Minusvalenza

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

minusvalenza


Diminuzione del valore di un bene o di una attività finanziaria rispetto a un precedente accertamento. Ha notevole importanza nella stesura dei bilanci delle società. Secondo l’impostazione prevalente, al momento della redazione del bilancio le componenti dell’attivo devono essere valutate al valore di presumibile realizzo sul mercato. Nel caso in cui questo fosse inferiore al valore dichiarato nell’ultimo bilancio approvato, la differenza deve essere evidenziata come componente negativa (perdita) del conto economico. Ai fini della loro corretta collocazione in bilancio, le m., così come le plusvalenze (➔ plusvalenza), si distinguono in ordinarie e straordinarie. Le prime provengono dalla vendita di beni impiegati ordinariamente nell’attività caratteristica dell’impresa, in seguito al loro esaurimento tecnico-economico secondo i rispettivi piani di ammortamento. Esse vanno iscritte nel conto economico alla voce Costi di produzione (B) - oneri diversi di gestione (14). Le m. sono considerate straordinarie quando provengono dalla vendita di beni diversi da quelli impiegati nell’attività ordinaria dell’impresa, oppure quando originano dalla cessione dopo interventi di ristrutturazione, ridimensionamento e riconversione produttiva. Questa categoria rientra nella voce Proventi e Oneri straordinari (E) - oneri (21) del conto economico, iscritta in modo separato in un’apposita sottovoce. Particolari norme regolano la possibilità di compensare le perdite derivanti da m. con i guadagni derivanti da plusvalenze. Il punto risulta rilevante quando perdite e guadagni siano riferiti a titoli quotati o comunque negoziati sui mercati finanziari. In proposito il d.l. 138/2011 (noto anche come Manovra di Ferragosto) stabilisce che le m. su partecipazioni non qualificate (ovvero sulle ordinarie compravendite di titoli) realizzate fino al 31 dicembre 2011, andranno portate in deduzione dalle plusvalenze e dagli altri redditi diversi realizzati successivamente, per una quota pari al 62,5% del loro ammontare. Tale quota è esattamente pari al rapporto fra le due aliquote del 12,50% e del 20% gravanti, rispettivamente prima e dopo il d.l. stesso, sui redditi finanziari.