Mundell-Fleming, modello di

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

Mundell-Fleming, modello di

Matteo Pignatti

Modello proposto, in modo indipendente, da R.A. Mundell (1961) e J.M. Fleming (1962) per l’analisi macroeconomica di economie aperte agli scambi con l’estero, in regime di cambi fissi o di cambi fluttuanti. Esso amplia il modello IS-LM (➔ IS-LM, modello), che al contrario analizza un’economia chiusa, ossia in condizione di autarchia. Sulla base di questo modello, in particolare, si formula il cosiddetto principio dell’impossibile trinità, o trilemma di M.-F., secondo il quale non è possibile mantenere simultaneamente un regime di cambi fissi, una perfetta mobilità dei capitali e una politica monetaria indipendente.

Applicazioni del modello a un’economia aperta

Come il modello IS-LM, quello di M.-F. studia un equilibrio economico di breve periodo, in cui i prezzi sono fissi e il livello del PIL (Y) è determinato dal lato della domanda, ossia dalla somma di consumi (C), investimenti (I), spesa pubblica, un valore aggiunto (G) e, data l’ipotesi di economia aperta, delle esportazioni nette (NX), pari alla differenza tra esportazioni e importazioni. Questa relazione definisce l’equazione di equilibrio della domanda dei beni IS (Investment Saving), Y=C+I+G+NX. Come nel modello IS-LM, i consumi sono funzione del reddito disponibile (al netto delle tasse) e del tasso di interesse reale (al netto delle aspettative di inflazione), gli investimenti dipendono anch’essi dal tasso di interesse reale e la spesa pubblica, un valore aggiunto, è una variabile esogena, determinata dalle scelte di politica fiscale del governo (così come il livello di tassazione); le esportazioni nette, invece, dipendono positivamente dalla domanda estera di esportazioni e negativamente dalla domanda interna di importazioni (a sua volta funzione del reddito) e dal tasso di cambio (che misura il numero di unità di valuta estera acquistabili con un’unità di valuta interna). In particolare, una svalutazione della valuta interna (ossia una riduzione del tasso di cambio) comporta un aumento dei beni esportati, che sono più competitivi perché meno cari all’estero, e una riduzione di quelli importati, che sono invece più costosi, e di conseguenza una crescita delle esportazioni nette; e viceversa nel caso di una rivalutazione del cambio.

L’equilibrio nel mercato della moneta è invece determinato, come nel modello IS-LM, dall’equazione LM (Liquidity preference and Money), che stabilisce l’uguaglianza tra offerta e domanda di moneta. La prima è stabilita dall’autorità di politica monetaria, la seconda dipende positivamente dal reddito e negativamente dal tasso di interesse nominale.

Infine, l’equilibrio nei conti con l’estero è assicurato dalla bilancia dei pagamenti, secondo la quale il saldo delle partite correnti (pari semplicemente alle esportazioni nette) deve essere uguale (con segno opposto) a quello dei movimenti di capitale. In regime di perfetta mobilità di capitali, ciò implica che il tasso di interesse interno deve essere uguale a quello internazionale, altrimenti tutti i capitali si muoverebbero in una o nell’altra direzione, alla ricerca del rendimento più elevato, con la conseguente impossibilità di raggiungere l’equilibrio nei conti con l’estero.

Il modello di M.-F. studia una piccola economia aperta, il cui equilibrio non influenza il livello del tasso di interesse internazionale; di conseguenza, anche il tasso di interesse interno dipende unicamente dai mercati esteri. Analiticamente, le equazioni IS e LM determinano così i livelli di equilibrio del reddito e del tasso di cambio, in funzione, tra l’altro, delle scelte di politica fiscale e monetaria. Tuttavia, se l’autorità monetaria vuole mantenere il tasso di cambio a un livello fisso, allora perde il controllo dell’offerta di moneta, come affermato dal principio dell’impossibile trinità, e gli interventi di politica economica non producono alcun effetto reale. Intuitivamente, l’offerta di moneta è determinata unicamente dall’equilibrio sui mercati valutari: per es., un eccesso di offerta di valuta interna provoca una pressione svalutativa sul cambio e quindi l’autorità monetaria deve acquistarla in cambio di valuta estera, riducendo così la quantità di moneta in circolazione. Questi interventi, inoltre, trovano un limite nella quantità di riserve in valuta estera detenute dall’autorità stessa.

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