MIDA

Enciclopedia Italiana (1934)

MIDA (Μίδας, Midas)

Angelo TACCONE
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Il nome è storico, attestato da iscrizioni frigie e assire (sotto la forma Mita), che chiamano così alcuni sovrani del regno frigio indipendente dell'epoca pregreca, fiorito nel sec. VIII a. C. Il nome di M., tra questi sovrani, si alterna con quello di Gordio; più re sembrano quindi averlo portato e M. appunto si chiamava l'ultimo sovrano della dinastia, caduta tra il 680 e il 670 sotto l'invasione cimmeria. Dinnanzi alla perdita del regno, egli si uccise.

La mitologia greca connette col nome di re Mida frigio parecchie leggende. Col re morto suicida al principio del sec. VII era da Erodoto identificato quel Mida nei cui giardini sarebbe stato preso Sileno. Sileno è fatto prendere da M. per desiderio di apprenderne la saggezza, ma il vecchio da principio sta a lungo in silenzio, e quando alfine si decide a parlare, dice che per l'uomo il meglio sarebbe non essere mai nato o, dal momento che ha avuto la disgrazia di nascere, il morire subito.

Più note assai sono intorno a M. le due storielle riferite diffusamente da Ovidio (Mit., XI, 85-193) e più in breve da Igino, Favola 191, e da Servio Ad Aen., X, 142. Un giorno Sileno, essendo piuttosto alticcio, si smarrisce nei pressi del Tmolo dal corteo di Dioniso; certi contadini frigi lo pigliano e lo portano al re Mida il quale, essendo stato da Eumolpo e da Orfeo iniziato ai misteri, riconosce subito il vecchio aio di Dioniso e lo festeggia solennemente per dieci giorni e dieci notti, dopo di che si pone sulle orme del dio e raggiuntolo gli restituisce il caro aio. Dioniso, lieto, concede a M. l'adempimento di un suo desiderio, e M. chiede che ogni cosa la quale venga in contatto col suo corpo diventi oro. E mentre se ne torna a casa ha occasione di provare più volte con letizia che Dioniso ha mantenuto la parola, ma vede poi con orrore che anche i cibi e le bevande subiscono quella metamorfosi, talché egli arrischia di morir di fame e di sete. Invoca allora la pietà del nume e questi lo consiglia di lavarsi nel Pattolo le cui acque da allora in poi scorreranno ricche d'oro, mentre M. tornerà allo stato normale. L'altra storiella racconta che M. stanco e nauseato delle sue ricchezze si dà a vivere nelle foreste, dove unicamente si occupa nel culto di Pan. Ed ecco che capita sul Tmolo proprio mentre il dio del monte sta per giudicare una gara musicale fra Pan e Apollo e attribuisce la palma ad Apollo; M. disapprova quel giudizio e allora Apollo gli fa, per punizione, crescere orecchie d'asino. M. le copre con una tiara, ma il suo barbiere riesce tuttavia a vederle. Egli non palesa a nessuno, per paura, il segreto, ma non potendone più, un giorno scava una fossa e confida a quella la cosa; di là però nascono dalle canne che, agitate dal vento, ripetono le parole del barbiere, sicché il segreto è ben presto conosciuto universalmente.

Le caratteristiche della figura e della leggenda del re M. fanno di leggieri riconoscere in lui un antico nume della vegetazione, il quale apparteneva come Sileno e Marsia alla cerchia di Dioniso; è identificato più tardi con lo storico sovrano.