Mimetismo

Enciclopedia del Novecento (1979)

Mimetismo

HHenry B. D. Kettlewell

di Henry B. D. Kettlewell

Mimetismo

sommario: 1. Le opinioni del XIX secolo. 2. Progressi del XX secolo. 3. Il mimetismo criptico (criptismo). a) Colorazioni spezzate. b) Cambiamenti stagionali di colore.  c) Il melanismo industriale nelle farfalle. d) Forme specializzate di mimetismo criptico. 4. Meccanismi che realizzano il criptismo. a) Comportamento associato con colori e disegni. b) L'ombra opposta. c) Contrasto-conflitto. d) Controllo nervoso delle cellule.  e) Periodo critico. 5. Mimetismo fanerico (mimetismo in senso stretto). a) Mimetismo acustico. b) Mimetismo olfattivo.  c) Mimetismo visivo e olfattivo. d) Mimetismo visivo.  e) Segnali luminosi. 6. Mimetismo mülleriano. 7. Mimetismo batesiano: monomorfico, dimorfico e polimorfico. a) Mimetismo monomorfico. b) Mimetismo batesiano dimorfico.  c) Polimorfismi batesiani nelle specie del genere Papilio. 8. Tossicologia dei modelli mülleriani e delle specie con colorazioni aposematiche. a) Le difese chimiche. b) I pigmenti. 9. Mimetismo aggressivo. 10. Mimetismo mertensiano. 11. Mimetismo peckhamiano e altri tipi di mimetismo. 12. Conclusioni. □ Bibliografia.

1. Le opinioni del XIX secolo

La biologia come la conosciamo oggi nacque nel 1859, quando Ch. Darwin pubblicò il suo libro On the origin of species. Fino ad allora le ‛meraviglie della natura' osservate dai naturalisti in molte parti del mondo erano di solito citate come prova di specifiche e intenzionali creazioni di Dio.

Malgrado tutto questa credenza fu dura a morire e ancor oggi sopravvive in alcuni paesi altamente civilizzati.

All'inizio del XIX secolo esisteva una grande massa caotica di dati che portavano a teorie contrastanti, ma vi erano ben pochi esperimenti condotti sui problemi dell'ecologia. Le leggi dell'ereditarietà di Mendel, benché pubblicate nel 1866, erano virtualmente sconosciute e rimasero tali fino al 1900, quando E. Tschermak, C. Correns e H. de Vries riesumarono le sue osservazioni originali. I meccanismi genetici che stavano alla base di quelle leggi non poterono perciò essere saggiati con esperimenti di laboratorio prima di questa data.

Ma altri semi di verità scientifica stavano germinando accanto a Darwin, soprattutto grazie alla scoperta del mimetismo nelle farfalle. H. W. Bates compi ricerche nelle foreste del Brasile dal 1849 al 1860 e riunì una vasta collezione di farfalle. Circa 100 specie di Ropaloceri presentavano aspetto simile e tutte avevano brillanti colorazioni; 94 di queste specie erano Heliconiinae e Ithomiinae non appetibili per i predatori, ma le rimanenti erano morfologicamente differenti, benché il loro aspetto fosse simile. Si trattava, infatti, di specie appartenenti al genere Leptalis. Bates notò che tutte queste farfalle erano completamente trascurate dagli uccelli. Nel 1862 egli presentò il suo lavoro alla Società Linneana di Londra, nel quale avanzò l'ipotesi che gli Eliconidi inappetibili fossero imitati da specie appetibili aventi colorazione e disegno simili. Nei cento anni che seguirono, il mimetismo batesiano fu oggetto di molte controversie, ma quasi nessun lavoro sperimentale fu compiuto su questo argomento fino ad epoca recente.

F. Müller raccolse farfalle nel Brasile in un periodo un poco successivo rispetto a Bates. Nel 1878 e nel 1879 egli pubblicò le sue osservazioni, secondo le quali molte specie non appetibili appartenenti a generi assai diversi avevano aspetto esterno simile e presentavano colorazioni appariscenti. Queste farfalle volavano generalmente negli stessi luoghi e contemporaneamente. Müller ammise che questo fatto mettesse i predatori in grado di realizzare l'apprendimento attraverso un unico incontro con un qualsiasi insetto non appetibile; le altre specie con aspetto simile avrebbero perciò evitato attacchi futuri. Questo punto di vista fu convalidato più tardi da E. Haase (v., 1893). Il mimetismo mülleriano dipenderebbe, perciò, dall'ostentazione di un'‛uniforme' riconoscibile, comune a un gruppo di insetti non appetibili.

Con queste definizioni di mimetismo batesiano e mülleriano tanto nettamente distinte non sorprende che molti biologi abbiano proceduto a generalizzazioni, secondo le quali, per es., i ‛modelli' debbono, a priori, essere più numerosi dei ‛mimi', cioè degli organismi che imitano il modello. Solo recentemente, infatti, si è compreso che la differenza tra questi due tipi di mimetismo è legata al grado di inappetibilità e che questo può variare persino nell'ambito di una singola specie. Quest'ultimo fenomeno è stato considerato, penso non correttamente, come automimetismo (v. Brower, 1970; v. Brower e altri, 1970; v. Eisner, 1970), suggerendo una situazione di polimorfismo per la quale almeno fino ad ora non vi sono prove.

Il mimetismo batesiano può essere considerato come una forma specializzata di mascheramento. Invece di uniformarsi a un particolare substrato, il mimo imita alla perfezione una specie protetta, guadagnando in questo modo nello stesso tempo libertà di movimento. Bates e A. R. Wallace, e più recentemente M. Rothschild (v., 1970) hanno attirato l'attenzione sul fatto che, oltre alla somiglianza nel colore e nel disegno, il modo di volare del mimo copia frequentemente quello del modello. Sappiamo, inoltre, che molti altri caratteri possono essere imitati, come suoni, odori, segnali luminosi (come nelle lucciole). Il mimetismo batesiano è perciò molto più complicato del semplice mascheramento sotto la cui protezione vive la maggior parte degli esseri viventi. Il semplice criptismo è presente in Uccelli, Mammiferi, Pesci, Rettili e Insetti e anche in piante. Esso normalmente richiede una completa immobilità. Molti esempi di questo tipo erano stati segnalati nel secolo scorso, ma i meccanismi responsabili della loro origine e del loro mantenimento non erano stati compresi.

2. Progressi del XX secolo

Il XX secolo ha visto grandi progressi nella nostra conoscenza dei fattori che regolano e sono alla base del mimetismo. In particolare i genetisti hanno dimostrato l'importanza di polimorfismi che implicano selezione diversificante e vantaggio dell'eterozigote, l'origine del supergene e l'esistenza di meccanismi di interazione genica. Gli ecologi ‛di campagna' hanno per la prima volta misurato le forze di predazione selettiva, che sono risultate molto più grandi di quanto si immaginasse. I biochimici hanno contribuito su vari fronti: l'esistenza di un rapporto a livello chimico tra piante tossiche e specie non appetibili che di esse si nutrono, l'esistenza di repellenti specifici comuni a insetti aposematici molto diversi, ecc. Essi hanno, inoltre, mostrato che la chimica dei pigmenti nei mimi è spesso diversa da quella dei modelli, benché i colori e i disegni siano molto simili.

Infine, gli etologi hanno analizzato il comportamento specializzato proprio di specie che vivono protette dal criptismo oppure da colorazioni aposematiche oppure da atteggiamenti terrifici. Un modo utile per analizzare i meccanismi di sopravvivenza è quello di riferirsi al numero di metodi di difesa impiegati da una particolare specie (v. Kettlewell, 1959). Da questo punto di vista la maggior parte degli insetti criptici dipendono da un unico metodo, il mascheramento. Quando essi vengono scoperti, le loro possibilità di difesa sono esaurite, benché alcuni di essi possano volar via e altri entrare in uno stato di tanatosi. Ma molte specie, particolarmente nei tropici, posseggono più di un metodo di difesa, ciascuno dei quali viene utilizzato in ordine determinato, non appena un attacco si avvicina. Così alcune specie di farfalle criptiche fanno balenare le loro ali posteriori brillantemente colorate mostrando macchie a forma di occhio (per es. farfalle del genere Automeris) (v. i contributi di Blest, 1963). Vi sono poi insetti che posseggono tre o più meccanismi di difesa.

Noi qui riassumeremo dapprima i più recenti progressi nelle conoscenze sul mimetismo criptico. Passeremo, poi, al mimetismo in senso stretto (mimetismo fanerico o mimicry). Il mimetismo criptico è ampiamente diffuso nel regno animale ed è relativamente semplice. Il mimetismo fanerico, invece, è altamente specializzato e spesso molto complesso. Ambedue questi tipi di mimetismo si sono sviluppati durante periodi di tempo estremamente lunghi, fino al loro presente stato di perfezione, come risultato della selezione naturale che ha interessato ciascuna generazione dai più remoti antenati fino ad oggi.

3. Il mimetismo criptico (criptismo)

Il tipo più comune di mimetismo criptico è quello in cui viene imitato il substrato su cui specie appetibili (e anche certi predatori) passano le ore diurne. Ciò richiede normalmente una completa immobilità da parte dell'individuo; da qui l'irrigidimento che si osserva in vari uccelli e i fenomeni di tanatosi presenti in vari insetti e serpenti. La sfida chimica di acquisire una colorazione verde è stata vinta negli Uccelli, nei Rettili e specialmente negli Insetti, ma non nei Mammiferi. Tuttavia l'incapacità a copiare il substrato può essere superata grazie all'uso di alcuni fondamentali principî ottici, in particolare quello dell'impiego di colori contrastanti che portano a una colorazione spezzata.

a) Colorazioni spezzate (disruptive)

Un tipo frequente di colorazione spezzata è rappresentato da bande e striscie. Troviamo questo tipo di disegno sia in predatori come la tigre (Panthera tigris), sia in animali predati, come la zebra (Equus burchelli) e i giovani di molte specie di suini (genere Sus). Qui vige una regola generale, valida anche se spesso evitata, e cioè che tanto più si è vicini all'equatore e al sole verticale, tanto maggiore è il contrasto consentito nelle colorazioni. Le ombre a nord di 50° N di latitudine e a sud di 50° S di latitudine tendono a essere diffuse. È per questo che in Europa alcune specie di farfalle notturne (Eteroceri) sostituiscono nel nord la colorazione spezzata che presentano nel sud Europa con una colorazione criptica. Buoni esempi di questo fenomeno sono rappresentati da Amathes glareosa Esp. nelle isole Shetland ( v. i contributi di Kettlewell, 1961; v. Kettlewell e Berry, 1961 e 1969) e da Orthosia gothica L. nel nord della Scozia.

