Mimetismo

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

Mimetismo

Roberto Argano

Indovina chi sono?

I colori degli animali, così come i suoni, gli odori, o le luci emesse nel corpo degli animali notturni o abissali, costituiscono un sistema di comunicazione tra gli individui della stessa specie, ma vengono utilizzati anche per comunicare tra specie diverse.

Il mimetismo si realizza quando una specie, appetibile e indifesa, per evitare di essere catturata emette falsi segnali di avvertimento per ingannare il predatore, o finge di essere parte dell’ambiente, come una foglia, una pietra o una corteccia

Sapere senza andare a scuola

Il delicato frinire dei grilli, o la disordinata luminaria delle lucciole nelle notti d’estate rappresentano due tra gli infiniti aspetti della comunicazione animale. Ma nessuno ha mai insegnato a un grillo come si canta per richiamare, nella giusta stagione, le femmine. Lo stesso avviene per altri metodi di comunicazione: non sono state insegnate né l’emissione di luce della lucciola e quella di ultrasuoni del pipistrello, né l’attrazione del cane per gli odori. Sono comportamenti innati che rientrano nell’anatomia specializzata e nella fisiologia proprie di ciascuna specie.

Anche all’interno della nostra specie riusciamo a comunicare con una serie di segnali molto semplici di cui nessuno ci insegna il significato: il pianto di un neonato è un’irresistibile richiesta di protezione, come un sorriso indica accettazione, l’aggrottare delle sopracciglia contrarietà, il mostrare il palmo della mano è segno di pace e così via.

Imparare a leggere i messaggi

In altri casi il significato dei segnali non è innato, ma viene appreso nel corso della vita di ciascun individuo. Noi apprendiamo ad associare a ogni parola, quindi a ogni singolo suono, un determinato significato grazie alla nostra grande capacità di imitare. Siamo così in grado di comunicare, in modo estremamente più elaborato rispetto agli altri animali, con chi parla la nostra stessa lingua, cioè usa lo stesso codice, gli stessi suoni convenzionali.

Anche tra gli animali numerosi segnali di comunicazione vengono appresi. Le specie diverse comunicano tra loro per motivi di competizione o di predazione. Per esempio, gli uccelli entomofagi, che si nutrono di insetti, imparano a riconoscere le loro prede dalla forma o dal colore. Molte specie di farfalle vengono evitate dagli entomofagi perché hanno un sapore sgradevole o sono indigeribili. Queste farfalle presentano, in genere, colorazioni molto vistose, di avvertimento (gli studiosi le chiamano colorazioni aposematiche). Gli uccelli, dopo averle assaggiate una volta, imparano e non ci provano più. Da quel momento in poi, infatti, quel tipo di colorazione per gli uccelli comunica: «Non mangiarmi, potresti pentirtene».

Menzogne colorate

In un tale sistema di segnali, il mimetismo rappresenta un modo per dare un’informazione ingannevole. Molti altri insetti (Coleotteri, Ditteri, altre specie di farfalle), pur essendo perfettamente appetibili hanno colorazioni aposematiche: mimano cioè il segnale di colore degli insetti indigesti e vengono così evitati dagli uccelli che hanno imparato il significato del segnale. Questo tipo di mimetismo è detto batesiano, essendo stato studiato dal naturalista inglese Henry Bates, nella seconda metà dell’Ottocento. Se ne trovano esempi anche in mare: molluschi velenosi, vistosamente colorati, fanno da modello per molti altri organismi appetibili, che in questo modo vengono evitati da pesci predatori i quali hanno imparato a proprie spese il significato di quel segnale.

In molti si insegna meglio

Per insegnare ai predatori il significato aposematico di certe colorazioni, una determinata specie di insetti inappetibile deve in qualche modo pagare: il predatore, per imparare, deve fare la sua esperienza, quindi deve mangiare un individuo di quella specie colorata e inappetibile. Se più specie inappetibili hanno la stessa colorazione di avvertimento, dividono la spesa, nel senso che il predatore impara su una preda il significato della colorazione ed eviterà tutte le specie che hanno quel segnale, senza più assaggiarle. Succede quindi che molte specie disgustose e indigeribili (ancora farfalle, cimici delle piante, pesci o molluschi marini) tendono a imitarsi tra loro, assumendo le stesse colorazioni di avvertimento. Questo imitarsi tra specie inappetibili venne studiato dallo zoologo tedesco Fritz Müller e viene quindi chiamato mimetismo mülleriano.

