si è soffermata Marita P. McClymonds, 1984-85), concepiti in una logica costruttiva paratattico-additiva, fedele alle segmentazioni offerte dai libretti intonati (mutazioni sceniche, cambi di metro, sortite di personaggi). Se Mortellari non avesse avuto il privilegio d’essere scritturato per la stagione inaugurale della Scala e se il suo nome non avesse incrociato quello di Mozart – la scena e rondò Io ti lascio, e quest’addio K 255 (1776) mutua il testo dal suo Arsace – sarebbe forse caduto nello stesso oblio in cui versano tanti altri operisti-artigiani coevi. Del resto la dipendenza della sua penna dalle capacità canore dei divi per cui scriveva fu messa in evidenza già da un impietoso Giuseppe Carpani che, il 5 maggio 1822, memore d’un’esperienza teatrale di 55 anni prima, scriveva: «Ho visto spetrarsi i cuori più duri all’Artaserse [recte: Ezio] del mediocrissimo Mortellari; ma chi strappava quelle lagrime? Mortellari? Dio l’abbia in gloria! Il Metastasio e Pacchierotti» (p. 317).

È nota una sola edizione di musica strumentale di Mortellari: Six quatuor [sic] à deux violons, viole, et violoncel (s.n.t.; RISM A/I), mentre nella biblioteca del castello di Kuskovo (residenza del conte Šeremetev) si conservava il manoscritto di un Allegro moderato assai per orchestra.

Fonti e Bibl.: J.-B. de La Borde, Essai sur la musique ancienne et moderne, III, Paris 1780, p. 206; C. d’Albon, Discours politiques, historiques et critiques, II, Neuchâtel 1781, p. 140; Ch. Burney, A General history of music, IV, London 1789, p.526; F. Pananti, Il poeta di teatro, II, London 1809, p. 295; C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, Parma 1812, p. 195; G. Bertini, Dizionario storico-critico degli scrittori di musica, III, Palermo 1815, p. 109; G. Carpani, Lettera al direttore della biblioteca italiana, in Biblioteca italiana, XXVI, Milano 1822, p. 317; G. Orlov, Essai sur l’histoire de la musique en Italie, Paris 1822, pp. 147 s.; G.G. Ferrari, Aneddoti piacevoli e interessanti, London 1830, p. 27; R.-A. Mooser, Annales de la musique en Russie, III, Genève 1951, p. 777; M.P. McClymonds, Mozart’s La clemenza di Tito and Opera seria in Florence as a reflection of Leopold II’s musical taste, in Mozart Jahrbuch, 1984-85, pp. 61-70; Id., Haydn and his contemporaries: Armida abbandonata, in Joseph Haydn: Bericht über den internationalen Joseph Haydn Kongress (Wien 1982), München 1986, pp. 325-332; C. Esch, M. M., Johann Christian Bach und Wolfgang Amadé Mozart: eine neu aufgefundene Fassung der Arie «Io ti lascio» KV 621a (=Anh. 245) und die verschollene Szene für Tenducci (Paris 1778) KV 315b (=Anh. 3), in Mitteilungen der internationalen Stiftung Mozarteum, XXXIX (1991), pp. 133-158; T.J. Walsh, Opera in Dublin 1798-1820. Frederick Jones and the Crow Street Theatre, Oxford 1993, pp. 66, 66, 72 (per Michele C.); M.P. McClymonds, «La Clemenza di Tito» and the Action-Ensemble finale in Opera seria before 1791, inMozart Jahrbuch, 1991, pp. 766-772; C. Esch, «Lucio Silla»: vier Opera-seria-Vertonungen aus der Zeit zwischen 1770 und 1780, Baden-Baden 1994; C. Price - J. Milhous - R.D. Hume, Italian opera in late eighteenth-century London, I: The King’s Theatre, Haymarket 1778-1791, Oxford 1995, p. 358; Indice de’ teatrali spettacoli, ed. anast., a cura di R. Verti, I, Pesaro 1996,  pp. 143, 148, 157, 163, 196, 203, 213, 222, 242, 262, 294, 301, 303, 306, 327, 474 s., 507; J. Milhous - G. Dideriksen - R.D. Hume, Italian opera in late eighteenth-century London, II: The Pantheon Opera and its aftermath, 1789-1795, Oxford 2001, p. 425 et passim (per Michele C.); F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, III, Parigi 1838,  p. 521; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, V, p. 206; The New Grove Dict. of Opera (ed. 2001), IV, p. 151; Die Musik in Geschichte und Gegenwart. Personenteil, XII, pp. 502-504.

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