È stato dimostrato che la colorazione e le bande disruptive di Cepaea nemoralis influenzano il suo tasso di predazione durante le diverse stagioni dell'anno (v. Sheppard, 1952). Questo polimorfismo per il colore e per il disegno è esistito fin dal Pleistocene (v. Diver, 1929). Ma fattori diversi dal criptismo contribuiscono largamente al suo mantenimento. Così in luoghi in cui la specie è sottoposta a speciali condizioni ecologiche, le esigenze fisiologiche risultano più importanti di quelle del criptismo. Questi ‛effetti di area' sono il risultato di pressioni ambientali come, ad esempio, l'esposizione, la temperatura e l'umidità locali, che favoriscono gli eterozigoti.

Poco è noto, al contrario, sui valori di sopravvivenza delle forme di colore nei Mammiferi. È stato, tuttavia, osservato che le forme scure sono spesso associate a substrati scuri (v. Dice e Blossom, 1937) e si trovano anche in prossimità delle coste occidentali. Dice (in diversi lavori, pubblicati fra il 1929 e il 1948 a cura dell'Università del Michigan) ha osservato che la forma chiara del roditore Peromyscus e di altre due specie di topi era molto frequente nelle aree sabbiose dell'Arizona, mentre i mutanti scuri rappresentavano quasi il cento per cento degli individui nelle popolazioni che vivevano vicino a queste, ma su rocce laviche nere. La causa di questo fenomeno è stata spiegata in seguito mediante esperimenti di laboratorio realizzati usando come predatori civette in condizioni di semioscurità. La più appariscente delle due forme è risultata infatti maggiormente predata.

Similmente, tra gli Uccelli, Cheeseman (v., 1926) ha osservato che in Arabia l'allodola del deserto (Ammomanis deserti) presenta una forma nera (A. deserti annae) che vive sulle rocce ferrose nere e una forma chiara (A. deserti coxi), che vive assai vicino, nelle pianure sabbiose (v. Cott, 1940). Un fenomeno analogo si osserva comunemente in uccelli come i gabbiani e le pavoncelle, le cui uova si armonizzano perfettamente col particolare substrato geologico sul quale vengono deposte (v. Baker, 1931). Estensione dello stesso principio viene considerato il criptismo notturno, che è importantissimo particolarmente contro i predatori notturni, ma risulta anche vantaggioso per la maggior parte degli animali che sono attivi in condizioni di semioscurità. Molti di questi animali sono melanici, specialmente nell'ambiente della foresta.

b) Cambiamenti stagionali di colore

Nelle regioni polari è importante che sia il predatore sia la preda risultino mimetizzati rispetto al loro ambiente coperto di neve. Così nell'estremo nord una colorazione bianca permanente è propria del gufo delle nevi (Nyctea scandiaca), del girfalco della razza groenlandese (Falco rusticolus candicans), dell'orso polare (Thalarctos maritimus) e della lepre artica (Lepus arcticus). Tuttavia altre specie mutano la loro colorazione estiva scura in una bianca al sopraggiungere dell'inverno. Il fenomeno può variare a seconda delle condizioni locali (per es. in rapporto alla latitudine). La volpe polare (Alopex lagopus), l'ermellino (Mustela erminea), la donnola (Mustela nivalis) e la lepre variabile (Lepur timidus) rappresentano buoni esempi di questo fenomeno. Il lemming canadese (Cuniculus torquatus) diventa bianco, mentre il lemming comune (Myodes lemmus) conserva tutto l'anno la sua colorazione giallo bruna.

Sembra che vari meccanismi determinino la comparsa della livrea bianca invernale. In Alopex, la volpe polare, le estremità dei peli grigio-bruni propri della livrea estiva vengono consumate e restano quindi le porzioni inferiori bianche che possono contenere al loro interno bolle d'aria: perciò si determina diffusione di luce (v. Fox e Vevers, 1960). In Mustela una pelliccia bianca cresce al di sotto di quella estiva; l'epoca di caduta di quest'ultima è determinata da stimoli ambientali. In Lepus vi sono tre mute, e la comparsa dei mantelli bianco e grigio è controllata dalla lunghezza del fotoperiodo (v. Lyman, 1943).

c) Il melanismo industriale nelle farfalle

I colori delle farfalle sono risultati, rispetto a quelli di tutti gli altri esseri viventi, i più sensibili alle variazioni delle condizioni ambientali e la loro base genetica si adatta rapidamente ai cambiamenti del substrato. Il caso meglio documentato è quello del geometride Biston betularia. Prima del 1848 tutte le farfalle di questa specie erano bianche, cosparse di macchiette nere, e il loro colore si armonizzava alla perfezione con quello dei tronchi e dei rami degli alberi prevalentemente coperti da licheni. In quell'anno fu catturato a Manchester il primo individuo di colore nero lucente (forma carbonaria) e da allora molti licheni che crescevano sugli alberi sono scomparsi a causa dell'inquinamento atmosferico venficatosi nei luoghi altamente industrializzati. Cinquanta anni più tardi, la frequenza di questa forma melanica nella regione era dell'ordine del 95%: i tronchi erano ormai completamente anneriti.

Tra il 1952 e il 1955 sono stati compiuti esperimenti su larga scala con Biston betularia per saggiare l'efficienza del criptismo delle due forme di questa specie in due località con caratteristiche diverse, una di città e una di campagna. In ciascuna di queste due località furono liberati individualmente sugli alberi, in numero approssimativamente eguale, insetti delle due forme, preventivamente marcati, per un totale di circa 3.000 individui. Fu poi studiato il tasso di sopravvivenza di entrambe le forme, documentato sia mediante osservazione diretta, sia utilizzando metodi di ricattura (v. Kettlewell, Selection experiments..., 1955 e 1956).

L'osservazione diretta ha mostrato che a Birmingham, dove i tronchi degli alberi sono anneriti e mancano muschi ed epatiche, ben 43 delle 58 Biston betularia mangiate dai codirossi (Phoenicurus phoenicurus) appartenevano alla forma typica e soltanto 15 appartenevano alla forma carbonaria. Questa osservazione fu confermata dal conteggio degli individui ricatturati. Infatti in due separate serie di esperimenti si rilevò che tra gli individui marcati ricatturati quelli della forma carbonaria erano circa il doppio di quelli della forma typica. Viceversa nel Dorset, regione non inquinata, si poté osservare che ben 164 individui della forma carbonaria liberati sugli alberi furono mangiati da cinque specie di uccelli, mentre gli individui della forma typica mangiati furono soltanto 26: anche in questa regione le due forme di Biston betularia erano state liberate in egual numero. Sempre nel Dorset ricatturammo individui marcati della forma typica in misura tripla rispetto a quelli della forma carbonaria. I risultati ottenuti nel Dorset sono stati perciò esattamente l'inverso di quelli ottenuti a Birmingham. Pressioni di selezione simili sono state dimostrate da Clarke e Sheppard (v., 1966) ed esse riflettono un vantaggio mimetico che scende al 30-50% per ciascuna delle due forme quando esse si trovano sui loro substrati contrastanti. L'esistenza di pressioni selettive di tale grandezza era stata ipotizzata da Haldane (v., 1924) su base puramente teorica; la stima era stata fatta da questo autore in base al tasso di diffusione della forma carbonaria a Manchester tra il 1848 e il 1898.

All'inizio di questo secolo il fenomeno del melanismo industriale fu al centro di una controversia scientifica. La maggior parte degli studiosi suggeriva che la causa del fenomeno dovesse risiedere in un effetto diretto dell'ambiente. Nel corso del decennio 1920-1930 J. Heslop-Harrison in una serie di lavori (v. i contributi di Heslop-Harrison dal 1919 al 1928) formulò l'ipotesi che il melanismo industriale fosse una conseguenza diretta dell'inquinamento atmosferico, che avrebbe agito sul ‛plasma germinale' attraverso un aumento del tasso di mutazione fino a portarlo a valori incredibilmente alti. Egli asserì di poter provocare il melanismo nelle farfalle mediante trattamenti con nitrato di piombo e solfato di manganese. Più tardi tuttavia, quando i suoi esperimenti furono ripetuti su larga scala, non si ottennero forme melaniche (v. Hughes, 1932; v. Thomsen e Lemche, 1933).

L'interpretazione di Harrison non fu accettata da R. A. Fisher (v., 1933), J. B. S. Haldane (v., 1935) e E. B. Ford (v., 1937). Di fatto i risultati di Harrison potevano essere spiegati ammettendo che tutti gli individui melanici da lui ottenuti fossero recessivi e potessero essere stati presenti come eterozigoti (perciò non riconoscibili) nel suo ceppo di laboratorio. Noi oggi sappiamo che praticamente tutte le forme melaniche industriali sono dominanti.

Oggi delle 800 specie di Macrolepidotteri che vivono in Inghilterra, più di un centinaio presentano forme melaniche industriali e situazioni simili sono prevalenti da un capo all'altro delle aree industriali dell'Europa e del Nord- america.