Così un gran numero di specie, sia sulla terraferma sia in mare, può mostrare senza paura le proprie vistose colorazioni. La loro sicurezza deriva dal fatto che i predatori, una volta sperimentato il significato di quei colori, le evitano accuratamente. Inoltre perdono l’occasione di catturare anche quelle specie batesiane, che sono buonissime da mangiare ma mostrano gli stessi segnali di avvertimento.

Vespe, api, calabroni sono specie mülleriane che avvertono, con la loro colorazione a bande gialle e nere, di possedere un temibile pungiglione. Con gli stessi identici colori di avvertimento volano molte specie batesiane, come innocue mosche della famiglia dei Sirfidi, placidi coleotteri Cerambicidi, appetitose farfalline.

Giocare a nascondino

Il tipo di mimetismo più noto è quello criptico, o criptismo. Un predatore non è interessato al verde delle foglie di un cespuglio o di un prato. Molti insetti hanno assunto, nel corso della loro evoluzione, la colorazione verde e, spesso, la forma stessa delle foglie in modo da essere ignorati dai predatori. In mare molti pesci, come gli scorfani, i pesci pietra, alcune specie di cavallucci marini, assumono invece colorazioni a prima vista appariscenti, ma solo se vediamo il pesce isolato in una vaschetta: nel suo ambiente coloratissimo è praticamente invisibile.

Non ci si mimetizza con l’ambiente solo per proteggersi, ma anche per aggredire (criptismo aggressivo): la seppia, grazie alla pelle ricca di cromatofori (strutture elastiche piene di liquido colorato), è in grado di cambiare continuamente la sua colorazione confondendosi totalmente col fondo marino; ma l’essere invisibile le permette anche di rimanere in agguato in attesa di qualche piccolo granchio distratto. Così fa una mantide, che aspetta, verde tra le foglie verdi, qualche ignara cavalletta, oppure i ragni granchio (Thomisidae), che vivono in agguato sui fiori assumendo lo stesso colore dei petali.

Confondere l’avversario

Si conoscono molti altri casi di mimetismo. Molte farfalle notturne rimangono immobili, durante il giorno, sulle rocce o sulle cortecce degli alberi, protette dalle ali superiori che hanno colorazioni criptiche (mimano, cioè, il substrato). Ma se sono disturbate allargano di scatto le ali superiori mostrando due terribili occhi disegnati sulle ali inferiori, dando l’impressione di essere chissà quali mostri: ciò lascia perplesso il predatore per un tempo sufficiente a far fuggire la farfalla.

Finti occhi disegnati per ingannare i predatori appaiono sulla coda di molti pesci, o sull’addome di diversi insetti. Il predatore che tenta di aggredire la testa della sua vittima sbaglia così il suo colpo mortale.

Le splendide farfalle Morpho hanno la pagina superiore delle ali di un colore azzurro brillante, che appare come un flash quando le aprono tra i rami alti della foresta. Ma la pagina inferiore è scura e quando le chiudono, lasciandosi cadere verso il basso, spariscono completamente. Un flash che appare e scompare in punti imprevedibili fa impazzire un predatore. Alcune farfalle fanno lo stesso per difendersi dai pipistrelli che le localizzano con il loro radar a ultrasuoni quando hanno le ali aperte, ma le perdono un attimo dopo, quando chiudono le ali e si lasciano cadere.

Fenomeni di mimetismo avvengono anche nel silenzio degli abissi marini, dove meduse urticanti (Idrozoi Sifonofori) emettono gli stessi segnali luminosi di innocui pesciolini. Ci sono anche specie di polpi che sparano nuvole di una sostanza luminescente (invece del nero dei loro cugini che vivono alla luce del sole), e piccole rane pescatrici che agitano davanti alla loro bocca un finto pesciolino luminoso (in realtà si tratta di una escrescenza carnosa), così come altre specie di superficie agitano un finto vermetto rosso per pescare piccoli predatori, che non possono apprendere dall’esperienza perché la rana pescatrice non concede loro un’altra chance.

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