Microplastiche

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microplastiche Termine con cui si identificano particelle di materie plastiche, prodotte direttamente o indirettamente dall’uomo, le cui dimensioni sono state convenzionalmente fissate dalla European food safety authority tra 0,1 e 5000 micrometri; frammenti di misura inferiore, non rilevabili dall’occhio umano e compresi tra 0,001 e 0,1 micrometri, vengono definiti nanoplastiche. Distinte in microplastiche primarie (disperse direttamente nell’ambiente come piccole particelle, quali granuli contenuti in prodotti cosmetici e per l’igiene quotidiana, tra cui esfolianti, dentifrici e detersivi, e in articoli dell’industria farmaceutica; frammenti liberati dal lavaggio di capi sintetici o per abrasione dei pneumatici) e microplastiche secondarie (derivanti da disgregazione di rifiuti plastici di maggiori dimensioni), e stimate dall'ONU nel 2017 in un numero di 51.000 miliardi negli ecosistemi marini mondiali, la loro dispersione nell’ambiente ne consente l’ingresso nella catena trofica, documentato in oltre 180 specie animali, tra cui uccelli, pesci, tartarughe e mammiferi, con un impatto ecotossicologico che arriva a coinvolgere anche la specie umana. Costituendo i polimeri artificiali il maggior detrito antropogenico inquinante presente negli oceani – il 96% del marine litter (materiale solido scartato, smaltito o abbandonato negli ecosistemi costieri o marini) è rappresentato da plastica, oltre 28 milioni di tonnellate della quale finiscono ogni anno in mare – non sorprende che microplastiche siano state identificate in organismi marini (pesci e invertebrati) oggetto di consumo umano; recenti ricerche ne hanno inoltre rilevato la presenza nel miele, nella birra, nel sale da tavola e nell’acqua potabile, mentre uno studio condotto nel 2018 dalla Medical University di Vienna e dall’Environment Agency Austria ha accertato la presenza di microparticelle polimeriche nelle feci umane di tutti i nove individui sottoposti a una settimana di studio, e ricerche condotte nel 2021 dall'Università Nankai di Tianjin hanno dimostrato che le microplastiche presenti nelle abitazioni potrebbero favorire la diffusione di batteri con geni resistenti agli antibiotici. Studi condotti nel 2022 dalla Vrije Universiteit di Amsterdam hanno rilevato la presenza, in 17 campioni ematici dei 22 prelevati da donatori, di particelle di plastica PET, di polistirene e polietilene: alcuni dei campioni anche due o tre tipi insieme. Mentre ulteriori ricerche dovranno valutare l’impatto sulla salute umana prodotto dalla contaminazione di microplastiche - che in studi animali si sono dimostrate in grado di permeare le membrane cellulari, penetrando nei tessuti intestinali e alterando le funzioni del sistema endocrino -, nel settembre 2018 l’Unione europea ha approvato una strategia volta ad aumentare i tassi di riciclaggio dei rifiuti plastici, vietando l’introduzione intenzionale di microplastiche nei cosmetici e nei detersivi e proponendo l'adozione di standard condivisi in materia di biodegradabilità e compostabilità; al fine di impedire la dispersione di micro- e nanoplastiche, nell'ottobre 2023 la UE ha vietato la commercializzazione di prodotti glitterati (creme, collanti, stampati ecc.).

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