Molte specie presentano più di una forma melanica; le forme meno scure vengono rimpiazzate da quelle più scure non appena l'ambiente diviene più inquinato. È stato dimostrato che alcune di queste forme sono alleliche (v. Clarke e Sheppard, 1964; v. Lees, 1968). Recentemente Kettlewell (v., Insect survival ..., 1965) ha suggerito che alleli differenti (presumibilmente mutazioni avvenute entro il medesimo cistrone) si siano originati nel passato e che ciò garantisca una scorta di forme criptiche nel corso di cambiamenti dell'ambiente. È stato descritto anche un secondo meccanismo genetico, responsabile della possibilità che il criptismo melanico si mantenga con successo. Questo meccanismo dipende dalla selezione di geni modificatori che possono aumentare il grado di melanizzazione attraverso l'eliminazione di residui disegni chiari. Questi geni modificatori sono mantenuti permanentemente in popolazioni locali come paleogeni. È stato dimostrato che in Inghilterra essi sono dominanti e perciò assicurano una quasi completa espressione di ciascuna forma non appena avviene la mutazione (ibid.).

Le pressioni selettive tendenti a determinare criptismo in un ambiente che muta costantemente sono sempre state forti. V'è perciò da aspettarsi che melanismi non industriali debbano essersi realizzati in ogni epoca come avviene oggi, ma prodotti da cause completamente diverse (per es. assenza di luce o anche assenza di oscurità nelle alte latitudini). Molte delle specie che dimostrano un melanismo di antica data sono le stesse che oggi mostrano melanismo industriale nelle diversissime condizioni imposte dall'industrializzazione e dalla contaminazione da fumi. Le loro forme melaniche sono anch'esse dominanti rispetto alla forma typica .

d) Forme specializzate di mimetismo criptico

Probabilmente i casi di criptismo più complessi si realizzano nei tropici. La mantide Hymenopus bicornis, propria della Malacca, è una specie insettivora di colore rosa-malva con una striscia spezzata di colore verde. Questa mantide se ne sta ferma tra i fiori rosa di Melastoma polyanthum dai quali risulta indistinguibile. Essa presenta inoltre sull'addome un'evidente macchia nera molto simile a una mosca. I Ditteri, che sono normalmente attratti dai fiori di Melastoma, tendono a riunirsi intorno a questa macchia a forma di mosca e i più grandi di loro vengono catturati e mangiati dalla mantide (v. Annandale, 1900). Altre mantidi imitano foglie morte. Anche più complessa è l'imitazione di fiori da parte di certe specie di Emitteri Fulgoridi dell'Africa orientale. A questo scopo i vari individui di questa specie di cicala si raggruppano insieme in modo tale da sembrare un'infiorescenza. La specie Hancenia glauca presenta due forme, una verde e l'altra rosso-gialla; la prima di queste due forme ha la tendenza a starsene posata in gruppo sull'estremità superiore di uno stelo. Quando questi individui vengono disturbati, si sparpagliano in volo. Perfetta è la somiglianza degli insetti che imitano foglie; spesso essi presentano persino piccole imperfezioni (macchie, ecc.) proprie delle foglie. Questo fenomeno è particolarmente comune negli Ortotteri.

Molti piccoli animali, in particolare farfalle notturne, larve di Lepidotteri e anche ragni, imitano escrementi di uccelli. Ma questo tipo di imitazione rende necessario che essi se ne stiano immobili sulla superficie superiore di una foglia. Un esempio istruttivo è quello del bruco di Apatele alni L., specie ampiamente diffusa nell'Europa continentale e nel sud dell'Inghilterra. Durante i primi stadi questo bruco se ne sta fermo allo scoperto sulle foglie di betulla (Betulus) e di ontano (Alnus). Ma quando raggiunge il quinto stadio larvale lo ‛escremento di uccello' si trasforma in un bruco nero con vistose striscie gialle. Questa specie passa quindi bruscamente da un situazione di criptismo specializzato a una di mimetismo batesiano. La ragione di questa trasformazione è che il bruco di A. alni, completata la sua crescita, deve andare alla ricerca di un luogo particolare (legno marcio) in cui impuparsi. Durante le sue peregrinazioni esso è protetto dalla sua colorazione appariscente: muovendosi la sua somiglianza con un escremento di uccello sarebbe venuta meno. Questa specie dimostra la futilità dei tentativi di classificare gli esseri viventi sotto le due distinte etichette di criptismo e di mimetismo fanerico: i due tipi di mimetismo possono, infatti, sfociare l'uno nell'altro.

4. Meccanismi che realizzano il criptismo

a) Comportamento associato con colori e disegni

A parte i casi in cui vengono imitati i substrati nel loro insieme, ci si rende conto di come particolari disegni e colori richiedano un comportamento specializzato da parte dell'organismo mimetico. Così, ad esempio, molti Eteroceri del genere Thysania che stanno posati sui tronchi hanno striscie longitudinali sulle ali. Per ottenere un efficiente mascheramento è essenziale che essi stiano posati obliquamente sull'albero in modo da imitare i solchi longitudinali della corteccia. Tra gli Uccelli, il tarabuso (Botaurus stellaris L.) quando è spaventato tende la testa verticalmente verso l'alto tra le canne, ciò che lo rende praticamente invisibile. Molti esempi di questo tipo sono riportati nel libro di H. B. Cott (v., 1940) e illustrati con fotografie.

b) L'ombra opposta

Un secondo metodo usato comunemente e con successo per ottenere l'occultamento è quello della ‛ombra opposta'. Questo fenomeno è stato descritto da E. B. Poulton fin dal 1888 e più estesamente da A. H. Thayer (v., 1909). Esso dipende dalla colorazione gradatamente più scura della superficie dorsale di animali di forma cilindrica, i quali normalmente se ne stanno in posizione tale da ricevere l'illuminazione dal di sopra. L'ombra opposta ha l'effetto di far sparire i contorni; è stata osservata in tutti gli ordini di organismi ed è particolarmente frequente nelle larve dei Lepidotteri. Una combinazione dell'ombra opposta e dell'omocromia determina un aspetto sottile ed è utilizzata da molti organismi che hanno dimensioni notevoli, per esempio le crisalidi della farfalla Apatura iris L. e il camaleonte Rhampholeon boulengeri, che risultano in tal modo invisibili tra le foglie. Di notte, alla luce di una torcia, risultano appariscenti. Nella tentredine Cimbex femorata L., le cui larve se ne stanno sempre obliquamente sul margine delle foglie, l'ombra opposta è laterale, fino alla linea dorsale. Ritengo, benché non ne abbia le prove, che qui si realizzi un polimorfismo destra/sinistra.

c) Contrasto-conflitto

Sono stati citati vari esempi di perfetto mascheramento, particolarmente tra gli insetti che hanno attività notturna e rimangono immobili durante il giorno. Tuttavia sarebbe inutile possedere tali disegni e colori mimetici se ciascun individuo non possedesse la capacità di scegliersi l'adatto substrato. T. D. Sargent (v., 1969) e Sargent e Keiper (v., 1969) hanno studiato molte specie di farfalle criptiche monomorfe e sono giunti alla conclusione che alcune possiedono una capacità intrinseca di riconoscere i luoghi adatti su cui posarsi. Un altro modo di affrontare questo problema consiste nell'esaminare il comportamento delle diverse forme di specie polimorfe su sfondi contrastanti. Le specie che presentano melanismo industriale offrono opportunità di questo tipo. In una serie di esperimenti su Biston betularia e la sua forma nera carbonaria il 65% degli individui fece una scelta corretta (v. Kettlewell, Recognition of appropriate..., 1955). In natura questa specie assume la sua posizione di riposo all'alba e segue un particolare tipo di comportamento nel corso del quale compie un giro di 360°, facendo aderire le ali sulla superficie del tronco. Io avevo suggerito che durante questo processo la farfalla confrontasse il riflesso dello sfondo sul quale è posata con quello dei suoi ciuffi di peli circumoculari. Quando non sono disponibili sfondi adatti (come accade nelle foreste bruciate per le forme chiare) si instaura nella farfalla uno stato di contrasto-conflitto, caratterizzato da irritabilità e iperattività durante tutte le ore diurne (v. Kettlewell, 1958).

d) Controllo nervoso delle cellule

Molte specie di pesci piatti assumono il colore e l'aspetto del substrato su cui giacciono. Il sistema nervoso della sogliola comune, Solea solea, per esempio, controlla molti differenti cromatofori (cellule contenenti pigmenti) che sono disposti in gruppi. Per mezzo dell'occhio viene realizzata, in un lasso di tempo di alcune ore, un'esatta concordanza con il substrato. Per l'animale non è necessaria la vista del proprio corpo, cosicché il contrasto non gioca alcuna parte nell'adattamento del colore (v. Wickler, 1968).

e) Periodo critico

Le larve criptiche di molte specie di farfalle sono polifaghe e perciò un individuo può trovarsi su un albero con ramoscelli verdi (Salix sp.) o bruno-porpora (Betulus) o coperti di licheni. Poulton (v., 1903) ha dimostrato che il corretto tipo di colore, ad esempio di Gonodontis bidentata, veniva deciso durante un periodo critico nella vita larvale. V. B. Wigglesworth (v., 1964) ha suggerito come meccanismo più probabile quello in cui una particolare serie di geni è attivata per mezzo di stimoli ottici, registrati durante un periodo sensibile. Da qui le forme scura o grigio-verde o tipo lichene della larva. Nostre ricerche recenti confermano questa ipotesi: infatti una progenie non risponde tutta, al 100%, allo stesso modo, e l'assenza di un particolare allele dal complesso genico può spiegare questo fatto.

E. Curio segnala che nelle Galapagos i bruchi dello sfingide Erynnyis ello si nutrono dell'albero di manzanillo (Hippomane mancinella), che presenta tre alternativi posti di riposo: le foglie, i piccioli e i ramoscelli (v. i contributi di Curio, 1965). Questi bruchi presentano tre forme, verde, bruna e grigia, ciascuna delle quali se ne sta sul suo corretto substrato. Lo stesso autore ha anche mostrato che vi è una forte predazione da parte di uccelli delle famiglie Sylviidae e Fringillidae e che ciascun uccello tende a concentrare la predazione sugli individui dello stesso colore incontrato la prima volta. Non è chiaro se questo è un vero polimorfismo genetico; è più probabile che si tratti del risultato di fotosensibilità unita a differenze di abitudini.

