MILLANTATO CREDITO

Enciclopedia Italiana (1934)

MILLANTATO CREDITO

Guglielmo Sabatini

. Il delitto di millantato credito, previsto dall'art. 204 del codice penale del 1889, e dall'art. 346 di quello del 1930, fu introdotto per la prima volta nelle legislazioni moderne dal codice napoletano del 1819 seguito poi dai codici parmense, estense, toscano e sardo-piemontese. Non era però uniforme la sua configurazione giuridica. Il codice parmense e altri lo consideravano come una specie di truffa, mentre il toscano lo annoverava tra i delitti contro l'amministrazione dello stato. Il codice del 1889, seguendo il toscano, lo comprendeva tra i delitti contro la pubblica amministrazione.

Il codice del 1930, riproducendo nella sostanza la disposizione dell'art. 204 del codice abrogato, ha distinto due f0rme di millantato credito: la prima, semplice; l'altra aggravata. Conseguentemente commina la pena della reclusione da uno a cinque anni e la multa da lire tremila a ventimila contro chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere a sé o ad altri, danaro o altra utilità come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato. La pena è invece della reclusione da due a sei anni e della multa da lire cinquemila a trentamila se il colpevole riceve, fa dare o promettere a sé o ad altri danaro o altra utilità, col pretesto di dovere comprare il favore d'un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo rimunerare.

Soggetto attivo del reato in ambedue le forme può essere qualunque persona, il cittadino o lo straniero, quindi anche un pubblico ufficiale o impiegato. Similmente è identico l'oggetto materiale del reato, il danaro o altra utilità, che il colpevole riesce a carpire come prezzo della supposta mediazione o del supposto favore ottenuto o da ottenere dal pubblico ufficiale o impiegato. Deve pur sempre trattarsi di vantaggio economico, anche indiretto, sotto qualsiasi forma e qualunque ne sia l'entità, purché economicamente apprezzabile. L'utilità in danaro o altrimenti si può ricevere, il che avviene quando la persona, verso cui si mette in opera la millanteria, l'offra anche spontaneamente; e si può far dare o far promettere, quando il colpev0le induca la persona stessa alla consegna o alla promessa per sé o per altri. L'utilità si riceve o si dà o promette a titolo di prezzo della propria mediazione o di rimunerazione al pubblico ufficiale; mediazione e remunerazione semplicemente supposte, come mezzo fraudolento per carpire l'utilità. Se sussistessero effettivamente, si avrebbe, anziché il millantato credito, il reato diverso di corruzione, con la responsabilità dello stesso pubblico ufficiale o impiegato. Oggetto della pretestata mediazione o rimunerazione può essere indifferentemente un atto doveroso di ufficio o un atto abusivo, rientrante nella competenza del pubblico ufficiale o impiegato; né occorre che costui sia personalmente designato.

L'obiettività giuridica del reato consiste nell'offesa alla pubblica amministrazione, in quanto l'attività del colpevole cagiona o può cagionare ad essa discredito, attraverso la supposta corruttibilità o facile condiscendenza dei suoi funzionarî o impiegati. Il fine del colpevole è non di meno quello di carpire somme, non di causare il discredito alla pubblica amministrazione; e per ciò il reato, riguardato nello scopo, si avvicina alla truffa, anzi potrebbe qualificarsi come una forma particolare di essa, perché con espedienti illeciti e ingannevoli si tende a conseguire un'indebita utilità. Il legislatore, tra l'interesse patrimoniale di pertinenza del privato, leso dal colpevole, e che si riallaccia al fine criminoso, e l'interesse pubblico, leso con lo spargere il discredito sulla pubblica amministrazione, che si connette al mezzo criminoso, ha tenuto in maggior conto questo ultimo per stabilire, in base a criterî di prevalenza, l'oggettività giuridica del delitto. Spostato così l'oggetto della tutela dal patrimonio, che è esclusivo di fronte alla truffa, all'interesse morale dell'amministrazione pubblica, basta per consumare il reato il semplice fatto della promessa.

L'elemento subiettivo materiale del reato, cioè l'attività criminosa del colpevole, consiste nel millantare credito presso il pubblico ufficiale o impiegato; mentre il titolo posto a giustificazione dell'illegittima prestazione può essere duplice, o in quanto la prestazione sia richiesta come prezzo della propria mediazione presso il pubblico ufficiale o impiegato, ed è la forma semplice; o in quanto sia richiesta come pretesto di dover comprare il favore del pubblico ufficiale, o di doverlo retribuire del favore stesso. Quest'ultima ipotesi, facendo supporre la corruzione del pubblico ufficiale, è evidentemente più grave, ma non prescinde dall'artificio consistente nel millantare credito. Si ritiene da alcuni interpreti del codice che sia invece sufficiente che il colpevole si sia fatto dare o promettere utilità con uno dei pretesti sopra indicati senza che occorra la circostanza del millantato credito. Ciò non sembra esatto. Sia che l'utilità apparisca destinata al colpevole, sia che apparisca destinata al pubblico ufficiale (in realtà sono artifici per mettere in essere la frode, essendo anche la mediazione inesistente), l'artifizio deve consistere sempre nel millantare credito, col dare ad intendere di godere amicizia, prestigio, aderenze, autorità, e simili, perché solo vendendo fumo ai gonzi è possibile infondere l'erronea persuasione che il colpevole sia in grado d'influire sul pubblico ufficiale o impiegato; e quindi solo con questo mezzo è possibile farsi consegnare la somma o l'utilità, anche col pretesto di comprare il favore del pubblico ufficiale. Senza vantare credito, non si può fare sperare che costui sia capace di mercanteggiare circa l'adempimento dei suoi doveri.

Elemento soggettivo psichico del reato non è il dolo specifico, cioè l'intenzione del colpevole diretta al discredito della pubblica amministrazione; ma soltanto la coscienza o consapevolezza di tale discredito conseguente alla millanteria, e la volontà di commettere l'azione in cui il reato consiste. Il dolo specifico deve sussistere invece rispetto al fine, che è quello di consumare la frode, millantando credito.