In un altro sfingide, Deilephila elpenor, che ha larve dimorfiche, grigie o brune, noi sappiamo che il colore è in parte controllato geneticamente. È stato, infatti, trovato un bruco di questa specie che era un mosaico somatico bilaterale, verde da una parte e bruno dall'altra (v. Oertel, 1910). Entrambi i lati dovevano essere stati sottoposti a identici stimoli ambientali.

5. Mimetismo fanerico (mimetismo in senso stretto)

Il mimetismo criptico dipende sempre dalla sua buona riuscita a livello visivo. Un mimetismo criptico specializzato può in molti casi essere considerato come mimetismo in senso stretto. Quando l'imitazione riguarda gli altri sensi (per es. quando vengono imitati segnali acustici e olfattivi) viene usato l'inganno e questi casi debbono sempre essere considerati nel capitolo del mimetismo in senso stretto.

a) Mimetismo acustico

Il mimetismo acustico è di solito batesiano, poiché la protezione è raggiunta imitando un suono normalmente associato con un pericolo, come nel caso del sibilo simile a quello di un serpente prodotto da alcuni uccelli che fanno il nido nelle cavità. C. S. Sibley (v., 1955) ha mostrato che l'intervallo di frequenza nella famiglia Paridae è compreso tra gli 8 e i 12 chilocicli, intervallo di frequenza proprio sia dei serpenti che delle cincie. Il ronzio dei bombi inzuppati di pioggia produce le stesse componenti sonore del ronzio del coleottero necrofago stridulante Necrophorus investigator. Inoltre questa specie solleva l'addome ed espelle un liquido dall'ano (v. Lane e Rothschild, 1965); lo stesso comportamento è presentato anche dal bombo ed è perciò comune a entrambe le specie. Io non sono riuscito a scoprire le differenze tra il suono prodotto da una specie di Crotalus in Arizona e suoni simili prodotti da una cavalletta e da un uccello (non identificati). La farfalla testa di morto (Acherontia atropus) emette una serie di suoni striduli quando viene disturbata. Questa specie presenta relazioni antagonistiche con le api, nei cui alveari essa penetra, ed è stato suggerito che i componenti del suono da essa prodotto siano simili a quelli prodotti da un'ape regina ronzante (comunicazione personale di J. W. S. Pringle).

b) Mimetismo olfattivo

Molte piante con fiori dipendono per la fecondazione da insetti che esse attraggono con due metodi, e cioè mediante la produzione di un odore (frequentemente zuccherino) portato dall'aria e mediante la vista. Alcuni dei meccanismi più specializzati sono sorti in associazione con odori specifici. ‛Fiori putridi' si trovano in molti generi di piante ed emettono odori sgradevoli. Questi odori attraggono molte specie di scarabei stercorari e di mosche alla ricerca di carne in putrefazione. Similmente, tra i Mammilen, i pipistrelli frugivori notturni (Megachirotteri) sono attratti da grandi fiori bianchi il cui odore imita quello della frutta in fermentazione. L'odore dei fiori di Stapelia attrae a tal punto le mosche del genere Calliphora che queste frequentemente depongono le uova (o, se vivipare, le loro piccole larve) all'interno di essi. Contemporaneamente queste mosche depongono polline sui fiori di Stapelia, fecondandoli (v. Wickler, 1968). Ma meccanismi anche più complessi si sono evoluti per assicurare l'impollinazione. Il gigaro (Arum maculatum), il cui attraente principale è l'ammoniaca (NH3), possiede un meccanismo a trappola che assicura un movimento obbligato di Ditteri Psicodidi (gen. Psychoda) che abbiano già visitato altri fiori di gigaro. Un sistema di ‛setole' (in realtà fiori sterili modificati) permette l'entrata dell'insetto, ma non l'uscita; in questo modo gli psicodidi sono tenuti prigionieri fino al momento in cui il polline maschile è completamente sviluppato. Nel frattempo fecondano gli ovari con il polline proveniente dalle infiorescenze visitate in precedenza. In seguito, quando le setole si afflosciano, gli Psicodidi possono fuggire, portando seco un carico fresco di polline. Ancor più notevole è il fatto che durante il periodo in cui la pianta emana l'odore, la temperatura della pianta stessa può elevarsi di circa 15 °C, aumentando a causa di ciò la dispersione dell'odore. Le piante dei generi Aristolochia e Cypripedium utilizzano per l'impollinazione un metodo abbastanza simile. Questa situazione non deve essere confusa con le complicate trappole a foglia per Insetti, come quella della dionea e della drosera, poiché in questi casi lo scopo non è la fecondazione ma la morte e l'assorbimento degli Insetti. Questo tipo di nutrizione è importante per piante che crescono in terreni poveri di azoto come per es. le torbiere.

Il fungo satirione (Phallus impudicus), comune in Inghilterra, emette il nauseante odore dolciastro della fenilacetaldeide, che è alquanto simile al fetore di putrescina e di cadaverina. Le mosche dei generi Calliphora e Lucilia sono attratte da questo odore e mangiano le spore conglutinate contenute nella gleba. Dopo la digestione, che avviene all'interno del canale alimentare della mosca, gli escrementi sono composti in gran parte di spore fungine (v. Schremmer, 1963). Similmente, certi muschi del genere Splanchnum producono pseudofiori di colore rosso o giallo e contemporaneamente un odore simile a quello di cadavere. E qui di nuovo le spore vengono disperse da mosche.

Il riconoscimento attraverso l'odore è probabilmente il segnale più antico ed è ampiamente diffuso in natura. È probabile che la maggior parte dei mimi olfattivi non siano ancora stati riconosciuti.

c) Mimetismo visivo e olfattivo

Esiste frequentemente una simbiosi tra fiori e Insetti. Visitando i fiori, gli Insetti ottengono nettare e polline, mentre i fiori vengono contemporaneamente fecondati. Ciò è realizzato per mezzo di stimoli visivi e olfattivi. Molto diverso è il rapporto tra certi insetti e i fiori che li imitano, poiché qui noi vediamo che è la pseudocopulazione ad opera dei maschi che porta alla fecondazione dei fiori. Questo fenomeno è particolarmente sviluppato nelle orchidee, specialmente in specie del genere Ophrys, come Ophrys insectifera, i cui fiori imitano mosche, e Ophrys apifera, i cui fiori imitano bombi. Lo scopo di ciò è rimasto sconosciuto fino a epoca recente, anche se già Linneo aveva supposto che dovesse esservi un significato di sopravvivenza. Innanzi tutto fu notato che varie specie del genere Ophrys non producono nettare; in secondo luogo si osservò che questi fiori sono visitati soltanto da insetti di sesso maschile; infine B. Küllenberg (v., 1961) scoprì la sequenza degli eventi: l'odore del fiore imita quello della femmina dell'insetto; i maschi, stimolati da questo odore, visitano i fiori e qui si realizza la pseudocopulazione, durante la quale i sacchi pollinici sono trasferiti sui maschi e vengono portati da questi al prossimo fiore che essi visitano. In modo simile le masse polliniche (pollinii) dell'orchidea Cryptostylis leptochila sono trasportate dai maschi dell'imenottero icneumonide australiano Lissopimpla semipunctata. Senza alcun dubbio molti altri casi di mimetismo olfattivo verranno scoperti in futuro.

d) Mimetismo visivo

‛Macchie ocellari'. Disegni simili a occhi si sono evoluti per molti differenti metodi di difesa. Queste macchie ocellari hanno raggiunto la maggior complessità in alcuni pesci, uccelli e particolarmente insetti. In questi organismi le macchie ocellari possono essere classificate secondo le dimensioni, la posizione e a seconda che siano permanentemente in vista, oppure siano mostrate soltanto in caso di attacco da parte di un predatore. Grandi macchie ocellari in posizione centrale, come si trovano per es. nelle ali posteriori di molte specie di farfalle sudamericane del genere Automeris, vengono sempre mantenute nascoste sotto le ali anteriori criptiche fino al momento in cui sono attaccate. In Brasile io ho osservato che gli uccelli normalmente portano via un esemplare e poi lo depongono allo scopo di beccarlo; soltanto allora le farfalle del genere Automeris mettono in mostra questo segnale minaccioso, in genere con successo (v. Kettlewell, 1959). Lo stesso metodo è usato dall'ortottero Ommathoptera pictfolia. L'efficacia delle macchie ocellari nel dissuadere un predatore è stata dimostrata sperimentalmente in condizioni di laboratorio da Blest (v., 1957). Quest'autore ha mostrato che uccelli che non avevano avuto precedenti esperienze indietreggiavano di fronte alla farfalla Vanessa io quando questa esibiva le macchie ocellari sulla faccia superiore delle ali.

L'uso e i vantaggi delle macchie ocellari che vengono ostentate in permanenza sono più complessi. La farfalla Saturnia pavonia, una comune specie europea, ha macchie ocellari su tutte e quattro le ali, che sono esibite in permanenza. E. B. Ford (v., 1955) ha suggerito che questi ‛occhi' possano conferire un certo grado di protezione in adulti appena sfarfallati, mentre fanno asciugare le loro ali. Un aspetto esoftalmico è senza dubbio evidente durante la schiusura. Ri- sulta chiaro da uno studio delle cosiddette ‛aberrazioni' nelle collezioni che le macchie ocellari (la ‛pupilla' e i suoi accessori) sono controllate geneticamente. La ‛pupilla' può essere ‛cieca'; l'‛iride' può mancare (aberrazione flavi-ocellatus Wild) ; inoltre le macchie con ‛riflesso luminoso', ciascuna separatamente, e anche, se pur raramente, l'‛occhio' nel suo complesso, possono essere assenti (aberrazione obsoleta Tutt). È stato suggerito che in questi casi le varie parti della macchia ocellare costituiscano un su- pergene (v. Kettlewell, 1959), che sarebbe soppresso nell'aberrazione obsoleta.

A parte queste macchie ocellari poste in posizione centrale, si osservano frequentemente sia in insetti che in pesci (per es. in molti Ciclidi) macchie ocellari molto più piccole in posizioni distali rispetto alla testa. Esse sono per lo più considerate come ‛macchie deviatrici' e servono a dirigere gli attacchi su una parte del corpo relativamente poco importante. Questo meccanismo è stato perfezionato nelle farfalle del genere Thecla, nelle quali un disegno complesso sulle ali posteriori e il comportamento delle appendici alari (code) che possono muoversi indipendentemente simulano una testa completa con occhi e false antenne. L'estremità posteriore, infatti, sembra essere la testa.

Non c'è dubbio che molto rimanga ancora da scoprire sul significato mimetico dei disegni a forma di occhio.

La ‛minaccia' come si ha per es. nelle farfalle del genere Automeris non deve essere confusa con la ‛colorazione flash' propria di insetti altamente criptici (cavallette e varie specie di farfalle) che prendono il volo improvvisamente, mettendo in mostra le ali posteriori brillantemente colorate di rosso, giallo o blu. Posandosi, questi insetti scompaiono alla vista, venendo meno il segnale aposematico costituito dalla colorazione sgargiante. Ciò avviene, per es., nella farfalla notturna Triphaena pronuba.

e) Segnali luminosi

L'emissione di luce viene utilizzata da una grande varietà di organismi come richiamo sessuale o come esca per il cibo. In Nuova Zelanda la larva della zanzara dei funghi Boletophila luminosa, che vive nelle caverne, ha un organo luminescente nella regione anale. Essa se ne sta su un filo orizzontale, dal quale pendono numerosi altri fili verticali adesivi che essa illumina. Gli insetti sono attratti dalla luce, catturati e mangiati.

Alcuni pesci pescatori della famiglia Ceratiidae, che vivono nelle profondità marine, possiedono un organo luminescente all'estremità di un raggio allungato della pinna. Con tali esche luminose essi nell'oscurità attraggono altri pesci, che inghiottono e mangiano.

Nei Coleotteri della famiglia Lampyridae il principale richiamo sessuale è rappresentato dalla luminescenza. In Europa le femmine di lucciola delle due specie più comuni attraggono i loro rispettivi maschi in questo modo, ma usando diverse intensità luminose. Solo quando gli individui sono molto vicini gli stimoli olfattori differenziano Lampyris da Phausis.

In Sudamerica varie specie utilizzano segnali luminosi distinti in ambedue i sessi, alla stessa maniera del codice Morse. Durante il volo, entra in funzione un  organo luminoso situato nella parte posteriore e l'illuminazione toracica viene allora spenta. La funzione e l'uso di questi organi sono sconosciuti. J. E. Lloyd (v., 1965) ha scoperto che i maschi di una specie di Photinus rispondono al segnale della femmina di un'altra specie (Photuris) che, contrariamente al normale comportamento delle lucciole, è carnivora anche allo stadio adulto. I maschi di Photinus vengono regolarmente mangiati da queste femmine, mentre i maschi di Photuris sopravvivono e si accoppiano con le femmine (v. anche bioluminescenza).

6. Mimetismo mülleriano

Il mimetismo mülleriano, a differenza del mimetismo batesiano, richiede sempre un certo grado di inappetibilità, colorazione appariscente e uniformità di aspetto nell'ambito di una medesima specie. In questo modo viene ridotto il numero di individui predati di ciascuna specie.

Uno dei migliori esempi di questo tipo di mimetismo si osserva nelle farfalle sudamericane della sottofamiglia Heliconiinae, che sono inappetibili e nelle quali vengono usati colori rosso, verde, giallo e blu prodotti sia per mezzo di pigmenti sia per fenomeni di iridescenza. Recenti ricerche compiute da diversi scienziati - A. J. Alexander (v., 1961), W. Beebe, J. Crane e H. Fleming (v., 1960), K. S. Brown jr. (v., 1972), M. Emsley (v., 1963 e 1965) e J. R. G. Turner (v. i contributi citati in bibliografia) - hanno chiarito un problema interessante ma complicato. Alcune specie di Heliconius sono spesso simili due a due e mostrano variazioni parallele nella medesima località sia nella colorazione che nel disegno, come per es. H. erato e H. melpomene. Occasionalmente, le varie razze locali si sovrappongono, come in Guiana, e si forma un gran numero di individui con disegno anormale dovuto all'ibridazione delle razze.

È verosimile che ogni razza geografica si sia evoluta nel corso delle glaciazioni pleistoceniche, ma che esse non abbiano avuto tempo sufficiente per una speciazione completa.

Un altro caso molto interessante è quello della farfalla Zygaena ephialtes, una specie inappetibile e altamente polimorfica molto studiata negli ultimi trenta anni (v. Burgeff, 1921; v. Bovey, 1941, 1948 e 1966; v. Povolný e Gregor, 1946 v. Povolný e Pijáček, 1949; v. Reichl, 1958 e 1959; v. Dryja, 1959; v. Bullini e altri, 1969; v. Montalenti, 1969; v. Sbordoni e Bullini, 1971; v. Turner, 1971). Questa farfalla ha abitudini diurne e presenta, tra le altre, quattro forme ben distinte: peucedanoide rossa, peucedanoide gialla, efialtoide rossa, efialtoide gialla (v. fig. 22). Le forme peucedanoidi ed efialtoidi sono state considerate per molto tempo come appartenenti a due specie diverse. Recenti ricerche di Bullini e altri (v., 1969) e di Sbordoni e Bullini (v., 1971) hanno mostrato che le popolazioni peucedanoidi rosse (genotipo: PPRR), ampiamente diffuse nella parte settentrionale dell'areale della specie, sono mimi mülleriani insieme ad altre specie con colorazione rosso-nera simile, tra cui altre farfalle delle famiglie Zygaenidae e Arctiidae, Coleotteri Meloidi e Cleridi, Omotteri Cercopidi, ecc. Al contrario, le popolazioni efialtoidi gialle di Zygaena ephialter (genotipo: pprr), ampiamente diffuse nella parte meridionale dell'areale, appartengono a un distinto complesso mimetico mülleriano con colorazione nero-bianca che comprende varie specie di Lepidotteri Ctenuchidi del genere Amata (= Syntomis).

Le specie del genere Amata (v. fig. 23), rare o assenti nella parte settentrionale dell'areale di Z. ephialtes, sono al contrario estremamente abbondanti e diffuse in Europa meridionale, e cominciano a sfarfallare non soltanto prima del mimo Z. ephialtes ma anche della maggioranza delle specie con colorazione rosso-nera. È quindi probabile che i predatori realizzino le loro esperienze prima con i segnali delle farfalle del genere Amata e poi con quelli degli insetti con disegno rosso-nero. Inoltre non tutte le specie con disegno rosso-nero sono inappetibili. In questo complesso mimetico sono presenti anche specie appetibili (per es. alcuni Coleotteri Cerambicidi).

Situazioni simili, in cui coesistono nello stesso complesso mimetico mimi mülleriani e batesiani sembrano essere molto frequenti anche in altre parti del mondo. Un caso particolarmente ben studiato si realizza in Arizona, dove un Lepidottero, un Emittero, un Icneumonide e parecchie specie di Cerambicidi vivono nelle aggregazioni del Coleottero velenoso Lycus rostratus (v. Linsley e altri, 1961). Infatti nel 1960, al South Western Research Centre, io potei catturare la farfalla Seryda constans attirandola per mezzo di una sorgente luminosa soltanto in vicinanza di tali aggregazioni.

7. Mimetismo batesiano: monomorfico, dimorfico e polimorfico

a) Mimetismo monomorfico

La forma più semplice di questo tipo di mimetismo si ha quando una specie appetibile imita alla perfezione una specie non appetibile o pericolosa utilizzando una colorazione di avvertimento. Così, tra le farfalle orientali, ciascuna specie del genere Priomeris, non protetto, vola insieme a una specie di aspetto corrispondente e non appetibile del genere Delias (v. Dixey, 1919). Le farfalle europee della famiglia Sesiidae, dalle ali trasparenti e dal corpo striato di giallo, risultano protette dalla loro somiglianza con specie del genere Vespa che vivono nelle stesse regioni, e Paranthrene tabaniformis (Sesiidae) dalla sua somiglianza con la vespa Polistes gallicus (v. Templado, 1961). Vi sono innumerevoli esempi di questo tipo di mimetismo batesiano. Secondo me, è: probabile che si troverà che ogni specie di Sesude imita uno specifico modello protetto, sebbene io non abbia ancora una prova sicura di questo fatto. R. Shelford (v., 1902 e 1919) ha fornito alcuni dei più begli esempi di mimetismo batesiano monomorfico dal Borneo. Wickler (v., 1968) ne mostra tre in cui Ditteri inoffensivi, appartenenti a tre generi diversi, imitano tre corrispondenti specie di vespe. Io mi imbattei in un caso simile di mimetismo batesiano in Brasile, dove il Lepidottero Macroneme immanans (v. fig. 25) imita un Imenottero insieme al quale vive. Casi di mimetismo batesiano dello stesso tipo si osservano frequentemente in Sudamerica; le formiche, in particolare, fungono da modelli, sebbene tali esempi siano per la maggior parte non provati (v. Seevers, 1963).

Nelle Filippine, le coccinelle (Coccinellidae) e le crisomele (Chrysomelidae) sono comuni e inappetibili ed esibiscono colorazioni di avvertimento. Insieme a questi insetti vi sono alcune specie di blatte brillantemente colorate, appartenenti al genere Prosoplecta, che normalmente vivono nascoste, non sono appariscenti e sono commestibili; esse non solo imitano tali modelli, ma mostrano anche dimorfismo sessuale, poiché ciascun sesso copia una particolare forma di Coleottero.

Ma è tra i Ropaloceri che si trovano le più complicate associazioni batesiane, ed è proprio nel genere Papilio che le nostre conoscenze sui polimorfismi mimetici, e in particolare sulla loro genetica e sul loro comportamento in natura, si sono di recente molto ampliate. Ciò è dovuto in gran parte alle ricerche di C. A. Clarke e P. M. Sheppard sulle specie di Papilio (P. dardanus, P. polytes e P. memnon) e anche a quelle di J. V. Z. Brower e L. P. Brower su P. glaucus in Nordamerica.

b) Mimetismo batesiano dimorfico

Papilio glaucus. Le femmine di questa specie nordamericana sono dimorfiche: una forma è gialla con macchie nere, come sono tutti i maschi, l'altra è tutta nera  e imita Battus philenor , un altro Papilionide (tribù Troidini) che si nutre di Aristolochia, una pianta alimentare estremamente tossica. J. V. Z. Brower (v., 1958) ha dimostrato che passeri della Florida (Cyanositta coerulescens) senza precedenti esperienze rifiutano di mangiare B. philenor in condizioni di laboratorio dopo averlo incontrato una sola volta e che un uccello su tre evita in seguito la forma nera di Papilio glaucus.

La forma femminile nera si trova soltanto in certe regioni. Essa ha una frequenza del 900% nei dintorni di Chicago e più a sud del 100%. Al nord (Canada) tutte le femmine sono gialle e anche più a sud, in Florida, la forma melanica è assente. Brower e Brower (v., 1962) hanno contribuito anche alla conoscenza sull'efficacia del mimetismo in natura. Essi hanno raccolto nel corso di quattro anni 3.387 esemplari del complesso modello philenor-mimo glaucus negli Stati orientali del Nordamerica e poterono dimostrare l'esistenza di una correlazione significativa tra il numero di Battus philenor e la frequenza della forma nera di P. glaucus in ciascuna delle quattro località. È da notare che la genetica della forma mimetica nera di P. glaucus è insolita e complessa (v. Clarke e Sheppard, The genetics of some, 1959 e 1962; v. Ford, 1971).

I vantaggi delle forme mimetiche sono controbilanciati dagli svantaggi a livello della selezione sessuale. Questa favorisce, infatti, le femmine non mimetiche (v. Burns, 1967).

c) Polimorfismi batesiani nelle specie del genere Papilio

Le farfalle a coda di rondine hanno avuto successo nel popolare molti biotopi: dall'Artico, dove le larve di Papilio machaon si nutrono sotto la neve, all'Equatore. Esse sono adattate non soltanto a differenze climatiche estreme, ma anche alla tossicità di alcune delle piante alimentari delle quali si nutrono le loro larve. Per di più, alcune specie hanno saputo utilizzare le sostanze tossiche di queste piante.

Molte specie e sottospecie di Papilio si sono stabilite in tutto il mondo, e il fatto che esse possano essere incrociate in laboratorio usando la copulazione indotta (v., Clarke, 1952) ci ha aiutato a capire i meccanismi e i principi che stanno alla base del mimetismo batesiano.

Papilio dardanus. Questa vistosa farfalla vive nella regione etiopica e nel Madagascar. I maschi sono monomorfici e caudati in tutto il loro areale. Le femmine invece hanno varie forme, alcune delle quali imitano specie inappetibili che vivono nelle loro stesse località; altre forme non sono mimetiche. Qui possono essere riassunti solo i semplici fatti, ma ulteriori informazioni e dettagli si possono trovare in Ford (v., 1971) e in Robinson (v., 1971). Tuttavia, in questa trattazione vengono analizzate le implicazioni del monumentale lavoro di Clarke e Sheppard.

Distribuzione di Papilio dardanus. Le razze: vi sono sette razze principali di P. dardanus. Le popolazioni di questa specie che vivono nell'estremo sud dell'Africa costituiscono la razza Cenea. Da qui, su per la costa occidentale la razza Dardanus si estende dall'Angola alla Sierra Leone. Lungo la costa orientale si trova la razza Delago e in direzione nord le succede la razza Tibullus. Nel centro dell'Africa equatoriale vive la razza Meseres e ancora più a nord-est, sulle montagne dell'Africa orientale, vi è la razza Polytrophus. Più a nord, ma oggi separata dal deserto, c'è la razza abissinica Antinorii. Per la sua semplicità di base la razza Meriones, che vive in Madagascar, deve essere considerata la forma originaria. Infatti ambedue i sessi sono caudati e hanno approssimativamente la stessa colorazione e lo stesso disegno dei maschi non mimetici che vivono nelle altre località. In modo abbastanza simile, le popolazioni di P. dardanus dell'Abissinia sono oggi isolate: qui circa l'80% delle femmine sono simili ai maschi, ma hanno una banda nera in più e sono caudate. Il rimanente 20% è rappresentato da mimi provvisti di coda. Le razze del continente debbono riflettere un isolamento più precoce e probabilmente assai antico dovuto sia a deserti sia a fitte foreste.

Le morfe : vi sono più di 20 differenti forme femminili di Papilio dardanus, la maggior parte delle quali imita specie inappetibili e le loro razze locali. Oltre a queste, vi sono varie morfe non mimetiche.

Le forme mimetiche. Quattro delle razze, Cenea, Dardanus, Tibullus e Meseres, presentano ognuna forme mimetiche simili. Alcuni dei modelli per le razze orientali ed occidentali, che sono distanti da 1.000 a 2.000 miglia, sono differenti. La forma hippocoonides di P. dardanus  imita l'inappetibile Amaurus niavius forma dominicanus  lungo la costa orientale. Questa forma è rara nell'Africa meridionale, ma comune più a nord nel territorio della razza Tibullus. Così nell'Africa meridionale soltanto il 10% delle femmine della razza Cenea sono della forma hippocoonides, ma tale forma costituisce l'85-90% delle femmine della razza Tibullus. A ovest, la forma hippocoon di P. dardanus imita A. niavius forma niavius. La situazione è ulteriormente complicata da altri mimi batesiani che volano insieme a queste due specie. A est vivono Hypolimnas dubius forma wahlbergi e forma mima; ciascuna forma di entrambi i sessi imita un modello diverso. A ovest, P. dardanus forma hippocoone, Hypolimnas dubius forma dubius e forma antedon volano insieme ai loro modelli A. niavius e A. democlides. Danaus chrysippus, specie ubiquitaria e inappettibile in tutta l'Africa, è imitata dalla forma trophonius di P. dardanus, che ha tuttavia una bassa frequenza e anche dalle femmine di Hypolimnas misippus. Occorre considerare che molti altri insetti appartenenti a ordini diversi presentano colorazione simile, compreso un Coleottero Licide inappetibile e farfalle dei generi Danaus e Acraea, ma lì vi erano anche tre specie di Lepidotteri Eteroceri appetibili che volavano con essi. La proporzione esistente tra insetti inappetibili e insetti appetibili era 16 : 5. È da notare che le forme mimetiche di P. dardanus interessate in questa aggregazione mimetica, comprendente tante specie e forme, sono solo due: la forma gialla trophonius e la forma bianca hippocoonides (v. Kettlewell, Insect adaptations..., 1965).

Circa l'85% delle femmine della razza Cenea di P. dardanus appartengono alla forma cenea che mima specie inappetibili del genere Amauris  e in particolare A. echaria e A. albimaculata. La percentuale di femmine della forma cenea è invece più bassa nella razza Tibullus (4%), perché nell'est i modelli sono scarsi.

Nella razza Meseres, in Africa centrale, il 15% delle femmine appartiene alla forma planemoides, che imita specie tossiche di Acraeidae. Nella razza Dardanus, invece, le femmine della forma planemoides sono poche, poiché i loro modelli sono meno comuni nell'ovest.

Le forme non mimetiche. Nelle quattro razze Cenea, Dardanus, Tibullus e Meseres, vi sono anche varie forme non mimetiche, come la forma salaami, la forma leighei e la forma natalica all'est e la forma dionysos all'ovest, e queste, benché distinte dai mimi, mostrano una considerevole variabilità. La presenza di tutte queste forme dipende non da vantaggi offerti dal mimetismo, ma dall'evoluzione del vantaggio dell'eterozigote.

Genetica di Papilio dardanus: il supergene. In una serie di lavori Clarke e Sheppard (v. i contributi citati in bibliografia dal 1958 al 1963) hanno mostrato che nella determinazione e nel mantenimento del mimetismo di Papilio dardanus operano i meccanismi che seguono.

1. Le varie forme sono controllate attraverso un meccanismo deviatore costituito da un singolo gene al locus H. ciascun allele si è originato nel passato per mutazione. Per mantenere uniti questi geni maggiori (riducendo al minimo il crossing over) si è evoluto il supergene, nel quale vi è un'associazione estremamente stretta. Qui si realizzano le varie combinazioni di geni che controllano pochi disegni semplici, comportandosi come se fossero una serie di alleli multipli.

2. L'ordine di dominanza al locus H è il seguente: le forme hippocoon, hippocoonides e niaviodes sono tutte doppi recessivi (hh); seguono la forma natalica (HNa), la forma cenea (HC) e le forme trophonius, trophonissa e ruspinae (HT). Segue poi la forma leighi (HL) che è dominante rispetto a tutte le precedenti eccetto la forma trophonius, con la quale produce la forma salaami (HLHT). Vi è, infine, la forma gialla trimeni, che rende le femmine simili ai maschi ed è dominante su tutte le altre (HY). La serie allelica continua con altri tre geni: HNi, HPl e HLa, che producono rispettivamente le forme niobe, planemoides e proto-trophonius (= lamborni). Incrociate con la maggior parte delle altre forme esse danno origine a eterozigoti riconoscibili.

3. La perfezione di ciascun fenotipo è dovuta a poligeni appropriati per ciascuna razza, selezionati in modo da copiare i modelli locali. Quando si fanno incroci tra differenti complessi genici (per es., quando le varie forme della razza Cenea del Sudafrica vengono incrociate con la razza Meriones del Madagascar) nella generazione F1 vengono a mancare i disegni mimetici delle forme hippocoonides, cenea  e trophonius . Ciò confuta le vecchie teorie di R. C. Punnett (v., 1915) e di R. Goldschmidt (v., 1945), secondo cui il mimetismo era dovuto a mutazioni parallele insorte sia nel modello sia nel mimo.

4. Quando una forma mimetica si diffonde al di là del territorio del suo modello la selezione per il disegno si attenua e si hanno mimi imperfetti. Così un campione casuale di 150 P. dardanus dei dintorni di Nairobi aveva il 38% di queste forme mimetiche imperfette, come le forme proto-hippocoonides e proto-trophonius (v. Ford, 1971). Inoltre in questa località si osservano altri due fenomeni, cioè che alcune femmine hanno disegno iridescente come quello dei maschi e possono essere parzialmente caudate. È interessante notare che la regione in cui si osservano questi fatti è la più vicina all'Abissinia (razza Antinorii).

Sebbene i vari disegni e colori mimetici siano controllati da un singolo locus H, la presenza o assenza di code dipende da una singola coppia di alleli, autosomici ma controllati dal sesso, di un secondo locus T. Le femmine eterozigoti (come quelle trovate nella razza Antinorii) hanno code intermedie di lunghezza variabile come le hanno del resto anche ibridi tra razze.

Il lavoro di Clarke e Sheppard su Papilio dardanus deve servire da modello per altre ricerche sul mimetismo. Questi autori hanno recentemente esteso i loro studi al papilionide orientale Papilio memnon (v. Clarke e Sheppard, 1971) ed hanno trovato che il meccanismo genetico responsabile dei disegni e delle colorazioni mimetiche è simile a quello di Papilio dardanus. Tuttavia la determinazione genetica delle code dipende generalmente da un supergene che comprende almeno cinque loci strettamente associati. Queste ricerche confutano le precedenti ipotesi di E. Baur (v., 1911). Clarke e Sheppard hanno mostrato che Papilio memnon è normalmente privo di coda in entrambi i sessi ma che a Palawan, situata nella parte sud-orientale dell'isola di Sumatra, sia i maschi che le femmine sono caudati ; questa specie è stata considerata erroneamente una specie distinta e denominata Papilio lowi; è invece una razza geografica. In essa la determinazione genetica delle code in entrambi i sessi è controllata da un locus separato, Pt, situato fuori del supergene; questo carattere è perciò dissociato dal mimetismo. Fuori di Palawan, delle sette forme mimetiche femminili, cinque erano prive di coda e due caudate ma controllate da un locus contenuto nel supergene; ciascuna di queste forme imitava esattamente modelli caudati o privi di coda. I fenotipi che si osservano oggi sono stati prodotti da un crossing over occasionale entro il supergene che ha fortuitamente conferito vantaggi selettivi dando a tali individui un aspetto simile ai modelli locali.

Clarke e Sheppard (v., 1972) hanno anche dimostrato che le forme mimetiche di Papilio polytes sono controllate da una serie di tre alleli, confutando così le prececenti in- terpretazioni di J. C. H. de Meijere (v., 1910) e J. C. F. Fryer (v., 1913).

Questi fondamentali progressi compiuti da Clarke e Sheppard sull'origine e la genetica del mimetismo poli- morfico nel genere Papilio sono stati resi possibili grazie alla copulazione indotta in queste farfalle, da loro realizzata.

8. Tossicologia dei modelli mülleriani e delle specie con colorazioni aposematiche

È un fatto sorprendente che vi sia un vuoto di quasi un secolo tra le osservazioni originarie di H. W. Bates (v., 1862), F. Müller (v., 1878), A. R. Wallace (v., 1889) e E. Haase (v., 1893) e le loro teorie sull'inappetibilità di insetti con colorazioni di avvertimento e la prova fornita da T. Reichstein (v., 1967) e da Reichstein e altri (v., 1968) che conferma tali teorie e mostra, per mezzo di moderne tecniche chimiche, che specie che si nutrono di piante velenose spesso conservano e accumulano le tossine derivate da questa fonte.

Qui possiamo soltanto riassumere brevemente queste ricerche. Per una trattazione più completa si veda l'ampia bibliografia di M. Rothschild (v., 1972) e i lavori di Rothschild e altri (v., 1970), T. Eisner (v., 1970), M. S. Blum (v. i contributi citati in bibliografia), J. Weatherston e altri (v., 1970) e R. H. Whittaker e P. Feeney (v., 1971).

Gli insetti con colorazioni aposematiche che si nutrono di piante velenose possono essere divisi in varie categorie: quelli che espellono o metabolizzano le varie sostanze tossiche e quelli che conservano e immagazzinano queste sostanze per poi utilizzarle (v. Rothschild e altri, 1970; v. Reischstein e altri, 1968). Ciò avviene in due modi: alcune specie trattengono la sostanza repellente nei loro tessuti e nella loro emolinfa, altre hanno sviluppato ghiandole speciali che secernono sostanze chimiche di difesa quando vengono attaccate (come per es. alcuni Arctiidi, nei quali tali sostanze hanno frequentemente l'aspetto di una bava spumosa). Vi sono poi specie che presentano fenomeni di autoemorrea e fanno trasudare la loro emolinfa tossica (per es. le farfalle del genere Zygaena). Infine altre specie hanno peli velenosi, che spesso contengono istammina.

I coleotteri del genere Necrophorus e le farfalle del genere Amauris spesso hanno odori repellenti e colorazioni aposematiche accentuati dal loro comportamento gregario (per es., Coccinellidi e Cerambicidi e gli ammassamenti di Danaus plexippus L.). Eisner (v., 1970) ha suggerito che tali odori stimolino e mantengano queste aggregazioni aposematiche.

a) Le difese chimiche

Piante come le aristolochiacee, solanacee e alcune asclepiadacee sono spesso altamente tossiche; ciò nondimeno esse sono le piante alimentari di molti Lepidotteri (Danaidi, Ithomiidi e alcune specie del genere Papilio) e Ortotteri (per es. Poekilocerus bufonius). Glicosidi cardioattivi, calactina e calotropina vengono accumulati nell'emolinfa di queste farfalle (v. Rothschild e altri, 1966) e nei tessuti e nelle ghiandole toraciche degli Ortotteri. Altre piante alimentari tossiche sono le lorantacee (mangiate da specie del genere Delias), alcune delle quali contengono cardenolidi e alcaloidi tossici. Contengono acido cianidrico varie specie del genere Passiflora (pianta alimentare degli Heliconiidi e del genere Acraea) e Lotus corniculatus, pianta alimentare di specie del genere Zygaena (v. Jones, 1971; v. Jones e altri, 1962). Il modello müllenano Battus philenor, che vive nel Nordamerica, si nutre di Aristolochia e contiene vari acidi propri di questa pianta. Molti degli Arctiidi sono polifagi e la loro emolinfa è spesso gialla in quanto contiene carotenoidi; Arctia caja accumula cardeno lidi della digitale; inoltre sia questa specie che Tyria jacobaeae contengono alcaloidi della pirrolizidina. Infine molte specie di Arctiidi contengono istammina e acetilcolina (v. Rothschild, 1972), sostanze che probabilmente accentuano gli effetti delle tossine proprie delle varie specie.

b) I pigmenti

Ford (v. i contributi citati in bibliografia dal 1941 al 1947) ha studiato la chimica dei pigmenti di modelli e di mimi, e in particolare quella dei pigmenti rossi dei Papilionidi. Così egli ha osservato che Papilio polytes forma polytes imita Atrophaneura aristolochiae, ma la pigmentazione rossa del modello (indicata come tipo A) diviene gialla in presenza di acidi diluiti e questa reazione è reversibile con gli alcali. Ciò non avviene, invece, nel mimo Papilio polytes; inoltre il pigmento rosso di questa specie (tipo B) è solubile in acqua calda, mentre quello del modello non lo è. Il fatto che sia stato dimostrato che questi due pigmenti non sono chimicamente affini prova che la somiglianza a livello visivo delle due specie non può essere dovuta a mutazioni parallele. Ford ha così dimostrato che la selezione naturale, favorendo un particolare colore e disegno, è stata la responsabile della somiglianza mimetica, realizzata mediante vie biochimiche differenti.

9. Mimetismo aggressivo

Il cuculo europeo, Cuculus canorus, è il più specializzato della famiglia Cuculidi. Infatti le femmine di questa specie depongono, senza sbagliarsi, le loro uova nei nidi di una specie particolare tra le circa venti specie ospiti. C. canorus presenta vari altri adattamenti: l'uovo è piccolo in rapporto alle dimensioni dell'uccello adulto e richiede un periodo di incubazione più breve rispetto a quello delle uova dei suoi genitori adottivi. Inoltre i giovani cuculi spingono istintivamente fuori dal nido le uova e i piccoli appena schiusi dei loro ospiti. Essi presentano inoltre una grande e vistosa apertura boccale colorata di rosso che chiede continuamente nutrimento e sono capaci di inghiottire il cibo senza chiudere il becco. Infine il cuculo adulto ha ali che assomigliano a quelle del falco.

Noi oggi sappiamo che il colore e il disegno delle uova sono geneticamente determinati per ogni femmina e che questi caratteri sono trasmessi da geni portati dal cromosoma Y (negli uccelli il sesso eterogametico è quello femminile). Il maschio non ha quindi alcun ruolo nella determinazione del tipo di uova deposte dalla femmina con cui si è accoppiato. Il fatto che ciascuna femmina di cuculo deponga le uova nel nido di un particolare ospite è il risultato dell'apprendimento precoce (imprinting) realizzato quando era ancora nidiaceo.

Per comprendere l'origine di questo particolare parassitismo di nidiata è necessario prendere in esame i cuculi di tutto il mondo. Alcune specie, come Coccyzus america- nus, non sono parassite; altre, per esempio Clamator glandariur, parassitano uccelli più grandi di loro come specie del genere Corvus. In ambedue questi casi il rapporto dimensione dell'uccello-dimensione dell'uovo è normale. Alcune specie di cuculo occasionalmente depongono le loro uova nei nidi di altri individui della loro stessa specie; altre invece si dividono un nido che hanno costruito in comune, per esempio una specie sudamericana della sottofamiglia Crotophaginae. Uno stadio intermedio si osserva nel cuculo sudafricano Chysococcyx caprius, che nel Transvaal e nel Natal parassita due specie di uccelli, e le cui uova imitano correttamente perfino la forma locale di una di queste due specie ospiti.

Un grado di specializzazione così complesso come quello di C. canorus può rendere questa specie molto vulnerabile e, a mio parere, essa sta rapidamente rarefacendosi in Inghilterra. Se è vero che i giovani durante la loro migrazione a sud in agosto dipendono dal nutrimento passivo degli antichi genitori adottivi, ogni anno ve ne saranno meno. Infatti io ho osservato negli ultimi due anni, nell'Inghilterra meridionale, tre cuculi con il becco spalancato ma che stavano morendo di fame, e questo può essere lo scotto pagato alla superspecializzazione in un ambiente che cambia rapidamente.

Anche altri uccelli appartenenti a famiglie sistematicamente molto lontane presentano parassitismo di nidiata, come per es. le anatre (famiglia Anatidae), gli uccelli tessitori (famiglia Ploceidae) e varie specie di uccelli indicatori (famiglia Jndicatoridae). Ma in nessuno è possibile osservare una serie di caratteri mimetici meglio che negli uccelli vedova dell'Africa (Viduinae). Ciascuna specie di uccello vedova è completamente legata a una particolare specie di fringuello (famiglia Estrildidae) e in questo fenomeno sono implicati entrambi i sessi. Sette specie molto simili di uccelli vedova del Paradiso (genere Steganura) imitano sette specie diverse di fringuelli. I maschi di questi uccelli vedova imitano il canto del loro ospite specifico (v. Nicolai, 1967). Le uova sia del parassita che dell'ospite sono bianche. Nei nidiacei di ciascuna specie parassita e del rispettivo ospite sono identici sia i vistosi disegni nell'interno della bocca che il colore del piumaggio e il richiamo per chiedere il cibo. Così uccelli vedova di aspetto identico (ma geneticamente isolati) vivono nello stesso territorio e ciascuno è strettamente legato a un ospite differente. Sebbene queste sette specie siano state considerate originariamente come razze, si tratta ovviamente di specie diverse altamente evolute.

10. Mimetismo mertensiano

Mertens (v., 1946 e 1966) ha tentato di analizzare la protezione conferita dal particolare tipo di disegno e di colorazione nei serpenti corallo. Dapprima egli pensò che si trattasse di un tipico esempio di mimetismo batesiano, in cui il genere Simophis, innocuo, imitava il genere Micrurus, velenoso, presentando la medesima vivida colorazione a striscie rosse, nere e gialle. W. Wickler ha messo in rilievo due fatti. Innanzitutto, in campioni casuali di serpenti corallo del Brasile raccolti nell'arco di quattro anni per un totale di 1.227 individui, solo 214 erano modelli: una situazione in netto contrasto con l'ipotesi del mimetismo batesiano. In secondo luogo, se i 1.227 serpenti venivano divisi in due gruppi, considerando come modelli le specie moderatamente velenose e come imitatori sia le specie innocue che quelle mortali (queste ultime, infatti, non consentono al predatore di realizzare un apprendimento), le cifre divenivano le seguenti: 906 modelli e 321 mimi. Questo fenomeno dimostra chiaramente che i modelli scelti dai mimi debbono determinare nel predatore soltanto esperienze sgradevoli, ma non la morte.

11. Mimetismo peckhamiano e altri tipi di mimetismo

Un'astuta e proficua forma di predazione è quella in cui una specie ne imita un'altra, innocua, e si associa con questa allo scopo di attaccare una terza specie che non si aspetta di venire predata. Questo tipo di mimetismo viene detto peckhamiano. Un primo esempio è costituito dalla poiana nordamericana Buteo albonotatus, che in volo imita gli avvoltoi con i quali vive associata e può perciò piombare su piccole prede che di norma non si curano degli avvoltoi.

Recenti ricerche sui Pesci, condotte presso l'Istituto Max Plank di Fisiologia del comportamento, hanno portato alla scoperta di una simbiosi apparentemente comune propria degli oceani. Si tratta in particolare dei rapporti tra pesci pulitori (per es. il pesce rondine Labroides dimidiatus) e pesci ‛clienti' che sono più grandi, come murene e triglie tra cui vi sono però anche molte specie predatrici. Le nostre conoscenze su questo argomento si basano soprattutto sui lavori di Wickler (v., 1963) ed anche su quelli di Feder (v., 1966). Più di quaranta specie di pesci pulitori (appartenenti a quattordici famiglie), che hanno sviluppato questa simbiosi, vengono ‛visitati' soltanto in certe zone dell'oceano. Essi ripuliscono i ‛clienti' dai frammenti di pelle e dagli ectoparassiti, hanno una vistosa colorazione bianca con strisce laterali nere e hanno sviluppato rituali di avvicinamento e di comportamento altamente specializzati. Altre specie, come certi blennidi (per es. Aspidontus taeniatus), imitano alla perfezione pesci del genere Labroides non soltanto nel colore e nel disegno, ma anche nel modo di nuotare e nella ‛danza di avvicinamento'. Inoltre essi vivono nei medesimi luoghi frequentati dai pesci pulitori, dei quali hanno le stesse dimensioni. Gli Aspidontus tuttavia si comportano molto diversamente dai veri pesci pulitori e aggrediscono i pesci ‛clienti' strappando loro pezzi di carne dalla regione caudale o, nel caso di Runula, dalla regione degli occhi. I modelli (pesci pulitori) sono più comuni dei mimi, e pesci ‛clienti' esperti possono riconoscerne le differenze. Perciò sono costantemente in atto pressioni selettive tendenti a rendere i mimi più somiglianti ai modelli.

Alcuni animali ingannano le loro prede imitando organismi commestibili, come per esempio vermi. I pesci pescatori (famiglia Lophidae) presentano un raggio della pinna dorsale modificato e situato anteriormente agli occhi. All'estremità distale di questo raggio quasi trasparente c'è un'appendice carnosa che funge da esca. Essa può assomigliare a un verme, come in Phrynelox, ed è in grado di muoversi. I pesci attratti da questa esca vengono aspirati violentemente, inghiottiti e digeriti. Un altro esempio singolare di questo tipo di mimetismo è quello della tartaruga pescatrice Macroclemmys temmincki, che vive nel fiume Mississippi e che usa la lingua molto modificata e colorata come ‛esca', mentre il suo enorme corpo, criptico, giace parzialmente seppellito nella melma. Vi sono numerosi altri esempi di questo genere.

12. Conclusioni

I naturalisti del secolo scorso avevano segnalato molti esempi estremi di mimetismo, ma erano stati incapaci di spiegarne l'origine. In questi ultimi anni, grazie ai progressi nelle nostre conoscenze particolarmente sulle basi genetiche del mimetismo, i nostri punti di vista sui processi e le pressioni evolutivi sono profondamente mutati.

Nel 1927 R. A. Fisher aveva postulato che una mutazione casuale in una specie commestibile avrebbe potuto portare a un certo grado di protezione visiva se avesse determinato una certa somiglianza con un modello protetto; tale somiglianza sarebbe stata in seguito accresciuta dalla selezione naturale grazie all'incorporazione di geni modificatori vantaggiosi; questo processo avrebbe portato a una selezione divergente tra le varie forme e alla produzione di geni maggiori, funzionanti come meccanismi deviatori. Tali polimorfismi avrebbero favorito la formazione di supergeni. Le ipotesi del Fisher sono state confermate dagli estesi esperimenti di allevamento di Clarke e Sheppard. Questi autori hanno infatti potuto dimostrare che i geni responsabili delle varie colorazioni e disegni mimetici di Papilio dardanus sono posti entro un supergene. Ciò avviene anche in Papilio memnon, ma in quest'ultimo caso essi sono associati a un gene che controlla la presenza o assenza delle appendici ‛a coda' delle ali posteriori. Ciò permette alle forme mimetiche di P. memnon di imitare fedelmente modelli sia caudati che privi di code. P. dardanus, invece, imita solo modelli non caudati e il gene per le ‛code' si trova in un locus separato, al di fuori del supergene (come avviene del resto anche in Papilio memnon, quando questo gene non è coinvolto nel mimetismo). Negli ibridi tra la razza Meriones del Madagascar e la razza Cenea del Sudafrica (e anche nella razza selvatica Antinorii dell'Abissinia) la lunghezza delle code nelle forme mimetiche è intermedia.

Fisher (v., 1927) aveva anche ipotizzato l'esistenza di una selezione per il vantaggio dell'eterozigote dovuta sia all'accumulo di geni svantaggiosi recessivi legati ai geni maggiori, sia a geni modificatori della dominanza. L'esistenza di tali meccanismi è stata dimostrata in molti organismi assai diversi tra loro, come la chiocciola Cepaea nemoralis, la farfalla Papilio dardanus (in particolare nelle forme non mimetiche), e in alcune specie criptiche polimorfe come Biston betularia. Il modo di trasmissione ereditaria delle forme mimetiche realizzato mediante un supergene nelle specie del genere Papilio è in contrasto con quello richiesto nel caso delle uova del cuculo europeo. In questa ultima specie è essenziale che il disegno e la colorazione dell'uovo coincidano con quelli dell'ospite specifico al quale la femmina è legata dall'imprinting. Perciò questi caratteri sono portati dal cromosoma Y, presente solo nel sesso femminile, che è quello eterogametico in questa specie.

Grazie alla combinazione degli allevamenti di laboratorio e delle ricerche in natura è stato possibile analizzare retrospettivamente i cambiamenti evolutivi e anche valutare con esattezza le forze selettive implicate in natura in tali processi.

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